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Fmi alza lievemente crescita Italia 2023 a +0,7%, lima 2024 +0,8%

Fmi alza lievemente crescita Italia 2023 a +0,7%, lima 2024 +0,8%


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Fmi alza lievemente crescita Italia 2023 a +0,7%, lima 2024 +0,8%




















Roma, 11 apr. (askanews) – Il Fondo monetario internazionale ha ritoccato al rialzo di un decimale di punto percentuale la previsione di crescita economica dell’Italia di quest’anno, ora indicata allo 0,7%. E nell’ultimo World Economic Outlook ha limato in misura analoga la stima di crescita del 2024 allo 0,8%.

Sempre per la Penisola, il Fmi prevede che l’inflazione, dall’8,7% dello scorso anno, rallenti sull’insieme del 2023 al 4,5% e prosegua la dinamica di calmieramento il prossimo anno a una media del 2,6%. Il tasso di disoccupazione dall’8,1% del 2022 salirebbe all’8,3% quest’anno e all’8,4% il prossimo.

Fmi: peggiorano i rischi di atterraggio brusco dell’economia

Fmi: peggiorano i rischi di atterraggio brusco dell’economia



</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Fmi: peggiorano i rischi di atterraggio brusco dell’economia




















Roma, 11 apr. (askanews) – Le possibilità di un “atterraggio morbido” dell’economia si sono indebolite mentre tornano a prevalere i rischi al ribasso e le possibilità di un “atterraggio brusco sono marcatamente aumentate”. È il quadro poco rassicurante fornito dal Fondo monetario internazionale nel sommario che apre il World Economic Outlook, pubblicato in occasione delle assemblee primaverili a Washington.

A pesare sono innanzitutto l’inflazione persistentemente elevata e le recenti turbolenze delle Borse. Sebbene il carovita si sia attenuato, l’inflazione di fondo si dimostra tenace mentre i mercati del lavoro restano tirati in diverse economie. Intanto, rileva il Fmi “gli effetti collaterali del rapido rialzo dei tassi di interesse delle banche centrali stanno diventando evidenti, con le vulnerabilità del settore bancario che sono finiti sotto i riflettori e i timori di contagio che sono cresciuti su tutto il settore finanziario, incluse nelle istituzioni non bancarie”. Nel rapporto le previsioni di crescita globale sono state riviste al ribasso di 0,1 punti percentuali sia per quest’anno, al 2,8%, sia per il prossimo al 3%. Nel frattempo “i livelli di indebitamento restano elevati, limitando la capacità dei policy maker di rispondere a nuove sfide. I prezzi delle materie prime, che sono cresciuti marcatamente dopo l’invasione russa dell’Ucraina, si sono moderati, ma la guerra continua e le tensioni geopolitiche restano sono elevate”.

“I rischi sulle prospettive economiche sono pesantemente sbilanciati al ribasso e le possibilità di un atterraggio brusco (dell’economia) sono marcatamente aumentate – prosegue l’executive summary del Weo -. Le tensioni nel settore finanziario potrebbero amplificarsi e potrebbe prendere piede il contagio, indebolendo l’economia reale tramite un marcato deterioramento delle condizioni finanziarie e con le banche centrali che potrebbero riconsiderare le loro linee”. Secondo il Fmi nel quadro di elevati costi di rifinanziamento e bassa crescita potrebbero materializzarsi “sacche di dissesto sui debiti pubblici”, che potrebbero poi diffondersi e diventare più sistemiche. La guerra in Ucraina potrebbe intensificarsi e portare a maggiori rincari su alimentari e energia, spingendo nuovamente al rialzo l’inflazione. L’inflazione di fondo potrebbe rivelarsi più persistente del previsto richiedendo ancora più stretta monetaria e intanto la frammentazione in blocchi geopolitici ha il potenziale per creare perdite sulla produzione e sugli investimenti esteri diretti.

