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Istat: nel 2023 in povertà assoluta 1,29 mln di minori, massimi dal 2014

Istat: nel 2023 in povertà assoluta 1,29 mln di minori, massimi dal 2014Roma, 17 ott. (askanews) – Nel 2023, la povertà assoluta in Italia interessa oltre 1 milione 295mila minori (13,8% rispetto al 9,7% a livello nazionale); l’incidenza varia dal 12,9% del Nord, al 15,5% del Mezzogiorno. Rispetto al 2022 la condizione dei minori è stabile a livello nazionale, con il valore più elevato dal 2014, ma si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 7 a 13 anni del Centro (l’incidenza arriva al 13,9% dal 10,7%). Lo ha reso noto l’Istat.


Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 748mila, con un’incidenza pari al 12,4%. Le famiglie di altra tipologia con minori, ossia quelle famiglie dove frequentemente convivono più nuclei familiari e/o membri aggregati, presentano i valori più elevati dell’incidenza (25,6%), seguite dalle famiglie numerose costituite dalle coppie con tre e più figli minori, per le quali l’incidenza arriva al 18,8%. In generale, la diffusione del fenomeno aumenta al crescere del numero di figli minori presenti in famiglia (6,6% per le coppie con un figlio minore, 11,6% per quelle con due figli minori) e rimane comunque elevata tra le famiglie monogenitore con minori (14,8%). Rispetto al 2022 si registra una sostanziale stabilità; tuttavia, l’intensità della povertà delle famiglie con minori, pari al 20,1%, è più elevata di quella del complesso delle famiglie povere (18,2%), a ulteriore testimonianza di una condizione di più marcato disagio.


L’incidenza di povertà tra le famiglie con minori varia molto a seconda della condizione lavorativa e della posizione nella professione della p.r.: per gli occupati, i valori più elevati si riscontrano fra le famiglie con p.r. operaio e assimilato (19,4%, in crescita rispetto al 2022); seguita dalle famiglie con minori in cui la p.r. è altro indipendente (9,1%). Si arriva al 22,7% per le famiglie con minori in cui la p.r. non è un occupato, sfiorando il 23,9% per i casi in cui la p.r. è in cerca di occupazione. Anche la cittadinanza gioca un ruolo importante nel determinare la condizione socio-economica delle famiglie con minori. L’incidenza di povertà assoluta delle famiglie con minori composte solamente da italiani si attesta all’8,2%, mentre arriva al 41,4% per le famiglie con minori composte unicamente da stranieri (è il 34,1% nel caso più generale in cui nella famiglia con minori ci sia almeno uno straniero).


L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie con minori è più elevata nei comuni centro delle aree metropolitane (14,7%), mentre si osservano valori inferiori e su livelli simili per i comuni periferia dell’area metropolitana e i comuni oltre i 50mila abitanti (11,9%) e per i comuni più piccoli, fino a 50mila abitanti, dove è pari all’12,1%.

Pensioni, Fava: in cinque anni la spesa è aumentata del 19%

Pensioni, Fava: in cinque anni la spesa è aumentata del 19%Roma, 17 ott. (askanews) – Nel 2023, secondo le rilevazioni della Ragioneria generale dello Stato, la spesa pensionistica cresce rispetto al 2022 del 7,4% attestandosi al 15,3% del pil, uno dei più elevati d’Europa. Così il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante un’audizione nella commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, sottolineando che “negli ultimi cinque anni è passata da 268 a 319 miliardi di euro con una crescita di quasi il 19%”.


Nel biennio 2023-2024 la spesa in rapporto al pil “aumenta significativamente portandosi sopra il 16%, anche a causa dell’elevato livello della perequazione imputabile al significativo incremento dell’inflazione”.

Salari, Fava: retribuzioni reali 2019-2023 hanno perso circa 10%

Salari, Fava: retribuzioni reali 2019-2023 hanno perso circa 10%Roma, 17 ott. (askanews) – “Al notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguenza dell’aumento dei prezzi che ha interessato gli ultimi anni. La retribuzione media annua pro capite nel 2023 risulta pari a 25.789 euro: rispetto al 2019 si tratta di un incremento del 6,8%. La variazione media dei prezzi al consumo tra il 2019 e il 2023 è collocabile attorno al 15-17%”. Così il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante un’audizione nella commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. In pratica, le retribuzione reali hanno perso circa il 10%.

