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Sgarbi, Pd: Meloni e Sangiuliano spieghino in Parlamento

Sgarbi, Pd: Meloni e Sangiuliano spieghino in ParlamentoRoma, 2 feb. (askanews) – “Meloni e Sangiuliano spieghino al Parlamento per quali ragioni il governo ha fatto orecchie da mercante sul caso Sgarbi”. Lo chiedono i componenti Pd della commissione Cultura della Camera, commentando le annunciate dimissioni “con effetto immediato” da sottosegretario da parte di Vittorio Sgarbi.


“Il governo ha fatto di tutto per evitare di prendere una posizione chiedendo, in più occasioni, il rinvio dell’esame parlamentare della mozione di sfiducia pur di non esprimersi sul caso. Per quali ragioni? Meloni, che dice di non essere ricattabile, dica come mai lei e il ministro della cultura abbiano agito con tanta reticenza”, sottolineano i parlamentari Pd.

Vittorio Sgarbi: mi dimetto da sottosegretario alla Cultura

Vittorio Sgarbi: mi dimetto da sottosegretario alla CulturaMilano, 2 feb. (askanews) – Vittorio Sgarbi ha annunciato le proprie dimissioni da sottosegretario alla Cultura. Lo ha fatto dal palco de ‘La Ripartenza’, evento milanese ideato da Nicola Porro. Prima ha tenuto una lezione sulla storia dell’arte, quindi ha annunciato l’addio. “Secondo l’avviso dell’Antitrust – ha detto Sgarbi – io non potrei parlare di arte per evitare il conflitto di interesse. E quindi vorrei annunciare qui le mie dimissioni da sottosegretario di Stato alla Cultura”.

Neonato in carcere, Serracchiani (Pd): vicenda disumana, Nordio riferisca

Neonato in carcere, Serracchiani (Pd): vicenda disumana, Nordio riferiscaRoma, 2 feb. (askanews) – “Il ministro Nordio dica se è vera la notizia che un bambino di un mese sia in carcere con la mamma. Mi auguro davvero non sia così. Diversamente chiedo al ministro di intervenire immediatamente perché la mamma e il bambino escano dal carcere”. Lo sottolinea la responabile giustizia del Pd, Debora Serracchiani.


Questa condizione sarebbe determinata dalle “illiberali e indegne norme del cosiddetto pacchetto sicurezza, volute dal ministro e dalla presidente del consiglio, che tuttavia non sono ancora in vigore. Se il ministro Nordio conferma la notizia, spieghi anche come sia potuto accadere”, conclude.

Meloni a Tokyo, passaggio di consegne al G7 e relazioni bilaterali

Meloni a Tokyo, passaggio di consegne al G7 e relazioni bilateraliTokyo, 2 feb. (askanews) – Dall’inviato Alberto Ferrarese. Passaggio del testimone della presidenza G7, consolidamento dei rapporti bilaterali, ma anche attrazione degli investimenti. Sono questi i temi al centro della visita in Giappone della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che sarà a Tokyo da domenica 4 a martedì 6 febbraio.


Lunedì 5 febbraio alle 18.30 ora locale (le 10.30 in Italia) Meloni incontrerà il primo ministro Kishida Fumio a cui ribadirà – viene spiegato – “la volontà dell’Italia di rafforzare ulteriormente l’eccellente andamento dei rapporti bilaterali e il carattere strategico e multidimensionale del partenariato bilaterale”, con azioni “concrete” dopo l’avvio del Partenariato Strategico bilaterale del 10 gennaio 2023. Per Meloni e Kishida è il quarto incontro, segno del “forte slancio” nei rapporti che riflette un “interesse strategico prioritario”, testimoniati anche dai progressi in ambito GCAP (Global Combat Air Programme). L’incontro sarà l’occasione per affrontare alcune tematiche in continuità fra la Presidenza giapponese e quella italiana del G7. Tokyo, viene spiegato, guarda con attenzione alle iniziative promosse dall’Italia, in particolare alla volontà di dare seguito al processo di Hiroshima sull’intelligenza artificiale generativa, approfondendo la questione dei principi guida e del codice di condotta per le imprese che sviluppano questa tecnologia. Entrambi condividono l’importanza di porre le questioni etiche al centro del dibattito sull’IA. Altra priorità condivisa è la stabilità dell’Indo-Pacifico. La Presidenza del G7 nel 2023 ha offerto al Giappone un’importante vetrina per valorizzare l’accresciuto impegno in politica estera, contribuendo fortemente a spostare il baricentro dell’attenzione verso l’Indo-Pacifico, anche in chiave di sicurezza economica e contrasto al fenomeno della coercizione economica. L’incontro con Kishida rappresenta per l’Italia l’occasione per rimarcare il ruolo cruciale del Giappone per il mantenimento della stabilità nell’Indo-Pacifico e l’”accresciuta attenzione” anche di Roma verso questa regione. Nel corso della riunione (seguita da una cena di lavoro) i due leader affronteranno anche il tema dei rapporti con le nazioni in via di sviluppo e le economie emergenti e i dossier più rilevanti di carattere internazionale: la crisi a Gaza, la situazione nel Mar Rosso, l’Afghanistan e la guerra in Ucraina.


