Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Europee, avv. Di Pardo: se eletto Vannacci rischia, ma solo in caso ricorso

Europee, avv. Di Pardo: se eletto Vannacci rischia, ma solo in caso ricorsoRoma, 3 mag. (askanews) – “Il Generale Vannacci, se eletto in Parlamento europeo, rischia il posto ma solo se ci saranno ricorsi contro la sua elezione. In assenza di ricorsi, seppur ineleggibile, continuerà a ricoprire la carica”. Lo afferma l’Avvocato amministrativista Salvatore Di Pardo, commentando la vicenda relativa all’ineleggibilità del Generale Vannacci, ipotizzabile non solo in ragione della disciplina contenuta nell’ordinamento militare, ma anche in ragione di quanto disposto dal D.P.R. n. 361/1957, che esclude l’eleggibilità parlamentare degli ufficiali generali, nella circoscrizione del loro comando territoriale.


La ratio della normativa è quella di evitare che, per effetto del ruolo ricoperto dal candidato, possa definirsi un’influenza sugli elettori tale da determinare la stessa distorsione del meccanismo di voto. “Ritengo – continua l’Avv. Di Pardo – che vi siano i presupposti per applicare la norma citata anche ai casi in cui il candidato aspiri a ricoprire il ruolo di parlamentare europeo; ciò, proprio in ragione della illustrata ratio della normativa e del raccordo operato con il D.P.R. n. 361/1957 dalla normativa militare agli artt. 1485 e ss..”.


“Né può ritenersi che possa escludersi che il ruolo ricoperto dal Generale Vannacci non rientri fra quelli per cui è prevista l’ineleggibilità parlamentare, in quanto, sotto il profilo normativo, la posizione di capo di stato maggiore del comando delle forze operative terrestri incide sulle attività dei comandi operanti sull’intero territorio nazionale e per l’effetto potrebbe essere idonea a condizionare la libera espressione del voto”. “In ogni caso – conclude Salvatore Di Pardo – va osservato che la presenza di Vannacci in lista, anche qualora fosse dichiarato non eleggibile, influirà comunque sul risultato delle Europee, dal momento che tutti i voti espressi in favore di Vannacci andranno comunque a beneficio del partito in cui è candidato, la Lega”.

Vannacci: Meloni? Solo Salvini ha avuto ottimi risultati riducendo gli sbarchi di migranti

Vannacci: Meloni? Solo Salvini ha avuto ottimi risultati riducendo gli sbarchi di migrantiRoma, 3 mag. (askanews) – “Il ministro Salvini è stato l’unico con i suoi decreti ad aver ottenuto, dal punto di vista empirico, una fortissima riduzione dei flussi di immigrati irregolari in Italia. Oggettivamente i suoi decreti del 2018 hanno ottenuto risultati ottimi e sono stati la migliore soluzione adottata finora, lo dicono i fatti, i numeri, che non sono opinioni”. Così Roberto Vannacci, candidato per la Lega alle Europee, ad Affaritaliani.it.


Vannacci condivide la politica della premier Giorgia Meloni degli accordi bilaterali con i Paesi di transito e di origine dell’immigrazione irregolare e dice: “è una delle strade percorribili. L’importante sono i risultati, servono metodi che siano sinergici. Fa bene il presidente del Consiglio a portare avanti queste iniziative, ma serve a livello europeo ottimizzare l’impianto normativo per accettare solo l’immigrazione regolare e impedire quella clandestina”. Il generale plaude all’Australia: “ha risolto il problema dell’immigrazione clandestina nel 2013, democraticamente rispettando i diritti dell’uomo. Come? Con accordi bilaterali con l’Indonesia e con una politica anti immigratoria estremamente muscolare e determinata. Oggi l’unico modo per andare in Australia è richiedendo il visto. La strategia ha avuto un ottimo risultato e l’Australia non è stata condannata per il mancato rispetto dei diritti umani da alcun tribunale internazionale. Quello australiano è un esempio che si può seguire, ovviamente contestualizzandolo alla realtà europea tenendo presente che nella stessa Europa ci sono Paesi mediterranei come Malta che hanno già posto severe limitazioni all’ingresso irregolare di immigrati. Ed è quindi come se l’Italia sia soggetta ad accoglierli per colpa di politiche poco restrittive che non rendono sconveniente l’approdo in Italia”.

