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Scontro Pd-Fdi in aula Senato sul premierato, spunta altro Giurì d’onore

Scontro Pd-Fdi in aula Senato sul premierato, spunta altro Giurì d’onoreRoma, 8 feb. (askanews) – Le tensioni politiche sulle riforme istituzionali irrompono nell’aula del Senato dove, durante l’esame del ddl Nordio, è andato in scena un attacco del capogruppo del Pd, Francesco Boccia, al presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni. Uno scambio acceso che finisce con la richiesta di Balboni di convocare un giurì d’onore.


Ieri sera, durante i lavori della commissione Affari costituzionali, ha detto Boccia, è avvenuto un qualcosa che “mai, dico mai” era avvenuto prima, si sono superati “limiti” che riguardano il “rapporto non solo tra maggioranza e opposizione, ma anche tra presidente di commissione e componenti”. A Tito Magni (Avs), ha raccontato l’esponente Dem, “è stato detto che sarebbe stata chiamata la forza pubblica, addirittura, in una commissione parlamentare”. Boccia ha ricordato che il presidente deve tutelare “anche i miei diritti, quelli del mio gruppo parlamentare e quello dei gruppi parlamentari di opposizione”. Perché “lei – ha aggiunto – non è lì per rispondere al governo Meloni. Lei è lì per rispondere al Parlamento, al Senato”. E i tempi dei lavori “devono essere decisi prima. Non esiste che si faccia un’intesa sui tempi e poi il presidente, unilateralmente, senza nemmeno ascoltare l’Ufficio di Presidenza, decida che, da un certo momento in poi, si va avanti”, ha aggiunto spiegando su cosa si era incentrata la querelle. “Nessuno di noi può dire: qui comando io e si fa come dico io, perché tale comportamento non appartiene alla stagione repubblicana e io non vorrei che fosse l’ennesima dimostrazione di una insofferenza alle regole, l’ennesima dimostrazione di un’insofferenza verso un modello che noi continuiamo a difendere”, ha concluso Boccia.


Accuse respinte al mittente da Balboni, il quale riferisce tutta un’altra storia. “Il gruppo Pd – puntualizza – ieri sera è entrato in prima commissione per imporre ciò che non era stato stabilito” stravolgendo decisioni assunte “all’unanimità”. Durante l’illustrazione di un emendamento, “Magni si è alzato al suo fianco, incombendo su di lei e urlando a più riprese, impedendo alla senatrice Musolino di svolgere il suo intervento. All’ennesimo richiamo, poiché il senatore Magni non smetteva di urlare e sbraitare, ho detto: chiamiamo la forza pubblica. Intendevo i commessi, ovviamente”. E ha tenuto a sottolineare: “io non mi sono mai permesso di ridere degli emendamenti del senatore Magni; lo hanno fatto i colleghi del Pd. Questa è la verità. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Chiedo un giurì d’onore e chiedo che vengano sentiti i funzionari che erano presenti”. A buttare “un po di acqua sul fuoco” il presidente dei senatori della Lega, Massimilano Romeo, con l’invito a “convocare un ufficio di presidenza ad hoc dove vengano chiarite tutte queste incomprensioni, questi fraintendimenti, queste tensioni che possono capitare nell’ambito del normale svolgimento dei lavori su temi importanti”.


Dopo lo scontro in aula, Magni è tornato sulla questione con un comunicato dove ha ribadito la sua posizione”: “non nutro nessun rancore personale verso il presidente Balboni. E’ un problema puramente politico. Per me la questione personale è finita già ieri sera. Non permetto però a nessuno di mettere in discussione le posizioni che abbiamo presentato sulla questione del premierato. Noi, a differenza dei 5 Stelle, abbiamo presentato 1000 emendamenti, perché non siamo d’accordo e abbiamo utilizzato uno strumento democratico per cercare di dire la nostra. Non è permesso a nessuno ridicolizzare la nostra posizione”.

Sanremo, Geolier in testa dopo la seconda serata. Emozione Allevi

Sanremo, Geolier in testa dopo la seconda serata. Emozione AlleviRoma, 8 feb. (askanews) – La commozione di Giovanni Allevi sul palco del Teatro Ariston; il messaggio contro il femminicidio del cast di Mare Fuori; Giorgia che incanta il pubblico; la gag di Amadeus con Fiorello e John Travolta, nel ballo del qua qua. E poi tanta musica: 15 artisti che si esibiscono, presentati da altrettanti colleghi.


