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Europee,esame di maturità per Schlein: è conta con Meloni e M5s

Europee,esame di maturità per Schlein: è conta con Meloni e M5sRoma, 8 giu. (askanews) – Per Elly Schlein è un po’ l’esame di maturità, le europee di oggi e domani saranno il primo vero test a livello nazionale per la leader Pd, tanto più dopo la scelta di scendere in campo come capolista in due circoscrizioni. Sono tante le sfide ballo per la leader democratica, a cominciare da quella più ovvia con la rivale-premier Giorgia Meloni chiamata, candidata in tutte le circoscrizioni e chiamata a sua volta ad test cruciale dopo un anno e mezzo di governo. Ma il voto sarà decisivo anche per mettere alla prova quella “identità ritrovata” del Pd che la Schlein rivendica con orgoglio come risultato della sua segreteria e per regolare un po’ di conti anche nel rissoso campo del centrosinistra. Tante partite in un solo voto, una prova cruciale che in un modo o nell’altro potrebbe segnare anche un cambio di fase all’interno dello stesso Pd.


La Schlein lo sa e non a caso ha investito tutte le sue energie in questa campagna elettorale, il suo giro d’Italia in oltre cento tappe è stato un vero tour de force percorso per sconfiggere innanzitutto un “avversario”, come ha spiegato più volte: l’astensionismo. La leader Pd sa che alle elezioni vince innanzitutto chi riesce a mobilitare i suoi, gli spostamenti da uno schieramento all’altro sono sempre marginali e la vera sfida è rimotivare quelle frange di elettorato demotivate dopo anni di Pd al governo, di politiche fin troppo pragmatiche, alla fine percepite come di mera conservazione dell’esistente. “Siamo qui anche per riparare ai nostri errori”, ha ripetuto spesso la Schlein durante i suoi comizi, citando per esempio la mancata cancellazione della Bossi-Fini tra le colpe del “Pd di governo”. I temi della campagna elettorale sono scelti dalla leader democratica proprio per parlare a quegli elettori delusi: la sanità, innanzitutto, “che il governo Meloni sta tagliando”, il “salario minimo, perché sotto i 9 euro l’ora non è lavoro ma sfruttamento”, il “congedo paritario retribuito” per entrambi i genitori. Più sullo sfondo è rimasto il tema dell’Ucraina, delicato per il Pd, diviso tra atlantismo e pacifismo. La Schelin conferma il sostegno a Kiev ma aggiunge la richiesta di un “maggiore sforzo diplomatico e politico dell’Ue” per facilitare una soluzione al conflitto. E, soprattutto, ogni volta che ne parla aggiunge subito la richiesta di cessate il fuoco in Medio oriente e del riconoscimento dello stato di Palestina. Così come quando parla di difesa comune europea si affretta a precisare “ma no ad una economia di guerra”. La leader Pd, del resto, non intende lasciare praterie a Giuseppe Conte nell’elettorato pacifista, ha scelto di candidare Marco Tarquinio – indisponendo l’ala più atlantista del partito – pur di dare un segnale anche a quel mondo.


L’obiettivo è superare almeno il 20%, staccando di diversi punti M5s, anche se la Schlein in pubblico si è sempre ben guardata dall’indicare cifre: “L’asticella porta jella”, ripete. Ma la soglia del 20% è nelle cose: il Pd di Enrico Letta nel 2019 prese il 19,1% e dunque il minimo sindacale è migliorare quel risultato. Tenendo conto che nel 2019 Nicola Zingaretti ottenne il 22,7%, con ancora Matteo Renzi e Carlo Calenda nel Pd ma con Articolo 1 di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani ancora fuori. Superare il 20% e magari attestarsi intorno al risultato del 2019 metterebbe il Pd ben al di sopra delle ambizioni di Giuseppe Conte e assegnerebbe di fatto alla Schlein il ruolo di “perno” della coalizione. La segretaria sa che l’ala moderata del partito difficilmente avrà la forza di mettere in discussione la guida del Pd, ma sa anche molti guardano con attenzione a figure come Paolo Gentiloni e a Beppe Sala come possibili “federatori”. Ecco allora che le tante partite legate a questo voto si intrecciano tutte insieme: conterà il distacco tra Fdi e Pd, perché si aprirebbe una fase nuova se la Meloni dovesse mostrare qualche sintomo di fatica e il distacco tra i due partiti si riducesse in maniera significativa. Ma, appunto, sarà determinante anche il divario con M5s nel quadro degli equilibri nel campo delle opposizioni. Un anno e mezzo fa la Schlein festeggiò con una citazione, “non ci hanno visti arrivare”. Stavolta l’effetto-sorpresa non è possibile, gli occhi sono tutti puntati su di lei.

