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Trump straccia gli accordi sulla tassazione globale, il rammarico Ue

Trump straccia gli accordi sulla tassazione globale, il rammarico UeRoma, 21 gen. (askanews) – Donald Trump ha stracciato gli accordi globali sulla tassazione delle multinazionali, che erano stati faticosamente raggiunti a livello di Ocse e G20. E inizia in salita la relazione della nuova amministrazione Usa con i Paesi dell’Unione europea.


In realtà avrebbe potuto iniziare anche peggio, come è sembrato voler suggerire il neo commissario europeo all’Economia, il lettone Valdis Dombrovskis, quando ha notato che (finora) Trump non ha annunciato nuovi dazi contro l’Ue. Ma di fatto una delle prime mosse operate dal tycoon al debutto, con uno dei vari ordini esecutivi, smantella anni e anni di trattative faticose che, anche con il contributo di due presidenze dell’Italia – prima del G7 nel 2017 e poi del G20 nel 2021 – avevano portato a queste articolate intese sulla tassazione delle multinazionali. Il provvedimento è stato seguito a breve giro da un “memorandum” del dipartimento del Tesoro Usa, che evidentemente era pronto da tempo (assieme ad altre misure) e che non lascia spazio ad equivoci.


“Il segretario di Stato al Tesoro e il rappresentante Usa presso l’Ocse notificheranno che qualunque impegno preso dalla precedente amministrazione rispetto all’accordo sulla tassazione globale, non ha forza di legge o effetti negli Stati Uniti”, recita la prima sezione del memorandum. E subito dopo la sezione II aggiunge eloquenti minacce. Tesoro e Dipartimento del Commercio intendono effettuare “accertamenti” su qualunque giurisdizione che imponga tassazioni “extraterritoriali o che colpiscano in maniera sproporzionata imprese americane”. Successivamente prepareranno una lista di “opzioni per misure protettive o altre azioni” (vedi rappresaglie). I risultati di questi accertamenti verranno comunicati alla Casa Bianca entro 60 giorni.


Di fronte a tutto questo la Commissione europea “prende atto e esprime rammarico” per il memorandum, ha affermato Dombrovskis nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin. “Come Ue restiamo impegnati sugli accordi e a portare avanti il dialogo con i nostri partner”. Secondo Bruxelles bisogna “discutere con la nuova amministrazione Usa per capire meglio le nuove posizioni”. Prima dei suddetti accordi Ocse diversi Paesi Ue, a cominciare dalla Francia, avevano avvertito che in assenza degli stessi avrebbero proceduto a imporre in maniera unilaterale tasse sulle multinazionali, in particolare per le quote di fatturato realizzate sui loro territori. Ora bisognerà vedere se riattiveranno questa opzione, con la prospettive di incappare nelle rappresaglie di Washington.


Tanto più che incombe lo spettro anche di una nuova fase di dispute commerciali, che per ora non vede i Paesi Ue investiti dalla prima raffica di misure adottate da Trump. Sempre secondo Dombrovskis “Unione europea e Stati Uniti condividono una profonda alleanza e amicizia ed è chiaro che le relazioni transatlantiche sono cruciali a livello geopolitico. Per questo è molto importante fare del nostro meglio per costruire una relazione forte e bilanciata con la nuova amministrazione Usa fin dall’inizio”. “Notiamo che il presidente Usa (finora-ndr) non ha annunciato nessun nuovo dazio sulla Ue, contrariamente ad alcune aspettative. Le relazioni commerciali tra Usa e Ue sono molto importanti, valgono 1.500 miliardi di euro l’anno. Due terzi degli asset americani all’estero sono in Europa e potrei andare avanti. Quindi – ha rilevato – ci sta molto in ballo sia a livello economico che geopolitico”. Al momento non risultano calendarizzati incontri tra la Ue e gli Usa, ma è quantomai probabile che non tardino ad esser inseriti in agenda. Mentre più avanti sarà da vedere anche come si svilupperanno le relazioni tra le rispettive banche centrali, la Bce e la Federal Reserve. Istituzioni indipendenti rispetto ai governi, ma molto rilevanti nell’intreccio di interessi economici e finanziari tra le due aree. Peraltro il mandato dell’attuale presidente della Fed, Jerone Powell, su cui vari esponenti della nuova amministrazione Usa hanno ripetutamente manifestato malcontento, scade nel maggio del 2026, tra poco più di un anno.

