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Campania, Schlein a De Luca: no Pd a terzo mandato anche con leggina ad hoc

Campania, Schlein a De Luca: no Pd a terzo mandato anche con leggina ad hocRoma, 3 nov. (askanews) – “Noi siamo contrari al terzo mandato,. Possono votare tutte le leggi regionali che vogliono ma questo non cambierà la posizione contraria del Pd. Le stesse regiole valgono per tutti: figurarsi se non avremmo voluto un terzo mandato per Bonaccini o De Caro molto amati nelle lopro Regioni. Ma noi pensiamo che due mandati è un limite giusto da mantenere. Cosi era e così sarà. L’ho detto e lo ripeto. Ed è bene che lo si sappia: la posizione del Pd contraria al terzo mandato non cambierà. Non si faranno eccezioni. Io sono stata eletta per questo: perchè le regole che ci diamo siano sempre le stesse per tutti”. Lo ha affermato fra l’altro la segretaria del Pd Elly Schlein, ospite a Che Tempo che Fa sul Nove.

Manovra, Schlein: è recessiva e senza visione

Manovra, Schlein: è recessiva e senza visioneRoma, 3 nov. (askanews) – “La salute non è una merce, è un diritto da gartantire per tutti. Invece noi abbiamo lo scandalo di un sottosegretario alla Salute che vuole fare affare con la sanità privata Per noi i soldi messi nella riforma dell’Irpef andavano messi sulla Sanità. Dove invece questo governo e questa manovra tagliano. Giorgia Meloni ha dato i numeri, Ma noi i suoi numeri li abbiamo usati. E danno ragione a noi: i tagli alla Sanità ci sono. Come alla Scuola e ai servizi di Regioni e comuni. E’ una manovra recessiva, senza visione”. Lo ha affermato fra l’altro la segretaria del Pd Elly Schlein, ospite a Che Tempo che Fa sul Nove.

Ddl sicurezza, M5s: serio rischio per sicurezza democratica

Ddl sicurezza, M5s: serio rischio per sicurezza democraticaRoma, 3 nov. (askanews) – “Il pericolo che le banche dati non solo delle procure ma anche di altri organismi nevralgici dello Stato, possano essere spiate è concreto, serio e grave. L’articolo 31 del Ddl Sicurezza sui nuovi poteri dei servizi segreti deve essere stralciato immediatamente”. Lo affermano i capigruppo M5S al Senato e alla Camera Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri e i componenti M5S nel Copasir Roberto Scarpinato e Marco Pellegrini.


“Il M5S – aggiungono – da molto tempo ha sollevato inascoltato l’allarme sul fatto che da una parte governo e maggioranza stanno aumentando a dismisura i poteri del servizi segreti e dall’altro non prevedono alcun potenziamento dei sistemi di controllo”. “Questi pericoli – proseguono capigruppo e parlamentari M5s- li abbiamo denunciati sin da quando il centrodestra nel dicembre 2022 ha potenziato i poteri di intercettazione dei servizi segreti; poi in sede di indagine conoscitiva della Commissione giustizia del Senato sulle intercettazioni; ancora, in occasione dell’esame della legge sulla cybersicurezza e infine denunciando per primi il pericolo insito nell’articolo 31 del Ddl Sicurezza, che trasforma tutta la pubblica amministrazione in una sorta di gigantesca Ovra, obbligando impiegati e funzionari ad agire come spie, anche in violazione della privacy”.


“Le recenti indagini della Procura di Milano – sottolineano-stanno facendo emergere una situazione drammatica e allarmante. Tutti gli emendamenti presentati dal M5S a prima firma Scarpinato, da ultimo al ddl Cybersicurezza, sono stati sistematicamente rigettati. Lo stesso è avvenuto alla Camera con quelli presentati a firma Pellegrini e Colucci. Apprendiamo ora che esistono organizzazioni criminose che operano tramite intercettazioni illegali e violando i data base statali, per costruire dossier in cambio di denaro e anche in collaborazione con potenze straniere, i cui indagati avevano rapporti opachi con esponenti dei Servizi e con altri funzionari di vertici statali. In questa situazione si impone lo stralcio immediato dell’articolo 31 del Ddl Sicurezza. E’ una misura di emergenza e di prudenza minimale in attesa che la Procura di Milano e il Copasir esauriscano i loro accertamenti. Sono in gioco fondamentali diritti dei cittadini e la rettitudine delle istituzioni repubblicane, così come avvenuto più volte nella storia del nostro Paese”.

