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Leghisti insofferenti e il sarcasmo di Crosetto, la candidatura alle Europee di Vannacci agita il centrodestra

Leghisti insofferenti e il sarcasmo di Crosetto, la candidatura alle Europee di Vannacci agita il centrodestraMilano, 26 apr. (askanews) – Sono passate meno di 24 ore dall’ufficialità della candidatura di Roberto Vannacci, e le acque nel centrodestra iniziano ad agitarsi. I malumori di molti leghisti erano previsti, ma la tensione è anche con Fratelli d’Italia, col commento sarcastico del ministro Guido Crosetto e la risposta piccata del vice segretario del Carroccio Andrea Crippa.


L’insofferenza di parte della Lega già traspariva: l’ex ministro Gianmarco Centinaio, prima ancora dell’ufficialità, chiariva: “Se Vannacci sarà candidato nella mia circoscrizione non lo voterò, sceglierò uno della Lega che si è fatto il mazzo sul territorio”. Lo stesso concetto espresso oggi, seppure più elegantemente, dal governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: “Spero possa contribuire ad ottenere un buon risultato per la Lega, ma io sono molto contento dei candidati proposti in Friuli-Venezia Giulia, candidature di valore ed espressione del mio territorio e lavorerò per questi tre candidati, visto che al massimo si possono esprimere tre preferenze”. Del resto, gli eletti della Lega saranno molti di meno dell’ultima tornata: i più ottimisti si spingono a 7-8 eletti contro i 29 del 2019. La battaglia anche interna per l’elezione è serrata, e un leghista “del territorio” rischia di dover cedere il proprio seggio proprio al generale, indipendente e senza tessera. Lui intanto snobba le polemiche: “Problemi loro, io non ho la tessera”, dice in radio. E conferma che in qualche circoscrizione sarà lui a guidare l’elenco dei candidati leghisti: “Le decisioni le prenderà il partito, ma in qualcuna immagino sarò capolista”. Non un problema, per i fedelissimi salviniani (“Chi esprime la preferenza arriva al seggio già sapendo per chi votare, non guarda le liste. Vannacci aiuterà a a prendere qualche seggio in più”), ma puntare su un indipendente che assorbirà molto spazio “leghista” anche sui media è sicuramente motivo di malumore per chi chiede – da tempo – una Lega che torni a guardare con più attenzione ai territori.


Un nervosismo che si estende anche ai rapporti con gli alleati. Da ministro della Difesa, Guido Crosetto commenta con sarcasmo: “La candidatura di Vannacci è win-win: un bene per lui, un bene per la Lega, un bene per l’Esercito”, che si ‘liberebbe’ del problema costituito negli ultimi mesi dal generale. Commento che provoca la reazione, dura, del vice segretario leghista Crippa: Anche Crosetto ha tanto seguito nelle Forze Armate e in Leonardo. E visto che ha così tanto seguito si candidi…”. E un alto dirigente di FdI osserva: “Da indipendente Vannacci potrà fare quello che vuole, mentre la candidatura in più circoscrizioni gli darà la possibilità di scegliere chi ‘fare fuori’… Così rischia di distruggere la Lega”.

Ciriani a Fdi: conti con passato faatti, non ci facciano lezioni

Ciriani a Fdi: conti con passato faatti, non ci facciano lezioniPescara, 26 apr. (askanews) – Fratelli d’Italia “è un partito che ha fatto i conti con il suo passato, una volta per sempre, se lo mettano in testa, e ora guarda al futuro”. Lo ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, nel corso del dibattito di apertura della conferenza programmatica di Fdi a Pescara.


“In questi giorni, e l’unico passaggio che voglio fare su questa vicenda, soprattutto ieri ma anche i giorni precedenti, molti maestri – ha aggiunto – sono saliti in cattedra e ci hanno dato lezioni”. “Persiste in questo Paese – ha proseguito – un pezzo di mondo editoriale, di mondo giornalistico, culturale, universitario che continua a guardare al passato con un senso di odio e di divisione, che immagina l’Italia ancora divisa, italiani contro italiani, e che non ha ancora accettato l’idea siamo un avversario e non un nemico” che “si abbatte in qualsiasi modo, anche con le bugie, anche con le demonizzazioni, persino arrivando all’accarezzare l’antisemitismo: tutto vale pur di infangare chi è dall’altra parte e ha vinto legittimamente le libere elezioni democratiche”.

