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Ue, rapporto Draghi: le divergenze emerse con von der Leyen

Ue, rapporto Draghi: le divergenze emerse con von der LeyenBruxelles, 9 set. (askanews) – La presentazione del rapporto sul futuro della competitività europea da parte di Mario Draghi, insieme alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, oggi a Bruxelles, ha fatto emergere chiaramente alcune divergenze tra i due nella visione, nelle prospettive e nelle risposte per l’economia dell’Ue. In particolare per quanto riguarda eventuali nuove emissioni di debito Ue, la struttura del mercato elettrico europeo, la eccessiva regolamentazione comunitaria, in particolare nel settore delle tecnologie digitali e dell’Intelligenza artificiale, e anche l’obbligo di produrre dal 2035 solo auto a zero emissioni, non abbastanza allineato ad altri provvedimenti che lo rendano realizzabile.


La più evidente di queste divergenze riguarda la necessità, evocata da Draghi e ignorata da von der Leyen, di ricorrere a nuove emissioni di debito comune (come quelle che hanno finanziato il piano di ripresa post-pandemico ‘NextGenerationEU’ e il programma ‘Sure’ per il sostegno ai sistemi nazionali di cassa integrazione) per finanziare progetti comuni soprattutto nei settori della difesa, delle infrastrutture e interconnessioni energetiche, della ricerca e innovazione. Draghi ha ricordato che, secondo le stime della stessa Commissione europea, per raggiungere gli obiettivi indicati dal suo rapporto ‘è necessario un un investimento annuale aggiuntivo minimo di 750-800 miliardi di euro, corrispondente al 4,4%-4,7% del Pil dell’Ue’. Il debito comune, ha puntualizzato l’ex premier italiano ed ex presidente della Bce, ‘non è un obiettivo in sé, ma uno strumento’, che sarà comunque necessario perché gli investimenti privati non basteranno comunque, anche se dovessero aumentare considerevolmente, nel caso in cui si riesca a mettere a frutto al massimo i vantaggi del mercato unico e soprattutto a completare finalmente l’Unione dei mercati dei capitali nell’Ue.


Von der Leyen, invece, rispondendo a una domanda in conferenza stampa con una posizione ferma all’ortodossia finanziaria tedesca, ha detto chiaramente che sul tavolo ci sono solo due opzioni per finanziare gli investimenti necessari: un aumento delle contribuzioni nazionali degli Stati membri al bilancio Ue, oppure nuove ‘risorse proprie’ europee, da aggiungere a quelle attuali (soprattutto i dazi doganali riscossi sulle importazioni di merci da paesi extracomunitari e una percentuale del gettito dell’Iva). Tra queste nuove ‘risorse proprie’ potrebbero esserci una tassa sui profitti delle multinazionali, la nuova ‘carbon tax’ alle frontiere (Cbam) e prelievi sul sistema europeo di scambio dei permessi di emissioni (Ets). Ma sarebbero comunque pochi miliardi all’anno (17 miliardi, secondo i progetti già esistenti). Quanto all’aumento delle contribuzioni nazionali alle casse Ue, poi, si tratta di uno dei tradizionali terreni minati della politica comunitaria, come dimostrano i negoziati interminabili e difficilissimi che ogni sette anni si svolgono tra gli Stati membri per decidere il Quadro pluriennale di bilancio.


Inoltre, lo stesso Draghi ha criticato l’approccio che vede solo nel bilancio Ue (e non nell’emissione di nuovo debito comune) la possibilità di finanziare gli investimenti pubblici che saranno necessari. Il bilancio Ue ‘non è abbastanza focalizzato’, è ‘altamente frammentato’ e ‘c’è un alto rischio che il denaro vada in diversi canali’, ha detto Draghi, anche se poi ha prospettato la possibilità di una ‘riforma’ in particolare dei fondi di coesione, che, ha indicato, potrebbero essere usati maggiormente per finanziare i ‘cluster’ della ricerca e innovazione industriale, e poi per la digitalizzazione, i trasporti, l’istruzione e la connettività. Sul mercato elettrico, Draghi è stato particolarmente duro, partendo dalla considerazione che gli alti prezzi dell’elettricità nell’Ue sono uno degli handicap maggiori che l’industria europea ha nei confronti della concorrenza internazionale. E non ha detto nulla sulla riforma del mercato elettrico, approvata da pochi mesi, che evidentemente non considera sufficiente.