Trump straccia gli accordi su tassazione globale, il rammarico Ue

Trump straccia gli accordi su tassazione globale, il rammarico UeRoma, 21 gen. (askanews) – Donald Trump ha stracciato gli accordi globali sulla tassazione delle multinazionali, che erano stati faticosamente raggiunti a livello di Ocse e G20. E inizia in salita la relazione della nuova amministrazione Usa con i Paesi dell’Unione europea.


In realtà avrebbe potuto iniziare anche peggio, come è sembrato voler suggerire il neo commissario europeo all’Economia, il lettone Valdis Dombrovskis, quando ha notato che (finora) Trump non ha annunciato nuovi dazi contro l’Ue. Ma di fatto una delle prime mosse operate dal tycoon al debutto, con uno dei vari ordini esecutivi, smantella anni e anni di trattative faticose che, anche con il contributo di due presidenze dell’Italia – prima del G7 nel 2017 e poi del G20 nel 2021 – avevano portato a queste articolate intese sulla tassazione delle multinazionali. Il provvedimento è stato seguito a breve giro da un “memorandum” del dipartimento del Tesoro Usa, che evidentemente era pronto da tempo (assieme ad altre misure) e che non lascia spazio ad equivoci.


“Il segretario di Stato al Tesoro e il rappresentante Usa presso l’Ocse notificheranno che qualunque impegno preso dalla precedente amministrazione rispetto all’accordo sulla tassazione globale, non ha forza di legge o effetti negli Stati Uniti”, recita la prima sezione del memorandum. E subito dopo la sezione II aggiunge eloquenti minacce. Tesoro e Dipartimento del Commercio intendono effettuare “accertamenti” su qualunque giurisdizione che imponga tassazioni “extraterritoriali o che colpiscano in maniera sproporzionata imprese americane”. Successivamente prepareranno una lista di “opzioni per misure protettive o altre azioni” (vedi rappresaglie). I risultati di questi accertamenti verranno comunicati alla Casa Bianca entro 60 giorni.


Di fronte a tutto questo la Commissione europea “prende atto e esprime rammarico” per il memorandum, ha affermato Dombrovskis nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin. “Come Ue restiamo impegnati sugli accordi e a portare avanti il dialogo con i nostri partner”. Secondo Bruxelles bisogna “discutere con la nuova amministrazione Usa per capire meglio le nuove posizioni”. Prima dei suddetti accordi Ocse diversi Paesi Ue, a cominciare dalla Francia, avevano avvertito che in assenza degli stessi avrebbero proceduto a imporre in maniera unilaterale tasse sulle multinazionali, in particolare per le quote di fatturato realizzate sui loro territori. Ora bisognerà vedere se riattiveranno questa opzione, con la prospettive di incappare nelle rappresaglie di Washington.


Tanto più che incombe lo spettro anche di una nuova fase di dispute commerciali, che per ora non vede i Paesi Ue investiti dalla prima raffica di misure adottate da Trump. Sempre secondo Dombrovskis “Unione europea e Stati Uniti condividono una profonda alleanza e amicizia ed è chiaro che le relazioni transatlantiche sono cruciali a livello geopolitico. Per questo è molto importante fare del nostro meglio per costruire una relazione forte e bilanciata con la nuova amministrazione Usa fin dall’inizio”. “Notiamo che il presidente Usa (finora-ndr) non ha annunciato nessun nuovo dazio sulla Ue, contrariamente ad alcune aspettative. Le relazioni commerciali tra Usa e Ue sono molto importanti, valgono 1.500 miliardi di euro l’anno. Due terzi degli asset americani all’estero sono in Europa e potrei andare avanti. Quindi – ha rilevato – ci sta molto in ballo sia a livello economico che geopolitico”. Al momento non risultano calendarizzati incontri tra la Ue e gli Usa, ma è quantomai probabile che non tardino ad esser inseriti in agenda. Mentre più avanti sarà da vedere anche come si svilupperanno le relazioni tra le rispettive banche centrali, la Bce e la Federal Reserve. Istituzioni indipendenti rispetto ai governi, ma molto rilevanti nell’intreccio di interessi economici e finanziari tra le due aree. Peraltro il mandato dell’attuale presidente della Fed, Jerone Powell, su cui vari esponenti della nuova amministrazione Usa hanno ripetutamente manifestato malcontento, scade nel maggio del 2026, tra poco più di un anno.