Nuovo scontro in commissione Camera su Autonomia, Pagano sospende seduta

Nuovo scontro in commissione Camera su Autonomia, Pagano sospende sedutaRoma, 26 apr. (askanews) – Nuovo scontro in commissione Affari costituzionali della Camera sull’ordine dei lavori per l’esame del ddl del governo sull’autonomia regionale differenziata. In gioco c’è la ripetizione del voto di mercoledì scorso decisa dal presidente della commissione, Nazario Pagano, che ha considerato “non conclusa” la procedura che aveva portato all’approvazione di un emendamento del M5S al ddl sull’autonomia regionale differenziata.


Le opposizioni avevano chiesto la convocazione di una conferenza dei capigruppo e il presidente Pagano, avendo avuto notizia dell’intenzione del presidente della Camera di convocarla, aveva sospeso la seduta annunciando che avrebbe fatto riprendere i lavori all’esito della riunione dei presidenti di gruppo. Ma Fontana ha convocato per le 21 la capigruppo, Pagano ha fatto riprendere i lavori, e Alfonso Colucci, capogruppo del M5S in commissione, gli ha contestato proprio il fatto di non aver atteso la conclusione della riunione serale. Il confronto ha assunto toni molto accesi, con Pagano che ha interrotto Colucci: “Ho detto che avremmo ripreso alla fine della conferenza dei capigruppo, che non si è svolta quindi è chiaro che riprendiamo i lavori. A questo punto – ha comunicato togliendo la parola all’esponente di opposizione – convoco l’ufficio di presidenza”, ha concluso. E l’ufficio di presidenza evidentemente sarà chiamato a precisare le decisioni sui lavori della commissione. “E’ gravissimo – ha tuonato Colucci prima che il collegamento con il circuito chiuso venisse troncato – lei non mi ha fatto concludere l’intervento!”

Fdi, al via a Pescara conferenza programmatica vista mare

Fdi, al via a Pescara conferenza programmatica vista marePescara, 26 apr. (askanews) – Tre sale conferenze, una sala stampa, circa 20 dibattiti in programma. Ha preso il via a Pescara la tre giorni della conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. Per l’occasione è stata allestita una grande tensostruttura sul lungomare, vicino alla celebre nave di Cascella.


Una location con vista sulla spiaggia e che, grazie alle pareti trasparenti, consente di avere il mare da sfondo ai vari panel in programma. L’allestimento della struttura nei giorni scorsi ha suscitato le proteste del centrosinistra in Comune. Il titolo della kermesse è anche lo slogan di Fdi per le prossime elezioni di giugno: “L’Italia cambia l’Europa”

Mattarella vola all’Onu per ribadire sostegno Italia a multilateralismo

Mattarella vola all’Onu per ribadire sostegno Italia a multilateralismoRoma, 26 apr. (askanews) – Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà all’Onu dal 5 al 7 maggio. Una visita importante per ribadire il sostegno dell’Italia al multilateralismo .


Lunedì 6 il capo dello Stato interverrà alla Conferenza sullo Stato di attuazione dell’obiettivo di sviluppo sostenibile 16 ‘Pace, Giustizia ed Istituzioni per lo sviluppo sostenibile”. L’Italia ha adottato questo obiettivo perché il più complesso e delicato, incentrato sulla pace, la democrazia, la governance e la giustizia, questioni che toccano nervi importanti per molti paesi. Insieme alla IDLO (International development Law Organization) e allOnu, il nostro paese ha deciso di monitorare lo stato di attuazione dell’agenda 2030 e in occasione della visita di Mattarella la Conferenza è stata organizzata questa volta proprio a New York per sottolineare l’importanza per l’Italia dell’agenda 2030. Sempre nella mattina del 6 il Presidente incontrerà al Metropolitan Club una qualificata rappresentanza della comunità italiana.


