Antisemitismo, Liliana Segre: dovrò essere cacciata ancora una volta dal mio Paese?Milano, 29 giu. (askanews) – “Io credo che queste derive, chiamiamole derive, che sono venute fuori in questa ultima settimana in modo così eclatante ci siano sempre state, nascoste, non esibite, ma che in parte ci siano sempre state, e che con questo governo si approfitti di questo potere grande della destra che, del resto è stata votata, non è che rivoluzionaria ed è andata al governo, non ci si vergogni più di nulla”. Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, in un’intervista televisiva a In Onda su La7.
“Io ho seguito nelle varie trasmissioni questa seduta, chiamiamola così, inneggiante anche a ‘sieg heil’, quindi anche questi moti nazisti che purtroppo io ricordo in modo diretto, non per sentito dire. Ora alla mia età dovrò rivedere ancora questo? Dovrò essere cacciata dal mio Paese come sono stata già cacciata una volta? È una domanda che è una una risposta” ha aggiunto riferendosi all’inchiesta giornalistica di Fanpage.it sull’antisemitismo all’interno di Gioventù nazionale, movimento giovanile di Fdi.
Fanpage, Segre: con questo governo non c’è più vergogna di nullaMilano, 29 giu. (askanews) – “Io credo che queste derive, chiamiamole derive, che sono venute fuori in questa ultima settimana in modo così eclatante ci siano sempre state, nascoste, non esibite, ma che in parte ci siano sempre state, e che con questo governo si approfitti di questo potere grande della destra che, del resto è stata votata, non è che rivoluzionaria ed è andata al governo, non ci si vergogni più di nulla”. Lo ha detto la senatrice a vita Liliana Segre, in un’intervista televisiva a In Onda su La7.
“Io ho seguito nelle varie trasmissioni questa seduta, chiamiamola così, inneggiante anche a ‘sieg heil’, quindi anche questi moti nazisti che purtroppo io ricordo in modo diretto, non per sentito dire. Ora alla mia età dovrò rivedere ancora questo? Dovrò essere cacciata dal mio Paese come sono stata già cacciata una volta? È una domanda che è una una risposta” ha aggiunto riferendosi all’inchiesta giornalistica di Fanpage.it sull’antisemitismo all’interno di Gioventù nazionale, movimento giovanile di Fdi.
Milano Pride, Schlein: con Meloni l’Italia è retrocessa nei diritti Lgbtqia+Milano, 29 giu. (askanews) – “L’Italia è scivolata durante questo anno e mezzo di governo Meloni alla trentaseiesima posizione su 48 nella classifica di Ilga-Europe sui diritti Lgbtqia+, non lo possiamo accettare, vogliamo portare l’Italia nel futuro e pienamente in Europa perché se guardiamo la mappa dei diritti Lgbtqr+ si vede che è come se ci fosse ancora un muro che divide l’Europa, ma il nostro paese sta dalla parte sbagliata”. Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, a margine del Pride in corso a Milano, che sfila sotto lo slogan “Liber? di essere”.
“Sarà anche oggi una meravigliosa giornata di partecipazione per l’eguaglianza, per i diritti di tutti, per i diritti Lgbtqia+, che sono diritti fondamentali e come tali vanno riconosciuti” ha aggiunto. “Ci sono sette parate oggi, ieri era l’anniversario dei 55 anni dai moti di Stonewall, quindi è una giornata di orgoglio e una giornata di visibilità per le battaglie per i diritti, a partire da quella per una legge contro l’omobilesbotransfobia e contro l’odio. Ce n’è bisogno, continua a essercene bisogno, davanti alle tante, troppe, aggressioni e discriminazioni che le persone Lgbtqia+ vivono ogni giorno sulla propria pelle” ha ricordato Schlein.
La segretaria del Pd è anche ritornata sul caso dell’inchiesta di Fanpage su Gioventù nazionale, “è come se” Giorgia Meloni “avesse detto che sarebbe stato meglio che non venisse fuori, invece i cittadini e le cittadini hanno il diritto di sapere quello che succede dentro al partito che esprime la presidente del Consiglio di questo Paese ed è incredibile che non abbia trovato la forza di prendere le distanze” dai fatti emersi.