Conte alleato-concorrente del Pd, con l’ombra del 10%

Conte alleato-concorrente del Pd, con l’ombra del 10%Roma, 8 giu. (askanews) – Collaborazione o competizione, alleanze o scontri? È soprattutto nel rapporto col Partito democratico che si è determinato il riposizionamento del Movimento 5 stelle nella stagione della gestione di Giuseppe Conte. Prima la rottura ai tempi dell’agenda Draghi, poi la stagione di qualche battaglia comune in Parlamento e dei patti a macchia di leopardo nelle elezioni regionali e amministrative. È questa ricerca di un difficile equilibrio politico che gli elettori dovranno giudicare nelle urne aperte sabato 8 e domenica 9 giugno per il rinnovo del Parlamento europeo.


Nel tour teatrale-elettorale che affianca i più tradizionali comizi di piazza, il leader M5S mette in scena in modo anche grafico una delle due facce della medaglia del rapporto col Pd. Pur essendo largamente dedicato a “smascherare” le mancanze di Giorgia Meloni e della sua maggioranza di governo (fino all’accusa di “codardia” per le astensioni in sede Onu sui massacri a Gaza), lo spettacolo che vede Conte protagonista unico sul palco dedica un paio di stoccate mirate al Partito democratico. Sono due slide che accompagnano il racconto del leader M5S sulle posizioni assunte nell’europarlamento dai principali partiti italiani. Una sull’uso dei fondi Ue per il riarmo e le forniture militari all’Ucraina, l’altra sul nuovo patto di stabilità. In entrambi i casi il messaggio è riassunto da due riquadri: nel primo tutti insieme Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Pd, nel secondo il solo Movimento 5 stelle; nella prima votazione tutti favorevoli, M5S contrario: “Il partito delle armi – sibila Conte – non conosce differenze fra destra e sinistra, arruola tutte le forze politiche; quasi tutte, noi siamo qui”. Ma anche nella seconda votazione lo schema è lo stesso: tutti astenuti, M5S contrario. Alle europee si vota col sistema proporzionale, è abbastanza naturale la ricerca di una maggiore distanza dal Pd, ma è pur vero che la misura di questa distanza spesso non è chiara neppure ai suoi fedelissimi: quando l’ex premier ha sostenuto la decisione del candidato sindaco di Bari Michele Laforgia di far saltare le primarie di centrosinistra che lo vedevano contrapposto al candidato del Pd Vito Leccese, racconta una fonte interna che conosce bene le mosse di Conte, lo ha saputo prima la segretaria dem Elly Schlein, alla quale il leader stellato telefonò, che i vicepresidenti del M5S.


Conte stavolta ha un compito più arduo rispetto a quello che lo attendeva nel 2022, dopo scissione capeggiata da Luigi Di Maio e la rottura col governo Draghi, quando molti sondaggi davano i 5 stelle a rischio sul confine psicologico del 10 per cento e invece le urne a settembre segnarono un robusto recupero oltre il 15. Uno dei sondaggi più interessanti fra quelli pubblicati nelle ultime settimane di campagna elettorale, quello di Bidimedia diviso per circoscrizioni, aveva rivelato la distanza abissale fra le percentuali di consenso che gli elettori riservano ai 5 stelle: al Nord sotto il 10, primo partito al Sud col 27,7 e nelle isole col 23,4 per cento. La media farebbe un tranquillizzante 15,2 se non fosse per un dettaglio: dove il Movimento va forte, l’affluenza attesa alle europee è molto più bassa che al Nord; e alle europee non ci sono i collegi uninominali, dove quelle percentuali renderebbero il M5S l’asse portante del “campo largo”. Ecco perché stavolta il rischio di fermarsi attorno al 10 per cento è reale, lo stesso Conte deve ammettere che sarebbe “un risultato basso”: prospettiva che suscita un qualche nervosismo, raccontano, ai vertici del Movimento. Sepolti in un passato irripetibile i quasi 11 milioni di voti e l’oltre 32 per cento raccolti nelle politiche del 2018, appare arduo oggi anche riportare alle urne delle europee i 4 milioni e 300mila voti delle ultime politiche. Conte ha portato avanti una politica di apertura delle liste a personalità esterne: la campionessa di calcio e nota opinionista sportiva Carolina Morace, Giuseppe Antoci ex presidente del Parco dei Nebrodi, Ugo Biggeri tra i fondatori di Banca Etica. Altra figura di punta, ma ormai del tutto interna al Movimento, è Pasquale Tridico, economista, ex presidente dell’Inps, tra i più convinti sostenitori del reddito di cittadinanza, misura simbolo della stagione di governo del M5S. Dove andranno gli eletti? Conte non si è mai sbottonato sul futuro gruppo nell’europarlamento, promettendo “sorprese” future tutte da verificare. Attualmente i 5 stelle sono senza gruppo e quindi, in base alle norme Ue, fortemente ridimensionati nella loro attività istituzionale. In passato hanno tentato l’avventura con gli euroscettici, poi un approccio fallito al gruppo dei Verdi europei, che sulla guerra e il riarmo hanno posizioni diametralmente opposte alle loro.