Pensioni, Fava (Inps): in 5 anni la spesa è passata da 268 a 319 miliardi, un aumento del 19%

Pensioni, Fava (Inps): in 5 anni la spesa è passata da 268 a 319 miliardi, un aumento del 19%Roma, 17 ott. (askanews) – Nel 2023, secondo le rilevazioni della Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pensionistica cresce rispetto al 2022 del 7,4% attestandosi al 15,3% del Pil, uno dei più elevati d’Europa. Così il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante un’audizione nella commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, sottolineando che “negli ultimi cinque anni è passata da 268 a 319 miliardi di euro con una crescita di quasi il 19%”.


Nel biennio 2023-2024 la spesa in rapporto al Pil “aumenta significativamente portandosi sopra il 16%, anche a causa dell’elevato livello della perequazione imputabile al significativo incremento dell’inflazione”. Le ragioni di una spesa pensionistica elevata “sono storicamente riconducibili a un sistema pensionistico in passato generoso – ha poi affermato il presidente dell’Inps – sia dal punto di vista dei requisiti pensionistici che da quello del metodo di calcolo, che, seppur modificato dal 1995, produce ancora effetti sulla spesa pensionistica in ragione dello stock di pensioni ancora vigenti liquidate con il metodo precedente”.


Nel 2023, ha detto Fava, “l’età effettiva di pensionamento è in linea con quella degli altri Paesi europei e solo leggermente superiore alla media Ue, nonostante in Italia la speranza di vita sia tra le più alte d’Europa. Inoltre, il tasso di sostituzione della pensione rispetto all’ultima retribuzione percepita prima del pensionamento resta tra i più elevati in Ue, pari al 59%, quasi 14 punti percentuali sopra la media europea, anche in ragione dell’elevato peso dell’aliquota di contribuzione. Per completare il quadro occorre ricordare come in Italia il secondo pilastro del nostro sistema pensionistico, la previdenza complementare, necessita di un suo ulteriore sviluppo. Le potenzialità di questo secondo pilastro necessitano di interventi di promozione che il Psb introduce tra le iniziative mirate alla sostenibilità del sistema pensionistico”. Fava ha aggiunto che negli anni successivi al 2024 “la spesa in rapporto al Pil si manterrebbe sostanzialmente stabile fino al 2026 per poi riprendere ad aumentare moderatamente superando il 17% nel 2036. Questa dinamica è essenzialmente dovuta all’incremento del numero di pensioni come conseguenza dell’uscita dal mondo del lavoro dei nati negli anni ’60-’70 (baby boomers). Successivamente dopo un periodo di stabilità, la spesa diminuisce gradualmente tornando a livelli prossimi al 16% nel 2050 e al di sotto del 14% dal 2059. Tale dinamica decrescente è determinata dall’applicazione generalizzata e a pieno regime del calcolo contributivo contestualmente all’applicazione dei meccanismi di stabilizzazione previsti dal sistema pensionistico (adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione in funzione della speranza di vita), espressamente disegnati per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema e l’adeguatezza delle prestazioni”.


Le riforme pensionistiche approvate negli ultimi 30 anni, dall’accesso al pensionamento ai sistemi di calcolo, “hanno posto le basi per adattare il nostro sistema pensionistico alla nuova realtà demografica ed economica. Queste riforme hanno allungato la vita lavorativa e si stima che porteranno la spesa pensionistica in rapporto al Pil su un sentiero di riduzione dopo l’aumento atteso dovuto all’accesso al pensionamento delle generazioni dei baby boomers che determineranno la gobba pensionistica. In particolare, meccanismi automatici di adeguamento alla speranza di vita, dei requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione, hanno determinato un incremento nell’ultimo decennio dell’età media al pensionamento da 62,1 a 64,6 anni”. Così il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, durante un’audizione nella commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