Infrastrutture, Rixi: devono essere considerate obiettivi sensibili

Infrastrutture, Rixi: devono essere considerate obiettivi sensibiliRoma, 21 gen. (askanews) – “Oggi le infrastrutture italiane non devono essere considerate solo come asset di interesse nazionale, ma anche come obiettivi sensibili. Per questo motivo, le tecnologie applicate alla loro gestione devono essere di livello militare”. Così il viceministro alle infrastrutture e ai trasporti, Edoardo Rixi, intervenuto al tavolo di lavoro “Innovazione digitale e infrastrutture – Gestione degli asset strategici del Paese”, organizzato da SAP Italia e tenutosi oggi presso Palazzo Soderini a Roma.


Rixi ha sottolineato come negli ultimi anni si sia prestata scarsa attenzione all’acquisto di tecnologie, spesso rivelatesi inadeguate di fronte alle sfide attuali. Nella gestione delle infrastrutture del Paese, secondo Rixi, è indispensabile adottare un approccio più avanzato e strategico: maggiore analisi predittiva, un uso diffuso degli open data per favorire la condivisione delle informazioni e un incremento nell’utilizzo di Intelligenza Artificiale e digitalizzazione. “È fondamentale disporre di un sistema efficace di analisi dei dati e di monitoraggio costante delle opere infrastrutturali – ha spiegato -. Non possiamo essere certi della durata delle infrastrutture, nemmeno di quelle considerate più efficienti”. Carla Masperi, Amministratore Delegato di Sap Italia ha sottolineato l’impegno dell’azienda nel fornire soluzioni tecnologiche. “Per favorire la modernizzazione e l’efficienza delle infrastrutture, settore che sta affrontando sfide significative – ha aggiunto Carla Masperi, amministratore delegato di Sap Italia -: dall’obsolescenza di molte opere alla crescente domanda di mobilità di beni e persone, alla storica lentezza nell’attuazione dei progetti, alle risorse necessarie per diminuire l’impatto ambientale. Riteniamo vi siano almeno tre aree di intervento che possono avere un impatto esteso in questo ambito: interoperabilità e open data, elementi essenziali per creare un ecosistema digitale basato sull’interconnessione dei dati che consenta a tutti gli attori di collaborare efficacemente; adozione dell’intelligenza artificiale generativa che automatizzando processi complessi riduce i tempi e migliora la precisione delle operazioni; e infine adozione di soluzioni e sistemi in cloud, vero motore dell’innovazione perché democratizza l’accesso alle nuove tecnologie e offre quella flessibilità e scalabilità fondamentali per affrontare le nuove sfide infrastrutturali”.

Rc Auto, Ivass: in primo semestre raccolta premi accelera al +6,7%

Rc Auto, Ivass: in primo semestre raccolta premi accelera al +6,7%Roma, 21 gen. (askanews) – Continua ad aumentare la raccolta delle compagnie di assicurazioni in Italia tramite l’Rc Auto: nei primi sei mesi dello scorso anno ha raggiunto 6,5 miliardi di euro, in crescita del 6,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. Un incremento che peraltro risulta in accelerazione rispetto al più 4,3% della raccolta premi realizzata sull’insieme del 2023, dalle 38 imprese operanti nel settore vigilate dall’Ivass, per un ammontare totale di 12,2 miliardi di euro.


L’autorità ha pubblicato il suo ultimo bollettino statistico sull’attività assicurativa nel comparto auto, secondo cui complessivamente nel 2023 sono stati raccolti premi per 16,1 miliardi di euro, che rappresentano il 42,4% della produzione danni. Guardando di nuovo all’RC Auto, la frequenza di sinistri è stata pari al 5% (5,1% nel 2022 e 5,9% nel 2019) per un onere complessivo di 9,8 miliardi di euro e un costo medio per singolo sinistro di poco superiore a 5 mila euro, in crescita dell’1,5% sul 2022 e del 6,8% sul 2019.


Il ramo Rc Auto è stato in utile per 581 milioni di euro, pari a 15 euro per polizza. E secondo l’Ivass il risultato positivo si conferma anche nel primo semestre 2024 (211 milioni). Il tutto mentre da diversi mesi i dati sui prezzi medi delle polizze sulla responsabilità civile per l’auto, misurati dalla stessa autorità, mostrano tassi di aumento di diversi multipli superiori rispetto a quelli dell’inflazione generale.

Ecofin: Italia metta fine a situazione deficit eccessivo entro 2026

Ecofin: Italia metta fine a situazione deficit eccessivo entro 2026Roma, 21 gen. (askanews) – Il Consiglio Ecofin “raccomanda che l’Italia metta fine alla situazione di deficit eccessivo per il 2026”. Lo si legge nella comunicazione emanata dall’Ecofin al termine delle riunioni di oggi, durante le quali sono state approvate le raccomandazioni della Commisione Ue sulle procedure oper deficit eccessivo.