Il leader si è assunto il rischio di non candidarsi in prima persona, “per non prendere in giro gli elettori”, contrariamente alla gran parte dei leader degli altri partiti. Ma alla fine, non sarà su questo che potrà aprirsi la discussione interna fra i 5 stelle, finora piuttosto sottotono: se gli elettori non gli consentiranno di restare lontano da quel minaccioso 10 per cento ipotizzato da qualche intervistatore, un chiarimento si renderà necessario. Nel Movimento c’è chi sostiene che il vecchio brand “antisistema” non funziona più e non può essere resuscitato solo sotto elezioni con le polemiche anti-Pd. D’altronde, anche il rischio di fare della creatura che fu di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio una sorta di junior partner del Nazareno potrebbe essere solo un modo per avviarsi definitivamente alla chiusura dell’unico tentativo serio degli ultimi decenni di sfidare il bipolarismo all’italiana.

Salvini il pacifista: obiettivo 10% per maggioranza Ue a destra

Salvini il pacifista: obiettivo 10% per maggioranza Ue a destraMilano, 8 giu. (askanews) – La fine della guerra tra Russia e Ucraina e la fine della maggioranza Ursula. Sono le due carte che Matteo Salvini ha deciso di giocarsi per risollevare le percentuali della Lega alle Europee, con il generale Vannacci a fare da centravanti di sfondamento per imporre i temi leghisti nel dibattito. Una partita che per la Lega si giocherà in due tempi: in primo luogo non scendere sotto l’8,9% ottenuto alle ultime Politiche, e poi riuscire a condizionare la formazione della maggioranza che esprimerà la prossima Commissione Europea.


Per ottenere il primo risultato, Salvini ha scelto una campagna di forte contrapposizione con gli alleati: i continui attacchi ad Ursula von der Leyen, le critiche alle “eurofollie green” volute dalla Commissione uscente hanno l’obiettivo da un lato di denunciare la “complicità” di Forza Italia che della maggioranza Ursula fa parte, dall’altra di stoppare il tentativo di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia di inserirsi nei nuovi equilibri europei sfruttando proprio il rapporto costruito con von der Leyen. Ecco allora che il bersaglio delle ultime settimane è diventato “il bombarolo Macron”, e gli alleati che volessero preferirlo a Marine Le Pen, l’alleata della Lega in Europa. E per facilitare una maggioranza di centrodestra-destra, Salvini e Le Pen hanno scaricato la zavorra di Alternative fur Deutschland, il principale – ma non unico – ostacolo all’ipotesi di una maggioranza che comprenda anche il gruppo sovranista di Identità e Democrazia. Perchè se le scaramucce tra alleati in campagna elettorale fanno parte del gioco in una competizione tutta proporzionale, i futuri equilibri europei potrebbero invece incidere sulla solidità della maggioranza italiana, visto che proprio la frattura sulla maggioranza Ursula tra Lega e M5s portò alla caduta del governo gialloverde nel 2019. Situazione diversa, col centrodestra italiano, alleato da anni al governo e negli enti locali, e che è sopravvissuto nel corso del tempo a ogni tipo di divisione, in Europa e a livello nazionale: governo Conte I, governo Draghi, maggioranza Ursula… Ma sicuramente una spaccatura che vedesse la Lega all’opposizione in Europa e FdI e Fi in maggioranza non gioverebbe alla tranquillità della coalizione.


Tanto più con le voci che vorrebbero il leghista Giancarlo Giorgetti tra i possibili nomi per il commissario italiano. Salvini non a caso assicura che resterà a fare il ministro dell’Economia. Ma non è un mistero che da tempo Giorgetti spinge per una collocazione più moderata della Lega in Europa, e un’eventuale spaccatura interna potrebbe acuire le tensioni anche nel Carroccio. Ma su entrambi i fronti Salvini ostenta tranquillità: “Il governo durerà fino al 2027”, è il mantra, e anche sul suo ruolo di segretario della Lega non ha dubbi: “Resteremo saldamente seconda forza della coalizione”, assicura. Del resto, nei 40 anni di storia della Lega i segretari sono stati solo 3, Salvini compreso. E un eventuale avvicendamento richiederebbe modalità (una piattaforma alternativa e la conta al congresso) che il Carroccio non ha mai attuato. Ancora più improbabile nel momento in cui Salvini dovesse riuscire a tenere il Carroccio sopra il dato delle Politiche.

