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Nel 2022 tiene l’export di ortofrutta italiana: vendite a 5,3 mld

Nel 2022 tiene l’export di ortofrutta italiana: vendite a 5,3 mldMilano, 17 mar. (askanews) – Dopo il record del 2021, il commercio estero dell’ortofrutta italiana nel 2022 cresce a valore dell’1,5% toccando i 5,3 miliardi di euro, mentre i volumi si mantengono più o meno stabili sui livelli del 2021 (-0,4%). Il saldo a valore è positivo per circa 666 milioni, mentre peggiora quello a volume (-110.001 tonellate), frutto della differenza fra le quantità importate (3,7 milioni tonnellate) e quelle esportate (circa 3,6 tons). In questo scenario, la frutta si conferma campione del nostro export: sul podio, nel dettaglio, salgono le mele (863 milioni euro), l’uva da tavola (738 milioni) e i kiwi (509 milioni). Lo rende noto Fruitimprese sulla base dei dati Istat.
In un anno comunque difficile per l’aumento dei costi produttivi e le tensioni geopolitiche buona la performance della frutta fresca (2,8 miliardi euro, +6,3%) che recupera in parte l’inflazione. Positivi anche legumi e ortaggi (1,6 miliardi, +4,1%). Male l’export di frutta secca (-25,8%) che perde molto in valore, complice il calo dei consumi. Recupera in valore l’export di agrumi (+2,4%) anche se le quantità importate (403.000 tonnelate) sono il doppio dell’export (201 mila tonnellate). Sul fronte import in forte aumento legumi e ortaggi in valore (+34,1%) e, come detto, gli agrumi (+13,9%).
Se tra i prodotti più esportati primeggia la frutta (mele, uva da tavola, kiwi) i valori non recuperano l’inflazione; molto bene pesche e nettarine (+43,5%) complice una stagione negativa della Spagna. In difficoltà arance e pere per problemi produttivi. Tra i prodotti campioni di import, banane e ananas crescono con valori in aumento (+12,6% e +15,9%) in linea con l’inflazione.
Il comparto “conferma il dinamismo delle imprese sia sul fronte dell’export che dell’import, nonostante un quadro complessivo di grandi difficoltà interne ed esterne – ha commentato il presidente di Fruitimprese, Marco Salvi – L’ortofrutta fresca conferma il suo peso strategico per l’economia del Paese, come seconda voce del nostro export agroalimentare dopo il vino – e per l’affermarsi del made in Italy sui mercati di mezzo mondo”. “La competitività delle imprese dell’ortofrutta – conclude il presidente Salvi – è stata messa a dura prova nel corso del 2022 dagli aumenti dei costi fuori controllo dell’energia, trasporti, imballaggi, concimi, fertilizzanti, e non ci stanchiamo di chiedere una corretta redistribuzione di costi e responsabilità lungo l’intera filiera produttiva e distributiva. Resta anche fortissima la nostra preoccupazione per i dossier comunitari (imballaggi e prodotti fitosanitari) e per il calo importante dei consumi, di cui parleremo nella nostra prossima assemblea il 20 aprile a Roma”.

Santanchè: ottimi segnali di ripresa dal turismo di montagna

Santanchè: ottimi segnali di ripresa dal turismo di montagnaMilano, 17 mar. (askanews) – “I dati stimati da Federalberghi-Confcommercio sul turismo legato alla settimana bianca sono molto incoraggianti e positivi per un settore che ha tanto sofferto per la crisi non solo legata al COVID ma anche al caro energia. Forti segnali di ripresa che testimoniano che il 2023 sarà l’anno del sorpasso sul 2019. Proprio oggi abbiamo pubblicato sul sito del ministero il nuovo bollettino ‘come va il turismo in Italia’ nel quale è emerso che nel corso di gennaio 2023, le presenze turistiche nelle varie regioni italiane hanno registrato risultati positivi, in netto miglioramento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, Lazio, Veneto e Campania hanno mostrato importanti recuperi in termini di affluenza turistica. Anche il dato di saturazione delle strutture ricettive online conferma il trend di crescita del settore turistico in tutta la penisola italiana. Stiamo lavorando nella direzione giusta anche se abbiamo ancora tanto lavoro da fare”. Lo ha detto il ministro del Turismo Daniela Santanchè commentando i dati di Federalberghi-Confcommercio sulla base di una ricerca commissionata ad Acs Marketing Solutions.