Nel giorno in cui Youtube diffonde la lista delle tendenze musicali – con Geolier in cima – lo stesso rapper napoletano conquista il gradino più alto della classifica provvisoria della seconda serata. Geolier chiude la serata davanti a Irama in seconda posizione, al terzo posto Annalisa, al quarto Loredana Bertè e Mahmood al quinto. Una classifica frutto della votazione delle radio e del televoto. Il momento più commovente è il racconto di Allevi che torna a suonare davanti al pubblico dopo quasi due anni di stop a causa della malattia (un mieloma multiplo) che lo ha costretto a cure, ricoveri. “All’improvviso mi è crollato tutto”, dice il maestro.


“Non suono più il pianoforte davanti ad un pubblico da quasi due anni. Nel mio ultimo concerto, alla Konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. E non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima”. Commosso, emozionato, davanti al pubblico del 74mo Festival della canzone italiana, Allevi si toglie il cappello per “liberarsi definitivamente dal peso del giudizio esterno” mostrando senza timore la sua chioma argentata. Poi torna a suonare il pianoforte: ho due vertebre rotte, mi tremano le mani ma suonerò con tutta la mia forza”, annuncia prima di presentare “Tomorrow”, perché “domani, per tutti noi, ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello”.


Quindici gli artisti in scaletta nella seconda serata, ognuno dei quali presentato da un collega in gara. Co-conduttrice della serata Giorgia: tight nero, pantaloncini corti e stivali neri, camicetta bianca, capelli raccolti, è entrata sul palco dell’Ariston intonando “E poi”, che quest’anno compie 30 anni. Da segnalare anche Dargen D’Amico che dopo la sua esibizione ha precisato le sue parole di ieri sul cessate il fuoco in Medio Oriente: “Posso fare una precisazione sulle mie parole di ieri sera? Perché ho letto la parola ‘politico’ vicino al mio nome. Non volevo essere politico. Ho commesso molti peccati, anche gravi. Ma non ho mai pensato di avvicinarmi alla politica, il mio messaggio era semplicemente guidato dall’amore e dalla sensazione che abbiamo sempre più cose in comune e su quelle mi vorrei concentrare”.


Di Serena Sartini

Europarlamento approva deregolamentazione dei nuovi Ogm (Ngt)

Europarlamento approva deregolamentazione dei nuovi Ogm (Ngt)Bruxelles, 7 feb. (askanews) – La lunga e complicata votazione sul regolamento sulle “nuove tecniche genomiche” (Ngt) della plenaria del Parlamento europeo, oggi a Strasburgo (con oltre 300 emendamenti, di cui molti approvati o respinti con una differenza di pochi voti), ha prodotto un testo che approva l’impianto di fondo della proposta della Commissione: una sostanziale deregolamentazione nell’Ue di questi nuovi Ogm “di precisione”, quando risultano da non più di 20 modificazioni genetiche (Ngt1) e sono perciò considerati come “sostanzialmente equivalenti” alle piante “convenzionali”.


Come prevede la proposta originaria, al di là delle 20 modificazioni genetiche (Ngt2) resta invece pienamente applicabile la normativa Ue sugli Ogm, ovvero un regime di autorizzazione fondato sulle valutazioni di rischio da parte dell’Efsa (l’Autorità Ue di sicurezza alimentare), con un sistema obbligatorio di tracciabilità ed etichettatura, e con la possibilità da parte degli Stati membri di imporre divieti di coltivazione sul proprio territorio nazionale. Il Parlamento europeo, tuttavia, ha introdotto diversi limiti alla deregolamentazione degli Ngt1: innanzitutto, è passato (con 317 voti a favore, 302 contrari e 13 astenuti) l’emendamento 264, proposto da Socialisti e Verdi, che reintroduce un chiaro obbligo di etichettatura generalizzato a tutti i nuovi Ogm e loro derivati, e non solo limitato alle confezioni contenenti sementi. Anche perché resterà comunque il divieto di utilizzo degli Ngt1 nell’agricoltura biologica per evitare contaminazioni (sempre di Ogm si tratta), e senza etichettatura obbligatoria questo non sarebbe possibile.


