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Carceri, Consulta: incostituzionale il ‘no’ ai permessi premio ai detenuti imputati

Carceri, Consulta: incostituzionale il ‘no’ ai permessi premio ai detenuti imputatiRoma, 7 mar. (askanews) – È incostituzionale la preclusione biennale alla concessione di permessi premio a un detenuto che sia stato imputato o condannato per un reato commesso durante l’esecuzione della pena. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 24, depositata oggi, con la quale è stata ritenuta fondata una questione sollevata dal magistrato di sorveglianza di Spoleto.


Un detenuto, in carcere dal 2017, aveva chiesto di essere ammesso a un permesso premio. La sua richiesta era però inammissibile, perché l’articolo 30-ter, quinto comma, della legge sull’ordinamento penitenziario vietava, per due anni, di concedere permessi premio a detenuti che siano stati condannati o siano imputati per un reato commesso durante l’esecuzione della pena. Nel caso concreto, il richiedente era stato rinviato a giudizio per avere tentato, un anno prima, di introdurre droga nel carcere per un altro detenuto. Il magistrato di sorveglianza ha tuttavia rimesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo la preclusione stabilita dalla legge incompatibile, tra l’altro, con la presunzione di non colpevolezza e la funzione rieducativa della pena. La Consulta ha anzitutto osservato che un’analoga questione era stata ritenuta non fondata in una sentenza del 1997, che peraltro aveva invitato il legislatore a modificare la norma per renderla più conforme alla funzione rieducativa della pena. Rilevato che il tendenziale rispetto dei precedenti costituisce una condizione essenziale dell’autorevolezza delle proprie decisioni, la Corte ha tuttavia rammentato come ci possano essere “ragioni cogenti” che rendano non più sostenibili le decisioni precedentemente adottate, ad esempio quando esse non siano più coerenti con il successivo sviluppo della giurisprudenza costituzionale o di quella delle Corti europee.


In questo caso, una preclusione che si fondi sulla sola circostanza che il richiedente sia “imputato” per un reato appare, oggi, incompatibile con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, con il diritto dell’Unione europea e con la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale in materia. Gli effetti della presunzione di non colpevolezza non si esauriscono, come ancora si riteneva alcuni decenni fa, all’interno del procedimento penale relativo alla responsabilità per il reato addebitato all’imputato, ma implicano un generale divieto di considerare l’imputato colpevole del fatto anche in qualsiasi altro procedimento giudiziario, sino a che il reato non sia definitivamente accertato. Conseguentemente, una norma che vieta in via assoluta al magistrato di sorveglianza di concedere un permesso premio, per il solo fatto che il richiedente sia stato imputato di un reato da parte del pubblico ministero, “agli effetti pratici (à) vincola il giudice a ‘presumere colpevole’ l’imputato”. Una disposizione così concepita, ha concluso la Corte, “sottrae al magistrato di sorveglianza ogni margine di autonomo apprezzamento sulla reale consistenza della notitia criminis e, soprattutto, gli impedisce di ascoltare l’imputato e il suo difensore, e di tenere conto delle loro deduzioni circa l’effettiva commissione del fatto (à), con conseguente, indiretto, vulnus allo stesso diritto di difesa dell’interessato, legato a doppio filo alla presunzione di innocenza”.


La Corte ha inoltre affermato che l’automatismo preclusivo stabilito dalla norma è ormai divenuto incompatibile con i principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza costituzionale, in base ai quali il giudice della sorveglianza deve essere sempre libero di compiere una valutazione individualizzata sui progressi effettivamente compiuti dal condannato nel suo percorso penitenziario, nonché sulla sua residua pericolosità sociale. Anche nell’ipotesi, dunque, in cui il richiedente sia stato condannato in via definitiva per un reato commesso durante l’esecuzione della pena, il rispetto del principio rieducativo sancito dall’articolo 27 della Costituzione esige che il magistrato di sorveglianza resti sempre “libero di valutare il concreto rilievo del fatto, giudizialmente accertato in altra sede, ai fini della specifica decisione a lui affidata, tenendo conto dei contributi provenienti dalla difesa”.

Migranti, Schlein: italiani pagano prezzo di fallimenti Meloni

Migranti, Schlein: italiani pagano prezzo di fallimenti MeloniRoma, 7 mar. (askanews) – “Giorgia Meloni continua ad alimentare lo scontro con la magistratura per coprire i fallimenti del suo governo. Ma la Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, come stabilito dalla Costituzione, che non cambia in base al suo umore. Non è possibile che ogni giorno il governo attacchi le sentenze”. Lo afferma in una nota la leader del Pd Elly Schlein intervenendo sulla polemica per la sentenza dei supremi giudici che condanna lo Stato al risarcimento per la vicenda della nave Diciotti.