L’anniversario della strage di Viareggio, Mattarella: la sicurezza è un diritto primario dei cittadiniMilano, 29 giu. (askanews) – “Le reti infrastrutturali, e tra queste le ferrovie, sono condizione essenziale per la vita e lo sviluppo economico del Paese. La sicurezza è un presupposto irrinunciabile, oltre a essere un diritto primario di cittadini e utenti. Non si può derogare agli standard acquisiti, anzi il livello della sicurezza va elevato tramite controlli e tecnologie più efficaci e una crescita generale di consapevolezza”. Così in una nota il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del quindicesimo anniversario della Strage di Viareggio.
“La sicurezza nei trasporti, come quella sul lavoro, è un indicatore di civiltà che deve prevalere su qualsiasi logica di profitto, perché incide sulla vita delle persone. È questa una lezione che mai deve essere dimenticata” ha aggiunto il capo dello Stato. “La notte del 29 giugno 2009, Viareggio venne ferita dalle conseguenze di un disastro ferroviario che, oggi come allora, ci appare inaccettabile. Le immagini e la memoria di quella tragedia restano incancellabili. Nel quindicesimo anniversario, la Repubblica è vicina ai familiari che videro i loro cari inaspettatamente strappati alla vita e che, nel dolore, seppero avviare un percorso civile per accertare le responsabilità di quanto accaduto e per promuovere, ovunque, maggiore sicurezza nei trasporti” ha aggiunto Mattarella.
Voto Ue spacca maggioranza, per Meloni match commissario (con grana Ecr)Bruxelles, 28 giu. (askanews) – Giorgia Meloni lo ha spiegato bene ieri notte al termine del Consiglio europeo: la decisione di astenersi su Ursula von der Leyen (votando contro Antonio Costa e Kaja Kallas) è stata decisa “nel rispetto delle diverse valutazioni” – ovvero delle divisioni – dei partiti della maggioranza. In effetti, se ce ne fosse stato bisogno, il voto sui top jobs ha mostrato con nettezza le tre diverse posizioni che convivono nell’esecutivo.
La vicenda delle nomine ha rinvigorito gli attacchi all’Ue di Matteo Salvini. Il leader della Lega grida a un “colpo di Stato” a cui “la democrazia ci impone di reagire con tutti i mezzi possibili”. Per questo, annuncia, “come Lega stiamo lavorando per un grande gruppo alternativo che porti nei palazzi di Bruxelles la voglia di cambiamento che milioni di italiani e di europei hanno chiesto con il voto”. Nella convinzione leghista che questa Commissione “avrà vita breve”. Su ben altra linea Forza Italia, che fa parte del Ppe e che quindi avrebbe auspicato un diverso voto. Per Antonio Tajani quelli di Salvini “sono giudizi politici, non è il mio linguaggio” e comunque “assolutamente non influiscono sul peso dell’Italia” a livello europeo. Il ministro degli Esteri precisa che “la trattativa” sulle nomine “la fa il presidente del Consiglio per conto dell’Italia non per conto delle forze politiche che sostengono il Governo”. Tajani – secondo cui “non c’è nessun isolamento” dell’Italia – ha anche ribadito di non credere “che nessuno pensi in Italia che al nostro Paese non spetti un portafoglio di grande importanza e la vicepresidenza della Commissione europea, cosa che è sempre accaduta tranne che con Gentiloni”.
