Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Fed blocca tassi e li terrà fermi se inflazione non tornasse a calare

Fed blocca tassi e li terrà fermi se inflazione non tornasse a calareRoma, 29 gen. (askanews) – La Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti ha confermato i livelli attuali dei tassi di riferimento sul dollaro: i fed funds restano quindi a una forchetta del 4,25%-4,50%. La decisione, annunciata al termine del direttorio (Fomc), è in linea con le attese. L’economia mostra livelli “solidi”, la disoccupazione si è stabilizzata a valori bassi mentre “l’inflazione resta in qualche misura elevata”.


“La nostra attesa è che continuiamo a vedere progressi” sul ritorno del caro vita al livello obiettivo del 2%. “Il punto è quando”, ha spiegato il presidente Jerome Powell, nella conferenza stampa al termine del direttorio. “Se non dovesse mostrare progressi, allora potremmo tenere i tassi di interesse fermi più a lungo”. Su questi aspetti gli sviluppi sono stati sostanzialmente in linea con le attese. La pausa della Fed sui tagli dei tassi avviene in un quadro piuttosto diverso rispetto a quello dell’eurozona, dove l’economia è più debole e la Bce sta continuando a ridurre i tassi: e così è atteso che faccia anche domani, al termine del Consiglio direttivo.


Powell è stato poi ripetutamente interpellato sui rapporti con la nuova amministrazione Trump – che ha manifestato malcontento per l’operato del banchiere centrale – e sui numerosi ordini esecutivi che il presidente Usa ha emanato dall’insediamento. “Non ho avuto contatti” con la nuova amministrazione e “non farò commenti su quanto ho detto il presidente”, ha replicato Powell. “Il pubblico deve essere fiducioso che continueremo a fare il nostro lavoro e che manteniamo l’impegno a svolgere il nostro compito”. Per chi ormai ha seguito diverse volte le sue conferenze stampa, il banchiere centrale è apparso un po’ sotto pressione: all’inizio ha tratto un profondo respiro.


Poi ha cercato di districarsi tra le domande dei giornalisti. Ha comunque fornito alcune risposte. Specialmente sui dazi, preannunciati ma ancora non adottati da Trump, e sui loro possibili effetti per economia e inflazione degli Stati Uniti. “Dobbiamo aspettare e vedere. Ancora non sappiamo cosa accadrà e ci sono tante variabili in gioco – ha spiegato -. Veniamo da un periodo di alta infrazione in cui non siamo ancora tornati al 2%. Il commercio è cambiato molto” rispetto alle precedenti guerre commerciali del 2018-2019 “si è diffuso e non è più concentrato tanto quanto prima sulla Cima”. “Non sappiamo che dazi saranno decisi e per quanto tempo e su quali paesi, non sappiamo quali saranno le rappresaglie e come si trasmetterà il tutto nell’economia e ai consumatori. Questo va verificato – ha proseguito – ci sono così tante variabili e dobbiamo aspettare e vedere, studiare, esaminare i precedenti storici e pensare ai fattori che possono essere rilevanti. E poi vedremo come va”.


Quanto ai cambi di rotta di Trump su altre politiche “stiamo esaminando gli ordini esecutivi. E come abbiamo fatto con molte amministrazioni in precedenza, stiamo lavorando per allineare le nostre pratiche agli ordini”, ha detto in merito ad una domanda sull’ordine di Trump di interrompere tutte le attività di promozione di “diversità, equità e inclusione” (Dei) che erano state spinte da Biden sulle assunzioni di personale di agenzie e enti federali. In passato lo stesso Powell aveva sostenuto che la diversità fosse utile al funzionamento di imprese e istituzioni. E a chi gli ha chiesto se lo pensasse ancora: “sì – ha replicato – penso ancora che sia così”. Su un’altra svolta, in questo caso contro l’immigrazione illegale, che di fatto non veniva osteggiata da Biden e su cui invece Trump ha operato una drastica stretta, accompagnata da rimpatri degli illegali, Powell ha confermato che su alcuni settori dell’economia potrebbero crearsi più pressioni per reperire mano d’opera, in particolare nell’ediliza. “Ma ancora non si vede negli aggregati macroeconomici”, ha precisato. Wall Street ha mantenuto una dinamica debole e chiuso in ribasso (Dow Jones -0,31%, Nasdaq -0,51%), mentre il dollaro ha mostrato un andamento rialzista dopo le decisioni della Fed. 8di Roberto Vozzi).