Lagarde: l’Europa deve imparare a restare in piedi e a resistere

Lagarde: l’Europa deve imparare a restare in piedi e a resistereRoma, 16 ott. (askanews) – Nel mondo incerto di oggi, l’Europa deve imparare a “restare in piedi e resistere”. E può farlo guardando alla Slovenia come esempio di come si possano superare le sfide che si presentano. Innanzitutto, bisogna “lavorare duramente per gettare le basi del successo. E poi, come nelle canzoni tradizionali di Vlado Kreslin, ‘tutto è possibile’”. Lo ha affermato la presidente della Bce, Christine Lagarde nel suo intervento a Lubiana, alla cena di gala organizzata dalla Banca slovena in occasione della trasferta del Consiglio direttivo.


Secondo Lagarde “l’incertezza può creare opportunità”. E per l’Europa “il percorso di rinnovamento è inevitabilmente collegato con le nuove tecnologie, soprattutto la digitalizzazione”. Tuttavia queste ultime possono portare a ricadute disomogenee sui mercati del lavoro. “Molti in Europa sono preoccupati per le sfide di fronte a noi, come gli effetti dell’intelligenza artificiale sull’inclusione sociale. Ma dovremmo prendere esempio dalla Slovenia per ispirarci. Con l’approccio giusto – ha sostenuto – possiamo andare avanti e diventare più avanzati tecnologicamente assicurando il tempo stesso che tutti ne traggono benefici”.


L’incontro avviene a Lubiana per una delle riunioni che periodicamente portano i banchieri centrali dell’eurozona a rotazione nei paesi che utilizzano la valuta condivisa. Le decisioni di politica monetaria verranno comunicate alle 14 e 15 di domani, mezz’ora dopo la presidente terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. L’attesa prevalente è che a seguito dei nuovi cali dell’inflazione e del contestuale indebolimento dell’economia, l’istituzione decida un ulteriore taglio ai tassi di interesse, da 25 punti base (0,25 punti percentuali), che sarebbe il terzo da quando, lo scorso giugno, ha iniziato a ridurre la restrizione monetaria. (fonte immagine: ECB 2024).

Consiglio direttivo della Bce a Lubiana, atteso un nuovo taglio dei tassi

Consiglio direttivo della Bce a Lubiana, atteso un nuovo taglio dei tassiRoma, 16 ott. (askanews) – Tra stasera e domani mattina torna riunirsi il Consiglio direttivo della Bce per le decisioni di politica monetaria. L’attesa prevalente è che a seguito dei nuovi cali dell’inflazione e del contestuale indebolimento dell’economia, l’istituzione decida un ulteriore taglio ai tassi di interesse, da 25 punti base (0,25 punti percentuali), che sarebbe il terzo da quando, lo scorso giugno, ha iniziato a ridurre la restrizione monetaria.


L’incontro avviene a Lubiana, in Slovenia, per una delle riunioni che periodicamente portano i banchieri centrali dell’eurozona a rotazione nei paesi che utilizzano la valuta condivisa. Stasera la presidente Christine Lagarde terrà un intervento ad una cena di gala. Le decisioni di politica monetaria verranno comunicate alle 14 e 15 di domani, mezz’ora dopo la presidente terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Nelle ultime settimane era stata la stessa presidente, assieme ad altri esponenti dell’istituzione, a lanciare segnali nei quali operatori e analisti avevano letto una chiara indicazione sull’intento di effettuare un nuovo taglio dei tassi questo mese di ottobre, laddove in precedenza era prevista una pausa e un nuovo taglio solo a dicembre.


Il rapido calo dell’inflazione, che a settembre nell’eurozona è scesa all’1,8%, contestualmente all’indebolimento dell’attività delle imprese sembra spingere la Bce ad accelerare il passo nella sua manovra di riduzione del freno monetario. L’obiettivo di “stabilità dei prezzi” perseguito da Francoforte viene quantificato in una inflazione media per la zona euro al 2%, riferito però a un periodo ragionevolmente lungo, anche in prospettiva futura, e non a un singolo mese. Alcuni osservatori si sono spinti a ipotizzare che la Bce possa ritrovarsi spiazzata a fronteggiare nuovamente inflazione troppo bassa.