“L’Italia – aggiunge l’Ecofin – deve assicurare che la crescita nominale della spesa netta non superi l’1,3% nel 2025 e l’1,6% nel 2026”.

Dombrovskis: costruire subito relazione forte e equilibrata con Trump

Dombrovskis: costruire subito relazione forte e equilibrata con TrumpRoma, 21 gen. (askanews) – “Unione europea e Stati Uniti condividono una profonda alleanza e amicizia ed è chiaro che le relazioni transatlantiche sono cruciali a livello geopolitico. Per questo è molto importante fare del nostro meglio per costruire una relazione forte e bilanciata con la nuova amministrazione Usa fin dall’inizio”. Lo ha affermato il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis nella conferenza stampa al termine dell’Ecofin, interpellato sulle discussioni riguardo all’insediamento di Trump.


“Notiamo che il presidente Usa (finora-ndr) non ha annunciato nessun nuovo dazio sulla Ue, contrariamente ad alcune aspettative. Le relazioni commerciali tra Usa e Ue sono molto importanti, come ha notato la presidente Ursula von der Leyen nessuna altra economia nel mondo è così integrata come lo sono Usa e Ue”. “Il commercio tra noi vale 1.500 miliardi di euro l’anno. Due terzi degli asset americani all’estero sono in Europa e potrei andare avanti. Quindi – ha rilevato – ci sta molto in ballo sia a livello economico che geopolitico”. All’ecofin ieri e oggi “abbiamo avuto una discussione sulle relazioni transatlantiche e sull’impegno con Trump e con il nuovo segretario al Tesoro, una volta che sarà confermato”. (fonte immagine: European Council).

Trump mette nel minrino tasse extraterritoriali su multinazionali Usa

Trump mette nel minrino tasse extraterritoriali su multinazionali UsaRoma, 21 gen. (askanews) – Già al primo giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump ha emanato un ordine esecutivo con un mandato per elaborare rappresaglie contro i paesi che impongono tasse “extraterritoriali” sulle multinazionali americane. Il Financial Times interpreta la mossa come un passo verso una possibile nuova guerra globale sui regimi di tassazione.


Secondo il quotidiano Trump di fatto ritira il sostegno degli Stati Uniti agli accordi di tassazione internazionali che erano stati raggiunti in base ai protocolli dell’Ocse su mandato del G20. Le eventuali misure Usa potrebbero mettere nel mirino di tasse sulle multinazionali che, nell’ambito delle intese Ocse, sono state approntate dai paesi di Unione europea oltre che dalla Gran Bretagna dalla Corea del sud, dal Giappone e dal Canada.


L’ordine esecutivo emesso dal numero uno della Casa Bianca prevede di effettuare accertamenti sul sé “qualunque paese estero non stia disapplicando trattati fiscali con gli Stati Uniti o abbia in essere regole fiscali extraterritoriali che colpiscono in maniera sproporzionata società americane”.

Von Der Leyen a Davos: discutere con gli Usa degli interessi comuni

Von Der Leyen a Davos: discutere con gli Usa degli interessi comuniRoma, 21 gen. (askanews) – La presidente della Commissione Europea intervendo al forum di Davos ha fatto un lungo intervento centrato sui profondi cambiamenti nel nostro mondo nel primo quarto di questo secolo. Un secolo che si era aperto con l’illusione di essere entrati per sempre ‘nell’era dell’iperglobalizzazione’.


Il primo quarto di secolo – ha esordito – è giunto al termine. E ha portato un cambiamento radicale negli affari globali. Questo secolo è iniziato con grandi aspettative. 25 anni fa, l’era dell’iperglobalizzazione stava per raggiungere il suo apice. Con la globalizzazione delle catene di fornitura, centinaia di milioni di persone venivano sollevate dalla povertà, soprattutto in India e Cina. In America, il boom delle dot-com era al suo apice, a simboleggiare l’ottimismo di un’economia globale connessa in cui la tecnologia era vista come una forza inequivocabile per la prosperità e la pace. Con la Russia che trasformava il G7 nel G8, la democrazia era in ascesa in tutto il mondo, alcuni addirittura dicevano che era la fine della storia per la lotta ideologica. Nell’Unione Europea, la nostra moneta unica, l’euro, stava per avvicinare molto di più i nostri popoli e le nostre economie. L’economia globale ne ha raccolto i dividendi. E qui a Davos, i leader mondiali hanno discusso di come la cooperazione globale e la tecnologia potessero aiutare a combattere la povertà e le malattie. Era la promessa di un mondo più integrato e cooperativo.