‘Abbiamo l’opportunità – ha detto l’ex premier italiano – di abbassare i prezzi dell’energia. Una volta che osserviamo attentamente i nostri mercati energetici, vediamo un mercato che è stato progettato per un periodo in cui il gas naturale e i combustibili fossili erano la componente più importante del mix energetico. Ora non è più così: il gas naturale nel 2019, 2020, 2022, nonostante rappresenti circa il 20% del mix energetico, ha fissato il prezzo il 60% delle volte. E’ un mercato che, grazie a contratti a lungo termine, ma anche ad altre cose, è davvero dominato, credo, da interessi acquisiti. È un mercato che è anche gravato da controlli finanziari. Ed è un mercato che è diventato una mucca da mungere per far soldi per i bilanci nazionali degli Stati membri’. Nell’Ue, ‘la tassazione dell’energia è una delle più alte al mondo, se non la più alta’. Quindi, ha concluso Draghi, ‘tutto questo si traduce nel fatto che non siamo in grado di trasferire i benefici dell’energia meno costosa prodotta dalle fonti rinnovabili ai nostri consumatori, sia alle famiglie che all’industria. Perciò, dobbiamo avere un piano per raggiungere questo obiettivo: in primo luogo disaccoppiare il prezzo dell’energia derivante dai combustibili fossili da quello delle fonti di energia pulita, in modo che gli utenti finali vedano i benefici della decarbonizzazione nelle loro bollette’. Piuttosto dura anche la critica di Draghi agli ostacoli normativi che l’Ue, a suo dire, pone alle tecnologie digitali avanzate, l’innovazione e l’Intelligenza artificiale. ‘Abbiamo proclamato che l’innovazione era al centro della nostra azione, e poi abbiamo fatto tutto il possibile per mantenerla a un livello basso’, ha osservato. Su questo, ha continuato, ‘c’è un punto del rapporto che è davvero significativo: è nel capitolo sulla digitalizzazione e le tecnologie avanzate’. Qui l’ex premier ha cominciato a leggere alcuni paragrafi del proprio rapporto (dalla pagina 22 della prima parte): ‘Le barriere normative limitano la crescita in diversi modi. In primo luogo, procedure complesse e costose nei sistemi nazionali frammentati scoraggiano gli inventori dal presentare diritti di proprietà intellettuale, impedendo alle giovani aziende di sfruttare il mercato unico. In secondo luogo – ha proseguito Draghi -, la posizione normativa dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’Ue ha ora circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e oltre 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. Molte leggi dell’Ue adottano un approccio precauzionale, dettando specifiche pratiche commerciali ‘ex ante’ per evitare potenziali rischi ‘ex post’. Ad esempio, l’AI Act impone requisiti normativi aggiuntivi sui modelli di Intelligenza artificiale per uso generale che superano una soglia predefinita di potenza di calcolo, una soglia – si puntualizza nel rapporto – che alcuni modelli all’avanguardia superano già’. ‘In terzo luogo – ha aggiunto l’ex presidente della Bce, citando sempre il proprio rapporto -, le aziende digitali sono scoraggiate dal fare affari in tutta l’Ue tramite filiali, poiché devono affrontare requisiti eterogenei, una proliferazione di agenzie di regolamentazione e la ‘gold plating’ (ovvero un’applicazione che va oltre i requisiti minimi richiesti, ndr) della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali. In quarto luogo, le limitazioni all’archiviazione e all’elaborazione dei dati creano elevati costi di conformità’. Fine della citazione. Ma Draghi non si è fermato qui. ‘Si stima – ha sottolineato – che il regolamento Ue sulla protezione dei dati abbia ridotto i profitti delle piccole aziende tecnologiche di oltre il 15%. Ecco un problema generale: tutte queste normative che richiedono la conformità, per essere rispettate hanno bisogno di persone; ma queste aziende sono piccole aziende, hanno spesso solo due o tre persone. Quello che ho davvero capito da alcuni di loro, che ora lavorano negli Stati Uniti, che hanno lasciato l’Europa, è che non possono permettersi di assumere persone semplicemente per rispettare questa legislazione’. Secondo Draghi, quindi, ‘la conclusione è che gran parte di questa legislazione si applica alle grandissime aziende, a cinque o sei grandi aziende statunitensi, e in realtà noi stiamo uccidendo le nostre piccole aziende. Non abbiamo grandi aziende come negli Stati Uniti, le nostre sono tutte piccole aziende, quindi con questa legislazione che ci siamo dati siamo in realtà autodistruttivi, stiamo uccidendo le nostre aziende’, ha insistito. L’ex premier italiano ha risposto successivamente ad alcune domande sulle politiche climatiche dell’Ue. Dopo aver riconosciuto che il sistema europeo di scambio dei permessi di emissioni (Ets) è stata ‘una misura importante per ridurre le emissioni, una misura efficace’, Draghi ha osservato: ‘La cosa da tenere a mente sul clima, ancora una volta, è assicurarsi che tutte le politiche siano allineate, quindi che le politiche climatiche siano allineate con le politiche industriali, e che queste siano allineate con le politiche commerciali e così via. Per fare un esempio, abbiamo chiesto ai produttori di automobili veicoli a zero emissioni entro il 2035’. ‘Ma allo stesso tempo – ha obiettato l’ex presidente della Bce -, non abbiamo chiesto a tutti i fornitori di energia, ai fornitori di elettricità, un obbligo simile di fornire energia e di costruire i punti di rifornimento elettrico con lo stesso ritmo. Beh, questo è un grave disallineamento, perché quello che succede ora è che se guardiamo al 2035 e ci chiediamo quante colonnine per la fornitura di elettricità ai veicoli elettrici dovranno essere prodotte affinché tale obiettivo venga raggiunto nel 2035, otteniamo – ha concluso Draghi – un numero molto, molto considerevole’.