Le impennate dei prezzi del petrolio della scorsa settimana avevano creato però un elemento di ulteriore incertezza in questi scenari. Ma questa settimana il barile di oro nero ha subito drastici cali. Le rassicurazioni giunte da Israele sul fatto che la rappresaglia per l’attacco missilistico dell’Iran non colpirà impianti petroliferi si è combinata agli sviluppi sul versante economico, che non fanno presagire livelli di domanda vigorosi. Del resto l’Opec, il cartello degli esportatori di greggio, ha appena ritoccato al ribasso le sue previsioni sui consumi globali. Il probabile nuovo taglio dei tassi dovrebbe accentuare l’inversione di tendenza appena registrata dalla stessa Bce sulla dinamica del credito: nel terzo trimestre, dopo oltre due anni in cui proseguiva ininterrotta, si è arrestata la fase di inasprimento complessiva sui criteri di concessione di prestiti da parte delle banche per l’insieme dell’area euro.


L’allentamento riguarda i mutui alle famiglie per l’acquisto di casa, non il credito al consumo in cui la stretta prosegue. E anche sui prestiti alle imprese la dinamica è ancora restrittiva, ma più lieve rispetto ai mesi scorsi. Andamenti analoghi si sono registrati anche in Italia, mentre i tagli dei tassi già operati e quelli attesi in prospettiva hanno rianimato la domanda di mutui. (fonte immagine: ECB 2024).

Bce, Consiglio direttivo a Lubiana, domani atteso nuovo taglio tassi

Bce, Consiglio direttivo a Lubiana, domani atteso nuovo taglio tassiRoma, 16 ott. (askanews) – Tra stasera e domani mattina torna riunirsi il Consiglio direttivo della Bce per le decisioni di politica monetaria. L’attesa prevalente è che a seguito dei nuovi cali dell’inflazione e del contestuale indebolimento dell’economia, l’istituzione decida un ulteriore taglio ai tassi di interesse, da 25 punti base (0,25 punti percentuali), che sarebbe il terzo da quando, lo scorso giugno, ha iniziato a ridurre la restrizione monetaria.


L’incontro avviene a Lubiana, in Slovenia, per una delle riunioni che periodicamente portano i banchieri centrali dell’eurozona a rotazione nei paesi che utilizzano la valuta condivisa. Stasera la presidente Christine Lagarde terrà un intervento ad una cena di gala. Le decisioni di politica monetaria verranno comunicate alle 14 e 15 di domani, mezz’ora dopo la presidente terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Nelle ultime settimane era stata la stessa presidente, assieme ad altri esponenti dell’istituzione, a lanciare segnali nei quali operatori e analisti avevano letto una chiara indicazione sull’intento di effettuare un nuovo taglio dei tassi questo mese di ottobre, laddove in precedenza era prevista una pausa e un nuovo taglio solo a dicembre.


Il rapido calo dell’inflazione, che a settembre nell’eurozona è scesa all’1,8%, contestualmente all’indebolimento dell’attività delle imprese sembra spingere la Bce ad accelerare il passo nella sua manovra di riduzione del freno monetario. L’obiettivo di “stabilità dei prezzi” perseguito da Francoforte viene quantificato in una inflazione media per la zona euro al 2%, riferito però a un periodo ragionevolmente lungo, anche in prospettiva futura, e non a un singolo mese. Alcuni osservatori si sono spinti a ipotizzare che la Bce possa ritrovarsi spiazzata a fronteggiare nuovamente inflazione troppo bassa.