Generali, Sironi: “E’ il momento di tenere la schiena dritta”

Generali, Sironi: “E’ il momento di tenere la schiena dritta”Venezia, 29 gen. (askanews) – “E’ il momento di tenere la schiena dritta”. Il presidente di Generali, Andrea Sironi, ha spiegato con queste poche parole la decisione di rendersi disponibile, al pari dell’Ad Philippe Donnet, per una ricandidatura in occasione del rinnovo del board previsto con l’assemblea di primavera. Lo ha detto a Venezia ad Askanews mentre lasciava la Serra dei Giardini Reali dove ha tenuto un breve discorso ai giornalisti in vista della presentazione domani del piano industriale 2025-2027.


Precedentemente, con una nota il gruppo ha riferito che il Cda ha deciso di “non procedere alla presentazione di una lista per il rinnovo dell’organo di gestione della compagnia, alla luce della circostanza che il quadro normativo di riferimento non risulta ancora completo ed i tempi, allo stato, non sarebbero compatibili con l’iter di autorizzazione ed approvazione delle modifiche dello statuto necessarie”. La decisione di non presentare una lista è stata presa “nell’ambito della definizione del parere di orientamento agli azionisti che sarà pubblicato nei prossimi giorni”. La maggioranza dei consiglieri in carica del board di Generali – tra cui il presidente e l’amministratore delegato Philippe Donnet – ha comunque “espresso la propria disponibilità a considerare una eventuale candidatura” in vista del rinnovo dell’organo.


Nel frattempo, “il piano che vi presenteremo domani sarà un piano che è in linea di continuità con quello che abbiamo fatto fino adesso con grandi risultati, come sapete, sia dal punto di vista economico che come riconoscimento da parte del mercato”, ha detto Sironi, a margine di un evento con la stampa. Il piano sara’ significativamente ambizioso e “potra’ creare ulteriore valore per gli stakeholder, dal punto di vista economico, finanziario e sociale”. “Sono fiducioso – ha concluso – che vi sorprenderemo positivamente con il piano che il valido Ceo Donnet e il team management presenteranno domani”.

Federal Reserve conferma i tassi sul dollaro al 4,25%-4,50%

Federal Reserve conferma i tassi sul dollaro al 4,25%-4,50%Roma, 29 gen. (askanews) – La Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti ha confermato i livelli attuali dei tassi di riferimento sul dollaro: i fed funds restano quindi a una forchetta del 4,25%-4,50%. La decisione, annunciata al termine del direttorio (Fomc), è in linea con le attese.


“Recenti indicatori suggeriscono che l’attività economica ha continuato ad espandersi a un ritmo solido. La disoccupazione si è stabilizzata a livelli bassi e le condizioni del mercato del lavoro restano solide – afferma l’istituzione monetaria con un comunicato -. L’inflazione resta in qualche misura elevata”. Secondo la Fed, le prospettive dell’economia statunitense sono incerte e il direttorio è “attento ai rischi di entrambi gli elementi” del suo duplice mandato: preservare la stabilità dei prezzi e puntare alla massima occupazione.

Ue vuole un “28° regime legale” per ridurre costi fallimento imprese

Ue vuole un “28° regime legale” per ridurre costi fallimento impreseRoma, 29 gen. (askanews) – Nell’ambito del suo piano per “una bussola europea sulla competitività” la Commissione intende proporre quello che ha chiamato “28º regime legale” al quale, su base volontaria, le imprese innovative potranno aderire e in questo modo crescere senza doversi barcamenare tra 27 diversi regimi legali dei paesi dell’Unione europea. Questo “28º regime” semplificherà le normative applicabili puntando a “ridurre i costi dei fallimenti, incluso ogni aspetto rilevante delle normative sulle imprese, sull’insolvenza, sul lavoro e sulla tassazione”, recita il documento diffuso oggi dalla commissione europea.