Draghi a Bruxelles: “L’Ue agisca o sarà una lenta agonia”

Draghi a Bruxelles: “L’Ue agisca o sarà una lenta agonia”Roma, 9 set. (askanews) – Il destino che l’Europa si trova di fronte nel caso in cui non intervenga adeguatamente è quello di “una lenta agonia”. Lo ha affermato l’ex presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, rispondendo con una battuta a una domanda sul rapporto su crescita e produttività che ha presentato oggi durante una conferenza stampa a Bruxelles. “No, non penso che sia così”, ha detto a chi gli chiedeva se l’Ue fosse di fonte a una situazione del tipo ‘agisci o muori’. “Non è un momento fai così o muori: è un momento fai così oppure è una lenta agonia”, ha detto.


Draghi ha fatto l’esempio del reddito reale disponibile delle famiglie, che negli ultimi 15-20 anni negli Usa è cresciuto due volte rispetto all’Europa. “Potrei andare avanti su diverse metriche. Sarà una lenta agonia saremo una società che con l’invecchiamento fondamentalmente si restringe. Ma l’impressione di una morte immediata è nascosta dal fatto che questa torta che si restringe – ha osservato – si divide tra sempre meno persone”. E solo quando si va su “questioni importanti” si ha una maggiore percezione del problema. In ogni caso, in Europa “la situazione è davvero preoccupante. La crescita ha rallentato per un lungo periodo e ora il quadro del commercio globale è cambiato, sta rallentando. Vogliamo preservare il nostro modello sociale ma gli investimenti necessari sono massicci”, ha sottolineato Draghi, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto sulla competitività dell’Ue presentato oggi a Bruxelles assieme alla Commissione europea. Secondo Draghi le analisi e le proposte illustrate nello studio presentano essenzialmente due elementi chiave: “urgenza e concretezza”, ha detto.


L’innovazione e la necessità di colmare il divario che l’Europa accusa su questo versante con Stati Uniti e Cina rappresentano il primo e più importante capitolo delle tre aree di intervento, individuate dal rapporto curato da Mario Draghi per rilanciare crescita economica e produttività nell’Unione europea. Nella sua presentazione dello studio, durante la conferenza stampa a Bruxelles, l’ex presidente del Consiglio italiano e della Bce ha rilevato che nel 2021 le imprese europee tecnologiche hanno complessivamente speso su ricerca e sviluppo 270 miliardi di euro in meno delle loro rivali statunitensi. Un nodo chiave è poi rappresentato dal fatto che molte imprese europee spesso preferiscono reperire capitali negli Stati Uniti, piuttosto che in Europa.