Le impennate dei prezzi del petrolio della scorsa settimana avevano creato però un elemento di ulteriore incertezza in questi scenari. Ma questa settimana il barile di oro nero ha subito drastici cali. Le rassicurazioni giunte da Israele sul fatto che la rappresaglia per l’attacco missilistico dell’Iran non colpirà impianti petroliferi si è combinata agli sviluppi sul versante economico, che non fanno presagire livelli di domanda vigorosi. Del resto l’Opec, il cartello degli esportatori di greggio, ha appena ritoccato al ribasso le sue previsioni sui consumi globali. Il probabile nuovo taglio dei tassi dovrebbe accentuare l’inversione di tendenza appena registrata dalla stessa Bce sulla dinamica del credito: nel terzo trimestre, dopo oltre due anni in cui proseguiva ininterrotta, si è arrestata la fase di inasprimento complessiva sui criteri di concessione di prestiti da parte delle banche per l’insieme dell’area euro.


L’allentamento riguarda i mutui alle famiglie per l’acquisto di casa, non il credito al consumo in cui la stretta prosegue. E anche sui prestiti alle imprese la dinamica è ancora restrittiva, ma più lieve rispetto ai mesi scorsi. Andamenti analoghi si sono registrati anche in Italia, mentre i tagli dei tassi già operati e quelli attesi in prospettiva hanno rianimato la domanda di mutui. (fonte immagine: ECB 2024).

Manovra, scontro sulle risorse per la sanità, ‘sacrificio’ da banche

Manovra, scontro sulle risorse per la sanità, ‘sacrificio’ da bancheRoma, 16 ott. (askanews) – E’ scontro sulle risorse per la sanità. Dopo gli annunci di investimenti importanti per il settore, la tabella del Documento programmatico di bilancio approvato dal Consiglio dei Ministri indica come risorse aggiuntive per il 2025 solo 860 milioni. Una cifra più consistente, pari a circa 3,2 miliardi è prevista soltanto nel 2026. La reazione dei medici non si è fatta attendere, con l’annuncio da parte di Anaao Assomed di essere pronta a “proteste estreme”.


Il Ministero dell’economia cerca di aggiustare il tiro spiegando che in realtà “alla sanità il prossimo anno andranno 2.366 milioni di euro in più rispetto al 2024”. Ma la tabella parla chiaro e i medici chiedono spiegazioni. Per il resto la manovra, illustrata oggi dal Ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, e dal vice ministro Maurizio Leo, conferma la linea anticipata in diverse occasioni. Per lunedì prossimo, quando l’articolato completo sarà definito e trasmesso in Parlamento, è prevista una conferenza stampa del Presidente del consiglio, Giorgia Meloni.


Intanto oggi Giorgetti ha fatto sapere che il Documento programmatico di bilancio (con le cifra dei grandi aggregati della manovra) è stato trasmesso a Bruxelles, rispettando i tempi previsti e che con la Commissione europea è stato definito l’accordo per l’estensione da 4 a 7 anni del periodo di rientro dei conti nel percorso di sostenibilità. Confermati gli interventi a favore dei redditi medio bassi, in primo luogo il taglio del cuneo fiscale e l’irpef a tre aliquote, misure che sono rese strutturali. Il taglio del cuneo fiscale viene rimodulato prevedendo un decalage fino a 40.000 euro, per evitare l’esclusione dal beneficio per chi guadagna anche un solo euro in più rispetto ai 35.000 euro. Niente da fare per l’abbassamento dell’aliquota del 35% al 33%, ipotesi circolata se ci fossero state le risorse. Ma al momento non se ne parla. Eventualmente ci potrà pensare il Parlamento che dovrà gestire anche il riallineamento delle accise del gas e della benzina “attraverso un decreto legislativo. Nessuna stangata – ha detto Giorgetti – è un impegno europeo”.


Dopo un lungo confronto è stata definito anche “il sacrificio”, così lo ha definito Giorgetti, che le banche mettono sul tavolo e che vale circa 3,5 miliardi per il prossimo anno. Nessuna nuova tassa ma un contributo sulla liquidità accettando la sospensione per due anni della deduzione delle imposte differite attive che gli istituti hanno nei loro bilanci. Non è stato chiarito cosa succederà nel 2026, quando la sospensione non sarà più in vigore. Il sacrificio delle banche riguarda anche le stock option. “Oggi – ha spiegato Leo – quando si avvia il piano di stock option si usufruisce già della deduzione. Con la nuova norma la deduzione scatta quando c’è l’effettiva assegnazione della partecipazione, se c’è un differenziale positivo”. Sacrifici sono richiesti anche ai ministeri con “il taglio medio del 5% sulla spesa corrente”, ma sul tema non è stato specificato altro.


