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Cinema, Mattarella: assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente

Cinema, Mattarella: assicurare libertà anche a chi la pensa diversamenteRoma, 3 mag. (askanews) – Nel cinema “bisogna assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente”. Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando alla presentazione delle candidature ai David di Donatello.


Il capo dello Stato ha osservato come vada rivolta “grande attenzione in particolare all’espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L’ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza – ha detto Mattarella -. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”. “Il cinema, vivendo in un contesto di libertà e di pluralismo, svolge una preziosa funzione di ricerca e di sfida creativa, incoraggiato nel produrre, nell’innovare, anche nel rischiare”, ha evidenziato Mattarella.


“Abbiamo bisogno del cinema. Della sua sensibilità, della sua arte, delle sue visioni plurali”, ha sottolineato ancora Mattarella, proseguendo: “Il nostro cinema contiene nel suo dna una tensione alla dimensione nazionale. Sin dal tempo in cui ha contribuito con le pellicole degli anni Quaranta e Cinquanta a consolidarne la lingua in un Paese dai molti dialetti. Questa tensione si arricchisce con la creatività così ampiamente manifestata, con i successi nazionali e internazionali, con la rilettura della storia, degli eventi, dei protagonisti, con i valori di umanità e con i sentimenti che aiutano a rafforzare il senso di comunità. La storia del cinema ci ha fatto conoscere e apprezzare queste sue capacità”, ha concluso.

Mattarella: il cinema vive di libertà e pluralismo

Mattarella: il cinema vive di libertà e pluralismoRoma, 3 mag. (askanews) – “Il cinema, vivendo in un contesto di libertà e di pluralismo, svolge una preziosa funzione di ricerca e di sfida creativa, incoraggiato nel produrre, nell’innovare, anche nel rischiare”. Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso della cerimonia al Quirinale per la presentazione delle candidature ai David di Donatello.


Per il capo dello Stato inoltre il cinema ha un valore particolare per il nostro paese perché “la nostra storia, la storia della Repubblica, è passata dal Grande schermo, narrata attraverso emozioni, volti, sentimenti, attraverso vicende drammatiche e speranze”, e citando le parole di Alberto Lattuada alla prima riunione dell’associazione culturale del cinema italiano a Roma, pochi giorni prima del 25 aprile 1945: “Nulla è in grado di rivelare come il cinema i fondamenti di una nazione”.  Nel cinema, ha proseguito, “bisogna assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente”.  Il capo dello Stato ha osservato come vada rivolta “grande attenzione in particolare all`espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L`ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza – ha detto Mattarella -. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”..


 

Europee, Conte: candidature leader una ferita per la democrazia

Europee, Conte: candidature leader una ferita per la democraziaRoma, 3 mag. (askanews) – Giuseppe Conte torna a bocciare le candidature dei leader di partito alle elezioni europee. “Trovo – ha detto il presidente del Movimento 5 stelle in collegamento da Lecce con L’aria che tira, su La7 – che sia un modo per ferire ulteriormente la nostra democrazia già sofferente. Se noi riduciamo un passaggio elettorale importante, cioè chi mandare in Europa, chi scegliere attraverso le preferenze e affidare questa scelta ai cittadini e poi invece creiamo un meccanismo ingannevole, per cui ci sono dei leader che si candidano per cercare qualche punto in più, contribuiamo ancor di più a rendere sofferente questa democrazia. Non mi meraviglierei se ci fosse un sussulto di dignità, un rifiuto da parte dei cittadini”.


“Giorgia Meloni – ha aggiunto Conte – ha detto che vuole fare un sondaggio sulla sua politica in Europa, ma lei è già nel Consiglio europeo come leader, è lì che dovrebbe farsi valere, candidarsi a capolista non ha alcun senso”.

RSF: libertà stampa a rischio in Europa, Italia perde 5 posizioni

RSF: libertà stampa a rischio in Europa, Italia perde 5 posizioniMilano, 3 mag. (askanews) – Il nuovo rapporto sulla libertà della stampa pubblicato da Reporters sans Frontières descrive un’Europa che deve fronteggiare una “organizzazione” e subisce “l’influenza tossica del Cremlino”.