L’emendamento chiede che “le piante Ngt di categoria 1, i prodotti contenenti o costituiti da una o più piante Ngt di categoria 1 e il materiale riproduttivo vegetale, anche a fini di selezione e fini scientifici, che contiene una o più piante Ngt di categoria 1 o ne è costituito ed è messo a disposizione di terzi, a titolo oneroso o gratuito”, rechino un’etichetta che riporta la dicitura “Nuove tecniche genomiche”. Etichetta che inoltre, per il materiale riproduttivo vegetale, dovrà essere seguita “dal numero di identificazione della pianta o delle piante Ngt da cui è derivato”. Per garantire trasparenza, gli eurodeputati chiedono anche di creare un elenco pubblico online di tutte le piante Ngt1. Un’altra sostanziale modifica della proposta originaria è quella che introduce un divieto di brevettabilità per tutte le piante Ngt, di entrambe le categorie (1 e 2), per evitare incertezze giuridiche, l’aumento dei costi e nuove dipendenze di agricoltori e allevatori dalle grandi società agroindustriali. Il divieto di brevettabilità riguarda il materiale vegetale, le loro parti, le informazioni genetiche e le caratteristiche dei processi in esse contenute, ed è stato introdotto con l’emendamento 69, presentato dai Verdi e sostenuto dalla commissione Ambiente, che ha ottenuto ben 588 voti a favore, 27 contrari e 17 astenuti.


Per quanto riguarda la definizione delle piante Ngt di categoria 1, gli eurodeputati hanno chiesto (emendamenti 72 e 73) di aggiungere altre due condizioni a quelle già previste dalla proposta originaria della Commissione: affinché una pianta Ngt sia considerata equivalente a una pianta ottenuta con tecniche convenzionali, oltre alla soglia di 20 modificazione genetiche (“sostituzione o inserimento di non più di 20 nucleotidi”), vengono aggiunti un limite a non più di tre modifiche riguardanti le sequenze che modificano una proteina, e la condizione che questi interventi non creino una “proteina chimerica”. Ovvero una proteina “che non è presente nelle specie appartenenti al pool genetico ai fini della selezione”. Bruxelles, 7 feb. (askanews) – L’obiettivo dichiarato del regolamento è quello di agevolare, attraverso la parziale regolamentazione di questi Ogm di nuova generazione, la creazione di varietà vegetali migliorate, che siano resistenti al cambiamento climatico e ai parassiti, che diano rese più elevate o che richiedano meno fertilizzanti e pesticidi durante la coltivazione.


Le nuove tecniche genomiche, al contrario dei “vecchi” Ogm che erano ottenuti attraverso la “transgenesi”, sono basate sulla “cisgenesi”, ovvero l’inserimento nelle piante di geni provenienti da specie affini, e non estranee (come nella transgenesi). In pratica, si “pilotano” e si accelerano modificazioni genetiche che potrebbero verificarsi naturalmente, e lo si fa applicando i meccanismi di precisione della genomica, basata sulla mappatura del genoma. Negli Ogm tradizionali, invece, le modificazioni genetiche venivano conseguite senza sapere esattamente dove nel genoma sarebbero andate a inserirsi le nuove sequenze di Dna. Resta il fatto, tuttavia, che qualunque modificazione del genoma comporta il rischio potenziale di “effetti non intenzionali”, a livello sia genetico che epigenetico (cioè dentro o fuori il Dna), ed eliminare l’obbligo della valutazione di rischio e dell’autorizzazione, come si vuole fare con gli Ngt1, appare poco coerente con il principio di precauzione, che è previsto dal Trattato Ue. Inoltre, il tentativo in atto, soprattutto in Italia, di negare che le piante prodotte con le nuove tecniche genomiche siano degli Ogm contraddice quanto è scritto nella stessa proposta di regolamento dell’Ue, che definisce “pianta Ngt”, all’Articolo 3, “una pianta geneticamente modificata ottenuta mediante mutagenesi mirata o cisgenesi”; a meno di non voler affermare che una pianta non è un organismo. Il testo approvato oggi dalla plenaria, con con 307 voti favorevoli, 263 contrari e 41 astensioni, costituisce il mandato negoziale del Parlamento europeo per i negoziati co-legislativi con la Commissione e con il Consiglio Ue (“trilogo”) per arrivare al testo definitivo del regolamento. Da notare, infine, che nel voto di Strasburgo si sono espressi a favore del testo emendato e in modo molto compatto gli eurodeputati dell’estrema destra di Identità e Democrazia (con la Lega), e poi il Ppe (salvo una trentina di contrari, soprattutto polacchi, e una decina di astenuti) e i Liberali di Renew (con cinque contrari e 14 astenuti), mentre si sono spaccati a metà i Conservatori dell’Ecr (con 29 favorevoli, tra cui gli italiani di Fdi, 31 contrari e un astenuto) e il gruppo dei Socialisti e Democratici (55 a favore, 71 contrari e due astenuti). Tra i contrari, molto compatti i gruppi dei Verdi e della Sinistra, e la delegazione del M5s. Spaccatura interna anche per il Pd: Bresso, De Castro, Gualmini, Picierno, Rondinelli e Variati si sono espressi a favore, mentre Bartolo, Benifei (il capodelegazione), Covassi, Laureti, Moretti, Pisapia e Smeriglio hanno votato contro.