In tutto questo i decisori politiche politici hanno “un sentiero stretto su cui muoversi per migliorare le prospettive di crescita e minimizzare i rischi”. Il Fmi afferma che le banche centrali devono restare pronte a stringere la loro linea antinflazionistica ma anche capaci di aggiustare e di usare tutto il loro armamentario, inclusi gli strumenti per la stabilità finanziaria, in base a quello che verrà richiesto dagli sviluppi concreti.

Editoria, Urania Media entra in Base per Altezza con il 22,5%

Editoria, Urania Media entra in Base per Altezza con il 22,5%


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Editoria, Urania Media entra in Base per Altezza con il 22,5%



















Milano, 8 apr. (askanews) – Base per Altezza, la società che edita le riviste Formiche e Airpress, rende noto l’ingresso nel proprio capitale di Urania Media, spin-off editoriale della società di public affairs Utopia, titolare della testata The Watcher Post. Urania Media entra con una quota del 22,5%.

“Si tratta di una scelta di matrice industriale che rafforza l’identità di Formiche e abilita traiettorie di crescita più ambiziose”, spiega Gianluca Calvosa, presidente del Cda di Base per Altezza. “Investire in Formiche e Airpress significa investire nell’autorevolezza e nell’indipendenza delle nostre testate”, dichiara il direttore responsabile, Flavia Giacobbe. “L’ingresso di un nuovo socio con competenze specifiche nella produzione di contenuti video e multimediali è una sfida particolarmente rilevante per un soggetto editoriale come il nostro che è presente nel digitale ma anche nella carta stampata. Il nostro impegno – conclude il direttore – sarà innovare nella piena continuità della nostra esperienza editoriale”.

Banche, Fisac Cgil: 2 filiali al giorno chiuse, 15 dipendenti a casa

Banche, Fisac Cgil: 2 filiali al giorno chiuse, 15 dipendenti a casa


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Banche, Fisac Cgil: 2 filiali al giorno chiuse, 15 dipendenti a casa



















Milano, 8 apr. (askanews) – Ogni giorno in Italia poco meno di due filiali chiudono i battenti e oltre 15 dipendenti spariscono: lo scorso anno gli sportelli sono diminuiti di 664 unità, passando da 21.650 nel 2021 a 20.986. “Una desertificazione che trascina con sé anche una diminuzione del personale bancario, pari lo scorso anno a 264.132 in flessione del -2,1% rispetto all’anno precedente per -5.647 dipendenti”. Sono alcuni numeri contenuti in un report prodotto dall’ufficio studi della Fisac Cgil Nazionale su dati di Bankitalia.

“La dinamica del settore è estremamente preoccupante che disegna una desertificazione, bancaria e occupazionale, al momento inarrestabile: serve con urgenza invertire questa tendenza”, ha detto la segretaria generale della categoria, Susy Esposito. Il report della Fisac Cgil rileva che considerando gli ultimi cinque anni il numero di sportelli è diminuito di -6.388 unità, quasi il -24% delle 27.374 filiali rilevate a fine 2017 rispetto alle 20.986 del 2022. Alla contrazione del numero di sportelli è corrisposta quella degli organici bancari: a fine 2022 i dipendenti bancari italiani erano 264.132 e sugli ultimi cinque anni la flessione registrata è del -7,7%, quando nel 2017 i dipendenti bancari erano 286.222.

“Il settore bancario – ha aggiunto la segretaria generale della Fisac Cgil Esposito – sta vivendo una situazione estremamente preoccupante. I maggiori gruppi proseguono, tra digitalizzazione e piani industriali, nell’operazione di desertificazione e sparizione bancaria e occupazionale. Una tendenza ancora più grave perché incide in aree del paese caratterizzate da comuni di minori dimensioni e dove un tessuto finanziario solido è funzionale allo sviluppo economico e al contrasto all’illegalità”. La riduzione degli sportelli bancari è generalizzata in tutte le regioni e ha inciso in misura maggiore, nel dato anno su anno, in Molise (-5,8%), nelle Marche (-4,9%) e in Sardegna (-4,1%). Per quanto riguarda i dipendenti le flessioni maggiori in percentuale, tra il 2022 e il 2021, si sono registrate in Liguria (-19,9%), in Toscana (-9,7%) e in Campania (-7,6%). Sul raffronto 2017-2022 emergono in negativo ancora una volta la Liguria (-38,7%), seguita dalla Valle d’Aosta (-28,2%) e dall’Umbria (-26%).

