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Ddl ecoproteste, ok definitivo Camera: maxi multe fino a 60mila euro

Ddl ecoproteste, ok definitivo Camera: maxi multe fino a 60mila euroRoma, 18 gen. (askanews) – L’Aula della Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge, di iniziativa governativa, emanato dal governo in seguito alle proteste sul cambiamento climatico, che prevede sanzioni per chi deturpa beni culturali o paesaggistici. I sì sono stati 138, i no 92, 10 gli astenuti. Non ci sono modifiche rispetto al testo già appropvato dal Senato.

Il provvedimento prevede la sanzione amministrativa da 20.000 euro a 60.000 euro per chiunque distrugga, disperda, deteriori o renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui. È prevista inoltre la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 40.000 euro per chiunque deturpi o imbratti beni culturali o paesaggistici propri o altrui, o destina i beni culturali ad un uso pregiudizievole per la loro conservazione o integrità o ad un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico. Il danneggiamento e la distruzione di beni culturali erano già puniti nel codice penale con la pena della reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000. E il deturpamento o imbrattamento di beni culturali con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.500 euro a 10.000 euro.

I proventi delle sanzioni previste dal ddl approvato oggi, secondo quanto previsto dallo stesso ddl, sono versati in un apposito capitolo del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero della Cultura affinché siano impiegati prioritariamente per il ripristino dei beni. Il ddl infine introduce una fattispecie aggravata (sanzionata con pene raddoppiate) a carico di chi deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico; prevede specifiche sanzioni – reclusione da 1 a 6 mesi o multa da 300 a 1.000 euro – per coloro che deturpano o imbrattano teche, custodie e altre strutture adibite alla esposizione, protezione e conservazione di beni culturali esposti in musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico.

Fine vita, Zaia: sui temi etici non ci sono ordini di partito

Fine vita, Zaia: sui temi etici non ci sono ordini di partitoVenezia, 18 gen. (askanews) – “Facendo il consuntivo delle sei pratiche del Veneto sul fine vita in cinque anni: 4 sono state rigettate una dallo Iov, due accettate: la signora Gloria Treviso e Stefano Gheller e hanno avuto tempi di risposte celere. In ogni caso sui temi etici non ci possono essere ordini di partito, non è un fatto politico”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia tornando sul tema del fine vita discusso in consiglio regionale nei giorni scorsi nel corso della conferenza stampa e sul ‘no’ espresso sul tema dal segretario della Lega, Salvini. “Su un tema così delicato – ha aggiunto Zaia – c’è la libertà di pensiero, non ho mai voluto fare la conta l’avrei trovato vomitevole, va rispettata la volontà di tutti. Salvini ha detto ‘no’, ma ad esempio il segretario regionale della Lega Stefani avrebbe votato sì.In Consiglio regionale tutti i consiglieri della Lega hanno votato come volevano e non hanno avuto condizionamenti da me”.

“Con senso etico e della responsabilità – ha proseguito il governatore – Ulss e comitati etici quando vedono pratiche del genere, le valutano, sulle tempistiche si può fare per uniformare ma in assenza di una legge si possono dare indicazioni, a rigor di logica la legge stabiliva questo. Il fine vita esiste per una sentenza della Corte Costituzionale, il progetto di legge che arriva dai cittadini intendeva definire i tempi di attesa per la risposta, per tutto ci vuole una fonte giuridica, le Ulss rispondono tempestivamente”.

Autonomia, voto finale slitta alla settimana prossima

Autonomia, voto finale slitta alla settimana prossimaRoma, 18 gen. (askanews) – Il voto finale sul ddl Calderoli per l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata slitta alla prossima settimana. E’ questo, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, l’esito della riunione “informale” dei capigruppo del Senato, dopo che le opposizioni avevano abbandonato per protesta la seduta della commissione Bilancio che stava formulando gli ultimi pareri sugli emendamenti.

La seduta odierna dell’aula di palazzo Madama, nel corso della quale la maggioranza puntava a concludere l’esame del provvedimento con il voto finale, è rimasta sospesa per circa un’ora, quindi riprenderà con il voto sugli emendamenti (che sono oltre 300) ma si concluderà entro le 15 per il previsto question time con il Governo. Il voto finale slitta alla prossima settimana, con ogni probabilità il percorso del provvedimento si concluderà quindi nella seduta di martedì.