La classifica annuale di RSF vede infatti peggioramenti importanti nei Balcani e in tutta l’Europa orientale, ma non solo. “Nonostante l’Unione Europea abbia adottato la sua prima legge sulla libertà dei media, l’EMFA, e il fatto che tre Paesi europei – Norvegia, Danimarca e Svezia – siano ancora in cima alla classifica, i politici cercano di ridurre lo spazio per il giornalismo indipendente”, si legge nel rapporto. Nello specifico si punta l’attenzione sui leader di Ungheria e Slovacchia, Viktor Urban e Robert Fico, ma tra i Paesi europei dove la libertà di stampa è messa in difficoltà dalle ingerenze dei governi e della politica ci sono anche Malta e la Grecia, che stanno in fondo alla classifica. Perde cinque posizioni anche l’Italia della premier Giorgia Meloni, che si posiziona al 46esimo posto, mentre prima occupava il 41esimo. “Alcuni gruppi politici – si legge ancora nel report di RSF – alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli. Altri stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia attraverso media di proprietà statale sotto il loro controllo, sia attraverso media di proprietà privata attraverso acquisizioni da parte di uomini d’affari alleati. L’Italia di Giorgia Meloni – dove un membro della coalizione parlamentare al potere sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa (AGI) – è scesa di cinque posizioni quest’anno”.

Mattarella: le guerre minano la pace e minacciano la sicurezza dell’Europa

Mattarella: le guerre minano la pace e minacciano la sicurezza dell’EuropaRoma, 3 mag. (askanews) – “Nella realtà geopolitica che viviamo, dove i conflitti e guerre minano la pace e minacciano ormai direttamente le libertà e la sicurezza della stessa Europa, l’Esercito si conferma elemento essenziale del nostro strumento militare, di difesa della Repubblica e dei valori della sua Costituzione, e a sostegno della stabilità e della convivenza internazionali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al generale di Corpo d’Armata, Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione.


“Alle donne e agli uomini della forza armata, impegnati in Italia e all’estero, mi è grato rivolgere e ringraziamento del paese per la loro opera, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione, unitamente all’espressione dell’omaggio alla memoria dei caduti per l’Italia”, ha aggiunto il Capo dello Stato. “La loro professionalità, il senso di umanità e l’incondizionata dedizione alla tutela della comunità dei concittadini e dell’ordinamento internazionale, caratterizzano il loro servizio alla patria. Ufficiali, sottufficiali, graduati, militari di truppa e persona civile dell’esercito, in questa giornata di festa giungano a voi tutte alle vostre famiglie il saluto e l’augurio più calorosi. Viva l’esercito, viva le forze armate, viva la Repubblica!”, ha concluso Mattarella.

Mattarella: guerre minano pace e minacciano sicurezza Europa

Mattarella: guerre minano pace e minacciano sicurezza EuropaRoma, 3 mag. (askanews) – “Nella realtà geopolitica che viviamo, dove i conflitti e guerre minano la pace e minacciano ormai direttamente le libertà e la sicurezza della stessa Europa, l’Esercito si conferma elemento essenziale del nostro strumento militare, di difesa della Repubblica e dei valori della sua Costituzione, e a sostegno della stabilità e della convivenza internazionali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al generale di Corpo d’Armata, Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione.


“Alle donne e agli uomini della forza armata, impegnati in Italia e all’estero, mi è grato rivolgere e ringraziamento del paese per la loro opera, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione, unitamente all’espressione dell’omaggio alla memoria dei caduti per l’Italia”, ha aggiunto il Capo dello Stato. “La loro professionalità, il senso di umanità e l’incondizionata dedizione alla tutela della comunità dei concittadini e dell’ordinamento internazionale, caratterizzano il loro servizio alla patria. Ufficiali, sottufficiali, graduati, militari di truppa e persona civile dell’esercito, in questa giornata di festa giungano a voi tutte alle vostre famiglie il saluto e l’augurio più calorosi. Viva l’esercito, viva le forze armate, viva la Repubblica!”, ha concluso Mattarella.