“Ciò che allontana i cittadini dalle istituzioni – dice Schlein – è una sanità pubblica presa a picconate dai tagli del suo governo, con quasi 5 milioni di cittadini che rinunciano alle cure. Ciò che allontana i cittadini dalle istituzioni sono salari da fame, con 3,5 milioni di italiani poveri anche se lavorando e mentre Meloni affossa il salario minimo. Ciò che allontana i cittadini è il quasi miliardo di euro dei contribuenti scialacquato proprio da Meloni in Albania, per costruire delle prigioni vuote: il prezzo delle sue scelte intanto continuano a pagarlo gli italiani”.

Meloni: condannati a risarcire immigrati illegali, è frustrante

Meloni: condannati a risarcire immigrati illegali, è frustranteRoma, 7 mar. (askanews) – “Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno condannato il governo a risarcire un gruppo di immigrati illegali trasportati dalla nave Diciotti perché il governo di allora, con Ministro dell’Interno Matteo Salvini, non li fece sbarcare immediatamente in Italia. Lo fanno affermando un principio risarcitorio assai opinabile, quello della presunzione del danno, in contrasto con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”. Lo scrive su X la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.


“In sostanza – prosegue – per effetto di questa decisione, il Governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano. Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante”.

Ue, Mattarella: rafforzare difesa sviluppo naturale integrazione europea

Ue, Mattarella: rafforzare difesa sviluppo naturale integrazione europeaRoma, 7 mar. (askanews) – “Rafforzare la difesa europea è uno sviluppo naturale dell’integrazione europea che è andata avanti in questi decenni”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un’intervista all’emittente giapponese Nhk, rilasciata nel corso della visita ufficiale in Giappone e riportata sui media.


Italia e Giappone, ha detto il capo dello Stato hanno “una convinzione comune: quella che la vita internazionale è possibile soltanto se vi sono regole certe che tutti rispettino, regole che valgano per tutti a prescindere dalle dimensioni o dalla forza militare o economica di cui dispongono. Regole di questo genere sono indispensabili per una vita ordinata.” “Giappone e Italia pensano che le regole vadano rispettate e che quando vengono violate si realizzano condizioni drammatiche come in questo momento in Ucraina”, ha concluso.

Ucraina, Mattarella: occore una pace giusta che non mortifichi nessuna parte

Ucraina, Mattarella: occore una pace giusta che non mortifichi nessuna parteRoma, 7 mar. (askanews) – “Occorre che ci si sieda a un tavolo per negoziare una pace duratura e giusta, vi sono ora iniziative per la pace speriamo vadano in porto, è altamente opportuno, occorre che si arrivi a una soluzione che non mortifichi nessuna delle due parti, una pace giusta, che non sia un omaggio alla prepotenza delle armi”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a proposito della guerra in Ucraina a seguito dell’aggressione russa nel corso di un’intervista all’emittente giapponese Nhk, rilasciata nel corso della visita ufficiale in Giappone.

Difesa Ue, Meloni: proporrò a Parlamento di non usare fondi coesione

Difesa Ue, Meloni: proporrò a Parlamento di non usare fondi coesioneBruxelles, 6 mar. (askanews) – “Abbiamo condotto una battaglia per escludere la possibilità che venissero forzatamente dirottate risorse dai fondi di coesione alle spese per la difesa. E’ rimasta una clausola per cui alcuni nazioni volontariamente possono fare questa spesa ma io proporrò al Parlamento di chiarire che l’Italia non intende dirottare i fondi di coesione, importantissimi, all’acquisto di armi. E’ la proposta che porterò avanti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, parlando con i giornalisti a Bruxelles.

Marattin: nasce partito libdem alternativo a Meloni e Schlein

Marattin: nasce partito libdem alternativo a Meloni e SchleinRoma, 6 mar. (askanews) – “L’8 marzo a Roma nasce un nuovo soggetto politico che aggrega quattro associazioni di area terzopolista (Orizzonti Liberali, Libdem, Nos e Liberal Forum, ndr) con l’obiettivo delle elezioni politiche nel 2027: gli italiani non si devono ritrovare con l’opzione fra il governo Schlein, magari con Landini ministro del Lavoro, e il governo Meloni, con Salvini ministro dell’Interno”. Così Luigi Marattin, deputato del Gruppo Misto, uno dei promotori dell’iniziativa di sabato nella capitale.