Rai, sit-in opposizioni, c’è anche Iv. Schlein: basta con Tele Meloni

Rai, sit-in opposizioni, c’è anche Iv. Schlein: basta con Tele MeloniRoma, 7 feb. (askanews) – “Basta con Tele Meloni”. Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein parlando al sit-in davanti alla sede della Rai in viale Mazzini convocato dai democratici. “Ci sono alcuni principi fondamentali su cui dobbiamo unire le nostre forze”, ha detto ringraziando Più Europa, Iv, i Socialisti, Verdi e Sinistra, Articolo 21 che hanno aderito all’iniziativa.


“Lo dobbiamo fare per l’indipendenza del servizio pubblico che è di tutti e per difendere la libertà di stampa. Basta con Tele Meloni e con un servizio pubblico svilito a essere portavoce della propaganda di questo governo. E basta con gli attacchi al giornalismo d’inchiesta da parte di questo governo”. “Il sistema di governance della Rai va modificato, la Rai va sottratta all’influenza della politica e dei partiti. Così si potrà migliorare la qualità del servizio pubblico e naturalmente ci lavoreremo insieme a tutti coloro che vorranno”, ha detto ancora Schlein.


“Grazie a Elly Schlein. Non siamo d’accordo su tutto, ma abbiamo detto subito sì all’iniziativa del Pd perché pensiamo che sia una scelta forte, libera, coraggiosa”. ha spiegato Maria Elena Boschi parlando al sit-in davanti alla Rai convocato dal Pd. “Intendiamoci – ha aggiunto l’esponente di Iv – il problema del paese non è la Rai, ma il governo. Un governo di pistoleri, di cognati, che sta rendendo l’Italia meno sicura, un paese più povero. Un governo che perde tutte le sfide europee, dal patto di stabilità alla Bei. Un governo che lascia una nostra connazionale – Ilaria Salis – nelle carceri ungheresi in condizioni degradanti per non avere il coraggio di chiedere a Orban il rispetto dello stato di diritto”. Ha aggiunto Boschi: “La Rai non racconta più la realtà, ma sta diventando pericolosamente parte della macchina di propaganda di Giorgia Meloni. E Giorgia Meloni sta esagerando. Il servizio pubblico deve dare voce alle opposizioni perché sono il sale della democrazia. Non chiediamo più spazio per noi ma rispetto per le istituzioni e che la Rai svolga il ruolo di servizio pubblico”.

Scontro Conte-Meloni sul Mes, Avs e Pd lasciano Giurì onore: non imparziale

Scontro Conte-Meloni sul Mes, Avs e Pd lasciano Giurì onore: non imparzialeRoma, 7 feb. (askanews) – Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaccari (Avs) si dimettono dal Giurì d’onore per “mancanza di terzietà” sul caso Mes che vede contrapposti la premier Giorgia Meloni e il leader M5s Giuseppe Conte. Con una lettera al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e al presidente del Giurì, Giorgio Mulè, i due esponenti della minoranza nell’organismo di Montecitorio motivano la loro decisione argomentando che non condividono i contenuti della relazione finale che a loro avviso avvalora la tesi della premier.


Si trattava di giudicare il “caso” delle dichiarazioni fatte da Giorgia Meloni contro Giuseppe Conte a proposito dell’approvazione del Mes quando il leader M5s era alla guida di palazzo Chigi. Conte ha chiesto la convocazione del Giurì d’onore della Camera per ristabilire la verità dei fatti. Ma secondo i rappresentanti dell’opposizione l’organismo non è imparziale: “Nella relazione che ci è stata sottoposta dal Presidente, sono prevalse alcune motivazioni, ancorchè significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria della Presidente Meloni”, ha spiegato Vaccari.