Avs tenta lo sbarco in Europa: con Salis, Lucano, Marino, Orlando

Avs tenta lo sbarco in Europa: con Salis, Lucano, Marino, OrlandoRoma, 8 giu. (askanews) – “Continuiamo a crescere”, supereremo il 4% e sbarcheremo a Strasburgo. Lo ripetono come un mantra Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, sperando che vengano confermati i sondaggi e il trend registrato nelle recenti consultazioni locali. Superare la soglia minima, nonché psicologica, prevista dalle elezioni europee è una sfida importante per la coppia rosso-verde che auspica di avere una fiche da ‘giocare’, come “ruolo di cerniera fra le forze di opposizione”, nella partita per la costruzione di un’alternativa al governo Meloni monopolizzata dalla competizione tra Pd e M5S.


Entrambi non si sono candidati (è una “truffa quella di Meloni e Schlein” che sanno che resteranno in Italia) e si dicono convinti che il loro programma, ‘il Coraggio di Osare’, sarà premiato perché l’Alleanza verdi e sinistra, nata in vista delle politiche del 2022, ha dato prova di “affidabilità”, non ‘scoppiando’ dopo l’esito delle urne (come invece è successo alla coppia Renzi-Calenda). Ora l’alleanza, sostengono, è un “progetto politico” che ha rimesso a punto la sua identità tra Verdi e Sinistra italiana contestando il “governo più di destra nella storia della Repubblica”, che “non riesce a dirsi antifascista”, che “crea nuovi reati penali per sopprimere il dissenso”, spiegano. Contro un centrodestra che mette in “pericolo” la Costituzione nel “mercimonio” tra Fdi e Lega e, ora Fi, su Premierato, autonomia differenziata e riforma della Giustizia.


L’Europa si trova a un “bivio cruciale”, osservano nel loro programma. In tempi di “guerre e instabilità”, “corsa agli armamenti”, frenata sul green deal, “ritorno all’austerity e negazione dello Stato di diritto”, Bonelli e Fratoianni guardano ad un’Europa “costruttrice di pace” in un “mondo multipolare”, un’Europa “coesa e solidale” con un reddito minimo europeo, che investa sulla transizione energetica e le rinnovabili, un’Europa fondata sul lavoro e che tuteli i diritti umani e sociali. I candidati capolista ambiscono ad esserne la rappresentazione plastica: Ilaria Salis, Ignazio Marino, Mimmo Lucano, Leoluca Orlando e Cristina Guarda. I primi quattro corrono come indipendenti, ‘soffiati’ al Pd di Elly Schlein che ne aveva esplorato eventuali disponibilità. Avs crede nella capacità di catalizzare consensi dell’insegnante Ilaria Salis. Agli arresti domiciliari in Ungheria dopo mesi di detenzione in attesa di processo, Salis ha affidato il suo biglietto da visita a una serie di cartoline su Instagram: “non sono una politica di professione, ho sempre fatto politica dal basso: nei movimenti, nelle lotte sociali e fra le persone comuni. Continuerò a dare respiro e forza ai temi e alle battaglie che hanno caratterizzato la mia storia”, con una bussola: “l’antifascismo”. Afferma di volere “opporsi alle umiliazioni, alle privazioni e ai soprusi” che i detenuti “subiscono nelle carceri d’Italia e d’Europa”.


I migranti e il Sud per Mimmo Lucano. Deluso dalle politiche Dem a guida Minniti (‘padre’ del Codice sulle navi Ong e fautore degli accordi con la Libia), l’ex sindaco di Riace si è visto riconoscere con sentenza che il suo modello di accoglienza era dettato dal desiderio di “aiutare gli ultimi”. “O c’è Riace, la nostra Riace, o c’è la loro Cutro”, sostiene. “È tempo di passare da un’ottica di emergenza a una visione di accoglienza inclusiva e sostenibile, per costruire comunità più forti e aperte”. L’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, fatto fuori dalla sua stessa maggioranza, il Pd ai tempi di Matteo Renzi premier, da chirurgo negli States, torna in politica, in sella alla sua bici, per difendere la Sanità pubblica e per lottare contro i cambiamenti climatici con un ‘pallino’: bloccare l’inceneritore “più grande di Europa” nella Capitale guidata dal dem Roberto Gualtieri.