Ok commissioni ddl Italia-Albania, opposizioni abbandonano lavori

Ok commissioni ddl Italia-Albania, opposizioni abbandonano lavoriRoma, 18 gen. (askanews) – E’ arrivato verso mezzanotte e mezzo il via libera delle commissioni Affari costituzionali ed Esteri della Camera al ddl di ratifica del protocollo Italia-Albania sui centri per migranti. Con le opposizioni che hanno abbandonato l’aula per protestare contro la chiusura di governo e maggioranza a qualsiasi modifica. Lunedì il provvedimento approda in aula.

Le opposizioni, ha spiegato Matteo Mauri del Pd, hanno selezionato un pacchetto di 20 proposte, “nessuna delle quali avrebbe stravolto il testo ma inserito specifiche, cose che il governo a voce ha garantito che rispetterà senza però volerle scrivere nero su bianco” neanche la richiesta di riconoscere “il diritto delle grandi organizzazioni internazionali a visitare i centri proponendo una riformulazione riduttiva e inaccettabile. La contraddizione come la malafede – ha attaccato Mauri – sono evidenti”. Unica modifica approvata, targata esecutivo, per precisare che la Commissione territoriale d’asilo sarà quella che ha sede a Roma. Blindato dunque l’impianto dell’operazione voluta dalla premier Giorgia Meloni e dal suo omologo Edi Rama.

Il protocollo prevede che vengano realizzate in territorio albanese due aree, con una capienza complessiva per non più di 3mila migranti, dove condurre stranieri salvati in operazioni di soccorso e dove espletare le procedure di identificazione e accertamento dei requisiti di protezione internazionale e, nel caso di diniego, le procedure per il rimpatrio. Secondo quanto riferito dal viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli (Fdi), durante i lavori, l’intenzione sarebbe quella di fare un primo screening a bordo delle navi dello Stato italiano, in acque internazionali. In Albania non andranno soggetti vulnerabili (“minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne, genitori singoli con figli minori, vittime della tratta di esseri umani, persondovrebbee affette da gravi malattie o da disturbi mentali, persone per le quali è accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali”, ha spiegato Cirielli). I migranti destinati ai due centri di detenzione amministrativa (uno presso il porto di Shengjin e l’altro nell’entroterra presso Gjder) dovrebbero dunque essere uomini considerati, “prima facie”, a prima vista, non vulnerabili. Scelta non banale e non priva di rischi se non effettuata da personale adeguatamente formato e con la dovuta tempistica.

Sotto accusa delle opposizioni anche la previsione che le strutture avranno tre diverse aree. Oltre a una parte del centro che avrà funzione di hotspot, una parte funzioni di Cpr e una una struttura detentiva, sotto giurisdizione penale italiana, per eventuali delitti commessi da un ospite dei due centri di detenzione amministrativa. La richiesta di prevedere un ufficio del Garante per i detenuti è stata respinta. Il ddl di ratifica dà piena esecuzione al protocollo e introduce anche alcune norme per il coordinamento e la gestione, stabilisce le autorità coinvolte, precisa che nei due centri potranno essere condotte solo persone imbarcate “anche a seguito di operazioni di soccorso” extra-Ue (né acque italiane né di altri Stati membri). Il provvedimento equipara le aree concesse in uso all’Italia, di cui il nostro Paese avrà la concessione, la responsabilità e la gestione, e tutti i costi a carico, a zone di frontiera e di transito dove è prevista la procedura accelerata. Si specifica inoltre che ai migranti dovrà applicarsi la normativa italiana ed europea in materia.

Il testo è in prima lettura e dopo Montecitorio il provvedimento passerà all’esame del Senato. Resta intanto sospesa la ratifica del protocollo da parte dell’Albania, bloccata da uno stop della Corte costituzionale albanese. Oggi la Corte avvierà l’esame e dovrà esprimersi nel merito entro il 6 marzo. Non è escluso che il verdetto arrivi prima.

Solinas è indagato dalla Procura di Cagliari. Il governatore sardo: colpisce il tempismo dell’indagine

Solinas è indagato dalla Procura di Cagliari. Il governatore sardo: colpisce il tempismo dell’indagineMilano, 17 gen. (askanews) – “Questa indagine ha due elementi di sicuro rilievo: il primo è il tempismo, viene fatto a quattro giorni dalla presentazione delle liste, mentre si decide il candidato presidente unitario del centrodestra; l’altro è che, essendo in fase di indagine, stiamo parlando di atti che dovrebbero essere coperti dal segreto istruttorio e che invece sono in possesso di tutti i media”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas, ai microfoni del TG1, circa gli sviluppi nelle inchieste della Procura di Cagliari sulla compravendita di una sua proprietà.