“Vediamo oggi che le nostre imprese innovative se vogliono ingrandirsi si confrontano con 27 diversi requisiti regolamentari del mercato unico. Per questo – ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante una conferenza stampa – gli offriremo la possibilità del cosiddetto 28º regime, che è volontario, un regime semplice e unico, un insieme di regole in tutta l’Unione”. (fonte immagine: European Union, 2025).

IA, Von der Leyen: all’Ue servono infrastrutture e accesso a capitali

IA, Von der Leyen: all’Ue servono infrastrutture e accesso a capitaliRoma, 29 gen. (askanews) – “Sull’intelligenza artificiale, “se guardate agli annunci” di altre economie “c’è senza dubbio una corsa sulla leadership. Qui molto dipende dalle infrastrutture che servono, la capacità di calcolo, e dai talenti. Ovviamente anche l’accesso ai capitali. Per la capacità di supercomputer necessari per noi è importante che offriamo queste ‘factory’ e gigafactory, in modo da poter deve sviluppare capacità per addestrare modelli” di IA. Lo ha affermato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante la conferenza stampa di presentazione del piano per la “bussola” sulla competitività in Europa.


In Europa “solitamente abbiamo i talenti. Quello che manca è l’accesso al mercato unico. Vediamo oggi che i soldi non sono tutto ma l’accesso ai capitali è cruciale” per questo elemento l’idea della Commissione è di fare ricorso “ai risparmi degli europei”, in modo da convogliarli verso investimenti su questi settori.

Von der Leyen: valuteremo aiuti Stato guardando a dimensione globale

Von der Leyen: valuteremo aiuti Stato guardando a dimensione globaleRoma, 29 gen. (askanews) – Un aspetto chiave della revisione alle normative sulla concorrenza dell’Unione europea è che nel valutare la compatibilità con le regole degli aiuti di Stato la Commissione Ue terrà conto della Scala globale dei mercati e non unicamente, come avviene oggi, della dimensione europea della concorrenza. Lo ha spiegato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante la conferenza stampa di presentazione del piano per la “bussola” sulla competitività in Europa.


“Si guarderà non solo all’Unione europea ma anche a livello globale: il mercato in cui completiamo è globale quello. Gli aiuti di Stato devono essere veloci e flessibili e (li valuteremo) tenendo conto della dimensione globale”.

La commissione Ue lancia la “bussola per la competitività europea”

La commissione Ue lancia la “bussola per la competitività europea”Roma, 29 gen. (askanews) – La Commissione europea ha presentato una comunicazione che punta a rilanciare la concorrenza dei paesi dell’Unione europea, partendo dalle analisi contenute nei rapporti stilati da Mario Draghi e Enrico Etta. Il documento – poco meno di 30 pagine nella sua versione finale, presentata oggi in conferenza stampa dalla presidente Ursula von der Leyen, e indirizzato a Parlamento europeo, Consiglio e altri organismi comunitari – afferma di voler creare “una bussola che guiderà il lavoro nei prossimi cinque anni e stila una lista di priorità per reinnescare il dinamismo economico in Europa”.


Questa “bussola” fissa due obiettivi chiave. “Primo – si legge – identificare i cambiamenti di politica necessari all’Europa per muoversi a un passo più veloce. In alcuni settori le politiche devono essere aggiornate, in altri servono cambi di passo per adattarsi alle nuove realtà”. Il secondo obiettivo è “sviluppare nuovi modi di lavorare assieme per aumentare la velocità e la qualità dei processi decisionali, semplificare quadri normativi e regole superare la frammentazione”. Perché sempre partendo dalle analisi dei sovracitati rapporti, secondo la commissione l’Europa può tenersi alla pari di competitori globali delle sue proporzioni Unicamente facendo leva sulle sue dimensioni continentali e allineando le politiche nazionali verso i medesimi obiettivi, in modo che si rafforzino vicendevolmente.


Il documento propone interventi a più livelli, dalla tassazione dei mercati di lavoro, le politiche industriali, che così come le riforme su base nazionale sono ampiamente nelle mani dei governi dei singoli paesi. Inoltre un altro aspetto chiave è rappresentato dagli investimenti. Partendo dall’industria, il settore che sta più soffrendo in Europa, secondo la Commissione, bisogna chiudere il divario sull’innovazione rispetto alle economie capofila nel mondo, Stati Uniti e Cina. “Se vogliamo che il futuro dell’industria sia ‘Made in Europe’ l’Ue deve rivitalizzare il ciclo dell’innovazione. Avviare e far crescere compagnie in Europa attualmente viene minato dalla frammentazione di mercato, dai freni al capitale di rischio e dal sostegno insufficiente all’innovazione”, recita il documento.