Le famiglie tagliano le spese a causa dell’inflazione (analisi Bankitalia)

Le famiglie tagliano le spese a causa dell’inflazione (analisi Bankitalia)


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Le famiglie tagliano le spese a causa dell’inflazione (analisi Bankitalia)



















Roma, 7 apr. (askanews) – L’alta inflazione intacca pesantemente i consumi delle famiglie. In Italia la spesa per consumi “è decisamente diminuita nel quarto trimestre, riflettendo l’impatto negativo dell’inflazione sul potere di acquisto, seppure in parte mitigato dagli interventi governativi”, mentre per i primi mesi di quest’anno “l’insieme degli indicatori congiunturali prospetta una sostanziale stazionarietà”. Lo riferisce la Banca d’Italia nel Bollettino economico, riportando anche un calo della propensione al risparmio delle famiglie ai minimi storici.

Nel quarto trimestre del 2022 la spesa in termini reali delle famiglie per consumi, sia di beni sia di servizi, si è contratta dell’1,6% rispetto al terzo trimestre, “tornando poco al di sotto del livello prepandemico. In particolare, il calo degli acquisti di beni ha interessato tutte le principali categorie, anche a causa dei forti rincari che hanno ridotto il potere di acquisto delle famiglie”. Secondo Bankitalia il potere di acquisto delle famiglie risulta diminuito del 3,7 per cento. Mentre la propensione al risparmio “è scesa di due punti percentuali (al 5,3 per cento), collocandosi sui valori minimi dall’inizio della serie storica”.

Successivamente, l’indicatore dei consumi di Confcommercio è sceso nel bimestre gennaio-febbraio, riflettendo la flessione della spesa in servizi, a fronte di una stazionarietà di quella in beni. Il clima di fiducia dei consumatori ha continuato tuttavia a crescere, prosegue Bankitalia, sospinto da un miglioramento dei giudizi sulla situazione economica generale, nonché delle attese sulla disoccupazione e di quelle sull’andamento dei prezzi. Si mantengono invece su livelli contenuti le valutazioni delle famiglie relative alla propria situazione economica. Tornando al quarto trimestre dello scorso anno, il debito delle famiglie italiane in rapporto al proprio reddito disponibile lordo è diminuito rispetto al trimestre precedente, al 62,5 per cento (94,1 per cento nell’area dell’euro), principalmente per effetto della crescita del reddito disponibile. Anche in rapporto al Pil il debito delle famiglie si è ridotto, al 41,7 per cento (57,2 nell’area dell’euro).

Bankitalia: attività economica leggermente aumentata in I trim

Bankitalia: attività economica leggermente aumentata in I trim


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Bankitalia: attività economica leggermente aumentata in I trim



















Roma, 7 apr. (askanews) – L’attività economica è leggermente aumentata nel primo trimestre in Italia, sostenuta dal settore manifatturiero che beneficia della discesa dei corsi energetici e dell’allentamento delle strozzature lungo le catene di approvvigionamento. E’ la stima della Banca d’Italia, secondo cui la spesa delle famiglie è rimasta debole, a fronte di un’inflazione ancora alta.

“Proseguirebbe invece l’accumulazione di capitale – afferma l’istitzione nel suo Bollettino economico -. Le imprese intervistate tra febbraio e marzo nell’ambito delle indagini della Banca d’Italia segnalano che le condizioni per investire sono divenute meno sfavorevoli”. Guardando al quadro generale internazionalie, “nei primi mesi dell’anno sono proseguite la debolezza dell’economia mondiale e quella del commercio internazionale, connesse con la perdurante incertezza geopolitica e con la persistenza dell’inflazione su livelli elevati nelle principali economie avanzate. Le istituzioni internazionali confermano la prospettiva di un rallentamento del Pil globale per l’anno in corso – prosegue Bankitalia – seppure meno pronunciato di quanto stimato nell’autunno del 2022”.