Leoluca Orlando, sindaco durante la Primavera di Palermo, rivendica le battaglie contro la mafia, sostiene di ispirarsi a Giuseppe Dossetti e Alexandre Langer, ricorda il rapporto “antico” di “amicizia e affetto” con Nichi Vendola, e si toglie qualche sassolino: il Pd ha ceduto al “veto dei capicorrente locali”, ha replicato a chi lo accusava di essere alla ricerca di uno spazio politico. Infine Cristina Guarda, che sui social si descrive così: “imprenditrice agricola e la più giovane eletta in Consiglio regionale Veneto. Ecologista instancabile e politica per la Giustizia climatica”. Nei limitati spazi di visibilità di un partito che alle politiche ha avuto poco più del 3,5%, Bonelli e Fratoianni potranno fare un bilancio del sodalizio rodato in questi mesi, tra esposti (sul Ponte sullo stretto di Messina e la strage di Cutro), qualche distinguo, video-duetti e battaglie parlamentari (con 10 deputati tra cui gli stessi Bonelli e Fratoianni e quattro senatori). Augurandosi che il partito dell’astensione e la new-entry ‘Pace, terra e dignità’ di Michele Santoro e Raniero La Valle non peschino nel loro bacino elettorale.

Corsa solitaria Calenda verso l’orizzonte Renew: noi “Siamo Europei” credibili

Corsa solitaria Calenda verso l’orizzonte Renew: noi “Siamo Europei” credibiliFirenze, 6 giu. (askanews) – Nella faida che per mesi ha travagliato il centro – con nascita, morte, risurrezione e definitivo scioglimento, con annessi insulti personali, del Terzo Polo – Carlo Calenda e’ rimasto solo. Volutamente. Il “mai più con Renzi”, proclamato già dall’estate scorsa, con la formazione centrista ai titoli di coda, ha retto alla tentazione di una lista unica di centro riformista ed europeista per le Europee. Non è servito a niente nemmeno il presunto pressing del presidente francese Emmanuel Macron e dei vertici di Renew Europe per un rassemblement che tenesse uniti i moderati italiani: Calenda l’ha liquidato come una “una palla, non esiste” e ha ribadito in tutte le salse di “non poter fare una lista dove prendo i voti di Totò Cuffaro” né “con persone pagate da Stati stranieri quando andiamo in Europa a dire che chi siede al Parlamento europeo deve essere indipendente”. Ogni riferimento ai fatti o persone non è puramente casuale.


Così Calenda corre alle elezioni Europee alla guida della lista Siamo Europei che riunisce, appunto, Azione e altri otto tra partiti e movimenti politici: il Partito Repubblicano Italiano; il Movimento Repubblicani Europei; la Piattaforma Civica Popolare Riformatrice; la Democrazia Liberale; il Team K, un partito della provincia autonoma di Bolzano; l’Associazione Socialista Liberale; i Popolari Europeisti Riformatori di Elena Bonetti, uscita da Italia Viva ed entrata in Azione; e NOS, il partito del fondatore di Will Media Alessandro Tommasi. Con un programma in dieci punti – “siamo gli unici insieme a Forza Italia ad averne uno” e il nostro “è stato giudicato il più credibile”, ha rivendicato – il leader di Azione è capolista ovunque tranne che nella circoscrizione Nord Ovest, guidata da Elena Bonetti, ex ministro per le Pari opportunità e la Famiglia nei governi Conte II e Draghi. In più di un’occasione Calenda ha esaltato la “qualità e la competenza” dei candidati della lista. C’è anche Federico Pizzarotti come terzo nome nel Nord-Est, l’ex sindaco di Parma ha lasciato +Europa proprio in disaccordo per l’alleanza con Renzi. A Nord Ovest spunta Giuseppe Zollino, docente dell’università di Padova, insieme alla pro rettrice vicaria dell’università Statale di Milano Maria Pia Abbracchio e il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser. Al Centro Azione schiera l’ex dem Alessio D’Amato, assessore alla salute nella giunta Zingaretti durante la difficile pandemia da Covid 19.