Dopo 2 anni di governo Piantedosi è il ministro più social

Dopo 2 anni di governo Piantedosi è il ministro più socialRoma, 3 nov. (askanews) – A due anni dall’insediamento del Governo formato da una squadra di ministri in ventiquattro mesi rimasta sostanzialmente immutata, fatta eccezione per la sostituzione di Gennaro Sangiuliano con Alessandro Giuli, dal punto di vista social e digitale la compagine governativa Meloni si è strutturata quasi definitivamente in due grandi formazioni: la prima predilige sempre più un approccio social per la comunicazione; la seconda, invece, sembra snobbare la centralità del medium digitale. Lo fa notare una rilevazione dell’istituto di monitoraggio del web Arcadia.


Su Facebook a guidare la classifica governativa troviamo la conferma del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – che a ottobre in verità riesce a primeggiare anche sulle altre due piattaforme – alla quale si affianca da un lato, l’ingresso prepotente del ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, la cui fanpage è cresciuta in modo considerevole, mentre dall’altro troviamo il ministro Eugenia Roccella, Ministra per le pari opportunità e la famiglia, che si è distinta per la capacità di coinvolgimento dei post. Passando alle performance di Instagram, la classifica dell’engagement ci restituisce il valore di gradimento dei follower per l’account e a prendersi il podio sono Matteo Piantedosi, Alessandra Locatelli e Matteo Salvini. Mentre nel censimento della crescita percentuale e assoluta dei nuovi follower si segnalano gli incrementi degli account dei ministri Giuseppe Valditara, ancora Paolo Zangrillo e Matteo Salvini, che ovviamente ha polarizzato il fandom con la call to action “difendere i confini non è reato”.


Su X infine, restando sul campo dell’interazioni c’è ancora il ministro Piantedosi e le performance in crescita dei ministri Maria Elisabetta Casellati e Alessandra Locatelli. Nella classifica dei nuovi follower, si segnalano gli account del ministro Guido Crosetto e di Matteo Salvini.Nel monitoraggio delle menzioni e delle interazioni online e della propensione al coinvolgimento nel dibattito politico, a prendersi un posto di rilievo sono Matteo Salvini, Guido Crosetto, Antonio Tajani e Alessandro Giuli, protagonisti, a modo loro.

Aggredito da tassisti no Pos il capolista di PiùEuropa a Bologna

Aggredito da tassisti no Pos il capolista di PiùEuropa a BolognaRoma, 2 nov. (askanews) – Il segretario di Radicali Italiani e capolista per +Europa a Bologna e provincia nella lista “Riformisti per De Pascale – Emilia-Romagna Futura” Matteo Hallissey è stato aggredito da alcuni tassisti mentre distribuiva volantini elettorali in stazione a Bologna.


“Ogni volta che mi confronto con i tassisti – ha denunciato il candidato con de Pascale del centrosinistra- ricevo lo stesso trattamento: minacce, insulti e tentativi di aggressione. Anche a Bologna chiediamo una liberalizzazione immediata del mercato delle licenze. L’aumento del numero di licenze da parte del Comune di Bologna è un primo, importante passo, ma chiaramente non è sufficiente”. “Abbiamo ripreso di nascosto all’interno di alcuni taxi – riferisce PiùEuropa Emilia Romagna- le dichiarazioni shock di alcuni tassisti bolognesi, che hanno dichiarato senza alcun pudore di non voler utilizzare il POS e hanno attaccato Roberto RedSox, accusandolo ingiustamente di aver inventato l’episodio di violenza subito.Si tratta di una situazione insostenibile che dobbiamo contrastare con determinazione. Qui a livello regionale si può fare già molto, a partire dall’eliminazione dei tanti vincoli e restrizioni che ancora vivono gli NCC”.