Nel pomeriggio del 5 febbraio, prima del bilaterale, è in programma un incontro con i vertici di alcune fra le più importanti aziende giapponesi, con l’obiettivo di promuovere collaborazioni industriali e attrarre investimenti in Italia. Sul fronte economico, l’Italia ha in Giappone una solida presenza imprenditoriale (oltre 160 aziende), in settori tradizionali (agro-industria, tessile, abbigliamento e gioielleria) e ad alto contenuto tecnologico (chimica, farmaceutica, macchinari, automotive, trasporti ferroviari, impianti per energia verde e acciaio). Roma ha però un forte interesse nello sviluppo di collaborazioni industriali, in particolare nei settori della microelettronica (le aziende giapponesi sono fra i leader mondiali nella filiera dei semiconduttori), dell’intelligenza artificiale, della transizione energetica, dell’aerospazio, della biomedicina e della robotica. Il Giappone ha in Italia 430 imprese, che occupano circa 50 mila dipendenti. I rapporti sono sostenuti anche dall’Italy-Japan Business Group (IJBG), piattaforma per la promozione delle collaborazioni industriali e degli investimenti, la cui 33° Assemblea si è svolta a Tokyo lo scorso novembre. La prossima sessione avrà luogo in Italia nel 2024. È stata inoltre firmata il 12 dicembre 2023 una dichiarazione congiunta fra Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e il suo omologo giapponese per promuovere sinergie industriali e investimenti nelle nuove tecnologie.

Giulia Cecchettin, a Padova al via consegna laurea alla memoria

Giulia Cecchettin, a Padova al via consegna laurea alla memoriaPadova, 2 feb. (askanews) – E’ iniziata all’ateneo di Padova la cerimonia di conferimento della laurea alla memoria in ingegneria biomedica di Giulia Cecchettin uccisa lo scorso novembre. “È un’emozione grandissima, io qua non c’ero mai stata, e allo stesso tempo mi emoziona che non ci sia più la mia bambina e non sia qui a godersi questa cerimonia. Faccio fatica a pensarlo” ha commentato Carla Gatto, la nonna di Giulia. Sono presenti la famiglia della giovane e il ministro dell’Istruzione, Anna Maria Bernini


“E’ con grande pudore che provo a chiedere a Giulia un sorriso” ha detto la rettrice Daniela Mapelli introducendo la cerimonia, dopo la lettura del messaggio del presidente della Regione, Luca Zaia.

Salis, Tajani: Salvini e Schlein sbagliano, serve silenzio

Salis, Tajani: Salvini e Schlein sbagliano, serve silenzioRoma, 2 feb. (askanews) – “Più si sta zitti e prima si risolve questa situazione”: lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani, in un colloquio con il Fatto quotidiano sul caso di Ilaria Salis, la cittadina italiana detenuta in Ungheria e mostrata recentemente in catene durante un’udienza. “Io chiedo a tutti di fare silenzio e di parlare il meno possibile di questa questione, solo così si potrà risolvere come successo con Zaki e Alessia Piperno”. L’altro vicepresidente del Consiglio, fa notare il quotidiano, sta attaccando Salis ogni giorno: “Infatti mi riferisco anche a lui – ha aggiunto il ministro degli Esteri – in questo modo si sta facendo un danno alla Salis. Più si parla e più la si danneggia. Lo dico a Salvini ma anche alla segretaria del Pd Schlein”.

Secondo Tajani “il trattamento che sta ricevendo Salis è inumano, noi siamo sempre per la presunzione di innocenza quindi finché una persona non è condannata è innocente”. Posizione differente da quella del leader leghista: “Le ripeto quello che ho detto prima – ha commentato il segretario di Forza Italia – in questo modo si sta politicizzando una questione che non va politicizzata. Salvini commette un errore”. “Per il momento – ha spiegato ancora il ministro degli Esteri, secondo il riassunto della conversazione avvenuta alla Camera pubblicata dal Fatto – non possiamo chiedere gli arresti domiciliari fino a che l’avvocato della sua famiglia non lo fa e finora non lo ha fatto perché teme possibili ritorsioni da parte dei neo-nazisti ungheresi. Inoltre non possiamo chiedere di fare il carcere in Italia in attesa della sentenza perché non ha commesso reati nel nostro Paese. Quindi al momento non abbiamo alcun appiglio legale. La nostra idea è quella di chiedere all ‘Ungheria che il processo si faccia in tempi brevi – entro un mese – e poi riportare la donna in Italia. Possono concederci questo: una sentenza di condanna o assoluzione in 30 giorni e poi la riportiamo qui”.