“Pensiamo che ci sia un pezzo d’Italia che non vuole contribuire con il proprio voto a realizzare uno di questi due scenari, pensiamo che ci sia un pezzo d’Italia che crede ancora a un approccio liberale, democratico, autonomo da i due poli, focalizzato sulla crescita, sulla distribuzione delle opportunità, sulla creazione di ricchezza, sulla riduzione della spesa pubblica per tagliare le tasse, sulla rivoluzione concorrenziale”, ha aggiunto. “Queste cose non le offrono i due poli e allora, c’è bisogno di un’offerta politica che colmi questo modo di rappresentanza”, ha sottolineto Marattin che nel settembre scorso ha lasciato Italia viva per fondare l’associazione Orizzonti liberali. “C’è un pezzo d’Italia che è stanco di sentire da trent’anni che i politici promettono di ridurre le tasse. Abbiamo visto ieri che anche il centro-destra in questi primi due anni ha alzato la pressione fiscale di quasi un punto di Pil”, ha ricordato Marattin. “Le tasse in Italia non potranno mai diminuire veramente finché non si agisce sulla spesa pubblica che ormai è un treno impazzito in questo Paese, finché non si prende atto che in Italia la spesa pubblica è stata utilizzata per acquistare consenso politico ma ora deve essere tagliata, ridotta efficientata e quei risparmi devono tornare in tasca ai cittadini italiani”, ha spiegato ancora.


Per Marattin, professore associato di economia politica, “non c’è nessuno che dice che abbiamo bisogno di una vera rivoluzione di liberalizzazioni: dai tassisti ai balneari, dal commercio alle professioni e ai servizi pubblici locali. Servono più mercato e più concorrenza, perché danno maggiore equità, maggiore opportunità, minori prezzi, più crescita. In Italia, queste due cose, destra e sinistra non le dicono perché una è convinta che siano il braccio della tecnocrazia finanziaria, l’altra che siano il braccio del liberismo sfrenato. Invece sono cose che servono all’Italia e c’è un pezzo d’Italia che le vuole, ma che non sa chi votare perché sulla scheda elettorale non c’è un’offerta politica che faccia di queste due e altre cose l’architrave di una visione d’Italia diversa da quella che gli attuali poli propongono”, ha proseguito Marattin.

Meloni al Consiglio Ue: no ai fondi di coesione per le armi (e più flessibilità al Patto di stabilità)

Meloni al Consiglio Ue: no ai fondi di coesione per le armi (e più flessibilità al Patto di stabilità)Bruxelles, 6 mar. (askanews) – No al “dirottamento” dei fondi di coesione all’acquisto di armi, che comunque dovranno rientrare nel calcolo Nato. E bene anche la disponibilità tedesca a modificare i vincoli del Patto di stabilità, ma non solo per le spese in difesa. E’ questa, nella sostanza, la posizione che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sostiene oggi nel confronto sulla difesa europea al Consiglio europeo straordinario in corso a Bruxelles.


Nell’ambito dei lavori, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen spiegherà meglio e dettaglierà il piano “ReArm Europe” annunciato nei giorni scorsi. Proprio il nome, secondo Meloni, è stata una scelta “infelice” perchè non dà l’idea dell’intervento complessivo in una dimensione – quella della difesa e della sicurezza – che non riguarda solo gli armamenti ma anche aspetti come cybersicurezza, infrastrutture, ricerca e sviluppo.


Per quanto riguarda i fondi di coesione, il governo, sottolineano fonti italiane, sta conducendo una “battaglia”, anche in coordinamento con altri Stati membri, per evitare uno spostamento delle risorse di coesione verso il riarmo. L’Italia è infatti “contraria” a utilizzare per il riarmo europeo i fondi di coesione che devono invece restare “vincolati” agli obiettivi previsti. Roma, ribadirà Meloni, ha dato l’ok alla “volontarietà” sull’utilizzo dei fondi di coesione perché non si oppone al fatto che Stati che stanno al confine con la Russia possano considerare quella una loro priorità, ma sicuramente il Governo italiano non intende “dirottare” fondi di coesione sull’acquisto di armi. La premier considera anche “positiva”, come già detto, l’esclusione delle spese di difesa dal calcolo del rapporto deficit/Pil e ha accolto “favorevolmente” la proposta tedesca di arrivare anche a una revisione organica del Patto di stabilità che, secondo l’Italia, non dovrebbe fermarsi alle materie della difesa, ma comprendere anche la sicurezza in senso più ampio e altri “beni pubblici” europei a partire dalla “competitività”.