Dl Albania, M5s: Governo smentisca telefonata Nordio a Tribunale Roma

Dl Albania, M5s: Governo smentisca telefonata Nordio a Tribunale RomaRoma, 2 nov. (askanews) – “Sono passate alcune ore dalla lettura sul quotidiano Il Domani della notizia di una telefonata partita dal ministero della Giustizia in cui si comunicava agli uffici del Tribunale di Roma che nel giro di pochi giorni un’altra nave sarebbe ripartita per portare migranti in Albania. Il governo è in grado di smentire l’esistenza di questa incredibile comunicazione del tutto inappropriata e che suona più come una preoccupante sfida interna alle istituzioni? l’Italia ha bisogno di un governo responsabile, non di bullismo istituzionale”.Lo dichiarano congiuntamente i capigruppo M5S nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera e del Senato Alfonso Colucci, Valentina D’Orso, Ada Lopreiato e Alessandra Maiorino.

Mattarella dalla prossima settimana in Cina, obiettivo rilanciare rapporti

Mattarella dalla prossima settimana in Cina, obiettivo rilanciare rapportiRoma, 2 nov. (askanews) – Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà in visita di Stato in Cina dal 6 al 12 novembre. Obiettivo di questo viaggio è confermare il rilancio dei rapporti bilaterali dopo l’uscita dal Memorandum della via della Seta e infatti quello del capo dello Stato è l’ultima tappa di un percorso avviato dal governo e culminato con il viaggio fatto a luglio dalla premier Giorgia Meloni. Anche per questo il focus della visita di Stato saranno i rapporti culturali a cui le istituzioni cinesi attribuiscono un grande valore e che vede i due paesi accomunati da una cultura millenaria. Il capo dello Stato vanta inoltre un ottimo rapporto personale con il Presidente Xi Jinpjng, per Mattarella si tratta infatti del terzo incontro con il Presidente della Repubblica popolare cinese, dopo la visita di Stato a Pechino del 2017 e quella del presidente cinese in Italia nel 2019.


Il Presidente della Repubblica arriverà a Pechino il 7 novembre, avrà colloqui con il presidente Xi Jinping e il premier Li Qiang. Al centro degli incontri ci saranno le posizioni reciproche rispetto alle principali aree di crisi del mondo, a partire dalla guerra in Ucraina su cui, Pechino garantisce il suo pieno appoggio politico alla Russia di Putin e in quanto potenza potenza globale può giocare un ruolo determinante nella costruzione di una mediazione tra Mosca e Kiev. Per il capo dello Stato sarà anche interessante – spiegano fonti diplomatiche – approfondire l’idea cinese di costruire un nuovo ordine mondiale che non sia più dominato dall’oligopolio occidentale attraverso i Brics e il maggior coinvolgimento di quella galassia di Paesi che viene chiamata “global south”. Sul profilo dei rapporti bilaterali ci sarà la questione commerciale: sul fornte import-export l’Italia è penalizzata anche a causa di una politica di dazi attuata dalla Cina che rende difficile per noi le esportazioni. Anche per questo dal Quirinale definiscono questa visita di Mattarella in Cina “molto importante per consolidare un rilancio strategico” e fortemente voluta dalle autorità di Pechino.


Il capo dello Stato arriverà a Pechino il 6 novembre accompagnato dalla figlia Laura e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. L’8 novembre, sarà accolto nella sala del Popolo dal presidente Xi Jinping. Dopo i colloqui seguirà una cena di Stato. Sabato 9 novembre, sempre nella sala del Popolo, Mattarella vedrà il premier Li Qiang e poi il presidente dell’Assemblea nazionale del Popolo Zhao Leji. Sempre sabato 9 novembre il presidente terrà una lectio magistralis nell’università Beida di Pechino. Conclusa la parte più istituzionale della visita di il presidente visiterà la città di Hangzhou per alcuni appuntamenti di carattere strettamente culturale e poi Canton, considerata l’area economicamente più ricca e dinamica, dove incontrerà una delegazione degli imprenditori italiani che operano in Cina. Nel pomeriggio di martedì 12 è previsto il rientro in Italia.