Ucraina,Urso: prepariamo condizioni sostenere ricostruzione Paese

Ucraina,Urso: prepariamo condizioni sostenere ricostruzione PaeseNapoli, 17 mar. (askanews) – “Noi siamo in prima linea nel sostegno umanitario all’Ucraina, nel sostegno alla difesa dell’Ucraina attraverso anche l’invio di armi da difesa, e nel raggiungere quanto prima la pace in Ucraina. Nel contempo prepariamo le condizioni per sostenere l’Ucraina e per realizzare la ricostruzione del Paese che diventerà il più grande asset di crescita europeo nei prossimi decenni”. A dirlo è il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, a margine del Festival Euromediterraneo dell’Economia in corso a Napoli.
“Abbiamo un meeting che si svolgerà il 26 aprile a Roma per il quale stiamo preparando i dossier a cominciare da quello che riguarda i corridoi logistici infrastrutturali e portuali per consentire all’Ucraina di esportare i propri prodotti sin da subito, – continua – anche via terra e per consentire ai prodotti che devono arrivare in Ucraina di poterlo fare nei tempi dovuti. In quel meeting perciò affronteremo il problema logistico infrastrutturale e portuale realizzando una grande piattaforma logistica italo ucraina in territorio ucraino al confine con Ungheria e Slovacchia che sarà la più grande piattaforma logistica terrestre dell’Ucraina per canalizzare proprio prodotti verso Europa”. “Nel frattempo ci hanno chiesto un aiuto per il ripristino delle macchine agricole già dalla prossima primavera. E poi cooperazione sulle materie prime, ma anche nel settore spaziale di cui siamo già partner commerciale. Possiamo e dobbiamo diventare anche partner industriale. Poniamo le premesse per fare da subito la migliore collaborazione per sostenere l’economia ucraina e dunque la resistenza ucraina e nel contempo preparare le premesse perché l’Italia e le sue imprese siano in prima linea quando ci sarà da realizzare la ricostruzione” conclude Urso.