Per questo viene proposta una strategia dedicata alle start-up e alla crescita delle aziende che “identificherà gli ostacoli che stanno impedendo alle nuove imprese di emergere di crescere”. Parallelamente “l’Ue farà tutto quanto possibile per assicurare che abbiano i finanziamenti di cui hanno bisogno”. Un nuovo impegno viene focalizzato sulle spese per ricerca e sviluppo nell’ambito del quale la Commissione intende presentare un documento specifico (European Research Area Act) con l’obiettivo di far salire la spesa su queste voci al 3% del Pil l’anno.


Sul tavolo, anche la necessità di allestire adeguate strutture di calcolo, cloud computing e altri elementi chiave delle nuove tecnologie digitali. Un paragrafo a se stante riguarda l’intelligenza artificiale e le infrastrutture che questi sistemi richiedono. L’Ue già delle iniziative in corso su questo versante (come AI Continent strategy e AI factories). La Commissione europea afferma che intende proporre una “strategia dell’Unione dei dati allo scopo di migliorare e facilitare la sicurezza della condivisione pubblica e privata dei dati, semplificare il regime regolamentare la sua applicazione accelerare lo sviluppo di nuovi sistemi o applicativi”. Un altro elemento chiave del piano è rappresentato dalle politiche di concorrenza, legate a doppio filo con la competitività. Secondo Bruxelles “questo si deve riflettere in una revisione delle linee guida per valutare le fusioni in modo che innovazione, resilienza e intensità degli investimenti in alcuni settori strategici vengano adeguatamente soppesate alla luce delle acute necessità Europee”. Non solo, un nuovo approccio sulla concorrenza richiede non solo di semplificare e velocizzare le procedure di vigilanza ma anche di renderle più mirate, dice ancora Bruxelles. Già in base alle bozze che erano circolate nei giorni scorsi, il piano mira a rendere la regolamentazione Ue “più semplice, più leggera, più veloce”. Sarà richiesto “uno sforzo senza precedenti” da parte di “tutte le istituzioni Ue, nazionali e locali” al fine di “produrre regole più semplici e accelerare la velocità delle procedure amministrative”. Verrà anche proposta, “il mese prossimo”, una nuova definizione di piccole e medie imprese (Pmi), creando una nuova categoria di aziende medie, “più grandi delle Pmi ma più piccole delle grandi aziende”. Questa ridefinizione riguarderà “fino a 31.000 aziende nell’Ue”, che trarranno vantaggio da “una semplificazione normativa su misura”, nello stesso spirito di quella prevista per le Pmi. Il “Compass” perora una maggiore integrazione del mercato unico, come indica il rapporto Letta, con particolare enfasi sul completamento del mercato unico dei capitali, e afferma anche che “la politica della concorrenza deve tenere il passo con l’evoluzione dei mercati e l’innovazione tecnologica. Ciò richiede un nuovo approccio, meglio orientato agli obiettivi comuni e più favorevole alle aziende che si espandono nei mercati europei e globali, garantendo sempre parità di condizioni”. In questo quadro, si annuncia, verranno presentate “nuove linee guida per la valutazione delle fusioni” nell’ambito della politica antitrust dell’Ue.

Commissione Ue lancia la “bussola per la competitività europea”

Commissione Ue lancia la “bussola per la competitività europea”Roma, 29 gen. (askanews) – La Commissione europea ha presentato una comunicazione che punta a rilanciare la concorrenza dei paesi dell’Unione europea, partendo dalle analisi contenute nei rapporti stilati da Mario Draghi e Enrico Etta. Il documento – poco meno di 30 pagine nella sua versione finale, presentata oggi in conferenza stampa dalla presidente Ursula von der Leyen, e indirizzato a Parlamento europeo, Consiglio e altri organismi comunitari – afferma di voler creare “una bussola che guiderà il lavoro nei prossimi cinque anni e stila una lista di priorità per reinnescare il dinamismo economico in Europa”.