Cinema, Mattarella: assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente

Cinema, Mattarella: assicurare libertà anche a chi la pensa diversamenteRoma, 3 mag. (askanews) – Nel cinema “bisogna assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente”. Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando alla presentazione delle candidature ai David di Donatello.


Il capo dello Stato ha osservato come vada rivolta “grande attenzione in particolare all’espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L’ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza – ha detto Mattarella -. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”. “Il cinema, vivendo in un contesto di libertà e di pluralismo, svolge una preziosa funzione di ricerca e di sfida creativa, incoraggiato nel produrre, nell’innovare, anche nel rischiare”, ha evidenziato Mattarella.


“Abbiamo bisogno del cinema. Della sua sensibilità, della sua arte, delle sue visioni plurali”, ha sottolineato ancora Mattarella, proseguendo: “Il nostro cinema contiene nel suo dna una tensione alla dimensione nazionale. Sin dal tempo in cui ha contribuito con le pellicole degli anni Quaranta e Cinquanta a consolidarne la lingua in un Paese dai molti dialetti. Questa tensione si arricchisce con la creatività così ampiamente manifestata, con i successi nazionali e internazionali, con la rilettura della storia, degli eventi, dei protagonisti, con i valori di umanità e con i sentimenti che aiutano a rafforzare il senso di comunità. La storia del cinema ci ha fatto conoscere e apprezzare queste sue capacità”, ha concluso.

Mattarella: il cinema vive di libertà e pluralismo

Mattarella: il cinema vive di libertà e pluralismoRoma, 3 mag. (askanews) – “Il cinema, vivendo in un contesto di libertà e di pluralismo, svolge una preziosa funzione di ricerca e di sfida creativa, incoraggiato nel produrre, nell’innovare, anche nel rischiare”. Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso della cerimonia al Quirinale per la presentazione delle candidature ai David di Donatello.


Per il capo dello Stato inoltre il cinema ha un valore particolare per il nostro paese perché “la nostra storia, la storia della Repubblica, è passata dal Grande schermo, narrata attraverso emozioni, volti, sentimenti, attraverso vicende drammatiche e speranze”, e citando le parole di Alberto Lattuada alla prima riunione dell’associazione culturale del cinema italiano a Roma, pochi giorni prima del 25 aprile 1945: “Nulla è in grado di rivelare come il cinema i fondamenti di una nazione”.  Nel cinema, ha proseguito, “bisogna assicurare libertà anche a chi la pensa diversamente”.  Il capo dello Stato ha osservato come vada rivolta “grande attenzione in particolare all`espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L`ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza – ha detto Mattarella -. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”..


 

Europee, Conte: candidature leader una ferita per la democrazia

Europee, Conte: candidature leader una ferita per la democraziaRoma, 3 mag. (askanews) – Giuseppe Conte torna a bocciare le candidature dei leader di partito alle elezioni europee. “Trovo – ha detto il presidente del Movimento 5 stelle in collegamento da Lecce con L’aria che tira, su La7 – che sia un modo per ferire ulteriormente la nostra democrazia già sofferente. Se noi riduciamo un passaggio elettorale importante, cioè chi mandare in Europa, chi scegliere attraverso le preferenze e affidare questa scelta ai cittadini e poi invece creiamo un meccanismo ingannevole, per cui ci sono dei leader che si candidano per cercare qualche punto in più, contribuiamo ancor di più a rendere sofferente questa democrazia. Non mi meraviglierei se ci fosse un sussulto di dignità, un rifiuto da parte dei cittadini”.


“Giorgia Meloni – ha aggiunto Conte – ha detto che vuole fare un sondaggio sulla sua politica in Europa, ma lei è già nel Consiglio europeo come leader, è lì che dovrebbe farsi valere, candidarsi a capolista non ha alcun senso”.

RSF: libertà stampa a rischio in Europa, Italia perde 5 posizioni

RSF: libertà stampa a rischio in Europa, Italia perde 5 posizioniMilano, 3 mag. (askanews) – Il nuovo rapporto sulla libertà della stampa pubblicato da Reporters sans Frontières descrive un’Europa che deve fronteggiare una “organizzazione” e subisce “l’influenza tossica del Cremlino”.