25 anni dopo, questa promessa è stata mantenuta? Sì, il mondo oggi è ancora quasi connesso come sempre. Ma ha anche iniziato a frammentarsi lungo nuove linee. Da un lato, dall’anno 2000, il volume del commercio globale è raddoppiato, sebbene il commercio all’interno dei blocchi regionali si stia ora espandendo più rapidamente del commercio tra di essi. È comune che un chip venga progettato negli Stati Uniti, costruito a Taiwan con macchine europee, confezionato nel sud-est asiatico e assemblato in Cina. D’altro canto, solo lo scorso anno le barriere commerciali globali sono triplicate di valore. Le istituzioni commerciali internazionali hanno spesso lottato per affrontare le sfide poste dall’ascesa di economie non di mercato che competono con un diverso insieme di regole. L’innovazione continua a prosperare, con progressi nell’intelligenza artificiale, nell’informatica quantistica e nell’energia pulita pronti a cambiare il nostro modo di vivere e lavorare, ma anche i controlli tecnologici sono quadruplicati negli ultimi decenni. Le nostre dipendenze dalla catena di fornitura sono a volte trasformate in armi, come dimostra il ricatto energetico della Russia, o esposte come fragili quando gli shock globali, come la pandemia, emergono senza preavviso. E gli stessi interconnettori che ci uniscono, come i cavi dati sottomarini, sono diventati obiettivi, dal Mar Baltico allo Stretto di Taiwan. L’ordine mondiale cooperativo che avevamo immaginato 25 anni fa non si è trasformato in realtà. Invece, siamo entrati in una nuova era di dura competizione geostrategica. Le principali economie mondiali stanno gareggiando per l’accesso alle materie prime, alle nuove tecnologie e alle rotte commerciali globali. Dall’intelligenza artificiale alla tecnologia pulita, dalla quantistica allo spazio, dall’Artico al Mar Cinese Meridionale, la gara è iniziata. Mentre questa competizione si intensifica, probabilmente continueremo a vedere un uso frequente di strumenti economici, come sanzioni, controlli sulle esportazioni e tariffe, che hanno lo scopo di salvaguardare la sicurezza economica e nazionale. Ma è importante che bilanciamo l’imperativo di salvaguardare la nostra sicurezza con la nostra opportunità di innovare e migliorare la nostra prosperità. In questo spirito, dovremo lavorare insieme per evitare una corsa globale al ribasso. Perché non è nell’interesse di nessuno rompere i legami nell’economia globale. Piuttosto, dobbiamo modernizzare le regole per sostenere la nostra capacità di produrre un guadagno reciproco per i nostri cittadini.


Per noi europei, la gara inizia a casa. L’Europa ha un’economia sociale di mercato unica. Abbiamo la seconda economia più grande e il più grande settore commerciale al mondo. Abbiamo un’aspettativa di vita più lunga, standard sociali e ambientali più elevati e disuguaglianze più basse rispetto a tutti i nostri concorrenti globali. L’Europa ospita anche un immenso talento, insieme alla comprovata capacità di attrarre idee e investimenti da tutto il mondo. La nostra capacità di inventare e creare è sottovalutata: la quota globale di domande di brevetto dell’Europa è alla pari con gli Stati Uniti e la Cina. Ma il mondo sta cambiando. Così dobbiamo cambiare anche noi. Negli ultimi 25 anni, l’Europa ha fatto affidamento sulla crescente ondata del commercio globale per guidare la sua crescita. Ha fatto affidamento sull’energia a basso costo dalla Russia. E l’Europa ha troppo spesso esternalizzato la propria sicurezza. Ma quei giorni sono finiti. Per sostenere la nostra crescita nel prossimo quarto di secolo, l’Europa deve cambiare marcia. Ecco perché ho chiesto a Mario Draghi di presentare un rapporto sulla competitività europea. E su questa base, la prossima settimana la Commissione europea presenterà la nostra tabella di marcia, che guiderà il nostro lavoro per i prossimi cinque anni. L’attenzione sarà rivolta ad aumentare la produttività colmando il divario di innovazione. Un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività per superare la carenza di competenze e manodopera e ridurre la burocrazia. È una strategia per rendere la crescita più rapida, pulita ed equa, assicurando che tutti gli europei possano beneficiare del cambiamento tecnologico. E lasciatemi approfondire tre fondamenti che sosterranno questa strategia.