Vino: nel 2022 volumi vendita calati del 5,4% nella distribuzione moderna

Vino: nel 2022 volumi vendita calati del 5,4% nella distribuzione modernaMilano, 17 mar. (askanews) – Il 2022 è stato un anno difficile anche per il mercato del vino nella distribuzione moderna a causa degli aumenti di costo delle produzioni e dei prezzi al pubblico. Il 2023 potrebbe essere ancora un anno difficile per i volumi, a causa del pieno manifestarsi degli effetti legati al prezzo, ma potrebbe anche verificarsi un recupero nel secondo semestre, se l’inflazione calerà e se le promozioni diventeranno più incisive. Questo il quadro che verrà presentato in dettaglio dall’istituto di ricerca Circana (già Iri) a Vinitaly (a Verona dal 2 al 5 aprile), nel corso della 19esima tavola rotonda su vino e distribuzione moderna, organizzata da Veronafiere.
Dai dati generali delle vendite nell’anno 2022 emerge che a valore il calo in generale per il vino è stato dell’1,8% ma se si guarda a volume il calo sale al 5,4%. Per gli spumanti la contrazione a volume è stata del 4,7% che diventa uno 0,2% se si esclude il Prosecco. Calo a doppia cifra per i volumi di vino liquoroso, scesi del 12,6%. Performance negativa anche per i vini rossi arretrati di oltre un 7%.
Per quanto riguarda invece la classifica dei vini e degli spumanti più venduti a volume nella distribuzione moderna, sul podio troviamo il prosecco (Veneto e Friuli Venezia Giulia) con 46 milioni di litri venduti, il Chianti (Toscana) con 17 milioni di litri, il Lambrusco (Emilia Romagna) con quasi 17 milioni di litri. Si fanno notare le buone performance del Nero d’Avola (Sicilia) al 10imo posto con quasi 8 milioni di litri, il Pignoletto (Emilia Romagna) al 12esimo posto con sei milioni di litri, il Primitivo (Puglia) al 13esimo posto con quasi sei milioni di litri.
La classifica dei vini “emergenti”, cioè quelli col maggior tasso di crescita rispetto all’anno precedente, elaborata a valore, mostra invece sul podio: Ribolla (Friuli V.G.) con +12%; Muller Thurgau (Trentino Alto Adige) con +10%; Vermentino (Sardegna, Liguria, Toscana) con +9,9%. Da notare i buoni piazzamenti in questa speciale classifica di Vernaccia (Toscana), Orvieto (Umbria, Lazio), Nebbiolo (Piemonte, Lombardia).
“Lo scenario geo-politico e le conseguenze sui prezzi hanno generato effetti non marginali sulle vendite, che però hanno resistito evitando un tracollo – ha dichiarato Virgilio Romano, business insight director di Circana (già Iri) – La fine del Covid potrebbe dare più certezze a tutti. Nel corso della tavola rotonda presenteremo i dati dei primi mesi dell’anno, in modo da approfondire i primi segnali che vengono dai mercati e che potrebbero condizionare il 2023. Senza drammatici ulteriori aumenti dei prezzi, le Cantine e la Distribuzione potranno tornare a confrontarsi sulla base delle scelte aziendali e delle strategie di medio-lungo periodo”.
“Nel tempo è divenuta uno dei luoghi privilegiati del dialogo tra le cantine e le insegne distributive, spesso caratterizzato da posizioni lontane – ha sottolineato Maurizio Danese, amministratore delegato di Veronafiere, a proposito della tavola rotonda promossa con Vinitaly – Per favorire l’incontro, in un periodo non facile per le vendite del vino, abbiamo anche rinnovato la formula, che consentirà ai rappresentanti dei produttori di porre direttamente domande ai distributori, in modo che il confronto sia sempre più costruttivo”.

Ferpi, Bianchini alla guida del Comitato regionale Lazio

Ferpi, Bianchini alla guida del Comitato regionale LazioRoma, 17 mar. (askanews) – L’Assemblea dei soci Ferpi della Delegazione del Lazio, ospitata il 14 marzo a Roma dalla sede di Eprcomunicazione, ha proceduto all’elezione dei cinque componenti del Comitato regionale Lazio, come previsto dallo Statuto e dai regolamenti della Federazione.
Ad essere eletti, tra le dieci candidature pervenute, i soci Serena Bianchini, Vincenzo D’Anna, Anna C. Forciniti, Valentina Lombardo ed Elisabetta Marchesini.
Al termine dello scrutinio, il Comitato regionale neoeletto si è riunito ed ha indicato Serena Bianchini come propria Delegata regionale, la quale avrà la responsabilità di rappresentare la Delegazione negli organi nazionali, di assicurare il buon esito delle iniziative intraprese sul territorio e il raggiungimento degli obiettivi che via via si individueranno. Dopo la ratifica da parte del prossimo Consiglio Direttivo Nazionale, che procederà anche alla proclamazione del Delegato, guiderà la Delegazione per un triennio.
Il Presidente della Ferpi, Filippo Nani, presente all’assemblea romana, ha sottolineato “il valore del lavoro sul campo delle singole Delegazioni, allo stato dodici, della Federazione e il crescente senso di comunità e appartenenza che la partecipazione ampia al momento associativo dell’assemblea e la grande disponibilità di mettersi in gioco al servizio della Federazione di tanti soci in questi mesi testimonia”. Nel fare gli auguri di buon lavoro ai neoeletti, ha ricordato “la necessità di uno sforzo comune per affrontare le sfide della professione oggi e per accogliere ed accompagnare i giovani che si stanno affacciando proprio ora, così numerosi, su questo mondo”.