Su referendum Cgil Pd cerca un equilibrio delicato, Conte firma

Su referendum Cgil Pd cerca un equilibrio delicato, Conte firmaRoma, 2 mag. (askanews) – Il referendum sul ‘Jobs act’ irrompe nella campagna elettorale per le Europee, perché il tema è uno di quelli estremamente “sensibili” a sinistra e in casa Pd. La riforma voluta dieci anni fa da Matteo Renzi è un po un “totem”, ormai, un simbolo da abbattere per chi vuole chiudere una volta per tutte i conti con l’era dell’ex “rottamatore”, ma anche una questione da trattare con prudenza secondo buona parte della minoranza Pd, quella in passato più vicina al leader di Iv. Che la questione sia delicata lo dimostrano le parole di Elly Schlein oggi a La7. Se Giuseppe Conte già ieri ha firmato il quesito della Cgil, la segretaria Pd, a ‘Tagadà’ è stata molto più cauta: “Ogni iniziativa del sindacato la guardiamo con grande attenzione, nel rispetto della sua autonomia. Chiaramente mi aspetto che tante e tanti del Pd daranno una mano in quella raccolta”.


Una linea più prudente di quella del leader M5s, la segretaria apre al sostegno individuale dei molti che nel Pd sono favorevoli ma non schiera ufficialmente il partito. Perché non è un mistero che sul punto tra i democratici le posizioni sono articolate e nel Pd non sfugge a nessuno che la posizione di Conte può essere letta anche alla luce di questo dato. Come sull’Ucraina – è il ragionamento – il leader 5 stelle prova a scavalcare il Pd a sinistra, contando sul fatto che i democratici dovranno tenere inevitabilmente una linea più prudente. Linea che, non a caso, viene illustrata da Matteo Orfini, che da ex presidente del partito sa quanto sia opportuno evitare mosse impulsive su argomenti del genere: “Non credo che questo referendum sia tema da affrontare in campagna elettorale, immagino ci sarà una direzione. È del tutto evidente che è un argomento sul quale ci sono nel Pd opinioni differenti, si farà a tempo debito una discussione negli organismi dirigenti e assumeremo una discussione comune, come facciamo sempre”.


Del resto, per avere conferma dello scenario appena descritto basta ascoltare due esponenti Pd. Arturo Scotto, esponente della sinistra del partito e capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, è tra quelli che darà una mano al referendum: “Saranno tanti i militanti e i dirigenti del Pd che daranno una mano a raccogliere le firme, come ha detto la segretaria. Anche io sarò tra questi”. Alessandro Alfieri, responsabile riforme in segreteria Pd e esponente della minoranza del partito, la vede molto diversamente: “Guardiamo avanti, il ‘Jobs act’ allora lo votò la maggior parte del Pd. Perché dobbiamo andare a riaprire ferite del passato? Guardiamo a ciò che ci unisce, guardiamo avanti. Parliamo di salario minimo”.


D’altro canto, ricorda Scotto, l’idea del superamento del ‘Jobs act’ era giù nel programma di Enrico Letta per le politiche 2022 e “lo abbiamo scritto nella mozione unitaria dedicata al primo maggio firmata insieme ad Avs e M5S, presentata in Parlamento tre settimane fa e purtroppo bocciata dalla maggioranza”. Ma un conto è ipotizzare una revisione in Parlamento della legge di dieci anni fa, altra cosa è il referendum annunciato dalla Cgil e subito sottoscritto da Conte. Non è esattamente quella ricerca di “ciò che unisce” rivendicata anche oggi dalla Schlein come bussola per costruire l’alternativa. La leader Pd sa che fa parte della logica della campagna elettorale, “che ci sia competizione prima delle Europee è fisiologico”, ha detto oggi in Tv quando le è stato chiesto se fosse preoccupata dagli “schiaffi” del leader M5s.