Esordisce nella manovra la revisione delle cosiddette tax expenditure con il principio del ‘quoziente familiare’. Nel complesso l’operazione di sfoltimento consentirà un aumento di gettito di circa un miliardo di euro. In pratica gli sconti fiscale vengono rimodulati in base al numero dei figli e calati su tre fasce di reddito. “Fino a 50.000 euro il tetto di spesa detraibile sarà più elevato – ha spiegato Leo – tra 50.000 e 100.000 euro sarà più basso e oltre i 100.000 euro sarà ancora meno”. Quindi sulla spesa detraibile si applicherà “la detrazione di riferimento. Se parliamo di interessi sui mutui e spese mediche sarà il 19%”. Novità per il bonus ristrutturazione, confermato al 50% per la prima casa ma in calo al 36% per gli altri immobili. Torna anche nel 2025 il bonus mobili al 50% che a legislazione vigente scadrebbe a fine 2024. Tra le novità per la famiglia il bonus bebè da 1.000 euro per i nati nel 2025 (per i nuclei con Isee fino a 40.000 euro) e l’aumento da due a tre mesi del periodo di congedo parentale retribuito all’80%. Per il pacchetto pensioni si profila il mantenimento delle misure in vigore nel 2024, quindi l’Ape sociale, opzione donna e quota 103. Confermati anche gli aumenti per le pensioni minime che nel 2025 dovrebbero arrivare a circa 630 euro dagli attuale 614,77 euro. Tra le altre misure, per le imprese la tracciabilità delle spese (ad esempio quelle per taxi o rappresentanza) per poterle portare in deduzione, l’ampliamento della platea dei soggetti sottoposti alla web tax, l’aumento della tassazione dal 26% al 42% sulle plusvalenze da bitcoin. Conferma anche per i fringe benefit nella misura di 1.000 euro, che sale a 2.000 per il lavoratore con figli e la tassazione agevolata per tre anni al 5% sui premi di produttività.

Bankitalia, ricchezza media famiglie Italia +1,8% a 296mila euro

Bankitalia, ricchezza media famiglie Italia +1,8% a 296mila euroRoma, 16 ott. (askanews) – Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane, costituita dalla somma delle attività reali e finanziarie al netto delle passività finanziarie, ammontava in media a circa 296.000 euro, in crescita dell’1,8 per cento a prezzi costanti rispetto al 2020. Lo riferisce la banca d’Italia nella sua Indagine sui bilanci delle famiglie, spiegando che la crescita è stata sostenuta da quella della componente finanziaria, che ha beneficiato dell’andamento positivo dei mercati e ha più che bilanciato l’aumento delle passività e la lieve riduzione della ricchezza immobiliare.


Il valore mediano, aggiunge Bankitalia, ovvero il livello che separa la metà meno ricca delle famiglie dalla metà più ricca era pari a 152.000 euro, in calo del 2 per cento. Anche su questi aspetti salgono le disuguaglianze: alla fine del 2022 il 10 per cento meno ricco delle famiglie possedeva meno dello 0,1 per cento del patrimonio netto complessivo, il 10 per cento più ricco ne deteneva circa il 52 per cento. E rispetto al 2020, la quota di patrimonio netto detenuta dal decimo più abbiente è salita di circa 2 punti percentuali. Al netto al del nuovo disegno di campionamento, precisa l’istituzione, il divario tra la quota di ricchezza netta detenuta dai più ricchi e quella in capo ai meno ricchi continua ad essere maggiore rispetto al periodo pre-pandemico (2016).