La classifica annuale di RSF vede infatti peggioramenti importanti nei Balcani e in tutta l’Europa orientale, ma non solo. “Nonostante l’Unione Europea abbia adottato la sua prima legge sulla libertà dei media, l’EMFA, e il fatto che tre Paesi europei – Norvegia, Danimarca e Svezia – siano ancora in cima alla classifica, i politici cercano di ridurre lo spazio per il giornalismo indipendente”, si legge nel rapporto. Nello specifico si punta l’attenzione sui leader di Ungheria e Slovacchia, Viktor Urban e Robert Fico, ma tra i Paesi europei dove la libertà di stampa è messa in difficoltà dalle ingerenze dei governi e della politica ci sono anche Malta e la Grecia, che stanno in fondo alla classifica. Perde cinque posizioni anche l’Italia della premier Giorgia Meloni, che si posiziona al 46esimo posto, mentre prima occupava il 41esimo. “Alcuni gruppi politici – si legge ancora nel report di RSF – alimentano l’odio e la sfiducia nei confronti dei giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli. Altri stanno orchestrando un’acquisizione dell’ecosistema mediatico, sia attraverso media di proprietà statale sotto il loro controllo, sia attraverso media di proprietà privata attraverso acquisizioni da parte di uomini d’affari alleati. L’Italia di Giorgia Meloni – dove un membro della coalizione parlamentare al potere sta cercando di acquisire la seconda più grande agenzia di stampa (AGI) – è scesa di cinque posizioni quest’anno”.

Mattarella: le guerre minano la pace e minacciano la sicurezza dell’Europa

Mattarella: le guerre minano la pace e minacciano la sicurezza dell’EuropaRoma, 3 mag. (askanews) – “Nella realtà geopolitica che viviamo, dove i conflitti e guerre minano la pace e minacciano ormai direttamente le libertà e la sicurezza della stessa Europa, l’Esercito si conferma elemento essenziale del nostro strumento militare, di difesa della Repubblica e dei valori della sua Costituzione, e a sostegno della stabilità e della convivenza internazionali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al generale di Corpo d’Armata, Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione.


“Alle donne e agli uomini della forza armata, impegnati in Italia e all’estero, mi è grato rivolgere e ringraziamento del paese per la loro opera, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione, unitamente all’espressione dell’omaggio alla memoria dei caduti per l’Italia”, ha aggiunto il Capo dello Stato. “La loro professionalità, il senso di umanità e l’incondizionata dedizione alla tutela della comunità dei concittadini e dell’ordinamento internazionale, caratterizzano il loro servizio alla patria. Ufficiali, sottufficiali, graduati, militari di truppa e persona civile dell’esercito, in questa giornata di festa giungano a voi tutte alle vostre famiglie il saluto e l’augurio più calorosi. Viva l’esercito, viva le forze armate, viva la Repubblica!”, ha concluso Mattarella.

Mattarella: guerre minano pace e minacciano sicurezza Europa

Mattarella: guerre minano pace e minacciano sicurezza EuropaRoma, 3 mag. (askanews) – “Nella realtà geopolitica che viviamo, dove i conflitti e guerre minano la pace e minacciano ormai direttamente le libertà e la sicurezza della stessa Europa, l’Esercito si conferma elemento essenziale del nostro strumento militare, di difesa della Repubblica e dei valori della sua Costituzione, e a sostegno della stabilità e della convivenza internazionali”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al generale di Corpo d’Armata, Carmine Masiello, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione.


“Alle donne e agli uomini della forza armata, impegnati in Italia e all’estero, mi è grato rivolgere e ringraziamento del paese per la loro opera, in occasione del 163º anniversario dall’istituzione, unitamente all’espressione dell’omaggio alla memoria dei caduti per l’Italia”, ha aggiunto il Capo dello Stato. “La loro professionalità, il senso di umanità e l’incondizionata dedizione alla tutela della comunità dei concittadini e dell’ordinamento internazionale, caratterizzano il loro servizio alla patria. Ufficiali, sottufficiali, graduati, militari di truppa e persona civile dell’esercito, in questa giornata di festa giungano a voi tutte alle vostre famiglie il saluto e l’augurio più calorosi. Viva l’esercito, viva le forze armate, viva la Repubblica!”, ha concluso Mattarella.