Innanzitutto, l’Europa ha bisogno di un’Unione dei mercati dei capitali profonda e liquida. I risparmi delle famiglie europee raggiungono quasi 1,4 trilioni di euro, rispetto a poco più di 800 miliardi di euro negli Stati Uniti. Ma le aziende europee hanno difficoltà ad attingere a questa cifra e ad ottenere i finanziamenti di cui hanno bisogno perché il nostro mercato dei capitali interno è frammentato. E perché ciò spinge i soldi all’estero: 300 miliardi di euro di risparmi delle famiglie europee vengono investiti all’estero, ogni anno. Questo è un problema chiave che frena la crescita delle nostre start-up tecnologiche e ostacola il nostro innovativo settore delle tecnologie pulite. Non ci manca il capitale. Ci manca un mercato dei capitali efficiente che trasformi i risparmi in investimenti, in particolare per le tecnologie in fase iniziale che hanno un potenziale rivoluzionario. Ecco perché creeremo un’Unione europea del risparmio e degli investimenti con nuovi prodotti di risparmio e investimento europei, nuovi incentivi per il capitale di rischio e una nuova spinta per garantire un flusso continuo di investimenti in tutta la nostra Unione. Mobiliteremo più capitale per far prosperare l’innovazione e l’assunzione di rischi made in Europe. In secondo luogo, dobbiamo semplificare molto le attività commerciali in tutta Europa. Troppi dei nostri migliori talenti stanno lasciando l’UE perché è più facile far crescere le loro aziende altrove. E troppe aziende stanno frenando gli investimenti in Europa a causa di inutili formalità burocratiche. Dobbiamo agire a tutti i livelli: continentale, nazionale e locale. E vogliamo essere all’avanguardia a livello europeo. Ad esempio, lanceremo una semplificazione di vasta portata delle nostre regole sulla finanza sostenibile e sulla due diligence. E ci assicureremo di creare un ambiente favorevole affinché le nostre PMI possano aumentare la loro capacità di costruire, produrre e innovare in Europa. Ma voglio andare anche oltre. Oggi, il Mercato unico europeo ha ancora troppe barriere nazionali. A volte le aziende hanno a che fare con 27 legislazioni nazionali. Offriremo invece alle aziende innovative di operare in tutta la nostra Unione sotto un unico insieme di regole. Lo chiamiamo il 28° regime. Diritto societario, insolvenza, diritto del lavoro, tassazione: un unico e semplice quadro in tutta la nostra Unione. Ciò contribuirà ad abbattere le barriere più comuni all’espansione in tutta Europa. Perché la scala continentale è la nostra risorsa più grande in un mondo di giganti. La terza base è l’energia. Prima dell’inizio della guerra di Putin, l’Europa riceveva il 45% del suo approvvigionamento di gas e il 50% delle sue importazioni di carbone dalla Russia. La Russia era anche uno dei nostri maggiori fornitori di petrolio. Questa energia sembrava economica, ma ci esponeva al ricatto. Quindi, quando i carri armati di Putin sono entrati in Ucraina, Putin ci ha tagliato le forniture di gas, e in cambio abbiamo ridotto sostanzialmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi in tempi record. Le nostre importazioni di gas dalla Russia sono diminuite di circa il 75%. E ora importiamo dalla Russia solo il 3% del nostro petrolio e niente carbone. Ma la libertà ha avuto un prezzo. Le famiglie e le aziende hanno visto costi energetici alle stelle e le bollette per molti devono ancora scendere. Ora, la nostra competitività dipende dal ritorno a prezzi dell’energia bassi e stabili. L’energia pulita è la risposta a medio termine, perché è economica, crea buoni posti di lavoro in patria e rafforza la nostra indipendenza energetica. Già oggi, l’Europa genera più elettricità da vento e sole che da tutti i combustibili fossili messi insieme. Ma abbiamo ancora del lavoro da fare per trasmettere questi benefici alle aziende e alle persone. Non solo dobbiamo continuare a diversificare le nostre forniture energetiche ed espandere le fonti di generazione pulite da fonti rinnovabili e, in alcuni paesi, anche dal nucleare. Dovremo investire in tecnologie di energia pulita di prossima generazione, come la fusione, la geotermia potenziata e le batterie allo stato solido. Dobbiamo anche mobilitare più capitale privato per modernizzare le nostre reti elettriche e le infrastrutture di stoccaggio. Dobbiamo rimuovere qualsiasi barriera residua alla nostra Unione energetica. E dobbiamo collegare meglio i nostri sistemi energetici puliti e a basse emissioni di carbonio. Tutto questo farà parte di un nuovo piano che presenteremo a febbraio. È tempo di completare la nostra Unione anche sull’energia, in modo che l’energia pulita possa circolare liberamente nel nostro continente e abbassare i prezzi per tutti gli europei. I prossimi anni saranno vitali ben oltre l’Europa. Tutti i continenti dovranno accelerare la transizione verso zero emissioni nette e affrontare il crescente peso del cambiamento climatico. Il suo impatto è impossibile da ignorare. Ondate di calore in tutta l’Asia. Inondazioni dal Brasile all’Indonesia, dall’Africa all’Europa. Incendi in Canada, Grecia e California. Uragani negli Stati Uniti e nei Caraibi. Il cambiamento climatico è ancora in cima all’agenda globale. Dalla decarbonizzazione alle soluzioni basate sulla