Giornata dell’acqua: italiani promossi ma con riserva

Giornata dell’acqua: italiani promossi ma con riservaMilano, 17 mar. (askanews) – Torna il 22 marzo la Giornata mondiale dell’acqua e con essa i consigli per un uso consapevole delle risorse idriche, come evitare di tenere aperto il rubinetto inutilmente, preferire la doccia alla vasca da bagno, usare l’acqua corrente solo quando serve. L’80% degli italiani ha fatto propri questi consigli e li mette in pratica ogni giorno. È quanto emerge dalla ricerca svolta da SodaStream, marchio leader nell’acqua frizzante, partendo dal tema centrale del World Water Day 2023 “Accelerating change”, un invito collettivo a essere parte del cambiamento con il proprio personale contributo.
Nel complesso emergono dati positivi sui comportamenti più semplici da attuare. Il 90% degli intervistati, infatti, usa la doccia e non la vasca da bagno e ne limita l’uso entro dieci minuti, l’80% chiude il rubinetto quando l’acqua non serve (lavaggio dei denti, rasatura ecc.), il 94% usa la lavatrice e la lavastoviglie solo a pieno carico e il 63% lava le verdure in ammollo e non sotto l’acqua corrente. Un’analisi più approfondita, però, mette in evidenza che c’è ancora margine di miglioramento su tutti quei comportamenti che richiedono più attenzione in termini di tempo e impegno economico.
Nonostante la costante attività di sensibilizzazione da parte di associazioni, istituzioni e opinion leader, oltre il 50% degli italiani sciacqua ancora i piatti prima di metterli in lavastoviglie e più del 50% non pensa mai a come riciclare l’acqua che utilizza in casa. Inoltre, se il 75% fa costantemente una corretta manutenzione dell’impianto idraulico per evitare sprechi, solo il 47% degli intervistati può contare su rubinetti di ultima generazione. Un dato che dimostra quanto la rubinetteria con tecnologia a risparmio idrico sia assente nelle case di oltre la metà degli intervistati.
In generale gli italiani si dimostrano più attenti a risparmiare acqua nella maggior parte delle attività quotidiane ma ci sono margini di crescita, facendo proprie altre piccole abitudini per non sprecarla: riutilizzare l’acqua di cottura di pasta e verdure (per esempio per sciacquare i piatti prima di metterli in lavastoviglie o come concime naturale), utilizzare l’acqua del deumidificatore o dell’asciugatrice per il ferro da stiro (quest’accortezza allunga la vita dell’elettrodomestico perché priva di calcare), monitorare i consumi (controllare periodicamente il contatore è il modo migliore di accorgersi subito di perdite invisibili), quando si va in vacanza chiudere il rubinetto centrale (per evitare sprechi e danni in caso di guasti agli impianti).