Nel pomeriggio alle 18,30 il capo dello Stato si recherà nuovamente al palazzo di vetro dove avrà il bilaterale (un colloquio di due ore “molto significativo “) con il segretario generale Antonio Guterrez. Sarà l’occasione per un confronto sulla situazione delle crisi in Ucraina e Medioriente e anche sulle altre crisi regionali in vista del Summit ONU del futuro che si terrà a settembre, un’occasione di riflessione sulle riforme che servono alle Nazioni unite e che trovano in questo momento diverse difficoltà politiche. L’indomani, martedì 7, ci sarà il momento principale di questa visita di Mattarella all’Onu con il discorso di fronte all’assemblea generale delle Nazioni unite dal titolo “Italia, Nazioni unite e multilateralismo per affrontare le sfide comuni “. Si tratta della prima volta per Mattarella, unico precedente di un capo dello Stato italiano all’assemblea generale risale al 2011 quando a parlare fu Napolitano.


Il palazzo di vetro deve affrontare la contrapposizione tra paesi del Nord e del Sud che si sta accentuando e che va risolta con un franco dialogo. Mattarella non potrà che ribadire i principi fondamentali della Carta che prevede mezzi pacifici per la risoluzione delle crisi su cui l’Italia ha sempre garantito il suo impegno. L’obiettivo principale è riaffermare l’impegno italiano e lo spirito di costruttivo dialogo che ispira anche la presidenza italiana del G7. Nel pomeriggio Mattarella si recherà all’Italian Academy della Columbia unversity, istituzione fondata negli anni 90, dove sarà accolto dal presidente Nemat Shakif e dal direttore David Freedberg. Subito dopo il capo dello Stato rivolgerà un saluto al comitato dei garanti dell’Italian Academy.


Infine l’incontro con il Personale del Consolato generale prima di fare ritorno in Italia.

Autonomia, la commissione riprende esame,scontro politico permane

Autonomia, la commissione riprende esame,scontro politico permaneRoma, 26 apr. (askanews) – Concluso l’ufficio di presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, è iniziata la seduta dell’organismo dedicata al disegno di legge sull’attuazione dell’autonomia regionale differenziata. Dopo che il presidente della commissione, Nazario Pagano di Forza Italia, ha comunicato l’intenzione di procedere alla ripetizione della votazione sull’emendamento del M5S approvato mercoledì scorso in una procedura che però la maggioranza non ha accettato di considerare conclusa, le opposizioni hanno continuato a contestare nell’ufficio di presidenza le decisioni della presidenza della commissione.


La discussione sta ora proseguendo nella seduta ordinaria della commissione, che viene trasmessa sul circuito riservato di Montecitorio. Dai gruppi delle opposizioni è filtrata la notizia di una consultazione in corso fra le minoranze parlamentari in vista della possibile richiesta urgente da inoltrare al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, di convocazione di una conferenza dei capigruppo.

Europee,Salis: mi candido per aiutare chi è nella mia situazione

Europee,Salis: mi candido per aiutare chi è nella mia situazioneRoma, 26 apr. (askanews) – “Ringrazio con tutto il cuore le persone che in Italia mi hanno supportato in questi mesi. Sono immensamente grata per tutto quello che si sta facendo per me e soprattutto sono fiera del fatto che un paese come l’Italia si sia mobilitato per ciò che mi sta accadendo”. Lo scrive la Salis in una lettera letta durante la conferenza stampa tenuta da Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni e dal padre Roberto Salis.


“Non è mia intenzione – dice la donna detenuta in Ungheria – sottrarmi al procedimento in cui sono imputata, ma difendermi nel processo, nel rispetto dei diritti fondamentali, nei principi di proporzionalità e della presunzione di innocenza. So di non essere un caso unico né eccezionale. Ho avuto la fortuna di non essere dimenticata, ma situazioni di ingiustizia simili sono all’ordine del giorno in diversi paesi d’Europa. Per questo, dopo notti insonni e settimane di tormentate riflessioni ho deciso di accettare la candidatura alle elezioni europee. Per portare l’attenzione che mi avete mostrato anche alle altre persone che si trovano nella mia stessa situazione e trasformare questa mia sfortunata vicenda in qualcosa di costruttivo per la tutela dei diritti fondamentali”.