Infine, Meloni spiegherà anche che per l’Italia l’”interezza” dei fondi previsti deve essere destinata a “spese ammissibili” al calcolo delle spese di difesa in ambito Nato. Per il governo, in pratica, l’operazione ha “un senso” se si riesce a creare un meccanismo quasi automatico di riconoscimento delle risorse investite dagli Stati membri Ue nei programmi di difesa europei anche nell’ambito dell’Alleanza atlantica, per incrementare il livello di spesa come più volte richiesto in primo luogo da Donald Trump. Su questo l’Italia presenterà una proposta di lavoro affinché Commissione e Servizio europeo per l’azione esterna stabiliscano un meccanismo di rendicontazione obiettivo, omogeneo e trasparente di questo tipo di spese. In sostanza, preciserà Meloni, ogni euro in più investito nella difesa europea deve contare ed essere contabilizzato in ambito Nato.

Meloni a Ue, no fondi coesione per armi e spese in calcolo Nato

Meloni a Ue, no fondi coesione per armi e spese in calcolo NatoBruxelles, 6 mar. (askanews) – No al “dirottamento” dei fondi di coesione all’acquisto di armi, che comunque dovranno rientrare nel calcolo Nato. E bene anche la disponibilità tedesca a modificare i vincoli del Patto di stabilità, ma non solo per le spese in difesa. E’ questa, nella sostanza, la posizione che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sostiene oggi nel confronto sulla difesa europea al Consiglio europeo straordinario in corso a Bruxelles.


Nell’ambito dei lavori, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen spiegherà meglio e dettaglierà il piano “ReArm Europe” annunciato nei giorni scorsi. Proprio il nome, secondo Meloni, è stata una scelta “infelice” perchè non dà l’idea dell’intervento complessivo in una dimensione – quella della difesa e della sicurezza – che non riguarda solo gli armamenti ma anche aspetti come cybersicurezza, infrastrutture, ricerca e sviluppo.


Per quanto riguarda i fondi di coesione, il governo, sottolineano fonti italiane, sta conducendo una “battaglia”, anche in coordinamento con altri Stati membri, per evitare uno spostamento delle risorse di coesione verso il riarmo. L’Italia è infatti “contraria” a utilizzare per il riarmo europeo i fondi di coesione che devono invece restare “vincolati” agli obiettivi previsti. Roma, ribadirà Meloni, ha dato l’ok alla “volontarietà” sull’utilizzo dei fondi di coesione perché non si oppone al fatto che Stati che stanno al confine con la Russia possano considerare quella una loro priorità, ma sicuramente il Governo italiano non intende “dirottare” fondi di coesione sull’acquisto di armi. La premier considera anche “positiva”, come già detto, l’esclusione delle spese di difesa dal calcolo del rapporto deficit/Pil e ha accolto “favorevolmente” la proposta tedesca di arrivare anche a una revisione organica del Patto di stabilità che, secondo l’Italia, non dovrebbe fermarsi alle materie della difesa, ma comprendere anche la sicurezza in senso più ampio e altri “beni pubblici” europei a partire dalla “competitività”.


Infine, Meloni spiegherà anche che per l’Italia l’”interezza” dei fondi previsti deve essere destinata a “spese ammissibili” al calcolo delle spese di difesa in ambito Nato. Per il governo, in pratica, l’operazione ha “un senso” se si riesce a creare un meccanismo quasi automatico di riconoscimento delle risorse investite dagli Stati membri Ue nei programmi di difesa europei anche nell’ambito dell’Alleanza atlantica, per incrementare il livello di spesa come più volte richiesto in primo luogo da Donald Trump. Su questo l’Italia presenterà una proposta di lavoro affinché Commissione e Servizio europeo per l’azione esterna stabiliscano un meccanismo di rendicontazione obiettivo, omogeneo e trasparente di questo tipo di spese. In sostanza, preciserà Meloni, ogni euro in più investito nella difesa europea deve contare ed essere contabilizzato in ambito Nato.