“In Ungheria però – ha ribadito Tajani – la magistratura è indipendente dal governo come in Italia, quindi dobbiamo rispettare la parola di Orban e non possiamo farci molto. Sicuramente però i modi del premier ungherese non sono i miei…”

Meloni: a Orban ho chiesto rispetto ma manette non solo in Ungheria

Meloni: a Orban ho chiesto rispetto ma manette non solo in UngheriaBruxelles, 1 feb. (askanews) – Per Ilaria Salis il governo italiano chiede “dignità” e “rispetto”, ma di più non può fare perchè “anche in Ungheria c’è l’autonomia dei giudici”. Giorgia Meloni lascia il Consiglio europeo “soddisfatta” per l’intesa raggiunta a 27 sul bilancio, una partita che l’ha vista “protagonista” (sottolinea Palazzo Chigi) delle trattative, in particolare con il premier ungherese Viktor Orban, che a dicembre aveva messo il veto sul dossier. Ma naturalmente a catturare l’attenzione è il caso della giovane maestra sotto processo in Ungheria, le cui foto in tribunale con catene alle mani e ai piedi hanno provocato reazioni in Italia e in Europa.

Due giorni fa Meloni aveva sentito Orban e tra i temi aveva sollevato anche la questione di Salis, ripresa poi in modo più approfondito ieri sera in un faccia a faccia con il collega ungherese nell’hotel del centro di Bruxelles in cui alloggia la presidente del Consiglio. Parlando oggi con i giornalisti al termine del summit Meloni – come aveva fatto ieri Orban – ha sottolineato che “anche in Ungheria c’è autonomia dei giudici” e “i governi non entrano nei processi”. Dunque non si può parlare oggi di una eventuale detenzione in Italia prima di sapere “come andrà il processo” mentre quello che ha chiesto è di “garantire che venga riservato un trattamento di dignità, di rispetto, un giusto e veloce processo”. Se l’uso delle catene risponda o meno al rispetto della dignità è una delle cose che “stiamo chiedendo di verificare” ma – aggiunge – “segnalo che non è un trattamento riservato, presumo, a questo detenuto: accade in diversi Stati occidentali. Non è nostro costume, sono immagini che da noi impattano, ma in diversi Stati sovrani funziona così, anche occidentali, non è una cosa così rara”. Meloni auspica che Ilaria “sia in grado di dimostrare la sua innocenza, la sua estraneità a questa cosiddetta banda del martello”, mentre il governo garantisce “l’assistenza che dobbiamo, come abbiamo fatto fin dall’inizio”. Per quanto riguarda il summit di Bruxelles, la conclusione positiva (il via libera a 27 alla revisione del bilancio, con 50 miliardi destinati al sostegno dell’Ucraina) non era affatto scontata, tanto che gli incontri per cercare un’intesa sono andati avanti per buona parte della notte e della mattina, fino all’annuncio “abbiamo un accordo” twittato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Ieri sera, intorno alle 21.30, Orban era arrivato all’hotel Amigo per incontrare prima Meloni e poi Emmanuel Macron. Un primo ‘round’ che però non era stato sufficiente e per questo stamani, prima dell’avvio del vertice, Michel ha raccolto intorno a un tavolo Ursula von der Leyen, gli stessi Orban, Macron e Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Dal lungo confronto è scaturita la mediazione che sblocca i fondi per Kiev ma non solo: ci sono anche 8 miliardi per “difendere i confini, cioè quello che l’Italia ha sempre chiesto” e “piena flessibilità sui fondi di coesione”, altro obiettivo di Roma, rivendica Meloni.