Il secondo ambito di intervento è rappresentato dalla decarbonizzazione da portare avanti assieme a un aumento della competitività. Draghi ha messo in guardia dal rischio di non coordinare “gli ambiziosi obiettivi climatici” dell’Ue con la necessità di preservare competitività e crescita. Il terzo ambito di intervento è quello di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti e ridurre le dipendenze dall’esterno. E l’Unione europea ha anche bisogno di un titolo di debito pubblico comune. “Serve un asset sicuro comune? La risposta è sì. Sapete tutti come la penso: è uno strumento funzionale per raggiungere i nostri obiettivi”, ha affermato Draghi. Su questo “serve una valutazione comune su quali siano i pericoli e le ricadute. E questo è un ambito in cui i Paesi membri devono mettersi d’accordo”, ha concluso.

Draghi: “L’Ue agisca o sarà una lenta agonia”

Draghi: “L’Ue agisca o sarà una lenta agonia”Roma, 9 set. (askanews) – Il destino che l’Europa si trova di fronte nel caso in cui non intervenga adeguatamente è quello di “una lenta agonia”. Lo ha affermato l’ex presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, rispondendo con una battuta a una domanda sul rapporto su crescita e produttività che ha presentato oggi durante una conferenza stampa a Bruxelles. “No, non penso che sia così”, ha detto a chi gli chiedeva se l’Ue fosse di fonte a una situazione del tipo ‘agisci o muori’. “Non è un momento fai così o muori: è un momento fai così oppure è una lenta agonia”, ha detto.


Draghi ha fatto l’esempio del reddito reale disponibile delle famiglie, che negli ultimi 15-20 anni negli Usa è cresciuto due volte rispetto all’Europa. “Potrei andare avanti su diverse metriche. Sarà una lenta agonia saremo una società che con l’invecchiamento fondamentalmente si restringe. Ma l’impressione di una morte immediata è nascosta dal fatto che questa torta che si restringe – ha osservato – si divide tra sempre meno persone”. E solo quando si va su “questioni importanti” si ha una maggiore percezione del problema.

Ue, quali sono i punti chiave del rapporto Draghi sulla competitività

Ue, quali sono i punti chiave del rapporto Draghi sulla competitivitàRoma, 9 set. (askanews) – Innovazione, energia, sicurezza geopolitica e degli approvvigionamenti di materie prime e critiche; assieme a competitività, da portare avanti assieme alla decarbonizzazione, riduzione delle dipendenze e delle vulnerabilità esterne, rafforzamento delle capacità industriali su spazio e difesa, potenziamento dei mezzi di finanziamento e, infine, dei processi di governo dell’Unione europea. Sono gli elementi chiave toccati dal rapporto presentato oggi da Mario Draghi, in occasione di una conferenza stampa congiunta assieme alla presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen.


L’analisi, di circa 65 pagine, intitolata “Il futuro della competitività europea” parte da un esame del quadro in cui si trova l’Europa e delle sfide che ha davanti, sintetizzate in tre capitoli: accelerare l’innovazione e trovare nuovi “motori” di crescita; abbassare i prezzi dell’energia continuando il processo di decarbonizzazione e di aumento dell’economia circolare; terzo, adattarsi a un mondo di geopolitica meno stabile in cui le dipendenze esterne stanno diventando vulnerabilità e in cui non ci si può più permettere di affidare ad altri a propria sicurezza. Lo studio presentato dall’ex presidente del Consiglio e della Bce analizza possibili strategie per chiudere il divario di innovazione che l’Europa accusa rispetto ai suoi maggiori competitori, guarda alle cause degli elevati prezzi dell’energia e a possibili soluzioni parallelamente alle sfide.


Un capitolo è dedicato alle vulnerabilità e alle dipendenze sugli approvvigionamenti esterni, ma anche alla necessità di procedere a un rafforzamento delle capacità industriali nei settori di difesa e aerospaziale. Il penultimo capitolo, il quinto, riguarda il tema di come finanziare gli investimenti in cui un elemento critico individuato è quello dell’attuale incompletezza dell’Unione dei mercati dei capitali, così come la necessità di trovare alcuni strumenti di finanziamento comune per massimizzare la crescita di produttività.