Europee, Avs: Salis candidata per difendere lo Stato di diritto

Europee, Avs: Salis candidata per difendere lo Stato di dirittoRoma, 26 apr. (askanews) – La candidatura di Ilaria Salis serve per “cercare di risolvere la sua situazione personale” ma anche per “contribuire a disegnare un’Europa in cui i diritti fondamentali non possono essere cancellati” e per fare una battaglia per “lo stato di diritto”. Lo ha spiegato Nicola Fratoianni, durante una conferenza stampa tenuta insieme ad Angelo Bonelli e a Roberto Salis, padre della donna italiana detenuta in Ungheria.


“E’ molto apprezzabile – ha detto Roberto Salis – il gesto fatto da Alleanza Verdi-Sinistra. Porta avanti un concetto che dovrebbe far parte della nostra cultura: posso non essere d’accordo con le tue idee, ma sono disposto a dare la vita perché tu le possa esporre liberamente”. Il padre della donna ha spiegato: “Mia figlia sottoposta a una detenzione carceraria, per capi di imputazione obiettivamente ridicoli, peggiore del 41-bis in italia. Sta 23 ore in cella e un’ora d’aria. Se deve andare a fare la spesa allo spaccio non ha l’ora d’aria. Se qualcuno la va a visitare non ha l’ora d’aria”. Bonelli ha aggiunto: “Per noi di Avs questa è una battaglia per lo stato di diritto contro la barbarie che in Ungheria – e non solo – vede una sistematica violazione dei diritti umani e dello stato di diritto. La politicizzazione non è responsabilità di Roberto Salis ma del governo ungherese e di Orban in primis che ha trasformato Ilaria Salis in una preda politica. C’è un problema in Europa che si chiama Ungheria. Un problema dal punto di vista dei valori fondanti dell’Europa”.


Fratoianni ha spiegato: “Abbiamo scelto di fare un atto concreto, siamo impegnati perché venga eletta al Parlamento europeo. Non solo per chiudere la sua vicenda personale ma anche per contribuire a disegnare un’Europa in cui i diritti fondamentali non possono essere cancellati”.

Sicurezza, omicidio all’Ortomercato di Milano: il centrodestra attacca Sala

Sicurezza, omicidio all’Ortomercato di Milano: il centrodestra attacca SalaRoma, 26 apr. (askanews) – Centrodestra di nuovo all’attacco del sindaco Beppe Sala sulla sicurezza a Milano dopo l’omicidio questa notte in zona Ortomecato di un giovane diciottenne slavo che dormiva in un furgone, freddato nel sonno a colpi di pistola in via Varsavia. Jhonny Sulejmanovic, questo il nome della giovane vittima, è morto dopo il ricovero al Policlinico con ferite da arma da fuoco al torace e alle braccia. Alcuni testimoni avrebbero riferito di un gruppo di persone che ha preso a bastonate il furgone prima dell’esplosione dei colpi di pistola. “E’ il più grave episodio di una situazione di illegalità e degrado presente da anni in zona Ortomercato dove sono anni- ha scritto sui social il consigliere comunale Fdi Francesco Rocca- che i residenti esasperati segnalano le problematiche Oltre al cimitero di auto bruciate e rubate in via Bonfadini, all’entrata del campo nomadi di origine abruzzese e a fianco del mercato ortofrutticolo, in via Varsavia è presente da tempo un camping per carovane rom di origine balcanica”.


Anche dalla Lega è un coro di critiche al sindaco di Milano, ironizzando sull’ordinanza che vieta la vendita di bevande e cibi d’asporto dopo la mezzanotte: “Mentre Sala adotta provvedimenti assurdi come il divieto di mangiare il gelato per strada la sera, non si accorge che intanto a Milano si spara e si muore. I milanesi meritano una città più sicura, libera dal degrado, dove mamme, bambini, giovani e anziani possono liberamente uscire di casa senza incorrere in episodi del genere. La priorità è ristabilire legalità e ordine. Possibile che il sindaco non lo capisca?”, dice il coordinatore del partito in Lombardia Fabrizio Cecchetti. Gli fa eco il deputato Igor Iezzi: “Il sindaco tace e sembra più preoccupato dai milanesi che mangiano il gelato in strada la sera. Qualcuno a sinistra dovrebbe spiegare a Sala che con provvedimenti assurdi e fuori da ogni realtà non si combatte l’illegalità a Milano”. Interviene anche l’europarlamentare e consigliere comunale della Lega Silvia Sardone: “L’omicidio di questa notte di un 18enne che dormiva in un furgone in via Varsavia, dove è presente da tempo una carovana di nomadi, è la punta dell’iceberg della delinquenza rom in città. Proprio a due passi dal campo di via Bonfadini, centrale dell’illegalità fin troppo tollerata dal Comune, ecco un gravissimo episodio di sangue. La sinistra ha taciuto per anni e anni sulle vergognose condizioni del quartiere, pensando piuttosto a rimpinzare i rom di fondi pubblici per fallimentari progetti di integrazione. Ecco i risultati. Palazzo Marino faccia piazza pulita e si affidi alle forze dell’ordine anziché ai servizi sociali”.