Mangiare cibi a con farina di insetti: per 1 italiano su 3 si può fare

Mangiare cibi a con farina di insetti: per 1 italiano su 3 si può fare

Ricerca Università di Bergamo. Il settore in Europa vale oltre 260 mln

Milano, 17 mar. (askanews) – Un italiano su tre è propenso ad acquistare alimenti che contengono insetti commestibili. E la maggior parte di loro lo farebbe per soddisfare la propria curiosità e per sperimentare alimenti innovativi. È quanto emerso da “Insect food e consumatori”, la più recente indagine sul tema realizzata dall’Università degli Studi di Bergamo e presentata in occasione dell’evento “Cibi a base di insetti: cosa ne pensano i consumatori?”, presso il dipartimento di Scienze aziendali, con la partecipazione di Giovanni Malanchini, consigliere della Regione Lombardia, di Ipiff (International platform of insects for food and Feed) e di Alia Insect Farm.
Con l’entrata in vigore nel 2018 della normativa Europea (Reg UE 2015/2283) che legittima il consumo degli insetti e la loro appartenenza alla categoria di “Novel food”, con la conseguente possibilità di allevare e introdurre sul mercato tali insetti e le farine derivate, infatti, il settore è cresciuto notevolmente. E si stima possa crescere ancora: in Europa, in particolare, il valore di mercato del novel food si appresta a triplicare, passando da 82 milioni di dollari del 2018 ai 261 milioni previsti nel 20231. Attualmente, il settore europeo degli insetti è composto nella maggior parte da piccole e medie imprese come start up, ma anche grandi aziende che prima erano attive in settori diversi come quello del pet food.
Come evidenziato da Ipiff, organizzazione no-profit che rappresenta gli interessi del settore dei produttori di insetti, la produzione si basa su qualche migliaio di tonnellate (volumi destinati sia al settore feed che food), mentre gli investimenti hanno già superato quota un miliardo di euro e si stima arriveranno ai tre miliardi nel 2025. Il settore degli insetti raggiungerà entro il 2030 oltre 30 mila impiegati full time.
Le opportunità sono anche e soprattutto sul fronte della domanda di mercato. Nonostante le precedenti ricerche in Italia abbiano evidenziato una ridotta disponibilità di acquistare o assaggiare cibi a base di insetti i nuovi dati presentano un’attitudine diversa e sostanziale: un italiano su tre si è detto favorevole al consumo di insect food. L’indagine è stata condotta su un campione composto da 1.170 individui rappresentativi della popolazione italiana, i cui dati sono stati raccolti in un intervallo di tempo compreso tra ottobre 2021 e settembre 2022. In base alle risposte ottenute dai questionari somministrati, in particolare, risulta che il 9% degli intervistati sarebbe “altamente propenso” a consumare insect food e il 21% “mediamente propenso”, mentre il restante 70% si dichiara poco propenso.
La ricerca dell’Università di Bergamo poi, per la prima volta, a profilare le caratteristiche dei consumatori, individuando quattro gruppi omogenei per caratteristiche sociodemografiche, comportamentali e psicologiche: i progressisti, gi inconvincibili, gli edonisti e i follower. Gli edonisti (15% del totale degli intervistati, 181 individui), in particolare, sono tra i più aperti all’acquisto. Sono soprattutto uomini, fino ai 25 anni d’età, per lo più onnivori, con un livello di istruzione media e una vita attiva (dichiarano di praticare sport fino a 5 volte a settimana). Rispetto agli altri cluster, registrano la percentuale più alta di soggetti che hanno già avuto esperienze passate con il consumo di cibo a base di insetti, e l’interesse più basso verso le dimensioni di salubrità ed etica nelle decisioni alimentari. Altrettanto interessati all’insect food sono i “progressisti” (18%, 208 soggetti): persone over 40, equamente divise tra uomini e donne, per lo più liberi professionisti e imprenditori e un livello di scolarizzazione universitario. Si definiscono onnivori e praticanti sport individuali con una media di una o due volte a settimana. Sono i più interessati a provare alimenti inusuali e nuovi e compiono scelte di acquisto alimentari che tengano conto delle proprietà salutistiche degli alimenti e della loro dimensione etica. I meno interessati all’insect food sono gli “inconvincibili” e i “follower”. Gli “inconvincibili” (33%, 391 partecipanti), composti soprattutto da donne, tra i 18 e 25 anni, con un livello di istruzione medio-alto, sono onnivori e non hanno avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti. Non vogliono esplorare alimenti nuovi e sono poco interessati alla dimensione salutistica degli alimenti. I secondi, ovvero i “follower” (33%, 390 consumatori), sono rappresentati soprattutto da donne, over 26, con istruzione intermedia e sedentarie. Interessati alla salubrità e alla dimensione etica degli alimenti acquistati, tendono a volersi conformare alle opinioni altrui, non hanno mai avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti e non vogliono variare i loro consumi alimentari.
Ma quali sono le variabili che possono accostarsi all’intenzione di acquisto di alimenti a base di insetti? Spiccano le esperienze pregresse nel consumo di insetti: chi ha già sperimentato alimenti a base di insetti risulta più incline a ripetere l’esperienza; il genere, con gli uomini maggiormente inclini alla possibilità di acquistare cibi a base di insetti; la propensione al cambiamento: i soggetti più curiosi risultano più aperti all’entomofagia.
“‘Insect food e consumatori” è la prima indagine che offre una profilazione degli italiani sul tema, rappresentando un riferimento importante per tutto il settore in Italia -ha spiegato Riccardo Valesi, ricercatore del dipartimento di Scienze aziendali dell’Università degli Studi di Bergamo – Come evidenziato dalla ricerca, i driver principali che spingerebbero i consumatori all’acquisto di questi alimenti sono la curiosità e lo spirito innovativo. Ma questo è solo il primo passo per indagare un mercato molto promettente per il futuro: condurremo altri studi per approfondire il rapporto tra italiani e insect food utilizzando anche tecniche neuroscientifiche che potrebbero includere l’assaggio diretto di questi cibi al fine di valutare i processi percettivo-emotivi impliciti sottesi ai soggetti rientranti nei target primari (progressisti ed edonisti) e secondari (follower)”.