Bankitalia: “Impatto Svb e Credit Suisse in Italia contenuto”

Bankitalia: “Impatto Svb e Credit Suisse in Italia contenuto”


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Bankitalia: “Impatto Svb e Credit Suisse in Italia contenuto”




















Roma, 7 apr. (askanews) – In Italia l’impatto delle tensioni seguite ai dissesti della Silicon Valley Bank negli Usa, e del credit Suisse Svizzera “è stato in linea con quello del resto delle banche europee, e nel complesso contenuto”. Lo rileva la Banca d’Italia, in un riquadro di analisi nel Bollettino economico riportando come “dopo aver subito una flessione di circa il 15 per cento nei giorni successivi al fallimento di Svb, nelle settimane seguenti le quotazioni azionarie sono risalite dell’8 per cento e alla fine di marzo risultavano in crescita del 17 per cento rispetto ai valori di inizio anno”.

“Il rapporto tra il valore di mercato e quello contabile (price-to-book ratio) delle maggiori banche italiane quotate si collocava alla stessa data al 70 per cento (dal 75 di inizio marzo), mentre le aspettative degli analisti sul rendimento a un anno del capitale e delle riserve (return on equity, Roe) rimanevano sostanzialmente invariate – dice ancora Bankitalia – intorno al 9 per cento”. Il differenziale di rendimento tra le obbligazioni delle banche italiane e i tassi privi di rischio si è allargato in misura analoga alla media dell’area dell’euro, prosegue l’analisi.

L’istituzione di Via nazionale sottolinea inoltre come “in Italia, come nel resto dell’area, tutte le banche, indipendentemente dalla loro dimensione, sono assoggettate sia al rispetto di requisiti prudenziali (anzitutto di capitale e di liquidità) in linea con quelli previsti dagli accordi di Basilea, sia a un regime di supervisione rigoroso e basato sulle migliori prassi internazionali”. “Negli ultimi anni il rafforzamento dei bilanci degli intermediari italiani (conseguito anche sotto la spinta dell’ampia revisione regolamentare successiva allo scoppio della crisi finanziaria globale e di quella dei debiti sovrani dell’area dell’euro) è stato significativo. Alla fine dello scorso anno il livello medio di patrimonializzazione, valutato con riferimento al capitale di migliore qualità, era più elevato della media delle maggiori banche europee e oltre il doppio di quello osservato poco prima della crisi finanziaria globale”, si legge.

Nel frattempo “l’incidenza dei prestiti deteriorati sul totale dei finanziamenti (non-performing loans ratio, Npl ratio) era scesa su livelli contenuti e in linea con la media europea”. E in particolare “l’esposizione al rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario è oggetto di costante monitoraggio da parte della supervisione. Degli approfondimenti condotti, anche alla luce dei mutati orientamenti di politica monetaria, si è già tenuto conto lo scorso anno nella definizione del requisito di capitale aggiuntivo di secondo pilastro per le banche direttamente vigilate dalla Banca d’Italia (less significant institutions, Lsi). Le minusvalenze del portafoglio di titoli di debito valutati al costo ammortizzato (che non determinano un effetto diretto sulla redditività o sul patrimonio) emergerebbero solo nel caso in cui le banche si trovassero nella necessità di vendere i titoli prima della scadenza. Questa eventualità – sottolinea Bankitali – è tuttavia poco probabile, anche per il fatto che i presidi di liquidità risultano adeguati in un orizzonte sia di breve periodo (anche in condizioni di stress) sia di medio termine”.