natura. Dalla creazione di un’economia circolare allo sviluppo di crediti per la natura. L’accordo di Parigi continua a essere la migliore speranza di tutta l’umanità. Quindi l’Europa manterrà la rotta e continuerà a lavorare con tutte le nazioni che vogliono proteggere la natura e fermare il riscaldamento globale. Allo stesso modo, tutti i continenti dovranno cogliere le opportunità dell’intelligenza artificiale e gestirne i rischi. In sfide come queste, non siamo in una corsa l’uno contro l’altro, ma in una corsa contro il tempo. Anche in un momento di dura competizione, dobbiamo unire le forze. E l’Europa continuerà a cercare la cooperazione, non solo con i nostri amici di lunga data che la pensano come noi, ma con qualsiasi paese con cui condividiamo interessi. Il nostro messaggio al mondo è semplice: se ci sono vantaggi reciproci in vista, siamo pronti a impegnarci con voi. Se volete aggiornare le vostre industrie di tecnologie pulite, se volete potenziare la vostra infrastruttura digitale, l’Europa è aperta agli affari. E mentre la competizione tra grandi potenze si intensifica, vedo un crescente desiderio in tutto il mondo di impegnarsi più da vicino con noi. Solo negli ultimi due mesi, abbiamo concluso nuove partnership con Svizzera, Mercosur e Messico. Ciò significa che 400 milioni di latinoamericani saranno presto impegnati in una partnership privilegiata con l’Europa. Questi accordi sono stati in fase di elaborazione per anni, se non decenni. Quindi, perché stanno accadendo tutti oggi? Non è solo perché l’Europa è un mercato ampio e attraente. Ma perché con l’Europa, quello che vedi è quello che ottieni. Noi rispettiamo le regole. I nostri accordi non hanno vincoli nascosti. E mentre altri sono interessati solo a esportare ed estrarre, noi vogliamo vedere le industrie locali prosperare nei paesi partner. Perché questo è anche nel nostro interesse. È il modo in cui diversifichiamo le nostre catene di fornitura. Ed è per questo che l’offerta dell’Europa è così attraente, in tutto il mondo. Dai nostri vicini in Africa, che stanno lavorando con noi per sviluppare catene del valore locali di tecnologie pulite e combustibili puliti alla vasta regione Asia-Pacifico. Quindi, il primo viaggio della mia nuova Commissione sarà in India. Insieme al Primo Ministro Modi vogliamo potenziare la partnership strategica con il paese e la democrazia più grandi del mondo. Credo che dovremmo anche impegnarci per ottenere vantaggi reciproci nel nostro dialogo con la Cina. Quando la Cina è entrata a far parte dell’OMC 25 anni fa, l’impatto delle crescenti esportazioni cinesi è stato chiamato ‘shock cinese’. Oggi, alcuni parlano di un secondo shock cinese, a causa della sovracapacità sponsorizzata dallo Stato. Ovviamente dobbiamo rispondere a questo. Misure commerciali difensive vengono adottate in tutto il mondo, anche nel Sud del mondo, come risposta alle distorsioni del mercato cinese. Questo è anche il motivo per cui l’Europa ha adottato misure, ad esempio sulle auto elettriche. Allo stesso tempo, ho sempre sottolineato che siamo pronti a continuare le nostre discussioni. E continueremo a ridurre i rischi della nostra economia. Molti credono, anche in Cina, che sarebbe nell’interesse a lungo termine della Cina gestire in modo più responsabile i suoi squilibri economici. Questa è anche la nostra opinione. E credo che dobbiamo impegnarci in modo costruttivo con la Cina, per trovare soluzioni nel nostro reciproco interesse. Il 2025 segna 50 anni di relazioni diplomatiche della nostra Unione con la Cina. Lo vedo come un’opportunità per impegnarci e approfondire il nostro rapporto con la Cina e, ove possibile, anche per espandere i nostri legami commerciali e di investimento. È tempo di perseguire un rapporto più equilibrato con la Cina, in uno spirito di equità e reciprocità. Questo nuovo impegno con i paesi di tutto il mondo non è solo una necessità economica, ma un messaggio al mondo. È la risposta dell’Europa alla crescente concorrenza globale. Vogliamo una maggiore cooperazione con tutti coloro che sono aperti a questo. E questo ovviamente include i nostri partner più stretti. Penso, ovviamente, agli Stati Uniti d’America. Nessun’altra economia al mondo è integrata come la nostra. Le aziende europee negli Stati Uniti impiegano 3,5 milioni di americani. E un altro milione di posti di lavoro americani dipendono direttamente dal commercio con l’Europa. Intere catene di fornitura si estendono su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ad esempio, un aereo americano è costruito con sistemi di controllo e fibre di carbonio provenienti dall’Europa. E i medicinali americani sono realizzati con sostanze chimiche e strumenti di laboratorio che provengono dalla nostra parte dell’Atlantico. Allo stesso tempo, l’Europa importa il doppio dei servizi digitali dagli Stati Uniti rispetto all’intera Asia-Pacifico. Di tutte le attività americane all’estero, due terzi si trovano in Europa. E gli Stati Uniti forniscono oltre il 50% del nostro GNL. Il volume degli scambi tra noi è di 1,5 trilioni di euro, che rappresentano il 30% del commercio globale. C’è molto in gioco per entrambe le parti. Quindi la nostra prima priorità sarà impegnarci in anticipo, discutere interessi comuni.