La quota di famiglie che detenevano attività finanziarie alla fine del 2022 era pari al 92 per cento, in linea con la precedente rilevazione: il valore medio familiare delle attività finanziarie era pari, tra chi le possedeva, a circa 62.400 euro. La distribuzione delle attività finanziarie è rimasta più concentrata di quella della ricchezza netta: quasi i due terzi delle attività finanziarie erano detenuti dai nuclei appartenenti al 10 per cento più ricco mentre il 10 per cento delle famiglie più povere ne deteneva solo lo 0,1 per cento . Ai divari nella quota di ricchezza finanziaria detenuta si associano portafogli con composizione molto diversa. Le famiglie appartenenti al decimo più povero possiedono quasi esclusivamente depositi, prosegue Bankitalia, mentre quelle appartenenti al decimo più abbiente affidano la gestione di una parte cospicua delle loro attività finanziarie a operatori professionali e detengono direttamente azioni. Questa diversificazione consente una maggiore protezione dall’inflazione come quella particolarmente elevata realizzatasi nel corso del 2022.

Airbus taglierà 2.500 posti di lavoro nella divisione difesa e spazio

Airbus taglierà 2.500 posti di lavoro nella divisione difesa e spazioRoma, 16 ott. (askanews) – Airbus taglierà fino a 2.500 lavoratori dalla sua divisione difesa e spazio, che si trova in difficoltà, a causa di ritardi nei programmi, costi aumentati e concorrenza da parte di aziende come SpaceX di Elon Musk.


Il colosso aerospaziale europeo ha reso noto che i tagli fanno parte di una ristrutturazione della divisione, che produce satelliti e veicoli spaziali, jet da combattimento e droni. I tagli rappresentano circa il 7% dei circa 35.500 lavoratori impiegati nell’unità, secondo il suo ultimo rapporto annuale. La mossa di Airbus – scrive il Wall Street Journal – giunge pochi giorni dopo che l’acerrima rivale Boeing ha annunciato i piani di tagliare fino al 10% della sua forza lavoro, ovvero circa 17.000 dipendenti, mentre il suo nuovo amministratore delegato cerca di ricostruire le finanze dell’azienda in mezzo a una crisi di sicurezza e uno sciopero dei lavoratori delle fabbriche.


Airbus ha lottato per migliorare le sorti della sua divisione spazio e difesa per anni sullo sfondo di rapidi progressi tecnologici, spesa pubblica limitata e crescente concorrenza da parte di aziende come SpaceX nel mercato dei satelliti e dei veicoli spaziali. “Un contesto aziendale in rapida evoluzione e molto impegnativo… ci richiede di diventare più veloci, più snelli e più competitivi”, ha affermato Michael Schoellhorn, responsabile dell’unità difesa e spazio di Airbus.


Nel 2023 Airbus ha appostato un onere di 600 milioni di euro, alla divisione. A luglio di quest’anno ha aggiunto un ulteriore aggravio di 989 milioni di euro dopo aver rivalutato le tempistiche e i costi associati a una serie di programmi di telecomunicazione, navigazione e osservazione spaziale. Airbus ha già rinnovato la gestione della divisione, portando un veterano di 10 anni della sua divisione di aerei commerciali, Alain Fauré, a guidare i suoi programmi spaziali.


Nel frattempo, il lato difesa della divisione, che produce principalmente jet da combattimento, droni e altri aerei militari, non ha visto lo stesso afflusso di ordini che altri produttori europei hanno avuto negli ultimi anni. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato a un’impennata della domanda di attrezzature come veicoli blindati e artiglieria, prodotti in cui Airbus non è specializzata. Le sfide nello spazio e nella difesa giungono mentre Airbus continua ad affrontare interruzioni e ritardi nel suo core business di produzione di aerei commerciali, di gran lunga il suo principale motore di profitti. La divisione difesa e spazio, che ha operazioni in tutta Europa, lo scorso anno ha registrato 11,5 miliardi di euro di vendite, ovvero circa il 17,6% del fatturato totale di Airbus. La divisione aeromobili commerciali di Airbus ha rappresentato 47,8 miliardi di euro, ovvero circa il 73% del fatturato totale. La sua terza divisione produce elicotteri. (immagine da sito Airbus)