Opposizioni chiedono dimissioni Gemmato, Meloni-Fdi lo difendono

Opposizioni chiedono dimissioni Gemmato, Meloni-Fdi lo difendonoRoma, 31 ott. (askanews) – Nessun passo indietro: Marcello Gemmato resta al suo posto. Questa l’indicazione che arriva da Giorgia Meloni, nel giorno in cui il sottosegretario alla Salute, un fedelissimo di Fratelli d’Italia, è al centro delle polemiche, con le opposizioni compatte che ne chiedono le dimissioni.


I fatti: Gemmato è titolare di una quota societaria (il 10%) della Therapia Srl, società che gestisce tre poliambulatori di Bitonto (Bari) e che sul sito assicura di poter garantire le cure senza i “lunghi tempi del Servizio Sanitario Pubblico”. “Un evidente e gravissimo conflitto di interessi”, secondo la responsabile salute e sanità del Pd Marina Sereni che accusa: “A parole difendono il Sistema sanitario nazionale poi lo definanziano e fanno affari con la sanità privata!”. I Dem chiedono le dimissioni, così come fa Avs che lo invita a lasciare il suo posto e “farsi un giro alle file dei Cup e vedere la disperazione di chi non riesce ad avere l’esame diagnostico di cui ha bisogno”. Di “un conflitto di interessi tra tanti” della maggioranza parla Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle che presenterà “un’interrogazione al ministro della Salute per fare chiarezza e chiedere se ritiene che ci siano ragioni per riconsiderare le deleghe del sottosegretario”.


Gemmato a metà pomeriggio passa al contrattacco con un post su Facebook. “Una sinistra bugiarda e rancorosa – scrive – che non sa più a cosa appigliarsi. Le polemiche stanno a zero: ho il 10% di una società senza averne alcuna responsabilità di gestione (Figuriamoci poi dei contenuti del sito internet)” e “non esiste alcun conflitto di interessi come certifica il Garante della concorrenza”, di cui pubblica la lettera. Comunque, conclude, “con il Governo Meloni e il Ministro Schillaci ci stiamo occupando del problema delle liste di attesa creato dalla mala gestione di decenni di sinistra al Governo”. Nessuna reazione ufficiale arriva da Meloni, ma la linea che passa sull’asse Palazzo Chigi-via della Scrofa – è “una polemica sul nulla” – viene rilanciata nei comunicati. Per il capogruppo alla Camera Tommaso Foti è “l’ennesimo buco nell’acqua per queste opposizioni ciarliere”, mentre per il responsabile organizzazione Giovanni Donzelli “ogni elezione che perdono reagiscono scendendo un gradino di più oltre il ridicolo”.

Per Meloni l’intesa con l’Albania funzionerà, ma non è il vero modello Ue

Per Meloni l’intesa con l’Albania funzionerà, ma non è il vero modello UeBruxelles-Roma, 31 ott. (askanews) – I centri in Albania “funzioneranno, sono la chiave di volta nella gestione dei flussi non solamente italiani” ed è per questo che l’intesa “riscuote tanta attenzione da parte dell’Ue, l’Europa guarda con interesse all’intesa”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo ha ripetuto ieri sera nel salotto televisivo di ‘Porta a porta’, rivelando anche di aver ricevuto “minacce di morte” da parte dei “trafficati”.


Che l’accordo tra Italia e Albania sia il nuovo modello per l’Europa è però un’affermazione non (completamente) vera, a maggior ragione dopo lo stop dei giudici di Roma al trattenimento dei primi dodici migranti, riportati infatti subito in Italia e il ricorso del Tribunale di Bologna alla Corte di Giustizia europea per i dubbi sul cosiddetto decreto Paesi sicuri (nel frattempo diventato emendamento al decreto Flussi). Il decreto – firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella solo dopo che i tecnici del Quirinale avevano provveduto a una preventiva e profonda “limatura” delle parti più controverse – ha specificato quali sono i Paesi ritenuti “sicuri” ma (come visto) non garantisce il superamento del problema perché un Paese, per essere ritenuto sicuro, deve esserlo “in tutte le sue parti e rispetto a tutte le categorie di potenziali richiedenti asilo”, come ha precisato la Corte Ue. Comunque sia, lo stop dei giudici crea un problema anche di opportunità per l’Ue, dato che la decisione è stata presa “in applicazione dei principi vincolanti” contenuti nella sentenza della Corte di Giustizia europea del 4 ottobre 2024. “Che l’intesa con l’Albania sarebbe andata incontro a problemi di legittimità si sapeva – sottolinea un membro dell’esecutivo a patto di mantenere l’anonimato -. Infatti l’obiettivo, più che una soluzione concreta, appariva quello di sollevare un tema, anche una contrapposizione netta. Adesso vedremo come andrà a finire e se questa strategia sarà premiata dal consenso dei cittadini”.