Questa “bussola” fissa due obiettivi chiave. “Primo – si legge – identificare i cambiamenti di politica necessari all’Europa per muoversi a un passo più veloce. In alcuni settori le politiche devono essere aggiornate, in altri servono cambi di passo per adattarsi alle nuove realtà”. Il secondo obiettivo è “sviluppare nuovi modi di lavorare assieme per aumentare la velocità e la qualità dei processi decisionali, semplificare quadri normativi e regole superare la frammentazione”. Perché sempre partendo dalle analisi dei sovracitati rapporti, secondo la commissione l’Europa può tenersi alla pari di competitori globali delle sue proporzioni Unicamente facendo leva sulle sue dimensioni continentali e allineando le politiche nazionali verso i medesimi obiettivi, in modo che si rafforzino vicendevolmente.


Il documento propone interventi a più livelli, dalla tassazione dei mercati di lavoro, le politiche industriali, che così come le riforme su base nazionale sono ampiamente nelle mani dei governi dei singoli paesi. Inoltre un altro aspetto chiave è rappresentato dagli investimenti. Partendo dall’industria, il settore che sta più soffrendo in Europa, secondo la Commissione, bisogna chiudere il divario sull’innovazione rispetto alle economie capofila nel mondo, Stati Uniti e Cina. “Se vogliamo che il futuro dell’industria sia ‘Made in Europe’ l’Ue deve rivitalizzare il ciclo dell’innovazione. Avviare e far crescere compagnie in Europa attualmente viene minato dalla frammentazione di mercato, dai freni al capitale di rischio e dal sostegno insufficiente all’innovazione”, recita il documento.


Per questo viene proposta una strategia dedicata alle start-up e alla crescita delle aziende che “identificherà gli ostacoli che stanno impedendo alle nuove imprese di emergere di crescere”. Parallelamente “l’Ue farà tutto quanto possibile per assicurare che abbiano i finanziamenti di cui hanno bisogno”. Un nuovo impegno viene focalizzato sulle spese per ricerca e sviluppo nell’ambito del quale la Commissione intende presentare un documento specifico (European Research Area Act) con l’obiettivo di far salire la spesa su queste voci al 3% del Pil l’anno.


Sul tavolo, anche la necessità di allestire adeguate strutture di calcolo, cloud computing e altri elementi chiave delle nuove tecnologie digitali. Un paragrafo a se stante riguarda l’intelligenza artificiale e le infrastrutture che questi sistemi richiedono. L’Ue già delle iniziative in corso su questo versante (come AI Continent strategy e AI factories). La Commissione europea afferma che intende proporre una “strategia dell’Unione dei dati allo scopo di migliorare e facilitare la sicurezza della condivisione pubblica e privata dei dati, semplificare il regime regolamentare la sua applicazione accelerare lo sviluppo di nuovi sistemi o applicativi”. Un altro elemento chiave del piano è rappresentato dalle politiche di concorrenza, legate a doppio filo con la competitività. Secondo Bruxelles “questo si deve riflettere in una revisione delle linee guida per valutare le fusioni in modo che innovazione, resilienza e intensità degli investimenti in alcuni settori strategici vengano adeguatamente soppesate alla luce delle acute necessità Europee”. Non solo, un nuovo approccio sulla concorrenza richiede non solo di semplificare e velocizzare le procedure di vigilanza ma anche di renderle più mirate, dice ancora Bruxelles. Già in base alle bozze che erano circolate nei giorni scorsi, il piano mira a rendere la regolamentazione Ue “più semplice, più leggera, più veloce”. Sarà richiesto “uno sforzo senza precedenti” da parte di “tutte le istituzioni Ue, nazionali e locali” al fine di “produrre regole più semplici e accelerare la velocità delle procedure amministrative”. Verrà anche proposta, “il mese prossimo”, una nuova definizione di piccole e medie imprese (Pmi), creando una nuova categoria di aziende medie, “più grandi delle Pmi ma più piccole delle grandi aziende”. Questa ridefinizione riguarderà “fino a 31.000 aziende nell’Ue”, che trarranno vantaggio da “una semplificazione normativa su misura”, nello stesso spirito di quella prevista per le Pmi. Il “Compass” perora una maggiore integrazione del mercato unico, come indica il rapporto Letta, con particolare enfasi sul completamento del mercato unico dei capitali, e afferma anche che “la politica della concorrenza deve tenere il passo con l’evoluzione dei mercati e l’innovazione tecnologica. Ciò richiede un nuovo approccio, meglio orientato agli obiettivi comuni e più favorevole alle aziende che si espandono nei mercati europei e globali, garantendo sempre parità di condizioni”. In questo quadro, si annuncia, verranno presentate “nuove linee guida per la valutazione delle fusioni” nell’ambito della politica antitrust dell’Ue.