Su referendum Cgil Pd cerca un equilibrio delicato, Conte firma

Su referendum Cgil Pd cerca un equilibrio delicato, Conte firmaRoma, 2 mag. (askanews) – Il referendum sul ‘Jobs act’ irrompe nella campagna elettorale per le Europee, perché il tema è uno di quelli estremamente “sensibili” a sinistra e in casa Pd. La riforma voluta dieci anni fa da Matteo Renzi è un po un “totem”, ormai, un simbolo da abbattere per chi vuole chiudere una volta per tutte i conti con l’era dell’ex “rottamatore”, ma anche una questione da trattare con prudenza secondo buona parte della minoranza Pd, quella in passato più vicina al leader di Iv. Che la questione sia delicata lo dimostrano le parole di Elly Schlein oggi a La7. Se Giuseppe Conte già ieri ha firmato il quesito della Cgil, la segretaria Pd, a ‘Tagadà’ è stata molto più cauta: “Ogni iniziativa del sindacato la guardiamo con grande attenzione, nel rispetto della sua autonomia. Chiaramente mi aspetto che tante e tanti del Pd daranno una mano in quella raccolta”.


Una linea più prudente di quella del leader M5s, la segretaria apre al sostegno individuale dei molti che nel Pd sono favorevoli ma non schiera ufficialmente il partito. Perché non è un mistero che sul punto tra i democratici le posizioni sono articolate e nel Pd non sfugge a nessuno che la posizione di Conte può essere letta anche alla luce di questo dato. Come sull’Ucraina – è il ragionamento – il leader 5 stelle prova a scavalcare il Pd a sinistra, contando sul fatto che i democratici dovranno tenere inevitabilmente una linea più prudente. Linea che, non a caso, viene illustrata da Matteo Orfini, che da ex presidente del partito sa quanto sia opportuno evitare mosse impulsive su argomenti del genere: “Non credo che questo referendum sia tema da affrontare in campagna elettorale, immagino ci sarà una direzione. È del tutto evidente che è un argomento sul quale ci sono nel Pd opinioni differenti, si farà a tempo debito una discussione negli organismi dirigenti e assumeremo una discussione comune, come facciamo sempre”.


Del resto, per avere conferma dello scenario appena descritto basta ascoltare due esponenti Pd. Arturo Scotto, esponente della sinistra del partito e capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, è tra quelli che darà una mano al referendum: “Saranno tanti i militanti e i dirigenti del Pd che daranno una mano a raccogliere le firme, come ha detto la segretaria. Anche io sarò tra questi”. Alessandro Alfieri, responsabile riforme in segreteria Pd e esponente della minoranza del partito, la vede molto diversamente: “Guardiamo avanti, il ‘Jobs act’ allora lo votò la maggior parte del Pd. Perché dobbiamo andare a riaprire ferite del passato? Guardiamo a ciò che ci unisce, guardiamo avanti. Parliamo di salario minimo”.


D’altro canto, ricorda Scotto, l’idea del superamento del ‘Jobs act’ era giù nel programma di Enrico Letta per le politiche 2022 e “lo abbiamo scritto nella mozione unitaria dedicata al primo maggio firmata insieme ad Avs e M5S, presentata in Parlamento tre settimane fa e purtroppo bocciata dalla maggioranza”. Ma un conto è ipotizzare una revisione in Parlamento della legge di dieci anni fa, altra cosa è il referendum annunciato dalla Cgil e subito sottoscritto da Conte. Non è esattamente quella ricerca di “ciò che unisce” rivendicata anche oggi dalla Schlein come bussola per costruire l’alternativa. La leader Pd sa che fa parte della logica della campagna elettorale, “che ci sia competizione prima delle Europee è fisiologico”, ha detto oggi in Tv quando le è stato chiesto se fosse preoccupata dagli “schiaffi” del leader M5s.


La linea della Schlein rimane la stessa: “Abbiamo la consapevolezza di non poter fare da soli. Stiamo crescendo, siamo cresciuti di sei punti, ma non bastiamo. Allora vogliamo parlare con le altre forze di opposizione, non solo con M5s. come facciamo a metterci insieme?”. La risposta per la segretaria è sempre la stessa: “Siamo d’accordo sul salario minimo? Andiamo avanti su quello insieme. Siamo d’accordo a salvare la sanità pubblica dai tagli che questo governo sta facendo?”. La competizione, è il convincimento del Pd – o almeno la speranza – svanirà dopo le Europee.