(foto di archivio)

25 Aprile, il discorso integrale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

25 Aprile, il discorso integrale del Presidente della Repubblica Sergio MattarellaRoma, 25 apr. (askanews) – Il 25 aprile, in occasione del 79esimo anniversario della Liberazione, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato nel piccolo paese, a una ventina di chilometri da Arezzo, di Civitella in Val di Chiana, dove il 29 giugno 1944 i nazifascisti uccisero 244 persone. Nella piazza, intitolata a don Alcide Lazzeri che offrì la sua vita nella speranza, vana, di salvare la popolazione, furono giustiziati a gruppi di cinque gli uomini del paese, con un colpo alla nuca, Mattarella ha pronunciato il suo discorso per la Festa della Liberazione, ecco il testo integrale.


IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA PER IL 25 APRILE 2024 Rivolgo un saluto a tutti i presenti, alla Vicepresidente del Senato, al Ministro della difesa, al Presidente della Regione, al Sindaco, alle Autorità e, con affetto particolare, a tutti i cittadini di Civitella e ai Sindaci presenti.


Siamo qui, a Civitella in Val di Chiana, riuniti per celebrare il 25 aprile – l’anniversario della Liberazione -, a ottanta anni dalla terribile e disumana strage nazifascista perpetrata, in questo territorio, sulla inerme popolazione. Come abbiamo ascoltato, poc’anzi, dalle parole del Sindaco, della Professoressa Ponzani, dalle letture – e ringrazio Ottavia Piccolo per averci coinvolti, con commozione, nei drammatici ricordi che ci ha illustrato – e dalla testimonianza straordinaria di Ida Balò, gli eccidi avvennero, oltre che a Civitella, a Cornia, dove la crudeltà dei soldati della famigerata divisione Goering si sfogò in maniera particolarmente brutale, con stupri e uccisioni di bambini.


Nella stessa giornata si compiva, non lontano da qui, a San Pancrazio, un altro eccidio, dove furono sterminate oltre settanta persone. Come è attestato dai documenti processuali, gli eccidi furono pianificati a freddo, molti giorni prima, e furono portati a termine con l’inganno e con il tradimento della parola. Si attese, cinicamente, la festa dei Santi Pietro e Paolo per essere certi di poter effettuare un rastrellamento più numeroso di popolazione civile.