“Si vota il 25 febbraio e con tempismo perfetto, spuntano guai giudiziari per Solinas. Solidarietà al governatore e buon lavoro ai magistrati che dovranno affrontare settimane molto intense”. Così il vicesegretario della Lega Andrea Crippa, in riferimento al sequestro cautelare di alcune proprietà del governatore sardo, nell’ambito di inchieste a suo carico da parte della procura di Cagliari.

Alluvione, Meloni-von der Leyen lungo colloquio e grande sintonia

Alluvione, Meloni-von der Leyen lungo colloquio e grande sintoniaForlì, 17 gen. (askanews) – A quasi otto mesi dalla loro prima visita insieme nelle zone alluvionate (era il 25 maggio 2023), la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sono tornate in Emilia-Romagna per ufficializzare gli 1,2 miliardi di euro di fondi del Pnrr rivisitato che verranno utilizzati, come ha spiegato la premier, per “azioni di risanamento ambientale, ripristino del patrimonio residenziale pubblico, di mitigazione del rischio idrogeologico”. Insomma, ha sottolineato Meloni, con quelle risorse europee “facciamo sia ricostruzione che prevenzione”.

“L’ultima volta che von der Leyen venne qui portò il suo impegno e il fatto che sia qui di nuovo è secondo me simbolo di grande serietà e concretezza”, per cui credo “che tutti gli abitanti di questa Regione debbano ringraziarla”, ha esordito la premier nel Municipio di Forlì segnalando la grande sintonia con la leader dell’esecutivo Ue. Si tratta, ha spiegato Meloni, di un miliardo e 200 milioni di risorse “aggiuntive” rispetto a quanto già fatto dal governo sulla ricostruzione post alluvione. Per esempio, ha rivendicato, “con il decreto 61 abbiamo stanziato quasi 1,8 mld per la tenuta del sistema produttivo e dei livelli occupazionali. Poi con il successivo decreto 88” abbiamo stanziato “2,5 miliardi per la ricostruzione pubblica, oltre 120 milioni per i contributi alla ricostruzione privata, 100 milioni per le imprese poi altri 149 milioni con un successivo provvedimento”. Inoltre, “con il lavoro del commissario Figliuolo – ha aggiunto la premier – dei 2,5 miliardi per la ricostruzione pubblica sono già stati messi a disposizione degli enti locali una somma pari a 1, 6 mld, a questo risorse se ne aggiungono altre, pari a circa 1 miliardo, già nella disponibilità del commissario. Sono stati erogati già 100 milioni alle famiglie per il sostegno immediato, 200 milioni per i lavoratori autonomi e altri 600 mln già nella disponibilità del commissario”.

Ma al di là di quanto fatto dal governo italiano, “il sostegno dell’Unione Europea non si limita ai fondi previsti nel Pnrr ma si estende anche ai fondi stanziati a valere sul fondo europeo di solidarietà, il primo tema di cui parlammo nella nostra precedente visita in Emilia-Romagna” con von der Leyen, “che potrebbe portare a un contributo aggiuntivo di 378 milioni di euro ma già 95 sono stati già quasi immediatamente anticipati dalla commissione europea”. La sintonia tra governo italiano e Ue è stata confermata anche da von der Leyen: “La cooperazione è stata eccellente”, ha detto la presidente della Commissione europea. “La revisione del Pnrr ha avuto successo”. “Vogliamo aiutarvi a rimettervi in piedi, a essere più resilienti, a migliorare la prevenzione”, “lo stiamo facendo e lo faremo ancora di più, perché oltre al Pnrr c’è il fondo europeo per l’agricoltura da cui abbiamo messo a disposizione 60 milioni di euro per l’emergenza”. Inoltre, “grazie alla revisione del Fondo di coesione, una nuova pietra miliare” c’è la possibilità di “reindirizzare importanti fondi per ricostruzione e per la risposta alle calamità per rivitalizzare le comunità e le città come accaduto nel terremoto del Centro Italia del 2017. Abbiamo anche mobilitato il Fondo di solidarietà Ue, avete ricevuto un anticipo di 95 milioni” di cui parlava Meloni “e altri fondi arriveranno nei prossimi mesi da questo fondo”.