Sul referendum sul Jobs act della Cgil il Pd cerca un equilibrio delicato (Conte firma)

Sul referendum sul Jobs act della Cgil il Pd cerca un equilibrio delicato (Conte firma)Roma, 2 mag. (askanews) – Il referendum sul ‘Jobs act’ irrompe nella campagna elettorale per le Europee, perché il tema è uno di quelli estremamente “sensibili” a sinistra e in casa Pd. La riforma voluta dieci anni fa da Matteo Renzi è un po un “totem”, ormai, un simbolo da abbattere per chi vuole chiudere una volta per tutte i conti con l’era dell’ex “rottamatore”, ma anche una questione da trattare con prudenza secondo buona parte della minoranza Pd, quella in passato più vicina al leader di Iv. Che la questione sia delicata lo dimostrano le parole di Elly Schlein oggi a La7. Se Giuseppe Conte già ieri ha firmato il quesito della Cgil, la segretaria Pd, a ‘Tagadà’ è stata molto più cauta: “Ogni iniziativa del sindacato la guardiamo con grande attenzione, nel rispetto della sua autonomia. Chiaramente mi aspetto che tante e tanti del Pd daranno una mano in quella raccolta”.


Una linea più prudente di quella del leader M5s, la segretaria apre al sostegno individuale dei molti che nel Pd sono favorevoli ma non schiera ufficialmente il partito. Perché non è un mistero che sul punto tra i democratici le posizioni sono articolate e nel Pd non sfugge a nessuno che la posizione di Conte può essere letta anche alla luce di questo dato. Come sull’Ucraina – è il ragionamento – il leader 5 stelle prova a scavalcare il Pd a sinistra, contando sul fatto che i democratici dovranno tenere inevitabilmente una linea più prudente. Linea che, non a caso, viene illustrata da Matteo Orfini, che da ex presidente del partito sa quanto sia opportuno evitare mosse impulsive su argomenti del genere: “Non credo che questo referendum sia tema da affrontare in campagna elettorale, immagino ci sarà una direzione. È del tutto evidente che è un argomento sul quale ci sono nel Pd opinioni differenti, si farà a tempo debito una discussione negli organismi dirigenti e assumeremo una discussione comune, come facciamo sempre”.


Del resto, per avere conferma dello scenario appena descritto basta ascoltare due esponenti Pd. Arturo Scotto, esponente della sinistra del partito e capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, è tra quelli che darà una mano al referendum: “Saranno tanti i militanti e i dirigenti del Pd che daranno una mano a raccogliere le firme, come ha detto la segretaria. Anche io sarò tra questi”. Alessandro Alfieri, responsabile riforme in segreteria Pd e esponente della minoranza del partito, la vede molto diversamente: “Guardiamo avanti, il ‘Jobs act’ allora lo votò la maggior parte del Pd. Perché dobbiamo andare a riaprire ferite del passato? Guardiamo a ciò che ci unisce, guardiamo avanti. Parliamo di salario minimo”.


D’altro canto, ricorda Scotto, l’idea del superamento del ‘Jobs act’ era giù nel programma di Enrico Letta per le politiche 2022 e “lo abbiamo scritto nella mozione unitaria dedicata al primo maggio firmata insieme ad Avs e M5S, presentata in Parlamento tre settimane fa e purtroppo bocciata dalla maggioranza”. Ma un conto è ipotizzare una revisione in Parlamento della legge di dieci anni fa, altra cosa è il referendum annunciato dalla Cgil e subito sottoscritto da Conte. Non è esattamente quella ricerca di “ciò che unisce” rivendicata anche oggi dalla Schlein come bussola per costruire l’alternativa. La leader Pd sa che fa parte della logica della campagna elettorale, “che ci sia competizione prima delle Europee è fisiologico”, ha detto oggi in Tv quando le è stato chiesto se fosse preoccupata dagli “schiaffi” del leader M5s.


La linea della Schlein rimane la stessa: “Abbiamo la consapevolezza di non poter fare da soli. Stiamo crescendo, siamo cresciuti di sei punti, ma non bastiamo. Allora vogliamo parlare con le altre forze di opposizione, non solo con M5s. come facciamo a metterci insieme?”. La risposta per la segretaria è sempre la stessa: “Siamo d’accordo sul salario minimo? Andiamo avanti su quello insieme. Siamo d’accordo a salvare la sanità pubblica dai tagli che questo governo sta facendo?”. La competizione, è il convincimento del Pd – o almeno la speranza – svanirà dopo le Europee.