Da parte sua Giorgia Meloni, nella doppia veste di presidente del Consiglio e di leader di Fdi e dei Conservatori di Ecr, anche ieri sera ha rimarcato tutta la sua contrarietà per “metodo e merito” di una scelta “sbagliata” a cui ha detto di no “per rispetto dei cittadini”. Ciò nonostante con von der Leyen la porta resta aperta e non potrebbe essere altrimenti visto che la premier dovrà trattare con lei le deleghe da assegnare al commissario italiano. La presidente del Consiglio vuole un ruolo “di peso”, magari una vicepresidenza esecutiva, anche se queste saranno presumibilmente tre e riservate a popolari, socialisti e liberali. Certo Meloni da ieri appare un po più debole, soprattutto per i movimenti che stanno avvenendo nel settore destro del Parlamento di Strasburgo. Il leader (ex?) amico Viktor Orban sta organizzando un nuovo gruppo di populisti di destra e sta lavorando per ‘sfilare’ ai Conservatori i polacchi del Pis, che contano una nutrita pattuglia di 20 eurodeputati, proponendosi come nuovo polo di attrazione. Se l’operazione riuscisse il peso di Ecr sarebbe ridimensionato. Per questo Meloni è corsa ai ripari e sono in corso i contatti con l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki per far rientrare l’ipotesi di separazione. A giocare a suo favore c’è però la necessità di von der Leyen di trovare voti fuori dalla maggioranza per avere il via libera del Parlamento il prossimo 18 luglio. Contando che viene calcolata una percentuale di un 10-15% di franchi tiratori, la presidente designata – secondo i calcoli del suo staff – ha bisogno di una cinquantina di voti per stare tranquilla. Andrà dunque – senza accordi formali – a pescare tra i Verdi (che paiono ben disposti) ma anche i parlamentari di Fdi sono obiettivi ‘appetibili’. E su questo può puntare Meloni per strappare il migliore accordo possibile.
Fanpage, Schlein: da Meloni e FdI altro attacco a libertà di stampaNapoli, 28 giu. (askanews) – “Trovo molto grave che Fratelli d’Italia e la presidente del Consiglio Meloni abbiano trovato un’altra occasione di fare un attacco frontale alla libertà di stampa anziché affrontare il merito di quello che emerge da quella inchiesta, che dimostra un problema gravissimo nella sua base e nella sua giovanile, di antisemitismo, razzismo, apologia di fascismo”. A dirlo la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, commentando l’inchiesta di Fanpage.
Parlando a Napoli, a margine di un appuntamento alla vigilia della parata del Napoli Pride, la leader dem ha aggiunto: “E questo va affrontato e questo ci si aspetta da chi siede nelle istituzioni, da chi ha giurato su una Costituzione che dice cose chiare, che è antifascista come tutti noi. Sono valori comuni su cui tutti coloro che siedono nelle istituzioni e fanno politica dovrebbero riconoscersi. Trovo, quindi, molto grave che anziché affrontare il merito che emerge da quella inchiesta si sia trovata un’ulteriore occasione di rinnovare un attacco alla libertà di stampa e al diritto di informazione dei cittadini”, ha concluso Schlein.
Palazzo Chigi: trasmessa alla Commissione Ue la richiesta di pagamento della VI rata del PnrrRoma, 28 giu. (askanews) – È stata trasmessa oggi, alla Commissione europea, la richiesta di pagamento della sesta rata del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilenza, pari a 8,5 miliardi di euro. Lo rende noto Palazzo Chigi. La formale richiesta presentata dall’Italia segue i lavori della Cabina di regia del 24 giugno scorso, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, per la verifica del conseguimento dei 37 obiettivi connessi. In linea con quanto avvenuto con le precedenti richieste di pagamento, il versamento della sesta rata avverrà al termine del consueto iter di valutazione previsto dalle procedure europee, finalizzato a verificare l’effettivo raggiungimento dei target e delle milestone programmati.
“La richiesta di pagamento della sesta rata del Pnrr conferma il positivo lavoro del Governo ed il primato dell’Italia, al primo posto in Europa per obiettivi raggiunti”, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, spiegando: “Ai numerosi investimenti inseriti nella sesta rata, si aggiunge anche il varo di importanti riforme, tra le quali le misure dedicate alle persone con disabilità ed agli anziani non autosufficienti. Tutto questo a dimostrazione che, dietro le grandi opere del Pnrr, continuano ad esserci sempre le persone: gli anziani, le famiglie numerose, i disabili, con le loro fragilità e con tutte le loro difficoltà, alle quali il Governo non volterà mai le spalle. Dobbiamo tutti lavorare sodo fino all’entrata in vigore dell’ultima riforma e al collaudo dell’ultima opera del Piano dell’Italia, nessuno deve rimanere indietro”. “Anche per la sesta rata, come avvenuto per la quinta e come è stato evidenziato nel corso dell’ultima Cabina di regia siamo la prima nazione a presentare la richiesta di pagamento, a conferma del costruttivo lavoro portato avanti dal governo, in sinergica collaborazione istituzionale con la Commissione europea e con tutti i soggetti preposti all’attuazione del complesso ed articolato Piano italiano. Il lavoro sul Pnrr prosegue alacremente nei prossimi giorni convocheremo la cabina di regia per avviare l’attività di verifica e rendicontazione dei 69 traguardi ed obiettivi della settima rata, pari a 18,2 miliardi di euro”. E’ quanto afferma il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione ed il Pnrr, Raffaele Fitto, dopo la richiesta dell’Italia all’Ue di pagamento della sesta rata del Pnrr.