Insomma una sintonia palpabile tra le due leader che sembra andare al di là dei ruoli istituzionali, sottolineata da espliciti riconoscimenti (“von der Leyen ha capito il nostro approccio sulle migrazioni”, ha detto ad esempio Meloni) ma anche dal lungo colloquio avuto prima di incontrare pubblicamente autorità locali e stampa: quasi un’ora. “Abbiamo trattato di materie – ha riferito Meloni – che ci vedono collaborare, a partire dal prossimo consiglio Ue, nel quale si discuterà della revisione del bilancio pluriennale, la revisione di Mid-term, e ci sono altre questioni importanti, che vanno dalla necessità di garantire il sostegno all’Ucraina fino alle risorse per la migrazione”. E sui social la presidente della Commissione Ue ha riassunto: “Incontro molto costruttivo con Giorgia Meloni. Abbiamo discusso del prossimo Consiglio europeo e della presidenza italiana del G7. La nostra buona collaborazione ha portato alla revisione del piano Next Generation Eu con 1,2 miliardi di euro per gli investimenti nella prevenzione delle alluvioni. Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme”. L’incontro di Forlì potrebbe essere stato dunque una buona occasione per riflettere sugli scenari che si apriranno con le elezioni europee di giugno, con il possibile appoggio dei Conservatori europei, di cui Meloni è presidente, per una ‘nuova maggioranza Ursula’ senza i Socialisti.

Alluvione, a Forlì il grido “rispetto” contro Meloni e von der Leyen

Alluvione, a Forlì il grido “rispetto” contro Meloni e von der LeyenForlì, 17 gen. (askanews) – Hanno urlato più volte la parola “rispetto” quando sono arrivate le auto blu della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che oggi hanno ufficializzato l’arrivo di 1,2 miliardi di euro dai fondi del Pnrr rivisitato per le zone alluvionate dell’Emilia-Romagna. Il centinaio di manifestanti assiepato sin dalle 12 in piazza Saffi, davanti alla sede del municipio di Forlì, ha sfidato temperature rigide e una fitta pioggerellina per protestare contro il ritardo degli indennizzi per i danni arrecati dall’alluvione che ha colpito la regione Emilia Emilia-Romagna, e in particolare la provincia di Forlì-Cesena, nel maggio dello scorso anno.

I manifestanti lamentavano, oltre al mancato arrivo dei fondi, anche le assurdità burocratiche per ottenerli. “Ci hanno chiesto le ricevute dei macchinari che sono andati distrutti con l’alluvione, ma assieme ai macchinari, come stampanti e fotocopiatrici, c’erano anche gli archivi con le ricevute, finiti sotto 3 metri d’acqua”, ha raccontato una delle manifestanti, titolare di una piccola impresa della zona. Tra gli striscioni appesi alle transenne spiccava quello della Cgil: “Promesse nel fango”, mentre un altro recitava “Con i vostri tempi non la sfanghiamo più”.

Sull’istituzione di una commissione sul Covid la maggioranza ripete il voto per avere l’ok

Sull’istituzione di una commissione sul Covid la maggioranza ripete il voto per avere l’okRoma, 17 gen. (askanews) – Caos alla Camera in commissione Affari Sociali durante il voto sul mandato al relatore a riferire in Aula sull’istituzione di una commissione di inchiesta sull’emergenza Covid: la votazione è finita in parità, 11 favorevoli e 11 contrari, che da regolamento vuol dire bocciatura. Un esito che ha spiazzato il centrodestra e ha fatto esultare le opposizioni contrarie al provvedimento arrivato alla sua terza lettura. Dopo un acceso di battito di tre quarti d’ora, con diversi deputati che avevano già lasciato la commissione per andare in Aula a seguire il question time, la maggioranza ha deciso di procedere a una nuova votazione che è finita 12 a zero, sancendo il via libera al mandato alla relatrice Alice Buonguerrieri (Fdi), tra gli assenti alla votazione.

Le opposizioni, infatti, si sono rifiutate di prendere parte a quella che Marco Furfaro, deputato Pd, ha definito “una forzatura”. “Anche in Parlamento – ha sottolineato l’esponente dem – è venuta meno la compattezza della maggioranza: questo risultato è un chiaro segnale politico”. Anche per i capogruppo e la vicecapogruppo di Azione-Per-Renew alla Camera Matteo Richetti e Elena Bonetti, “quanto accaduto è di una gravità inaudita. La ripetizione di un voto con risultato sfavorevole alla maggioranza è un precedente inaccettabile. Intervenga immediatamente il Presidente Fontana per ripristinare il rispetto del regolamento della Camera dei Deputati”. A difendere la votazione è arrivato in commissione il presidente del gruppo Fdi alla Camera, Tommaso Foti: “Sul regolamento è previsto che il presidente possa fare la controprova. Ma il fatto non sussiste perché il testo sarebbe comunque andato in Aula senza relatore. L’opposizione era avanti perché il vecchio gruppo unico Azione-Iv ora si è diviso e qui oggi c’era il rappresentante di Azione (Fabrizio Benzoni in sostituzione di Elena Bonetti, ndr). Se ci fosse stata Italia Viva…”. Anche Luciano Ciocchetti (Fdi), che oggi presiedeva la Commissione, ha spiegato: “Il regolamento prevede la possibilità di fare la controprova come chiesto migliaia di volte dall’opposizione. Poi al momento del primo voto c’erano 7-8 persone in piedi pronte a scappare via per andare in Aula…”.