La camera approva il ddl spazio. Deputati di Avs protestano in aula coi cartelloni: “Giù la Musk”

La camera approva il ddl spazio. Deputati di Avs protestano in aula coi cartelloni: “Giù la Musk”Roma, 6 mar. (askanews) – L’aula della Camera ha approvato con 133 voti a favore, 89 voti contrari e 2 astenuti il ddl spazio che contiene disposizioni in materia di economia dello spazio. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. Le opposizioni hanno votato no parlando di “occasione persa” e di “regalo” di Giorgia Meloni a Elon Musk. Moltissimi sono stati infatti gli interventi, le critiche e gli emendamenti da parte dell’opposizione che si sono concentrate sull’articolo 25 sulla possibilità di affidare a un’azienda straniera – Starlink di Elon Musk – il backup delle comunicazioni strategiche.


Critiche sfociate anche in una protesta in aula. I parlamentari di Avs hanno denunciato i “regali” della maggioranza a Elon Musk attraverso Starlink ed esposto cartelli con su scritto: “Giù la Musk”. I cartelli sono stati esposti per qualche istante durante le dichiarazioni di voto e poi il presidente di turno dell’aula Sergio Costa ha chiesto di rimuoverli. Ecco alcune delle novità contenute nel ddl spazio e sulla space economy che oggi è stato approvato alla Camera in prima lettura. Obbligo per le attività spaziali svolte in Italia e per gli operatori italiani attivi all’estero di ottenere un’autorizzazione, istituzione di un Fondo, con una dotazione di 35 milioni di euro per il 2025, finalizzato ala crescita del mercato delle tecnologie spaziali, misure per facilitare l’accesso di Pmi e start-up ai contratti pubblici nel settore spaziale e aerospaziale. Il provvedimento, proposto dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha anche la delega sulle politiche del settore, regola l’accesso allo Spazio, promuove investimenti nella Space Economy per accrescere la competitività nazionale, incentiva la ricerca e lo sviluppo di competenze e per valorizzare le tecnologie per l’osservazione della Terra, utili nella prevenzione dei rischi naturali e antropici.


Nel merito, il ddl introduce per le attività spaziali svolte sul territorio italiano e per gli operatori nazionali attivi all’estero, l’obbligo di ottenere un’autorizzazione, subordinata al rispetto di requisiti riguardanti la sicurezza, la resilienza e la sostenibilità delle attività. Per il lancio di satelliti appartenenti alla stessa costellazione, è prevista un’unica autorizzazione. L’Agenzia Spaziale Italiana vigilerà sugli operatori e potrà revocare l’autorizzazione in caso di violazioni. Gestirà inoltre l’iscrizione nel Registro nazionale degli oggetti lanciati nello spazio per cui l’Italia è Stato di lancio. Il Mimit provvederà alla costituzione di una riserva di capacità trasmissiva nazionale attraverso comunicazioni satellitari, utilizzando satelliti e costellazioni in orbita geostazionaria. Il Comitato interministeriale per le politiche spaziali e la ricerca aerospaziale (Comint) promuoverà la definizione di un livello di ambizione realistico, i costi e il percorso per la realizzazione di una costellazione satellitare nazionale in orbita bassa.


Per quanto riguarda la responsabilità in caso di danni derivanti da attività spaziale, il ddl impone agli operatori un’assicurazione con massimale di 100 milioni di euro per episodio. Massimali gradatamente inferiori potranno essere stabiliti in base alla dimensione dell’attività spaziale, alle esperienze pregresse dell’operatore o con particolare attenzione nel caso di operatori qualificati come start-up innovative o con finalità esclusiva di ricerca. Il Comint, con ASI e in consultazione con Mimit, Mef e Mur, elaborerà un Piano Nazionale per l’Economia dello Spazio di almeno cinque anni.


Per promuovere il settore e favorire la crescita del mercato delle tecnologie spaziali e delle infrastrutture, viene istituito un Fondo pluriennale per la Space Economy, con 35 milioni di euro stanziati per il 2025 dal Mimit. Un’attenzione particolare viene riservata alle pmi e alle start-up del settore. Per facilitare il loro accesso ai contratti pubblici nel settore spaziale e aerospaziale, in caso di appalti non suddivisi in lotti viene riservata loro una quota di almeno il 10% del valore del contratto. Con Dpcm, d’intesa con Mit, Difesa, Mimit e Mef, saranno definite le caratteristiche e i requisiti tecnici degli spazioporti, siti per il lancio, decollo o rientro di veicoli suborbitali o orbitali.