Astenuta su von der Leyen, Meloni marca la differenza in Ue: il ruolo dell’Italia non è accodarsiBruxelles, 28 giu. (askanews) – Un’astensione su Ursula von der Leyen, un “no” ad Antonio Costa e a Kaja Kallas. Al termine della lunga giornata del Consiglio europeo, quando a Bruxelles è già notte, è questa la posizione su cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni schiera l’Italia. Una posizione che comunque non blocca il via libera a tutto il ‘pacchetto’ proposto dalla maggioranza Ppe-S&D-Renew che passa a maggioranza: l’ex premier socialista portoghese Costa sarà quindi presidente del Consiglio europeo, mentre dopo il via libera del Parlamento von der Leyen farà il bis alla guida della Commissione e Kallas assumerà il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera.
Meloni era arrivata la mattina a Bruxelles sull’onda del discorso tenuto il giorno prima alle Camere in cui aveva denunciato l’”oligarchia” europea, accusando i tre partiti di voler nascondere “la polvere sotto il tappeto” invece che ascoltare il “messaggio chiaro” venuto dai cittadini. Ad accoglierla però ha trovato i messaggi distensivi di molti colleghi, a partire dal polacco Donald Tusk, elemento di primo piano del Ppe, che entrando al Justus Lipsius Building aveva assicurato che “nessuna decisione può essere presa senza la premier italiana”. Anche il cipriota Nikos Christodoulides si era improvvisato ‘mediatore’ incontrando la premier che, ha detto, “su alcuni argomenti ha ragione”. Certo è che per Meloni ieri non è stata una giornata facile e infatti era un po’ “sotto tono” rispetto al solito, come hanno riferito fonti europee. A pesare sull’umore, forse, anche l’inchiesta di Fanpage su Gioventù nazionale – i cui echi sono arrivati a Bruxelles – e il pressing degli alleati: da un lato Antonio Tajani diceva che bisogna tenere conto del fatto che il Ppe è al governo in Italia con Fi e che dunque non si può dire no a von der Leyen; dall’altro Salvini che cannoneggiava denunciando addirittura una “puzza di colpo di Stato” nella partita delle nomine. E poi c’è la spaccatura all’interno di Ecr, la famiglia politica presieduta da Meloni: il ceco Petr Fiala, unico altro leader Ecr in Consiglio, ha annunciato il suo sì al ‘pacchetto’, mentre i polacchi del Pis rendevano nota la ‘riflessione’ sulla possibilità di abbandonare il gruppo dei Conservatori per aderire alla nuova famiglia dei populisti di destra a cui sta lavorando Viktor Orban e che dovrebbe essere annunciata il prossimo quattro luglio. La fuoriuscita dei polacchi (20 eurodeputati) farebbe scivolare Ecr sotto Renew come consistenza numerica. E proprio parlando alla Camera, Meloni aveva rimarcato che “il Partito liberale non è il terzo partito, sono i Conservatori”.
Quando poco dopo le 22 inizia il confronto sui top jobs Meloni prende la parola e ribadisce le sue ragioni, con tutti i dubbi sul “metodo” seguito per arrivare al terzetto di nomi. Per lei, ha spiegato ancora una volta, sarebbe stato necessario prima un confronto su temi e programmi e poi sulle persone. E comunque coinvolgendo tutti i Paesi, non riducendo la questione a un accordo tra forze politiche. Perplessità che spingono alla necessità di esprimere il proprio voto, netto nei confronti del socialista Costa e della liberale Kallas, più morbido con l’esponente Ppe von der Leyen. Questo, è la spiegazione di Palazzo Chigi, “nel rispetto delle diverse valutazioni tra i partiti della maggioranza di governo, e nell’attesa di conoscere le linee programmatiche e aprire una negoziazione sul ruolo dell’Italia”. “Penso che si sia meno isolati quando si ha la capacità di esercitare una leadership: il ruolo dell’Italia non è che ci accodiamo e così nessuno si accorgerà di noi. Credo che questo sia il ruolo dell’Italia”, ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al termine del Consiglio europeo.