Covid, maggioranza sotto su inchiesta, ripete voto per avere l’ok

Covid, maggioranza sotto su inchiesta, ripete voto per avere l’okRoma, 17 gen. (askanews) – Caos alla Camera in commissione Affari Sociali durante il voto sul mandato al relatore a riferire in Aula sull’istituzione di una commissione di inchiesta sull’emergenza Covid: la votazione è finita in parità, 11 favorevoli e 11 contrari, che da regolamento vuol dire bocciatura. Un esito che ha spiazzato il centrodestra e ha fatto esultare le opposizioni contrarie al provvedimento arrivato alla sua terza lettura. Dopo un acceso di battito di tre quarti d’ora, con diversi deputati che avevano già lasciato la commissione per andare in Aula a seguire il question time, la maggioranza ha deciso di procedere a una nuova votazione che è finita 12 a zero, sancendo il via libera al mandato alla relatrice Alice Buonguerrieri (Fdi), tra gli assenti alla votazione.

Le opposizioni, infatti, si sono rifiutate di prendere parte a quella che Marco Furfaro, deputato Pd, ha definito “una forzatura”. “Anche in Parlamento – ha sottolineato l’esponente dem – è venuta meno la compattezza della maggioranza: questo risultato è un chiaro segnale politico”. Anche per i capogruppo e la vicecapogruppo di Azione-Per-Renew alla Camera Matteo Richetti e Elena Bonetti, “quanto accaduto è di una gravità inaudita. La ripetizione di un voto con risultato sfavorevole alla maggioranza è un precedente inaccettabile. Intervenga immediatamente il Presidente Fontana per ripristinare il rispetto del regolamento della Camera dei Deputati”. A difendere la votazione è arrivato in commissione il presidente del gruppo Fdi alla Camera, Tommaso Foti: “Sul regolamento è previsto che il presidente possa fare la controprova. Ma il fatto non sussiste perché il testo sarebbe comunque andato in Aula senza relatore. L’opposizione era avanti perché il vecchio gruppo unico Azione-Iv ora si è diviso e qui oggi c’era il rappresentante di Azione (Fabrizio Benzoni in sostituzione di Elena Bonetti, ndr). Se ci fosse stata Italia Viva…”. Anche Luciano Ciocchetti (Fdi), che oggi presiedeva la Commissione, ha spiegato: “Il regolamento prevede la possibilità di fare la controprova come chiesto migliaia di volte dall’opposizione. Poi al momento del primo voto c’erano 7-8 persone in piedi pronte a scappare via per andare in Aula…”.

Salario minimo, pronto emendamento opposizioni (tranne Iv) in Senato

Salario minimo, pronto emendamento opposizioni (tranne Iv) in SenatoRoma, 17 gen. (askanews) – Pronto l’emendamento unitario delle opposizioni (esclusa Italia Viva) per introdurre nell’ordinamento italiano il salario minimo per legge. Il tentativo parte ora al Senato, dopo lo stop che la misura ha avuto alla Camera.

Le opposizioni hanno firmato un emedamento alla legge di delegazione europea, che sta per essere formalizzato in Commissione Politiche europee di Palazzo Madama e che prevede che il trattamento economico minimo orario stabilito nei contratti di lavori “non possa essere inferiore a 9 euro lordi”. Nello specifico, la proposta delle opposizioni prevede che sia assicurata al lavoratore “una retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, in modo che il trattamento economico complessivo non sia inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) in vigore per il settore in cui il datore di lavoro opera e svolge effettivamente la sua attività, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale, e che il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL non possa comunque essere inferiore a 9 euro lordi”.

Con lo stesso emendamento si propone di istituire presso il Ministero del Lavoro “la Commissione per l’aggiornamento del valore soglia del trattamento economico minimo orario” e di “apportare alla normativa vigente le modifiche e le integrazioni necessarie ad assicurare la parità di genere” attraverso il salario minimo, per colmare il divario retributivo e pensionistico.