Dombrovskis: Trump? “Se sarà necessario difendermo interessi Ue”

Dombrovskis: Trump? “Se sarà necessario difendermo interessi Ue”Roma, 20 gen. (askanews) – “Se vi fosse la necessità di difendere gli interessi economici europei”, alla Commissione europea “siamo pronti a farlo, come del resto abbiamo fatto nella prima amministrazione Trump, quando ad esempio rispetto ai dazi sull’alluminio abbiamo risposto in maniera proporzionale”. Lo ha affermato il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, rispondendo, durante la conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo, a una delle varie domande sul come Bruxelles si muoverà rispetto alle politiche di Donald Trump, che oggi si è insediato alla Casa Bianca.


“È opportuno notare che se si guarda al Commercio, ci sono stati degli studi dell’Fmi secondo cui la frammentazione globale in corso e il commercio concentrato tra blocchi avrebbe un effetto negativo sull’economia fino al 7% del Pil globale: sarebbe come portare le economie di Francia e Germania fuori dall’economia globale. Ci sarebbero costi consistenti per tutti – ha avvertito – anche per gli Usa”. “Dobbiamo preservare queste relazioni commerciali e questo è il nostro approccio, sia a livello bilaterale sia a livello multilaterale. Ma al tempo stesso dobbiamo lavorare alla resilienza delle nostre economie e – ha concluso Dombrovskis – alla diversificazione delle relazioni commerciali”, come sta avvenendo di recente con Mercosur e Messico.

Bce: banche negligenti su rigore stress test rischiano ispezioni

Bce: banche negligenti su rigore stress test rischiano ispezioniRoma, 20 gen. (askanews) – Le banche europee che dovessero mostrare un negligente eccessivo ottimismo nella nuova tornata di simulazioni sulla loro tenuta a situazioni avverse (stress test) rischiano ispezioni, assieme a una escalation di provvedimenti della vigilanza Bce. Lo afferma la stessa istituzione, che nel comunicato sulle nuove simulazioni avviate oggi assieme all’Eba (Autorità bancaria europea) rileva come nelle passate edizioni degli stress test “alcune banche hanno sottoposto previsioni che erano eccessivamente ottimistiche”, dato che “non riflettevano pienamente l’impatto dello scenario di stress dati i loro specifici profili di rischio”.


E per questo “durante l’esercizio 2025 – afferma l’istituzione -la Bce rafforzerà di conseguenza la sua revisione di documentazioni insufficientemente prudenti. Le banche che dovessero mostrare questo comportamento subiranno ulteriori accertamenti nella fase di valutazione, inclusi potenziali visite in sede. Sulla base dei dati raccolti, alcune banche potrebbero essere soggette a ispezioni dopo la conclusione degli stress, per identificare debolezze strutturali nel loro sistema di valutazione e per migliorare la loro capacità di stress test”. Inoltre “le banche che ripetutamente dovessero mancare di porre rimedi” a queste lacune “potrebbero subire misure nell’ambito di un processo di escalation nei successivi esercizi”, aggiunge la Bce.