La linea della Schlein rimane la stessa: “Abbiamo la consapevolezza di non poter fare da soli. Stiamo crescendo, siamo cresciuti di sei punti, ma non bastiamo. Allora vogliamo parlare con le altre forze di opposizione, non solo con M5s. come facciamo a metterci insieme?”. La risposta per la segretaria è sempre la stessa: “Siamo d’accordo sul salario minimo? Andiamo avanti su quello insieme. Siamo d’accordo a salvare la sanità pubblica dai tagli che questo governo sta facendo?”. La competizione, è il convincimento del Pd – o almeno la speranza – svanirà dopo le Europee.

Sul referendum sul Jobs act della Cgil il Pd cerca un equilibrio delicato (Conte firma)

Sul referendum sul Jobs act della Cgil il Pd cerca un equilibrio delicato (Conte firma)Roma, 2 mag. (askanews) – Il referendum sul ‘Jobs act’ irrompe nella campagna elettorale per le Europee, perché il tema è uno di quelli estremamente “sensibili” a sinistra e in casa Pd. La riforma voluta dieci anni fa da Matteo Renzi è un po un “totem”, ormai, un simbolo da abbattere per chi vuole chiudere una volta per tutte i conti con l’era dell’ex “rottamatore”, ma anche una questione da trattare con prudenza secondo buona parte della minoranza Pd, quella in passato più vicina al leader di Iv. Che la questione sia delicata lo dimostrano le parole di Elly Schlein oggi a La7. Se Giuseppe Conte già ieri ha firmato il quesito della Cgil, la segretaria Pd, a ‘Tagadà’ è stata molto più cauta: “Ogni iniziativa del sindacato la guardiamo con grande attenzione, nel rispetto della sua autonomia. Chiaramente mi aspetto che tante e tanti del Pd daranno una mano in quella raccolta”.


Una linea più prudente di quella del leader M5s, la segretaria apre al sostegno individuale dei molti che nel Pd sono favorevoli ma non schiera ufficialmente il partito. Perché non è un mistero che sul punto tra i democratici le posizioni sono articolate e nel Pd non sfugge a nessuno che la posizione di Conte può essere letta anche alla luce di questo dato. Come sull’Ucraina – è il ragionamento – il leader 5 stelle prova a scavalcare il Pd a sinistra, contando sul fatto che i democratici dovranno tenere inevitabilmente una linea più prudente. Linea che, non a caso, viene illustrata da Matteo Orfini, che da ex presidente del partito sa quanto sia opportuno evitare mosse impulsive su argomenti del genere: “Non credo che questo referendum sia tema da affrontare in campagna elettorale, immagino ci sarà una direzione. È del tutto evidente che è un argomento sul quale ci sono nel Pd opinioni differenti, si farà a tempo debito una discussione negli organismi dirigenti e assumeremo una discussione comune, come facciamo sempre”.


Del resto, per avere conferma dello scenario appena descritto basta ascoltare due esponenti Pd. Arturo Scotto, esponente della sinistra del partito e capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, è tra quelli che darà una mano al referendum: “Saranno tanti i militanti e i dirigenti del Pd che daranno una mano a raccogliere le firme, come ha detto la segretaria. Anche io sarò tra questi”. Alessandro Alfieri, responsabile riforme in segreteria Pd e esponente della minoranza del partito, la vede molto diversamente: “Guardiamo avanti, il ‘Jobs act’ allora lo votò la maggior parte del Pd. Perché dobbiamo andare a riaprire ferite del passato? Guardiamo a ciò che ci unisce, guardiamo avanti. Parliamo di salario minimo”.