Anche prima degli ultimi contenziosi, nella ricerca delle cosiddette “soluzioni innovative” per la gestione dei rimpatri quello italiano non era il ‘modello’ primario di ispirazione di Ursula von der Leyen, proprio per un impianto non considerato “a prova di ricorsi”. Ci sono, in effetti, altri due ‘modelli’ a cui sta guardando la Commissione europea, per rispondere alle sollecitazioni dei governi dell’Ue, ormai in gran parte di centrodestra o di destra. Il primo è quello dei “return hub”, gli hub per i rimpatri esterni all’Ue, per i quali non esiste ancora un esempio concreto, anche se l’Olanda sta discutendo con l’Uganda una possibile prima applicazione, e la Danimarca ci sta provando con il Kosovo, ma in questo caso con condizioni specifiche più limitate. Il secondo non ha ancora un nome, ma può riferirsi già a un esempio concreto, quello dell’accordo del 2016 (chiamato eufemisticamente “dichiarazione”) con la Turchia per i profughi siriani. La differenza tra i due modelli è abbastanza chiara. Il primo riguarderebbe i migranti cosiddetti “economici”, ovvero quelli arrivati illegalmente in un paese dell’Ue che si vedono respingere le loro domande d’asilo. Queste persone, senza il diritto di restare nell’Ue, sarebbero accompagnate (“deportate”, il termine inglese, sarebbe più corretto) in un “return hub” fuori dall’Unione in attesa del loro rimpatrio, se vengono da un Paese “sicuro”(che però deve avere degli accordi in questo senso con l’Ue), oppure in un altro Paese considerato “sicuro”, se questo non è possibile perché il Paese d’origine non è sicuro o non ha accordi con l’Ue per riportarli a casa. E’ quest’ultimo caso che complica le cose: per deportare i migranti in un Paese terzo sicuro diverso da quello di provenienza, bisognerà definire nuove regole Ue (con la revisione, annunciata da von de der Leyen, dell’ultima versione della “direttiva rimpatri”, che è rimasta da anni bloccata in Consiglio), e la Commissione dovrà anche proporre una nuova lista comune europea dei “Paesi terzi sicuri”, visto che oggi ogni Stato membro ha la sua specifica lista, determinata a livello nazionale.


Il secondo modello è una nuova ipotesi di cui finora non si era parlato, se non informalmente tra i governi e la Commissione: lo ha prefigurato per la prima volta “formalmente”, anche se in modo sibillino, la stessa von der Leyen, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio europeo, giovedì 17 ottobre. “Per i migranti che hanno bisogno di protezione la discussione riguarda i Paesi terzi sicuri, perchè riconosciamo pienamente la necessità di protezione e ce ne assumiamo la responsabilità” ha detto la presidente della Commissione. Ma, ha aggiunto, “questo non significa che la protezione debba essere solo nell’Unione europea: si può avere anche in Paesi terzi sicuri”. In altre parole, von der Leyen dice che si possano mandare nei Paesi terzi sicuri non solo i migranti a cui è stata respinta la richiesta d’asilo, ma anche quelli che ne avrebbero diritto nei Paesi dell’Ue. E questa è un’ipotesi del tutto nuova, che somiglia più al “modello Ruanda” su cui aveva puntato, senza successo, il precedente governo conservatore britannico, che agli “hub per i rimpatri”. Ma soprattutto, un caso simile esiste già, già realizzato e funzionante, e con cospicui finanziamenti da parte dell’Unione: è quello dell’accordo con la Turchia, che dal 2016 si riprende tutti i profughi siriani passati dal suo territorio e diretti in Grecia e nell’Europa centro settentrionale attraverso la “rotta balcanica”. In quel caso, l’accordo con Ankara, stipulato sotto gli auspici dall’allora cancelliera Angela Merkel, era giustificato da un’emergenza evidente: quella della guerra civile in Siria e dell’ondata di sfollati che aveva causato. Generalizzare oggi quel modello, in assenza di una evidente situazione di emergenza e di una collocazione geografica specifica (che comporta comunque il transito dei migranti da quel paese), segnerebbe un notevole salto di qualità, fino a prefigurare una vera e propria negazione del diritto d’asilo nell’Unione europea.