L’ultimo capitolo riguarda il rafforzamento dei processi di governo dell’Unione europea, partendo dalla considerazione che una nuova strategia industriale non riuscirà ad avere successo senza cambiamenti in parallelo nell’architettura e nel funzionamento dell’Unione. In particolare viene raccomandata la creazione di un nuovo quadro di coordinamento sulla competitività che dovrebbe focalizzarsi sulle priorità strategiche, la necessità di semplificazione delle procedure, nell’ambito del quale viene raccomandata di la creazione di un nuovo vicepresidente della Commissione responsabile della semplificazione, e un taglio degli oneri burocratici a favore delle Pmi.

Draghi avverte: “L’Europa è di fronte a una sfida esistenziale”

Draghi avverte: “L’Europa è di fronte a una sfida esistenziale”Roma, 9 set. (askanews) – L’Europa si trova di fronte a una “sfida esistenziale” e “l’unico modo” di superarla, senza dover rinunciare ad alcuni dei suoi valori fondamentali, è quello di perseguire più crescita economica e maggiore produttività. Lo afferma l’ex presidente del Consiglio italiano e della Bce, Mario Draghi, nella prefazione del rapporto sulla competitività dell’Ue presentato oggi a Bruxelles assieme alla Commissione europea.


Secondo Draghi il costo necessario per decarbonizzare e digitalizzare l’economia e al tempo stesso aumentare le capacità di difesa in Europa “dovrà essere aumentato di circa 5 punti percentuale di Pil, a livelli che non si vedevano dagli anni 70 e 60” del secolo scorso. A titolo di paragone ricorda che gli investimenti del Piano Marshall dal ’48 al ’51 ammontaronono “a circa l’1-2% del Pil l’anno”. “Se l’Europa non può diventare più produttiva saremo costretti a fare delle scelte. Non potremo essere in grado di diventare al tempo stesso leader sulle tecnologie, un polo di responsabilità climatica e un player indipendente su scala globale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremmo ridimensionare alcune se non tutte le nostre ambizioni”, avverte l’ex premier.


“Questa è una sfida esistenziale”, prosegue Draghi. L’Unione europea, sottolinea, “esiste per assicurare che i suoi cittadini possano beneficiare dei suoi valori fondamentali”, prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. “Se l’Europa non può più assicurarli ai suoi popoli perderà la sua ragione di essere”. “L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l’unica strada per diventare più produttivi in Europa – conclude Draghi – è di cambiare radicalmente”.

Nucleare, Urso: a breve Newco per produrre in Italia mini-reattori

Nucleare, Urso: a breve Newco per produrre in Italia mini-reattoriCernobbio (CO), 8 set. (askanews) – “Stiamo lavorando ad una Newco italiana con partnership tecnologica straniera, che consenta a breve, e per breve intendo dare l’annuncio nei prossimi mesi, di produrre in Italia reattori nucleari di terza generazione per poi installarli dove le imprese lo chiedono, ovunque nel mondo. E certamente anche in Italia”. Lo ha annunciata il ministro per le Imprese Adolfo Urso, nel suo intervento al Forum di Cernobbio. E rivendicando: “Dobbiamo fare del nostro Paese un leader nella produzione di nucleare di terza generazione e poi di quarta generazione. Questo è un piano industriale”.

Orsini a Landini: dialogare, partire dalle cose che ci uniscono

Orsini a Landini: dialogare, partire dalle cose che ci unisconoRoma, 8 set. (askanews) – Con il sindacato “ci siamo incontrati prima dell’inizio dell’estate, abbiamo bevuto un buon caffè. Se partiamo dalle cose che ci uniscono faremo un servizio al Paese e credo che questa sarà la via. La via del dialogo che mette al centro le necessità sia dell’impresa e anche quella dei lavoratori”. Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervenendo in collegamento video alla festa del Fatto Quotidiano.


“Confindustria e sindacato hanno una grande responsabilità per le sfide che ci aspettano: salari, sicurezza sul lavoro, salvaguardare le imprese nella loro produttività, nel fare in modo che rimangano le eccellenze, preservare le filiere. Temi che sono al centro”, ha sottolineato. Ma sui referendum della Cgil per cancellare il Jobs act non ci saranno punti di incontro. “Saremo separati”, ha dichiarato. Il leader degli induistriali è apparso più possibilista sul referendum per abrogare la legge sull’autonomia differenziata, ma per la linea dell’associazione bisognerà aspettare il consiglio generale del 27 e 28 settembre. “Confindustria rappresenta 151mila imprese – ha ricordato – credo che devo rispettare i miei associati. Discuteremo e prenderemo una decisione”.