Alla fine dello scorso anno il liquidity coverage ratio (Lcr) e il net stable funding ratio (Nsfr) erano in media rispettivamente pari a circa il 190 e il 130 per cento, “molto al di sopra dei minimi regolamentari (in entrambi i casi pari al 100 per cento) e superiore ai valori medi delle maggiori banche europee; nessun intermediario evidenziava un valore inferiore alla soglia minima. Inoltre più della metà dell’ammontare complessivo dei depositi bancari detenuti dalla clientela era protetto dai sistemi di garanzia nazionali”. Ad ogni modo, dato il contesto di elevata incertezza, “le autorità di vigilanza europee e nazionali continuano a seguire da vicino l’evoluzione della situazione degli intermediari”, conclude l’analisi.

Stellantis, nel primo trimestre produzione in crescita del 4,8%

Stellantis, nel primo trimestre produzione in crescita del 4,8%


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Stellantis, nel primo trimestre produzione in crescita del 4,8%




















Roma, 7 apr. (askanews) – Nei primi tre mesi dell’anno la produzione negli stabilimenti italiani del gruppo Stellantis registra un’inversione di tendenza rispetto al trimestre del 2022. Nel periodo gennaio-marzo sono infatti state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali, 188.910 unità contro le 180.174 dell’anno precedente, con una crescita del 4,8%. E’ quanto rileva il report della Fim-Cisl presentato in conferenza stampa a Torino.

La produzione di auto segna un +11,9% pari a 138.210 unità, mentre quello relativo ai veicoli commerciali un calo del 10,6% in termini di volumi pari a circa 6mila unità. Una riduzione, ha spiegato il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano, dovuta allo stop produttivo per la mancanza di materiali. Mentre per le auto si riscontra una crescita di quasi 2mila unità (+1,4%), sono le produzioni dei veicoli commerciali (-29%) a trascinare in negativo la produzione complessiva. Lo stop produttivo di circa 35 turni per mancanza di materiali ha impattato negativamente sulle produzioni dello stabilimento di Sevel (Ch). “I segnali che abbiamo sul fronte forniture sembrano in miglioramento – ha detto Uliano – questo dovrebbe contribuire a migliorare i volumi complessivi nel corso d’anno e con i lanci produttivi a pieno regime potrebbero riportare le produzioni al periodo pre-Covid”. I poli produttivo di Torino e Pomigliano d’Arco (Na) sono le realtà che hanno la crescita maggiore in termini di volumi, grazie alla 500 elettrica e Alfa Romeo Tonale. Anche lo stabilimento di Cassino, con la partenza delle produzioni di Maserati Grecale, sta determinando un contributo importante in termini di volumi.

Stellantis, Fim: nel I trimestre produzione in crescita del 4,8%

Stellantis, Fim: nel I trimestre produzione in crescita del 4,8%


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Stellantis, Fim: nel I trimestre produzione in crescita del 4,8%




















Roma, 7 apr. (askanews) – Nei primi tre mesi dell’anno la produzione negli stabilimenti italiani del gruppo Stellantis registra un’inversione di tendenza rispetto al trimestre del 2022. Nel periodo gennaio-marzo sono infatti state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali, 188.910 unità contro le 180.174 dell’anno precedente, con una crescita del 4,8%. E’ quanto rileva il report della Fim-Cisl presentato in conferenza stampa a Torino.

La produzione di auto segna un +11,9% pari a 138.210 unità, mentre quello relativo ai veicoli commerciali un calo del 10,6% in termini di volumi pari a circa 6mila unità. Una riduzione, ha spiegato il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano, dovuta allo stop produttivo per la mancanza di materiali. Mentre per le auto si riscontra una crescita di quasi 2mila unità (+1,4%), sono le produzioni dei veicoli commerciali (-29%) a trascinare in negativo la produzione complessiva. Lo stop produttivo di circa 35 turni per mancanza di materiali ha impattato negativamente sulle produzioni dello stabilimento di Sevel (Ch). “I segnali che abbiamo sul fronte forniture sembrano in miglioramento – ha detto Uliano – questo dovrebbe contribuire a migliorare i volumi complessivi nel corso d’anno e con i lanci produttivi a pieno regime potrebbero riportare le produzioni al periodo pre-Covid”. I poli produttivo di Torino e Pomigliano d’Arco (Na) sono le realtà che hanno la crescita maggiore in termini di volumi, grazie alla 500 elettrica e Alfa Romeo Tonale. Anche lo stabilimento di Cassino, con la partenza delle produzioni di Maserati Grecale, sta determinando un contributo importante in termini di volumi.