Per quanto riguarda – ha detto ancora von der Leyen – “coloro che non hanno il diritto di rimanere nell’Unione europea”, perché hanno ricevuto una risposta negativa alla loro richiesta d’asilo, “sono stati discussi i ‘centri di rimpatrio’. Ci sono domande aperte su quanto tempo le persone possono rimanere in quei centri. Cosa si fa, ad esempio, se un rimpatrio non è possibile? Insomma, è una questione non banale, ed è un argomento ancora in discussione”. Quanto al patto Italia- Albania “è un accordo bilaterale; ne seguiamo con attenzione gli sviluppi, ma non possiamo commentarlo”, ha puntualizzato la presidente della Commissione. La prudenza dell’Ue è motivata dal fatto che il protocollo con l’Albania è realizzato con la legislazione europea vigente, che non prevede questo tipo di accordi, e può essere tollerato solo con l’artificio di considerarlo, appunto, un accordo bilaterale, in cui non è coinvolta la legislazione europea ma solo il diritto nazionale italiano. Gli altri due modelli di esternalizzazione della gestione dell’immigrazione irregolare, i centri di rimpatrio e quella che potremmo definire la generalizzazione del modello turco, oggi non sono ancora possibili, ma si prevede che lo saranno quando la legislazione europea sarà stata modificata nel senso indicato da von der Leyen, e saranno ben più radicali. Questo non significa, tuttavia, che il Protocollo con Tirana non possa essere modificato e adattato, in modo da rientrare tra le “soluzioni innovative” che saranno previste dalla futura legislazione Ue.

Piantedosi: dossieraggio per lucro e contro avversari politici

Piantedosi: dossieraggio per lucro e contro avversari politiciMilano, 31 ott. (askanews) – “Le indagini di Milano, ma anche quelle che nel recente passato hanno evidenziato attività illecite finalizzate al dossieraggio, pongono il tema della gravità di comportamenti di chi potrebbe utilizzare dati illecitamente acquisiti, non solo per scopo di lucro, ma anche per attaccare gli avversari politici alterando le regole della democrazia”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rispondendo nel corso del question time al Senato a un’interrogazione sulla violazione di banche dati delle forze dell’ordine. “Il quadro degli illeciti che emerge al momento è preoccupante – ha sottoineato ancora il ministro – e impone e tutti di attori del sistema di sicurezza di effettuare ogni accertamento e ogni approfondimento necessario”.


Sono “più di 8 mila” attacchi informatici classificati come rilevanti registrati “nei primi 8 mesi del 2024”, e “oltre 25 mila” quelli avvenuti “tra il 2022 e il 2023″. Lo ha sottolineato il ministro dell’Interno.”È indubitabile che il Governo, sin dal suo insediamento e quindi ben prima delle indagini cui ho fatto cenno, ha riservato una specifica attenzione al potenziamento della sicurezza cybernetica – ha sottolineato il ministro – Le capacità di prevenzione e risposta alla minaccia cibernetica attribuite alla Polizia Postale sono state ulteriormente implementate, mediante la creazione di appositi Nuclei Operativi territoriali, coordinati dal Centro nazionale anticrimine informatico e per la protezione delle infrastrutture critiche, in grado di gestire tra il 2022 e il 2023, oltre 25 mila attacchi informatici classificati come rilevanti”.