Euro digitale, Leibbrandt (Cls): attenzione, ordine Trump pesa

Euro digitale, Leibbrandt (Cls): attenzione, ordine Trump pesaRoma, 28 gen. (askanews) – Il presidente del Cda di Cls, piattaforma chiave sui servizi di regolazione del mercato valutario (Forex), ha lanciato un monito rispetto all’ipotesi di avventurarsi sulla creazione di valute digitali delle banche centrali (Cbdc) in un sistema globale che resta basato sul dollaro, mentre negli Usa l’amministrazione Trump ha emanato un divieto in tal senso. “L’ordine esecutivo di Trump è rilevante. Se gli Usa non si muoveranno verso una Cbdc, forse dovremmo pensarci un po’”, ha affermato Gottfried Leibbrandt, già amministratore delegato dalla piattaforma Swift, nel suo intervento oggi a una conferenza sulle infrastrutture dei sistemi di pagamento organizzata dalla Banca di Francia.


“Di sicuro non possiamo sovrastimare l’importanza del dollaro. Che piaccia o no, abbiamo un sistema finanziario basato sul dollaro. Tutti gli scambi valutari vengono regolati con il dollaro. Il 90% di tutti i crediti documentati sulla piattaforma Swift è in dollari. Metà dei pagamenti trasfrontalieri sono denominati in dollari – ha rilevato Leibbrandt -. Metà dei mercati azionari e obbligazionari del mondo sono in sono statunitensi. Cioè i mercati Usa per bond e azioni sono grandi quanto quelli di tutto il resto del mondo messi assieme. E potrei andare avanti”. Alla stessa conferenza è intervenuto Piero Cipollone, il componente del Comitato esecutivo della Bce che ha la delega su sistemi di pagamento e euro digitale, che invece è il più forte sostenitore della necessità di procedere all’adozione di quest’ultimo, indipendentemente dalle mosse Usa. Secondo Cipollone, anzi, l’ordine di Trump rende più impellente “per tutti gli altri” rafforzare la collaborazione su queste materie.


In Europa i sistemi di pagamento restano frammentati e la digitalizzazione, i sistemi a registro distribuito (Dlt) e le Stablecoin – che sono prevalentemente basate sul dollaro – “rischiano di accelerare e accentuare questa frammentazione”, ha detto Cipollone. “Questo è il motivo per cui la Bce si sta muovendo per fornire una valuta per l’era digitale. Questo è il motivo per cui ci serve sia l’euro digitale, per le transazioni al dettaglio, sia una soluzione adatta per il regolamento delle operazioni all’ingrosso su Dlt”, i sistemi a registro distribuito. Secondo Cipollone “entrambe le soluzioni aiuteranno la moneta della Banca centrale a restare rilevante nell’era digitale e le banche a restare al centro del sistema dei pagamenti. La stabilità finanziaria – ha ricordato – richiede un asset privo di rischio per il regolamento (delle transazioni-ndr) e un forte sistema bancario per distribuirlo”.


Il tema dell’adozione di un euro digitale a livello di Bce e di Eurosistema delle banche centrali era oggetto di discussione e dibattito già prima del dirompente ordine esecutivo di Trump. E’ contenuto nel dispositivo che afferma di voler assicurare “la leadership (Usa) sulla sulle tecnologie finanziarie digitali”. E dispone in modo non equivoco che viene “proibito alle agenzie federali qualunque azione per stabilire, emettere o promuovere valuta digitale della banca centrale (Cbdc)”. Finora i lavori per procedere verso l’euro digitale sono andati avanti a livello della Bce e della Commissione europea, mentre sono sembrati avanzare più a rilento a livello di Parlamento europeo.