“Devo purtroppo constatare che la rilevanza riconosciuta al pur importante dibattito politico ha fuorviato in modo determinante i lavori della Commissione d’indagine – ha aggiunto Zaratti -. Se nella prima parte della relazione proposta vi è una chiara ricostruzione dei fatti e dei documenti, che mostrano in modo inequivocabile la correttezza istituzionale e formale delle procedure parlamentari adottate dal Presidente Conte in relazione alla materia in questione, nella seconda parte si adducono motivazioni di ordine unicamente politico, finalizzate ad avvalorale le tesi accusatorie, sostenute dalla Presidente Meloni. Dispiace constatare che la terzietà della commissione d’indagine è così venuta meno”. “Sono sorpreso e amareggiato – ha ribattuto il presidente del Giurì, Giorgio Mulè – dalla decisione improvvisa degli onorevoli Stefano Vaccari e Filiberto Zaratti di dimettersi dalla Commissione di indagine nominata dal presidente della Camera dei deputati. Mai e in nessuna occasione, mai e in nessuna forma, fin dalla prima seduta del 10 gennaio e per le successive sei, gli onorevoli Vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza, sollevato alcuna protesta, presentato alcun reclamo, palesato rimostranze rispetto all’organizzazione e all’evolversi dei lavori: al contrario, avevano sempre manifestato spirito collaborativo e istituzionale nell’assolvimento dell’incarico ricevuto”.

Meloni: Italia ad altezza grandi eventi, dobbiamo credere in noi

Meloni: Italia ad altezza grandi eventi, dobbiamo credere in noiRoma, 7 feb. (askanews) – “Il problema principale dell’Italia è non credere abbastanza in se stessa, esaltare più le ombre che le luci, mettere in evidenza che non saremmo all’altezza e invece alla prova dei fatti siamo sempre all’altezza. L’Italia è all’altezza di ospitare grandi eventi sportivi, le città più piccole, tutte le regioni sono capaci di far impallidire chi arriva qui per partecipare a un grande evento sportivo. Il governo e tutto il sistema Italia sono concentrati su questo evento”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, alla presentazione dei World Skate Games, a Montesilvano in Abruzzo.

Il New York Times su Meloni: ha rafforzato le sue credenziali in Europa

Il New York Times su Meloni: ha rafforzato le sue credenziali in EuropaMilano, 7 feb. (askanews) – “In molti modi, la Meloni ha messo a proprio agio l’establishment europeo. Ha dimostrato di essere molto determinata sulla questione dell’Ucraina, si è allineata con gli Stati Uniti e la NATO e ha ritirato l’Italia dal vasto piano di espansione economica della Cina in Europa. Ha attenuato i suoi atteggiamenti anti-UE al vetriolo e ha messo a tacere ogni discorso sull’uscita dall’euro o sulla rottura con il blocco, come hanno fatto altri partiti e leader di estrema destra in un universo post-Brexit in cui l’opzione si è rivelata molto meno allettante”. Lo scrive il New York times, in un pezzo del corrispondente da Roma, in cui si sottolinea il lavoro di mediazione svolto dalla presidente del Consiglio tra la Ue e Viktor Orbàn: l’ok al pacchetto di aiuti per l’Ucraina “è stato un grande momento per l’Europa. Ma è stato anche un grande momento per la Meloni, che ha suggellato la sua credibilità come persona in grado di svolgere un ruolo influente ai massimi livelli dei leader europei”, scrive il NYT.


Nell’articolo Meloni viene presentata come una leader della “hard-right” che “può parlare con la destra più estrema” e si sottolinea come Meloni abbia modificato il suo approccio su diverse questioni, rispetto ai tempi dell’opposizione: “Nonostante un background ideologico che detesta la globalizzazione, la Meloni ha prestato attenzione ai mercati internazionali. Dopo anni di critiche contro la leadership della Ue, sta lavorando a stretto contatto con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea”, prevedendo un sostegno alla presidente uscente al momento di formare una nuova maggioranza dopo le elezioni di giugno.

Maria Fida Moro e l’impegno politico come ricerca della verità

Maria Fida Moro e l’impegno politico come ricerca della veritàRoma, 7 feb. (askanews) – Primogenita tra i quattro figli del leader della Dc Aldo Moro, senatrice nella decima legislatura, da sempre impegnata nella ricerca della verità sulla morte del padre, ucciso dalle Br, Maria Fida Moro è scomparsa oggi a Roma all’età di 77 anni. Ha raccontato la sua vita, segnata dal rapimento e dall’omicidio del padre, nel libro, uscito nel 1982, “La casa dei cento Natali”.