Meloni: inchiesta Fanpage solo contro Fdi, metodo da regime, chiedo a Mattarella se è lecitoBruxelles, 28 giu. (askanews) – Un lavoro di inchiesta come quella di Fanpage “perché non è mai successo in 75 anni di storia repubblicana? Perché Fanpage lo ha fatto solo con Fdi? I fatti meritano di essere commentati, non provo imbarazzo e non ci sono ambiguità. Ma è consentito? Lo chiedo ai partiti politici e al presidente della Repubblica”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al termine del Consiglio europeo. “In altri tempi – ha aggiunto – sono i metodi che usavano i regimi, infiltrarsi nei partiti politici. Non è un metodo giornalistico, perché sono stati utilizzati anche degli investigatori. Se infiltrasse l’organizzazione giovanile di un partito politico che dice che è possibile occupare abusivamente le case – e io non ho mai istigato a violare la legge – quelli che candidano persone indagate per far parte della banda del martello, nel movimento giovanile potrebbe trovare qualcuno che dice cose sbagliate”. Poi, ha concluso, “sono grata perché mi aiuta a intervenire, sul metodo credo che valga la pena fare una riflessione. Se si dice che va bene ne prendo atto, è un nuovo metodo che si può utilizzare”.
“Se la stessa inchiesta” di Fanpage fosse stata fatta “in tutte le organizzazioni giovanili dei partiti politici non sappiamo cosa potrebbe uscire, non lo sapremo perché non è mai accaduto, non si è mai ritenuto di infiltrarsi nelle riunioni, per riprendere segretamente le persone, anche con fatti privati di minorenni e selezionare cosa mandare e mandarlo. Prendo atto che è una nuova frontiera dello scontro politico: da oggi è possibile infiltrarsi nei partiti politici e sindacati riprendere le riunioni e pubblicarle. E’ uno strumento che si potrà utilizzare a 360 gradi”, ha ribadito Meloni, al termine del Consiglio europeo. In ogni caso, su quanto emerso dall’inchiesta di Fanpage “ho già chiesto al partito di prendere provvedimenti, non potevo esserne a conoscenza: chi ha sentimenti razzisti antisemiti e nostalgici ha sbagliato la propria casa. Sono incompatibili con Fdi, con la destra italiana, con la linea politiche noi abbiamo e non accetto ambiguità. Ho chiesto al partito di prendere provvedimenti. Penso che queste persone siano i migliori alleati di chi ci vuole male e bisogna essere molto determinati”. Lo ha detto la presidente del Consiglio europeo Giorgia Meloni, al termine del Consiglio europeo.
Ue, per coinvolgere Meloni su top jobs ipotesi ‘spacchettamento’ votoBruxelles, 27 giu. (askanews) – “Coinvolgere” l’Italia, Paese fondatore dell’Ue, e la sua premier Giorgia Meloni nella decisione sui top jobs europei, pur mantenendo il punto sulle figure indicate da Ppe-S&D-Renew perchè “in Parlamento c’è una maggioranza”. E’ quanto sottolineano a Bruxelles fonti diplomatiche, prima dell’inizio del confronto sui vertici delle istituzioni nel Consiglio europeo.
Un discorso che tecnicamente, spiegano altre fonti, potrebbe essere concretizzato nello ‘spacchettamento’ del voto. Ovvero (ma la decisione è in capo al presidente del Consiglio Charles Michel) invece di votare in blocco i nomi di Antonio Costa, Ursula von der Leyen, Kaja Kallas – cosa che sarebbe possibile in caso di manifesta mancanza di opposizione – potrebbero essere svolte tre votazioni separate. Questo, in via ipotetica, consentirebbe alla presidente del Consiglio di dire sì a von der Leyen che è del Ppe (come auspicato questa mattina anche da Antonio Tajani) ma di non approvare il socialista Costa e forse neanche la liberale Kallas.