La mossa di Trump potrebbe suggerire agli eurodeputati di soppesare con ulteriore cautela questa partita. O almeno questo è quello che sembrava ventilare il presidente del Cda di Cls quando rimarcava con insistenza il fatto che il sistema finanziario globale resta basato sul dollaro. “Un giorno potrebbe cambiare, ma al momento questa è la realtà e questo significa che per muovere questo sistema su un registro comune temo che dovrà essere col dollaro. E l’ordine esecutivo di Trump è rilevante. Se gli Usa non si muoveranno verso una Cbdc – ha avvertito Leibbrandt – forse dovremmo pensarci un po’”. (fonte immagine: Banque de France).

Mediobanca boccia Mps: Ops ostile e fortemente distruttiva di valore

Mediobanca boccia Mps: Ops ostile e fortemente distruttiva di valoreMilano, 28 gen. (askanews) – Mediobanca passa al contrattacco e boccia senza appello l’Ops lanciata da Mps, ritenendola “ostile” e “fortemente distruttiva” di valore. Ed è scontro aperto con Caltagirone e Delfin: Piazzetta Cuccia stigmatizza i “rilevanti intrecci azionari” dei due soci, azionisti anche del Monte e di Generali, che configurano “una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria”.


Il cda di Mediobanca, riunito questa mattina dopo l’offerta annunciata venerdì da Siena, ha rigettato l’Ops – con l’astensione dei due consiglieri Sandro Panizza e Sabrina Pucci, che siedono nel board in rappresentanza di Delfin -, ritenendola “priva di razionale industriale e finanziario” e rivendicando il “brillante avvio” del proprio piano 2023-2026, confermandone gli obiettivi (coi 3,7 mld distribuiti ai soci in tre anni), la visione e la traiettoria. L’istituto guidato da Alberto Nagel argomenta punto per punto, senza sconti, l’offerta di Mps che innanzitutto non ha, secondo Mediobanca, valenza industriale e porterebbe a “un forte indebolimento” del proprio modello di business focalizzato sui segmenti di attività specializzate e redditizie quali il Wealth Management e l’Investment Banking. L’Ops, sottolinea, “distrugge valore per gli azionisti di Mediobanca e di Mps essendo facile prevedere una copiosa perdita di clienti in quelle attività (WM e CIB) che presuppongono l’indipendenza, la reputazione e la professionalità dei professionisti”, con la clientela bancaria e finanziaria e quella large corporate che migrerebbe verso boutique specializzate o banche estere, così come “le migliori risorse umane del gruppo che ragionevolmente” andranno altrove.


L’Ops, inoltre, è “negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione Mps che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 mld), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), mancanza di fabbriche prodotto”. Dal punto di vista finanziario, scrive Mediobanca, il calo del titolo Mps dopo l’annuncio dell’Ops “ne testimonia la fragilità del corso di borsa, rendendo improbabile il buon esito dell’operazione”. Rispetto al prezzo undisturbed di Mediobanca di 15,23 euro alla chiusura del 23 gennaio, l’offerta basata sul prezzo di borsa di Mps rappresenta infatti: uno sconto del 3% sulla base del prezzo del 27 gennaio, del 7% guardando alla media degli ultimi tre mesi di Mps, del 15% sulla media dei sei mesi e uno sconto del 28% guardando alla media degli ultimi 12 mesi.


Ma è nella parte finale del comunicato che arriva l’affondo verso i due principali soci dell’istituto, Delfin che, sulla base dello stacco del dividendo di novembre, detiene il 20% circa e Caltagirone col 7% del capitale. L’operazione – sottolinea Mediobanca – “è caratterizzata dai rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone”. La presenza degli stessi azionisti in Mps, Mediobanca e Generali nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni “configura una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria”. In Borsa, Mediobanca e Mps hanno chiuso la seduta in netto calo. Le azioni Mediobanca, dopo i forti guadagni degli ultimi giorni, hanno perso il 4,36% a 15,78 euro, Mps ha continuato la sua discesa (-2,45% a 6,206 euro), ai minimi da fine novembre. Le 2,3 azioni che il Monte offre per ogni azione di Piazzetta Cuccia valgono così oggi 14,2738 euro contro il prezzo implicito di 15,992 euro dell’Ops, portando l’offerta a sconto del 9,5% circa.