“Quello che è accaduto nelle ultime ore – per lei – dimostra quello che ho sempre sostenuto: non puoi pensare di risolvere i problemi parlando con 2-3 persone ma devi avere una capacità di dialogo che tenga conto di punti di vista e interessi di tutti gli Stati membri”. Dialogo dunque anche con la ‘mina vagante’ Orban (che ha irritato molti leader nelle ultime settimane) che potrebbe però essere ‘disinnescata’ o almeno messa in sicurezza non solo con il confronto istituzionale ma anche, nel medio periodo, con un’intesa politica per portarlo all’interno dei conservatori di Ecr, di cui Meloni è presidente. Orban sarebbe pronto, ma la leader di Fdi prende tempo: se c’è, non da oggi, un avvicinamento in atto, un “dibattito aperto”, questo si concretizzerà eventualmente solo dopo il voto di giugno. Nel summit, fuori sacco, è stato brevemente affrontato anche il tema della protesta degli agricoltori, che con i trattori oggi hanno ‘assediato’ il centro di Bruxelles. Meloni si schiera con loro, che pongono “giustamente” delle questioni determinate da “errori” causati da una visione “ideologica” della transizione ecologica. Meloni lo dice nel confronto, apprezza le “aperture” fatte dalla Commissione Ue ma a von der Leyen chiede “sforzi maggiori”, un vero e proprio “cambio di linea” che però, ne è convinta, potrà arrivare solo dopo le elezioni europee.

Sul Premierato(quasi)accordo maggioranza. Alta tensione Fdi-Lega

Sul Premierato(quasi)accordo maggioranza. Alta tensione Fdi-LegaRoma, 1 feb. (askanews) – C’è stato un momento, raccontano, in cui c’è mancato davvero poco che il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, lasciasse la riunione sbattendo la porta. Segno che sul premierato, e le modifiche da presentare in Senato, il livello di tensione tra Fratelli d’Italia e il Carroccio resta altissimo. Formalmente il terzo vertice di maggioranza in tre giorni si conclude con un’intesa. Tocca al presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, dare l’annuncio. “E’ stato raggiunto un accordo all’unanimità fra tutte le forze politiche sulle modifiche da apportare”, dice. Questo però non vuole ancora dire che la partita sia chiusa. “La proposta unitaria che abbiamo elaborato verrà sottoposta ai leader per la loro approvazione definitiva”, aggiunge.

E’ la soluzione che consente a tutti di salvare la faccia in vista della scadenza del termine per la presentazione fissato per lunedì prossimo, di mostrare un’armonia che in circa un’ora e mezza di riunione non ha certo regnato sovrana. Il testo che esce dalla riunione, e che arriverà sul tavolo dei capi dei partiti, resta identico a come era entrato. Prevede la possibilità di un secondo premier (come voleva la Lega) ma solo in casi eccezionali e lascia all’eletto il potere di chiedere lo scioglimento, e dunque di mettere fine alla legislatura, che nel testo iniziale era soltanto nelle mani del successore. Un punto, questo, imprescindibile per Fratelli d’Italia. E, tuttavia, proprio perché – come dicono tutti – quando si tocca la Costituzione anche una virgola può cambiare le carte in tavola, durante l’incontro è emerso un altro punto che ha alimentato il dibattito. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha infatti sollevato la questione che la possibilità di chiedere lo scioglimento da parte del premier eletto, in base al testo, si possa verificare solo in caso di “revoca della fiducia mediante mozione motivata da parte di una delle due Camere”. Non è contemplato, dunque, il caso in cui la fiducia venga a mancare, ove richiesta, su un provvedimento.

Ciriani avrebbe ribadito durante l’incontro che il punto da cui è partito Fratelli d’Italia nella ricerca di una mediazione con gli alleati è pur sempre quello del presidenzialismo. L’assunto – sarebbe stato il suo ragionamento – è che il primo premier deve avere più poteri del secondo perché è quello eletto. Durante la riunione proprio il responsabile dei Rapporti con il Parlamento sarebbe stato protagonista con Romeo di un botta e risposta molto animato. A un certo punto, la tensione sarebbe salita al punto da spingere il capogruppo leghista a sostenere che tanto valeva tornare al testo originario (by Calderoli). Saranno dunque i leader a decidere quali saranno le modifiche: non è scontato che vi sia un incontro a tre, potrebbero esserci invece contatti telefonici. Anche perché la questione, non è soltanto tecnico legislativa. Il sospetto dentro Fratelli d’Italia è che quella della Lega sia una precisa strategia per non rendere troppo facile la strada di quella riforma su cui Giorgia Meloni ha puntato tantissimo e di cui vuole il primo ok entro le Europee.

Allo stesso tempo, il Carroccio è convinto che il partito della premier non gli consentirà di incassare il via libera definitivo all’Autonomia prima dell’appuntamento elettorale di giugno. Di mezzo, ci sono almeno un altro paio di questioni che creano tensione tra Lega e Fdi e che si intrecciano inevitabilmente con queste due riforme: la possibile candidatura di Meloni alle Europee (che Salvini vorrebbe scongiurare) e la richiesta del leader leghista di prevedere un terzo mandato per i governatori per consentire a Zaia di restare alla guida del Veneto.