La tragica contabilità di quel 29 giugno del ’44, in queste terre, ci racconta di circa duecentocinquanta persone assassinate. Tra queste, donne, anziani, sacerdoti e oltre dieci ragazzi e bambini. Il più piccolo, Gloriano Polletti, aveva soltanto un anno. Maria Luisa Lammioni due. Il parroco di Civitella, Don Alcide Lazzeri, e quello di San Pancrazio, Don Giuseppe Torelli, provarono a offrire la loro vita per salvare quella del loro popolo, ma inutilmente. Furono uccisi anch’essi – come abbiamo sentito poc’anzi – insieme agli altri. Alcuni ostaggi, destinati alla morte, rimasero feriti o riuscirono a fuggire. Nei loro occhi, sbigottiti e impauriti, rimarrà per sempre impresso il ricordo di quel giorno di morte e di orrore. Sono venuto qui, oggi, a Civitella – uno dei luoghi simbolo della barbarie nazifascista – per fare memoria di tutte le vittime dei crimini di guerra, trucidate, in quel 1944, sul nostro territorio nazionale e anche all’estero. Non c’è alcuna parte del suolo italiano – con la sola eccezione della Sardegna – che non abbia patito la violenza nazifascista contro i civili e che non abbia pianto sulle spoglie dei propri concittadini brutalmente assassinati. La Regione che ci ospita – la Toscana – è tra quelle che hanno pagato il più alto tributo di sangue innocente, insieme al Piemonte e all’Emilia Romagna. La magistratura militare e gli storici, dopo un difficile lavoro di ricerca, durato decenni, hanno, finora, documentato sul nostro territorio italiano cinquemila crudeli e infami episodi di eccidi, rappresaglie, esecuzioni sommarie. Con queste barbare uccisioni, nella loro strategia di morte, i nazifascisti cercavano di fare terra bruciata attorno ai partigiani per proteggere la ritirata tedesca; cercavano di instaurare un regime di terrore nei confronti dei civili perché non si unissero ai partigiani; cercavano di operare vendette nei confronti di un popolo considerato inferiore da alleato e, dopo l’armistizio, traditore. Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale, contrari all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità. Nessuna ragione, militare o di qualunque altro genere, può infatti essere invocata l’uccisione di ostaggi e di prigionieri inermi. I nazifascisti ne erano ben consapevoli: i corpi dei partigiani combattenti, catturati, torturati, uccisi, dovevano rimanere esposti per giorni, come sinistro monito per la popolazione. Ma le stragi dei civili cercavano di tenerle nascoste e occultate, le vittime sepolte o bruciate. Non si sa se per un senso intimo di vergogna e disonore, o per evitare d’incorrere nei rigori di una futura giustizia, oppure, ancora, per non destare ulteriori sentimenti di rivolta tra gli italiani. All’infamia, ad esempio, della strage di Marzabotto – la più grande compiuta in Italia – seguì un corollario altrettanto indegno: la propaganda fascista, sui giornali sottoposti a controlli e censure, negava l’innegabile, provando a smentire l’accaduto, cercando di definire false le notizie dell’eccidio e irridendo i testimoni. Occorre – oggi e in futuro – far memoria di quelle stragi e di quelle vittime, e sono preziose le iniziative nazionali e regionali che la sorreggono. Senza memoria, non c’è futuro. Una lunga scia di sangue ha accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione. Il sangue dei martiri che hanno pagato con la loro vita le conseguenze terribili di una guerra ingiusta e sciagurata, combattuta a fianco di Hitler nella convinzione che la grandezza e l’influenza dell’Italia si sarebbero dispiegate su un nuovo ordine mondiale. Un ordine fondato sul dominio della razza, sulla sopraffazione o, addirittura, sullo sterminio di altri popoli. Un’aspirazione bruta, ignobile, ma anche vana. Totalmente sottomessa alla Germania imperialista di Hitler, l’Italia fascista, entrata nel conflitto senza alcun rispetto per i soldati mandati a morire cinicamente, non avrebbe comunque avuto scampo. Ebbe a notare, con precisione, Luigi Salvatorelli: «Con la sconfitta essa avrebbe perduto molto, con la vittoria tutto…» Generazioni di giovani italiani, educati, fin da bambini, al culto infausto della guerra e dell’obbedienza cieca e assoluta, erano stati mandati, in nome di una pretesa superiorità nazionale, ad aggredire con le armi nazioni vicine: le «patrie degli altri» come le chiamava don Lorenzo Milani. Nella disastrosa ritirata di Russia, sui campi di El Alamein, nelle brutali repressioni compiute in Grecia, nei Balcani, in Etiopia, nelle deportazioni di ebrei verso i campi di sterminio, nel sostegno ai nazisti nella repressione della popolazione civile, si consumò la rottura tra il popolo italiano e il fascismo. Si verificò – scrisse ancora Salvatorelli – «una crisi morale profonda, una disaffezione completa rispetto al regime, un crollo disastroso dell’idolo Mussolini.» Il fascismo aveva in realtà, da tempo, scoperto il suo volto, svelando i suoi