Calenda inizialmente aveva lanciato, inascoltato insieme al segretario di Forza Italia Antonio Tajani, la proposta a tutti i leader di non candidarsi capolista ma poi “la discesa in campo della premier Giorgia Meloni con la sua piattaforma anti-europea e sovranista ha cambiato completamente lo scenario”. Quindi si è candidato, se eletto non andrà a Bruxelles ma tutti i suoi candidati – ha assicurato – non solo lo faranno ma confluiranno “a differenza di altri che si sparpaglieranno in più partiti” “tutti nel gruppo di Renew Europe”. Il nemico da sconfiggere è il populismo, nelle sue varie forme. “L’idea di Europa della Meloni è la fine dell’Europa. Contro questo modello da ‘discepola di Orbán´ combatteremo alle elezioni europee. L’Italia è un grande Paese fondatore dell’Ue, non l’Ungheria degli amici di Putin. Mobilitiamoci”, il grido di battaglia dell’ex ministro. Mai dichiarati – come del resto gran parte degli altri leader – gli obiettivi percentuali della partita per le Europee. C’è ovviamente da superare lo sbarramento del 4%, ma questo non sembra preoccupare Calenda che in campagna elettorale ha ricordato più volte come l’andare “da solo” alle Comunali a Roma nell’autunno 2021 gli avesse portato proprio bene: allora la sua lista civica ottenne il 19,8% dei consensi.

Renzi-Bonino più diversi non si può, ma fanno coppia per Stati Uniti Europa

Renzi-Bonino più diversi non si può, ma fanno coppia per Stati Uniti EuropaFirenze, 8 giu. (askanews) – L’icona radicale, già europarlamentare, e l’ex “tutto”. Ex premier, ex segretario del Pd, ex sindaco di Firenze. Emma Bonino e Matteo Renzi sono i due, diversissimi, registi della lista di scopo per le elezioni Europee denominata Stati Uniti d’Europa. Nessuno, per loro, si è azzardato a tirare fuori la definizione di “strana coppia”. Forse perché banale o forse perché espressione fin troppo abusata in occasione di un’altra coppia, di cui era parte ancora Renzi: quella con Carlo Calenda, finita con un velenoso divorzio. Ma, al di là delle provenienze opposte – cattolica quella di Renzi, laica e Radicale quella di Bonino – i due sono accomunati da qualcosa in questa tornata elettorale: la voglia di “rimettersi in gioco”. E a loro si sono uniti anche i socialisti del Nuovo Psi di Vincenzo Maraio.


Le trattative per la lista di scopo hanno tenuto un po’ col fiato sospeso e del resto la fine ingrata del Terzo Polo si è portata dietro il veto di Calenda a nuove alleanze con Renzi e, a cascata, qualche smottamento come l’uscita di Federico Pizzarotti da +Europa, proprio in dissenso con la decisione di Emma Bonino di stringere un patto elettorale con Italia Viva. Se i componenti della galassia pannelliana si sono dispersi in diverse direzioni e alleanze Stati Uniti d’Europa sfoggia comunque un carattere fortemente radicale: in lista non c’è soltanto Emma Bonino ma anche Rita Bernardini, Marco Taradash e l’ex presidente dell’Unione delle camere penali, Giandomenico Caiazza, insieme all’adesione dei Radicali italiani. Nessuno si è illuso che la navigazione potesse essere semplice tanto che ci è già scappata la prima schermaglia tra i due leader. Al no secco di Matteo Renzi a un secondo mandato per l’attuale presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen Bonino ha ribattuto: “Io direi al mio alleato Renzi di stare più calmo e di aspettare l’esito delle elezioni”. Per Bonino, che ricorda come “trent’anni fa con Pannella sognassimo gli Stati Uniti d’Europa”, queste elezioni sono una svolta per fare crescere ancora “la patria europea e non l’Europa delle patrie”.


Quanto a Renzi, che conferma che se eletto si trasferirà a Bruxelles – perché candidarsi “come fanno gli altri leader e non andarci è una truffa, una cosa da ladri di democrazia” – confessa che il suo obiettivo è di “prendere un voto in più di Matteo Salvini, simbolo di un’Europa al contrario”. E appena arrivato in Ue lavorerà per portare Mario Draghi alla guida della Commissione europea. “L’ex premier sta bene su tutto – spiega -. Se dopo le elezioni ai Popolari toccherà la Commissione e a Renew il Consiglio, allora lo proporrò per il Consiglio”. Nelle liste l’ex premier è all’ultimo posto in quattro dei cinque collegi (tranne il Nord-Est) mentre Emma Bonino è capolista al Nord-Ovest, Graham Robert Watsonal al Nord-Est, Giandomenico Caiazza al Centro (con Bonino seconda), Enzo Maraio al Sud e Rita Bernardini nelle Isole. Tra i candidati nel Nord-Ovest c’è anche il giornalista e conduttore Alessandro Cecchi Paone.

”Pace terra dignità” e “Libertà”, Santoro e De Luca sfidano 4%

”Pace terra dignità” e “Libertà”, Santoro e De Luca sfidano 4%Roma, 8 giu. (askanews) – Sono due le novità assolute di queste elezioni europee 2024: la lista “Libertà”, guidata dal leader di Sud chiama Nord, il sindaco di Taormina Cateno De Luca, e la lista “Pace Terra Dignità”, guidata dall’ex giornalista tv Michele Santoro. Entrambe avranno il non facile compito di superare la soglia di sbarramento fissata al 4%, sotto la quale non si elegge alcun parlamentare europeo.