I piani Ue sull’industria Green e per ridurre la dipendenza da Cina

I piani Ue sull’industria Green e per ridurre la dipendenza da CinaBruxelles, 16 Mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato ieri a Bruxelles i due attesi regolamenti sul piano industriale per l’obiettivo zero emissioni nette (“Net-Zero Industry Act”) e sulla riduzione dell’eccessiva dipendenza da paesi terzi, e soprattutto dalla Cina, per l’approvvigionamento di materie prime critiche per il Green Deal (“Critical Raw Material Act”).
Il “Net-Zero Industry Act” mira a produrre in Europa almeno il 40% di quanto è necessario al Green Deal, non con un obiettivo vincolante di politica industriale (che non sarebbe possibile nell’Ue), ma creando le condizioni normative affinché ciò avvenga. Non dovrà più succedere quello che è accaduto con i pannelli solari, che sono stati introdotti in Europa e incentivati dalle politiche ambientali dell’Ue, ma che oggi sono prodotti praticamente solo in Cina, come ha ricordato il vicepresidente esecutivo della Commissione per il Green Deal, Frans Timmermans.
In particolare, verranno semplificate e rese più molto rapide le procedure autorizzative per i progetti industriali nell’ambito del Green Deal, che dovranno essere aggregate, quando ce ne sono di diverso tipo, in uno sportello unico. Il tempo massimo per ottenere l’autorizzazione dovrà essere ridotto a 12-18 mesi al massimo, attraverso un potenziamento del personale e dei mezzi a disposizione delle amministrazioni pubbliche negli Stati membri.
Per una serie di tecnologie individuate come davvero strategiche per la transizione verde, che vengono elencate in una lista allegata al regolamento (solare termico e fotovoltaico, eolico, batterie e accumulatori, pompe di calore ed energia geotermica, elettrolizzatori e celle a combustibile, biogas e biometano, cattura e stoccaggio del carbonio, tecnologie per la rete elettrica) gli Stati membri potranno concedere ai progetti lo status di priorità, come “progetti strategici a zero emissioni nette”. Questi progetti potranno essere considerati “di interesse pubblico prevalente” e beneficiare di termini di autorizzazione ancora più brevi: da 9 a 12 mesi.
Le autorizzazioni più rapide non dovranno compromettere l’integrità e la validità delle procedure previste per la valutazione dell’impatto ambientale dei progetti, ma nel caso che questi siano stati definiti “di prevalente interesse pubblico”, le autorità competenti dovranno considerare attentamente a quali scelte dare la priorità.
Un elemento importante della proposta riguarda lo stoccaggio del carbonio, che è una delle soluzioni individuate come necessarie per decarbonizzare l’industria. Il regolamento fissa a livello europeo l’obiettivo di raggiungere una capacità di iniezione nei siti di stoccaggio di 50 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030. L’industria del petrolio e del gas avrà l’obbligo di fornire i siti di stoccaggio, che oggi scarseggiano.