Premierato, Schlein: la nostra opposizione sarà dura

Premierato, Schlein: la nostra opposizione sarà duraRoma, 1 feb. (askanews) – “La maggioranza non si disturbi per noi, abbiamo chiarito dal primo giorno che possono cambiare quello che ritengono per i loro scambi interni, ma se rimane l’elezione diretta del presidente del Consiglio avranno dal Partito democratico l’opposizione più ferma e dura che possiamo mettere in campo”. Lo afferma la segretaria Pd Elly Schlein.

“Tanto più – aggiunge – che il premierato, come La Russa stesso ha ammesso, indebolisce la figura del presidente della Repubblica, oltre che il Parlamento”.

Premierato, (quasi) accordo in maggioranza. Alta tensione Fdi-Lega

Premierato, (quasi) accordo in maggioranza. Alta tensione Fdi-LegaRoma, 1 feb. (askanews) – C’è stato un momento, raccontano, in cui c’è mancato davvero poco che il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, lasciasse la riunione sbattendo la porta. Segno che sul premierato, e le modifiche da presentare in Senato, il livello di tensione tra Fratelli d’Italia e il Carroccio resta altissimo. Formalmente il terzo vertice di maggioranza in tre giorni si conclude con un’intesa. Tocca al presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, dare l’annuncio. “E’ stato raggiunto un accordo all’unanimità fra tutte le forze politiche sulle modifiche da apportare”, dice. Questo però non vuole ancora dire che la partita sia chiusa. “La proposta unitaria che abbiamo elaborato verrà sottoposta ai leader per la loro approvazione definitiva”, aggiunge.

E’ la soluzione che consente a tutti di salvare la faccia in vista della scadenza del termine per la presentazione fissato per lunedì prossimo, di mostrare un’armonia che in circa un’ora e mezza di riunione non ha certo regnato sovrana. Il testo che esce dalla riunione, e che arriverà sul tavolo dei capi dei partiti, resta identico a come era entrato. Prevede la possibilità di un secondo premier (come voleva la Lega) ma solo in casi eccezionali e lascia all’eletto il potere di chiedere lo scioglimento, e dunque di mettere fine alla legislatura, che nel testo iniziale era soltanto nelle mani del successore. Un punto, questo, imprescindibile per Fratelli d’Italia. E, tuttavia, proprio perché – come dicono tutti – quando si tocca la Costituzione anche una virgola può cambiare le carte in tavola, durante l’incontro è emerso un altro punto che ha alimentato il dibattito. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha infatti sollevato la questione che la possibilità di chiedere lo scioglimento da parte del premier eletto, in base al testo, si possa verificare solo in caso di “revoca della fiducia mediante mozione motivata da parte di una delle due Camere”. Non è contemplato, dunque, il caso in cui la fiducia venga a mancare, ove richiesta, su un provvedimento.

Ciriani avrebbe ribadito durante l’incontro che il punto da cui è partito Fratelli d’Italia nella ricerca di una mediazione con gli alleati è pur sempre quello del presidenzialismo. L’assunto – sarebbe stato il suo ragionamento – è che il primo premier deve avere più poteri del secondo perché è quello eletto. Durante la riunione proprio il responsabile dei Rapporti con il Parlamento sarebbe stato protagonista con Romeo di un botta e risposta molto animato. A un certo punto, la tensione sarebbe salita al punto da spingere il capogruppo leghista a sostenere che tanto valeva tornare al testo originario (by Calderoli). Saranno dunque i leader a decidere quali saranno le modifiche: non è scontato che vi sia un incontro a tre, potrebbero esserci invece contatti telefonici. Anche perché la questione, non è soltanto tecnico legislativa. Il sospetto dentro Fratelli d’Italia è che quella della Lega sia una precisa strategia per non rendere troppo facile la strada di quella riforma su cui Giorgia Meloni ha puntato tantissimo e di cui vuole il primo ok entro le Europee.

Allo stesso tempo, il Carroccio è convinto che il partito della premier non gli consentirà di incassare il via libera definitivo all’Autonomia prima dell’appuntamento elettorale di giugno. Di mezzo, ci sono almeno un altro paio di questioni che creano tensione tra Lega e Fdi e che si intrecciano inevitabilmente con queste due riforme: la possibile candidatura di Meloni alle Europee (che Salvini vorrebbe scongiurare) e la richiesta del leader leghista di prevedere un terzo mandato per i governatori per consentire a Zaia di restare alla guida del Veneto.