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Pasqua, Fipe: oltre 6 milioni di clienti attesi nei ristoranti

Pasqua, Fipe: oltre 6 milioni di clienti attesi nei ristoranti


</p> <p></head><br /> <body id="readabilityBody"></p> <p><meta name="robots" content="index, follow, max-image-preview:large, max-snippet:-1, max-video-preview:-1"/><br /> <title>Pasqua, Fipe: oltre 6 milioni di clienti attesi nei ristoranti




















Roma, 7 apr. (askanews) – Saranno 6,4 milioni gli ospiti dei ristoranti italiani per questa Pasqua 2023, un numero in crescita rispetto al trend registrato lo scorso anno ma soprattutto tornato ai livelli del 2019. A rivelarlo è l’Ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana Pubblici Esercizi, che ha pubblicato un’indagine sulle aspettative dei ristoratori italiani per la domenica di Pasqua e il lunedì di Pasquetta.

Nello specifico, il numero delle attività aperte risulta in leggero calo rispetto allo scorso anno, con l’88,2% dei Pubblici Esercizi che ha deciso di rimanere operativo durante il fine settimana di festività. Tra i clienti attesi nelle sale dei ristoranti italiani, la maggior parte è composta da residenti (65%), il 28,2% da turisti provenienti da altre città della Penisola, mentre il 6,8% da visitatori stranieri. Per l’occasione, il 68,2% dei ristoranti prevede un menù degustazione composto da 6 portate a un prezzo medio di 62 euro bevande incluse. Il restante 31,9% offrirà, invece, un menù a la carte a un prezzo medio di 55 euro per tre portate (bevande escluse). Nel complesso, la spesa è stimata in 395 milioni di euro.

In generale, comunque, nel 76,3% dei casi i menù si caratterizzeranno per un forte legame con la tradizione del periodo pasquale. Tra i primi piatti, ad esempio, sarà la pasta fresca a farla da padrone: tagliatelle, ravioli e lasagne saranno i protagonisti della tavola. Tra i secondi non mancherà ovviamente l’agnello, mentre per il fine pasto, oltre ai dolci della tradizione (pastiera, cassata, colomba etc.), andranno per la maggiore anche le mousse, la bavarese o il millefoglie. Le previsioni per il lunedì di Pasquetta sono in linea con il 2022, sia per quanto riguarda il numero delle attività aperte (il 79,5% del totale) sia per il numero di clienti attesi, che viene stimato in 4,9 milioni con il 44,2% rappresentato dai turisti italiani e stranieri. Il menù, a differenza di quanto rilevato per il pranzo di Pasqua, sarà soprattutto a la carte. Una scelta, questa, che riguarda il 71,6% dei ristoranti, mentre per il menu “degustazione”, previsto dal 28,4% dei Pubblici Esercizi, si spenderanno poco più di 60 euro in media. Per il lunedì dell’Angelo, gli analisti di FIPE-Confcommercio stimano in 234 milioni di euro la spesa complessiva. .

“I consumi attesi nella ristorazione per i giorni di Pasqua e Pasquetta confermano il percorso di ripresa che il settore ha intrapreso già dallo scorso anno, come è emerso anche dal Rapporto Annuale presentato da Fipe nei giorni scorsi”, ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe-Confcommercio. “Se, da un lato, questi dati confermano la rinnovata disponibilità degli italiani a concedersi dei momenti di convivialità nonostante le criticità dell’attuale contesto economico e il ritorno del turismo internazionale, dall’altro, – ha spiegato il presidente Stoppani – le sfide per la ristorazione rimangono impegnative, soprattutto sotto l’aspetto della gestione dei costi”.