veri tratti brutali e disumani. Come ci ricorda il prossimo centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti. L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità. La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura. Nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre termine al dominio nazifascista sul nostro territorio, per instaurare una convivenza nuova, fondata sul diritto e sulla pace. Scrisse Padre Davide Maria Turoldo: «Tra i morti della Resistenza vi erano seguaci di tutte le fedi. Ognuno aveva il suo Dio, ognuno aveva il suo credo, e parlavano lingue diverse, e avevano pelle di colore diverso, eppure nella libertà e nella umana dignità si sentivano fratelli». Fu così che reduci dalla guerra e giovani appassionati, contadini e intellettuali, monarchici e repubblicani, si unirono per lottare, con le armi, contro l’oppressore e l’invasore. Tra di loro uomini, donne, ragazzi, di ogni provenienza, di ogni età. Combatterono a viso aperto, con coraggio, contro un nemico feroce e soverchiante per numero, per armi e per addestramento. Vi fu l’eroica Resistenza dei circa seicentomila militari italiani che, dopo l’8 settembre, rifiutarono di servire la Repubblica di Salò, quel regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il totale controllo di Hitler. Furono passati per le armi, come a Cefalonia e a Corfù, o deportati nei lager tedeschi. Furono definiti “internati militari”, per negare loro in questo modo persino lo status di prigionieri di guerra. Ben cinquantamila di loro morirono nei campi di detenzione in Germania, a causa degli stenti e delle violenze. Vi fu la Resistenza della popolazione, ribellatasi spontaneamente di fronte a episodi di brutalità e alle violenze, scrivendo pagine di eroismo splendido di natura civile. Vi furono le coraggiose lotte operaie, culminate nei grandi scioperi nelle industrie delle città settentrionali. In tutta la Penisola, nelle montagne e nelle zone di mare, si attivò spontaneamente, in quegli anni drammatici, la rete clandestina della solidarietà, del risveglio delle coscienze e dell’umanità ritrovata. A migliaia, uomini, donne, religiosi, funzionari dello Stato, operai, borghesi, rischiando la propria vita e quella dei loro familiari, si opposero alla dittatura e alle violenze sistematiche, nascondendo soldati alleati, sostenendo la lotta partigiana, falsificando documenti per salvare ebrei dalla deportazione, stampando e diffondendo volantini di propaganda. Fu la Resistenza civile, la Resistenza senza armi, un movimento largo e diffuso, che vide anche la rinascita del protagonismo delle donne, sottratte finalmente al ruolo subalterno cui le destinava l’ideologia fascista. Scrive, riguardo a questo impegno, Claudio Pavone: «Essere pietosi verso altri esseri umani era di per sé una manifestazione di antifascismo e di resistenza, quale che ne fosse l’ispirazione, laica o religiosa. Il fascismo aveva insita l’ideologia della violenza, la pietà non era prevista…» La Resistenza, nelle sue forme così diverse, contribuì, in misura notevole, all’avanzata degli Alleati e alla sconfitta del nazifascismo. Ai circa trecentocinquantamila soldati, venuti da Paesi lontani, morti per liberare l’Italia e il mondo dall’incubo del nazifascismo, l’Italia si inchina doverosamente, con commozione e con riconoscenza. Quei ragazzi, che riposano sotto le lapidi bianche dei cimiteri alleati che costellano la nostra Penisola, li sentiamo come nostri caduti, come nostri figli. Liberazione, dunque, dall’occupante nazista, liberazione da una terribile guerra, ma anche da una dittatura spietata che, lungo l’arco di un ventennio, aveva soffocato i diritti politici e civili, calpestato le libertà fondamentali, perseguitato gli ebrei e le minoranze, educato i giovani alla sacrilega religione della violenza e del sopruso. L’entrata in guerra, accanto a Hitler, fu la diretta e inevitabile conseguenza di questo clima di fanatica esaltazione. Il 25 aprile è, per l’Italia, una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche. Quella pace e quella libertà, che – trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista – hanno prodotto la Costituzione repubblicana, in cui tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di saldo diniego di ogni forma o principio di autoritarismo o di totalitarismo. Aggiungo – utilizzando parole pronunciate da Aldo Moro nel 1975 – che “intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”. A differenza dei loro nemici, imbevuti del culto macabro della morte e della guerra, i patrioti della Resistenza fecero uso delle armi perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia. Oggi, in un tempo di grande preoccupazione, segnato, in Europa e ai suoi confini, da aggressioni, guerre e violenze, confidiamo, costantemente e convintamente, in quella speranza. E per questo va ripetuto: Viva la Liberazione, viva la libertà, viva la Repubblica!