D’altro canto, ricorda Scotto, l’idea del superamento del ‘Jobs act’ era giù nel programma di Enrico Letta per le politiche 2022 e “lo abbiamo scritto nella mozione unitaria dedicata al primo maggio firmata insieme ad Avs e M5S, presentata in Parlamento tre settimane fa e purtroppo bocciata dalla maggioranza”. Ma un conto è ipotizzare una revisione in Parlamento della legge di dieci anni fa, altra cosa è il referendum annunciato dalla Cgil e subito sottoscritto da Conte. Non è esattamente quella ricerca di “ciò che unisce” rivendicata anche oggi dalla Schlein come bussola per costruire l’alternativa. La leader Pd sa che fa parte della logica della campagna elettorale, “che ci sia competizione prima delle Europee è fisiologico”, ha detto oggi in Tv quando le è stato chiesto se fosse preoccupata dagli “schiaffi” del leader M5s.


La linea della Schlein rimane la stessa: “Abbiamo la consapevolezza di non poter fare da soli. Stiamo crescendo, siamo cresciuti di sei punti, ma non bastiamo. Allora vogliamo parlare con le altre forze di opposizione, non solo con M5s. come facciamo a metterci insieme?”. La risposta per la segretaria è sempre la stessa: “Siamo d’accordo sul salario minimo? Andiamo avanti su quello insieme. Siamo d’accordo a salvare la sanità pubblica dai tagli che questo governo sta facendo?”. La competizione, è il convincimento del Pd – o almeno la speranza – svanirà dopo le Europee.

Sono regolari 52 rendiconti dei partiti su 76: su Pd-Lega ancora controlli

Sono regolari 52 rendiconti dei partiti su 76: su Pd-Lega ancora controlliRoma, 2 mag. (askanews) – Su 76 rendiconti presentati dai relativi partiti e movimenti politici “52 sono stati riconosciuti regolari e conformi alla legge. Per i restanti 24 partiti e movimenti politici sono ancora in corso le attività di controllo”. È quanto si legge nella relazione della Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici trasmessa il 29 aprile scorso al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e pubblicata sul sito internet di Montecitorio.


“Nel corso dell’anno trascorso, l’attività di controllo è stata effettuata con riferimento ai rendiconti relativi all’esercizio contabile 2022 nonché a quelli residuali dell’esercizio precedente che, presentando irregolarità, risultano tuttora sottoposti a verifica a causa di interlocuzioni avviate e non ancora concluse con gli organi di partito”, si legge nella premessa della relazione firmata dalla presidente della commissione, Cristina Zuccheretti. Tra i principali partiti e i movimenti i cui rendiconti per l’anno 2022 sono stati riconosciuti regolari e conformi alla legge alla data del 29 aprile 2024, ci sono Fratelli d’Italia, Forza Italia, Noi Moderati, Italia Viva, Più Europa, Radicali Italiani, Sudtiroler Volkspartei. Tra quelli che non sono ancora stati certificati come regolari e su cui i controlli della Commissione sono ancora “in itinere” figurano la Lega Nord, la Lega per Salvini premier, il Movimento 5 stelle, il Partito democratico, Sinistra Italiana, l’Udc, Sud Chiama Nord, Union Valdotaine.


È in corso l’attività di controllo anche su 10 fondazioni/associazioni e numerosi circoli territoriali, equiparati ai partiti/movimenti politici anch’essi obbligati alla rendicontazione dopo l’estensione della normativa.

Europee, Vannacci: non credo sia utile definirsi antifascista

Europee, Vannacci: non credo sia utile definirsi antifascistaNapoli, 2 mag. (askanews) – “Io non mi sono mai definito antifascista perché non credo che sia utile nel definirsi tale, non è richiesto da nessuna norma, da nessuna legge. Il fascismo è finito 100 anni fa e quindi non si è anti qualcosa che non esiste”. A dirlo è Roberto Vannacci durante la presentazione del suo libro “Il coraggio vince” al teatro di Arte Vesuvio di Napoli.


“Il giuramento che prestano sia i politici che i militari non richiede di dichiararsi antifascismo, questa è una dichiarazione pretestuosa che serve ad alcune persone per assegnare una certificazione di qualità di cittadini di serie A o serie B” , ha aggiunto il generale candidato con la Lega alle elezioni europee.