Il suo impegno diretto in politica iniziò con l’elezione al Senato, in Puglia, nelle liste della Democrazia cristiana nel 1987, ma è proseguito tutta la vita, candidandosi più volte – come alle Europee nel 1999 con la lista di Lamberto Dini ma pure in anni recenti, nel 2016, con una lista centrista alle comunali a Roma, a sostegno di Roberto Giachetti – ma anche continuando a girare l’Italia e a incontrare giovani per tenere viva la memoria e la lezione di Moro. Insieme al ricordo una domanda di verità su quegli anni rimasta inascoltata: “Se papà tornasse vivo lo ucciderebbero ancora”, disse. Abbandonata dopo pochi anni la Dc passò nel 1990, come indipendente, al gruppo di Rifondazione comunista, per finire nel gruppo misto e avvicinarsi negli anni Duemila ai Radicali e successivamente ad An. A spiegare la sua inquieta militanza politica le sue stesse parole: “Tornerò a militare nell’unico partito che sento di riconoscere completamente: la mia coscienza”.


Suo figlio, Luca, è il nipote più volte citato da Aldo Moro nelle lettere che scrisse durante i 55 giorni nel carcere brigatista. Al bimbo, che allora aveva poco più che due anni e che ha assistito la madre fino all’ultimo, lo statista democristiano rivolse parole dolcissime: “Mio carissimo Luca non so chi e quando ti leggerà, spiegando qualche cosa, la lettera che ti manda quello che tu chiamavi il tuo nonnetto”.

Conte: Meloni e Salvini allo specchio, siete governo delle tasse

Conte: Meloni e Salvini allo specchio, siete governo delle tasseRoma, 7 feb. (askanews) – “Meloni e Salvini guardatevi allo specchio: il governo delle tasse siete voi”: lo scrive il leader M5s Giuseppe Conte sui social postando un video di critiche all’esecutivo. “Siamo in piena farsa: con i trattori per strada Lega e Fdi litigano su chi ha imposto nuove tasse agli agricoltori ma sono loro che lo hanno fatto”, “sono loro i responsabili di tagli consistenti”, “hanno tagliato addirittura i fondi per la disabilità”, conclude Conte.

Sui social un video contro Liliana Segre, polemica in Senato: offese vili, solidarietà

Sui social un video contro Liliana Segre, polemica in Senato: offese vili, solidarietàRoma, 7 feb. (askanews) – “Si tratta di una vicenda inquietante nella sua enorme falsità”, dice il dem Francesco Verducci, il quale prende la parola per primo nell’aula del Senato. “Offese ignominiose e vili”, afferma Giuliomaria Terzi di Sant’Agata (Fdi). Una vicenda di una “gravità inaudita”, per Raffella Paita (Iv). “Farneticazioni” per Stefano Patuanelli (M5S). Sotto accusa il video pubblicato sui social dall’ex ambasciatrice in Belgio e Svezia, Elena Basile, che si scaglia contro la senatrice a vita Liliana Segre, accusandola di una doppia “morale”, di “piangere” per i “bambini ebrei” ma di non essere toccata dai “bambini palestinesi” e riferendosi ai “nazisti” domanda alla senatrice se “vuole imitarli”.


I gruppi hanno deciso di sottoscrivere la lettera inviata da Paita ai componenti della commissione antidiscriminazioni presieduta proprio dalla senatrice Segre e che l’esponente di Iv legge in Aula: “Carissimi, da un anno insieme sediamo sugli scranni della commissione anti discriminazioni con l’onore più alto di essere presieduti da Liliana Segre. Credo che, proprio per questo, dobbiamo tutti insieme sottoscrivere questa lettera per far sentire la nostra totale vicinanza ad una donna che quotidianamente e da sempre, con la sua storia e con le sue parole, è testimonianza dei valori più alti della Repubblica. Le frasi pronunciate da Elena Basile (due volte capo missione in Belgio ed in Svezia con il grado di ministro plenipotenziario) contro la senatrice Segre sono di una gravità inaudita e prive di fondamento ed offendono non solo la senatrice Segre, ma tutti noi. Ed è per questo che credo che sia necessario che la politica e le istituzioni, e noi membri della commissione antidiscriminazioni prima di tutti gli altri, ci stringiamo intorno alla senatrice Segre per stigmatizzare, senza se e senza ma, queste dichiarazioni profondamente offensive che colpiscono al cuore tutta la nostra comunità. Cara Presidente, chi colpisce lei, colpisce tutti noi”. “Mi associo ai giusti argomenti e alle parole che sono emerse in maniera unanime da parte di tutti i gruppi e abbraccio la senatrice che speriamo di vedere presto in aula”, ha sottolineato il presidente del Senato Ignazio La Russa.