Orsini ha poi lanciato un allarme sull’automotive: “Rischiamo la debacle. Lo stop al motore endotermico nel 2035 mette a rischio il lavoro di 70mila persone. Dobbiamo agire subito, entro novembre, per salvaguardare la neutralità tecnologica e il know how dei Paesi”. Sul tema dei salari, infine, Orsini ha ribadito che nelle aziende di Confindustria si è già fatto molto: “I compiti a casa li abbiamo fatti. Si può fare di più, ma è ovvio che dobbiamo legarlo alla produttività”.

Landini: rapporto con il Governo è pessimo, torneremo in piazza

Landini: rapporto con il Governo è pessimo, torneremo in piazzaRoma, 8 set. (askanews) – Il rapporto con il Governo è “pessimo”. Così il leader della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo alla festa del Fatto Quotidiano. Landini ha ricordato che il 20 settembre “questo Governo deve presentare all’Europa non la legge di bilancio, ma un piano perché noi siamo sotto infrazione. E con le norme europee che loro hanno votato devono dire cosa fanno nei prossimi anni per ridurre il debito pubblico. Oggi è l’8 settembre, con chi il Governo sta discutendo queste cose che riguardano la nostra vita? Con le organizzazioni sindacali ad oggi non c’è neanche la convocazione”.


Il numero uno della Cgil ha aggiunto che “abbiamo un Governo che pensa, perché ha vinto le elezioni e ha una maggioranza in Parlamento, di fare quello che gli pare. Vorrei continuare a pensare che questo Governo e nessun altro devono sapere che da solo nessuno ha la maggioranza in questo Paese e che è necessario, al contrario, nella democrazia rapportarsi con chi il mondo del lavoro davvero lo rappresenta. Non vogliamo essere quelli che semplicemente pagano le tasse, ma vogliamo essere quelli che intervengono sulle scelte che riguardano il futuro del Paese”. Landini ha inoltre affermato che “non abbiamo la pazienza di stare ancora a vedere come va a finire. Quello che è successo in questi anni ha prodotto un indebolimento del nostro sistema industriale e penso che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane abbiamo bisogno assieme a tutte le categorie, se necessario, anche di mobilitarci e difendere in piazza il lavoro e l’industria”.

Autonomia, Landini: il 26 settembre depositeremo le firme del referendum

Autonomia, Landini: il 26 settembre depositeremo le firme del referendumRoma, 8 set. (askanews) – Il 26 settembre la Cgil insieme con tutti i soggetti che hanno dato vita alla raccolta di firme per abolire la legge sull’autonomia differenziata “depositeremo le firme per il referendum” in Cassazione. Lo ha annunciato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo alla festa del Fatto Quotidiano.


“Abbiamo superato le 500mila firme che servirebbero – ha detto – penso che possiamo raddoppiarle e dare un segnale e una volontà precise: cancellare totalmente quella legge”. Poi ha detto: “Il rapporto con il Governo? E’ pessimo”.

Usa, +142.000 di posti lavoro in agosto, disoccupazione +4,2%

Usa, +142.000 di posti lavoro in agosto, disoccupazione +4,2%New York, 6 set. (askanews) – Rapporto sull’occupazione di agosto di molto inferiore alle stime, negli Stati Uniti, segno di un notevole raffreddamento del mercato del lavoro. Il mese scorso sono stati creati 142.000 posti di lavoro (escluso il settore agricolo) rispetto al mese precedente, mentre gli analisti attendevano un aumento di 161.000 posti. La disoccupazione è scesa al 4,2%, rispetto al +4,3% del mese precedente (dato non rivisto). Anche gli analisti avevano previsto un dato al 4,2%.


I salari orari medi sono aumentati di 0,14 centesimi, lo 0,40%, a 35,21 dollari; rispetto a un anno prima, sono aumentati del 3,83%. La settimana media lavorativa è salita di 0,1 a 34,3 ore. La partecipazione della forza lavoro è stata pari al 62,7%, come nel mese precedente. Rivisti i dati di luglio passati da +114.000 a +89.000; mentre quelli di giugno sono stati rivisti a +118.000. Non rivista la disocuppazione di luglio che resta al +4,3%