Strettamente connesso allo “Zero-Net Industry Act” è l’altro regolamento, che riguarda le materie prime critiche per la transizione verde (e anche per quella digitale). In questo caso, gli obiettivi indicativi che la Commissione propone riguardano l’estrazione dei minerali, la loro raffinazione e il riciclaggio. Entro il 2030, l’Ue dovrebbe riuscire a produrre sul proprio territorio almeno il 10% delle materie prime critiche utilizzate per la propria industria, a raffinarne almeno il 40% e a riciclarne almeno il 15%. Inoltre, ed è forse l’obiettivo più significativo, sempre entro il 2030 l’Unione dovrà fare tutto il possibile per evitare di essere dipendente da un solo paese per più del 65% dei propri approvvigionamenti di materie prime critiche.
Il percorso verso questa riduzione della dipendenza dell’industria dell’Ue verrà monitorato costantemente, e se la Commissione verificherà il rischio di mancare gli obiettivi del 2030, potrà valutare la possibilità di esercitare i propri poteri per ricorrere a misure che ne assicurino il conseguimento (ma il testo del regolamento evita di usare l’aggettivo “vincolanti” per gli obiettivi).
“Per la produzione di turbine eoliche – ha sottolineato il vicepresidente esecutivo della Commissione responsabile per il commercio internazionale, Valdis Dombrovskis presentando la proposta in conferenza stampa -, la domanda di terre rare dovrebbe essere da cinque a sei volte superiore entro il 2030 rispetto a oggi, e da sei a sette volte superiore entro il 2050. Per le batterie dei veicoli elettrici, la domanda di litio dovrebbe essere 12 volte maggiore entro il 2030 e 21 volte maggiore entro il 2050”. Il regolamento comprende una lista di 34 materie prime critiche, di cui 16 sono inserite in un’altra lista che le classifica, in più, come “strategiche”.
La Commissione prevede anche in questa proposta procedure autorizzative più semplici e più rapide (massimo 24 mesi) per i progetti strategici riguardanti attività di estrazione dei minerali (ma sempre rispettando le valutazioni d’impatto e le norme ambientali), e per quelli riguardanti la raffinazione e il riciclaggio (massimo 12 mesi).
Ma è chiaro che, se potrà diminuire la propria dipendenza e diversificare maggiormente le fonti di approvvigionamento, l’Ue non potrà mai contare sull’autosufficienza per le materie prime. Per questo, la Commissione pensa di proporre e sviluppare al massimo gli accordi di partenariato con paesi terzi, basati su vantaggi reciproci. Ad esempio, proponendo di affiancare all’estrazione dei minerali anche attività di raffinazione in loco, e lo sviluppo delle infrastrutture nei paesi con cui stipulerà i partenariati.
“Abbiamo recentemente concluso accordi, ad esempio – ha riferito Dombrovskis -, con la Nuova Zelanda e il Cile, che hanno capitoli dedicati alle materie prime. Stiamo lavorando a un accordo di libero scambio con l’Australia, anche qui con un capitolo sulle materie. Abbiamo già firmato partenariati strategici con Canada, Kazakistan, Namibia e Ucraina. E stiamo lavorando per espandere la nostra rete di partenariati per le materie prime critiche con Norvegia e Groenlandia, e poi con la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, con l’Argentina e altri paesi dell’ America Latina”.
“Creeremo un ‘club delle materie prime critiche’ con tutti i paesi interessati a rafforzare le catene di approvvigionamento globali, riunendo i paesi consumatori e quelli ricchi di risorse per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa”, ha concluso il vicepresidente esecutivo della Commissione.