Quella guidata da Cateno De Luca, che ha messo insieme ben 19 tra micro-partiti e movimenti politici locali, è una lista che fa dell’autonomismo esasperato, dell’antagonismo all’Ue, nonché del ribellismo tipico dei No Vax e del pacifismo, il suo collante principale. Il programma, diviso in 20 punti, si intitola infatti “Meno Europa, più Italia” (De Luca aveva accusato il leader della Lega Salvini di avergli copiato lo slogan), e si apre con l’invocazione a “un accordo di pace per fermare la strage di vite umane. L’Italia – si legge ancora nel primo punto del programma – si dichiari non belligerante e mandi aiuti umanitari piuttosto che spendere soldi in armi”. Nel programma si invoca poi la necessità di un’Italia “federale e autonomista”, che ritorni a essere “uno Stato sovrano”, la cui sanità dovrebbe essere “fuori dal patto di stabilità” europeo. Bisognerebbe poi difendere “i nostri ambulanti e i nostri balneari” dalle imposizioni Ue e riconquistare la “libertà di autodeterminare i propri protocolli sanitari”. Oltre a Sud chiama Nord la lista riunisce, Sicilia Vera, il Fronte Verde, Progresso sostenibile, il Popolo della Famiglia, Sovranità, Confederazione Grande Nord, Popolo Veneto, i Civici in Movimento, Noi Agricoltori e Pescatori, Vita, Noi Ambulanti Liberi, Capitano Ultimo, il Partito Moderato d’Italia, il Movimento per l’Italexit, il Partito dei Pensionati, Insieme Liberi, il Vero Nord, Rizzi e De Luca Sindaco d’Italia, i cui loghi compaiono tutti nel simbolo. Capolista in tutte le cinque circoscrizioni sarà Cateno De Luca, sempre seguito da Laura Castelli, ex M5s ed ex viceministra all’Economia nel governo Conte I. La lista “Pace Terra Dignità” di Michele Santoro ha invece un profilo identitario più definito, di estrema sinistra, che fa leva soprattutto sul pacifismo. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina il programma della lista invita a “non confondere la solidarietà data all’aggredito col rifornirlo di armi e aizzarlo allo scontro promettendogli impossibili vittorie, alimentando un conflitto infinito suscettibile di precipitare in una terza guerra mondiale”. Per questo, si legge nel programma, bisognerebbe “cessare l’invio di armi all’Ucraina e coadiuvarla in un negoziato che garantisca la reciproca sicurezza alle parti”. Per quanto riguarda invece il conflitto in Medio Oriente, il programma di “Pace Terra e Dignità” invita l’Ue a confermare “la condanna della strage del 7 ottobre e il diritto degli israeliani a vivere in pace e in sicurezza” ma egualmente l’Europa dovrebbe denunciare “il massacro in corso di donne, bambini e civili, l’espulsione di milioni di persone dalle loro case, i territori occupati in dispregio delle delibere dell’Onu, la pulizia etnica, gli insediamenti illegali, il regime di apartheid e la soppressione dei diritti civili dei palestinesi”. In merito alla natura dell’Unione europea, secondo la lista di Santoro essa “non deve diventare un Super-Stato che intenda la sovranità come un potere supremo. Di conseguenza è da escludere la costituzione di un Esercito Europeo”. Anche “Pace terra e dignità” correrà in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali. Tra gli altri candidati della lista, va annoverato il disegnatore satirico Vauro Senesi, il comico Paolo Rossi e il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo.


Entrambe le forze politiche hanno connotati fortemente antisistema, forse l’unico ingrediente, in un panorama in cui persino la Lega di Salvini ha assunto toni meno duri del passato nei confronti della Ue, in grado di catalizzare i tanti scontenti e delusi italiani dall’Unione, che potrebbero far superare a De Luca e a Santoro la soglia del 4%.

Europee, Meloni: andare a votare, serve Ue che non remi contro

Europee, Meloni: andare a votare, serve Ue che non remi controRoma, 7 giu. (askanews) – Le elezioni europee che prenderanno il via domani “sono importanti quanto le elezioni politiche, perché si possono avere grandi progetti ma fa la differenza se poi hai l’Unione Europea che ti rema contro o l’Unione Europea che ti dà una mano, l’Unione Europea, che a noi piaccia o no, si occuperà di moltissime cose nei prossimi anni, molte cose che ci riguardano da vicino”. Lo ha affermato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in una intervista al Tg5.


“Il punto – ha spiegato Meloni – è che come lo farà dipende da come i cittadini votano, cioè se noi domani avremo un’Unione Europea che vuole fermare l’immigrazione illegale o una che favorisce l’immigrazione illegale”, questo “dipende dal voto dei cittadini, se avremo una Ue che vuole imporci di comprare auto cinesi oppure una che incentiverà l’innovazione delle nostre imprese, se ne avremo una che favorirà il cibo sintetico o una che difenderà le nostre eccellenze, se ne avremo una che che vuole impedirci di dare l’assegno unico a 6 milioni di famiglie, come in parte sta accadendo in questi giorni, o una che incentiverà la natalità: questo dipende dal voto dei cittadini, è fondamentale andare a votare”.

Europee, l’appello Meloni: votare guardando all’interesse nazionale

Europee, l’appello Meloni: votare guardando all’interesse nazionaleRoma, 7 giu. (askanews) – “Sabato otto e domenica nove giugno si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e si deciderà quale debba essere il futuro dell’Unione Europea che a noi a volte sembra qualcosa di distante ma si tratta invece di questioni che riguardano da vicino la nostra vita ogni giorno”. Inizia così un video che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni affida ai suoi profili social per fare un appello a votare Fratelli d’Italia.


“Sabato e domenica – prosegue Meloni – siete voi a decidere del vostro futuro e siete voi che dovete decidere quanto l’Italia possa e debba essere forte in Europa. Forte per difendere i suoi interessi nazionali, forte per portare pragmatismo, serietà nelle scelte dell’Unione europea che sta perdendo il suo ruolo nel mondo. Io credo che si debba votare guardando all’interesse nazionale, e so anche quale sia il partito che da sempre su tutto difende l’interesse nazionale italiano”. “In appena un anno e mezzo di governo in Italia – spiega la premier – siamo riusciti a fermare un un declino che sembrava inarrestabile, a smentire i profeti di sventura e a ridare fiducia e credibilità alla nostra nazione. Vogliamo portare in Europa lo stesso cambiamento che abbiamo iniziato qui in Italia. Vogliamo un’Europa dove siano i cittadini a decidere e non i burocrati o le grandi lobby. Che faccia quindi gli interessi dei cittadini e dei popoli europei. Tutto quello che non ha saputo fare finora. Difendere i confini dall’immigrazione illegale, tutelare l’economia reale e i posti di lavoro, contrastare la concorrenza sleale che danneggia le nostre imprese, che danneggia i nostri prodotti, difendere veramente la natura ma lasciando da parte le dannose derive ideologiche e sostenere le famiglie, sostenere la natalità, cosa che non ha mai saputo e voluto fare finora”.

Europee, appello Meloni: votare guardando a interesse nazionale

Europee, appello Meloni: votare guardando a interesse nazionaleRoma, 7 giu. (askanews) – “Sabato otto e domenica nove giugno si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e si deciderà quale debba essere il futuro dell’Unione Europea che a noi a volte sembra qualcosa di distante ma si tratta invece di questioni che riguardano da vicino la nostra vita ogni giorno”. Inizia così un video che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni affida ai suoi profili social per fare un appello a votare Fratelli d’Italia.


“Sabato e domenica – prosegue Meloni – siete voi a decidere del vostro futuro e siete voi che dovete decidere quanto l’Italia possa e debba essere forte in Europa. Forte per difendere i suoi interessi nazionali, forte per portare pragmatismo, serietà nelle scelte dell’Unione europea che sta perdendo il suo ruolo nel mondo. Io credo che si debba votare guardando all’interesse nazionale, e so anche quale sia il partito che da sempre su tutto difende l’interesse nazionale italiano”. “In appena un anno e mezzo di governo in Italia – spiega la premier – siamo riusciti a fermare un un declino che sembrava inarrestabile, a smentire i profeti di sventura e a ridare fiducia e credibilità alla nostra nazione. Vogliamo portare in Europa lo stesso cambiamento che abbiamo iniziato qui in Italia. Vogliamo un’Europa dove siano i cittadini a decidere e non i burocrati o le grandi lobby. Che faccia quindi gli interessi dei cittadini e dei popoli europei. Tutto quello che non ha saputo fare finora. Difendere i confini dall’immigrazione illegale, tutelare l’economia reale e i posti di lavoro, contrastare la concorrenza sleale che danneggia le nostre imprese, che danneggia i nostri prodotti, difendere veramente la natura ma lasciando da parte le dannose derive ideologiche e sostenere le famiglie, sostenere la natalità, cosa che non ha mai saputo e voluto fare finora”.