Ocse alza stima crescita Italia 2023 a +0,6%, conferma 2024 a +1%

Ocse alza stima crescita Italia 2023 a +0,6%, conferma 2024 a +1%Roma, 17 mar. (askanews) – Anche l’Ocse rivede al rialzo le previsioni di crescita sull’Italia di quest’anno: ora per il 2023 l’organizzazione parigina si attende un aumento del Pil dello 0,6%, mentre sul 2024 stima un più 1%. I dati, contenuti in un aggiornamento di interim dell’Economic Outlook segnano sul 2023 una revisione al rialzo di 0,4 punti rispetto alle stime di novembre, mentre il dato del prossimo anno è confermato.
Al tempo stesso l’Ocse ha anche rivisto al rialzo le previsioni di inflazione in Italia quest’anno, ma moderato quelle sul 2024. Sulla media del 2023 l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico si attende un carovita al 6,7% nella Penisola, 0,2 punti più rispetto a novembre, sul 2024 indica 2,5%, in questo caso 0,5 punti in meno rispetto alle precedenti stime.

Pil, Confcommercio: leggera frenata nel I trimestre, quadro complesso

Pil, Confcommercio: leggera frenata nel I trimestre, quadro complessoRoma, 17 mar. (askanews) – Non si risolvono le incertezze ereditate dal 2022 e, nel primo trimestre del 2023, il Pil è in leggera frenata. Si conferma lento il rientro delle dinamiche inflazionistiche e si conferma altrettanto serio l’impatto di queste sui consumi. Il rallentamento dell’attività produttiva origina dalla contrazione della domanda delle famiglie. A ciò non si è associato, per il momento, un peggioramento del mercato del lavoro. E’ la stima dell’Ufficio studi di Confcommercio.
A gennaio la produzione industriale è tornata a registrare un ridimensionamento in termini congiunturali (-0,7%) con una crescita dell’1,7% su base annua. Nello stesso mese il mercato del lavoro ha continuato a segnalare spunti di vivacità, con un incremento degli occupati di 35mila unità su dicembre e di 459mila unità sullo stesso mese del 2022.
Dopo il moderato recupero di gennaio, favorito dal confronto con un mese in cui lo scorso anno si registrò la peggiore ondata di Covid in termini di contagi, a febbraio i consumi, misurati nella metrica dell’Icc, avrebbero registrato una contenuta riduzione rispetto a febbraio 2022 (-0,1%). Come per i mesi scorsi, questa stima riflette un andamento positivo dei servizi (+3,7%) e un’ulteriore riduzione della domanda di beni (-1,4%). All’interno di quest’ultimo aggregato si confermano in flessione sia i consumi alimentari (-3,9% tendenziale), sia quelli per l’energia elettrica, segmenti per i quali l’accelerazione dei prezzi ha comportato atteggiamenti molto prudenti da parte delle famiglie. Permangono in una condizione di difficoltà il settore dei mobili (-1,7% su febbraio 2022) e degli elettrodomestici (-2,3%). Al contempo, sembrano svanire gli indizi di recupero che si erano registrati a gennaio per l’automotive e per l’abbigliamento e le calzature. Nonostante le aspettative di un moderato miglioramento nei prossimi mesi da parte delle famiglie e di alcuni segmenti del sistema produttivo, elemento che consolida le attese di una seconda parte dell’anno più positiva, il quadro attuale prefigura anche nel mese di marzo una modesta contrazione dell’attività economica.
Per il mese in corso si stima una riduzione del Pil dello 0,3% su febbraio e dello 0,2% sullo stesso mese del 2022. Nel complesso del primo trimestre del 2023 si dovrebbe, pertanto, registrare una flessione dello 0,3% rispetto all’ultimo quarto del 2022, confermando l’ipotesi di una recessione molto contenuta sia per intensità sia per durata (due trimestri).
Segnali positivi sono attesi a marzo sul versante inflazionistico, con un’accelerazione del processo di rientro iniziato a dicembre 2022. La nostra stima è di una variazione nulla dei prezzi al consumo su base congiunturale e di una crescita dell’8,1% nel confronto annuo, conseguenza della riduzione dei prezzi dell’energia e del gas. Permangono, invece, elementi di tensione nell’alimentare. Non vanno, comunque, trascurate le difficoltà del percorso di rientro della dinamica dei prezzi, visto che anche a febbraio l’inflazione di fondo è stata in crescita.