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Ue, nomina vice presidenti dopo il 20. Mattarella “fa auguri” a Fitto

Ue, nomina vice presidenti dopo il 20. Mattarella “fa auguri” a FittoRoma, 14 nov. (askanews) – Slitta (almeno) alla prossima settimana la decisione sulla nomina dei vicepresidenti della nuova Commissione europea. Compresa quella di Raffaele Fitto, che oggi ha avuto il “supporto” assai rilevante del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.


Il capo dello Stato ha ricevuto al Quirinale il ministro a cui ha “formulato gli auguri per l’affidamento dell’incarico – così importante per l’Italia – assegnatogli dalla presidente Von der Leyen nell’ambito della Commissione dell’Unione europea”. Una sorta di “garanzia” – si potrebbe dire – sulla piena titolarità di Fitto a ricoprire quel ruolo. Per il momento però la nomina di Fitto – e quella degli altri vice presidenti – resta congelata, perlomeno fino al 20, quando Teresa Ribera si presenterà al Parlamento spagnolo per riferire sui danni provocati dalla Dana in Spagna e sui presunti errori e ritardi nella gestione dell’emergenza. Non è escluso un ulteriore rinvio, alla settimana successiva, prima che si arrivi al voto di fiducia del nuovo Esecutivo comunitario, a Strasburgo mercoledì 27 novembre.


Per il capo delegazione di Forza Italia nel gruppo del Ppe al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello “c’è una ‘landing zone’, una zona di atterraggio: la settimana prossima si troverà un accordo, probabilmente”, ha detto ad alcuni giornalisti a margine della “mini plenaria” oggi a Bruxelles. “Si aspetta, il 20 novembre, che Teresa Ribera renda delle spiegazioni al Parlamento spagnolo, poi presumo che si possano approvare le nomine di tutti i vicepresidenti esecutivi” designati per la nuova Commissione. Teresa Ribera, socialista spagnola, è una dei sei vice presidenti esecutivi, con gli importanti portafogli della Transizione giusta e della Concorrenza. È lei, molto più degli altri due candidati bloccati, il vicepresidente esecutivo designato italiano, Raffaele Fitto e il commissario designato ungherese Oliver Varhelyi, il vero “casus belli” che ha bloccato il processo di approvazione delle audizioni. Come ministra per la Transizione verde del suo paese, è stata accusata in modo durissimo dal Partido Popular e dall’estrema destra in Spagna di avere delle responsabilità nella cattiva gestione dell’emergenza durante la catastrofica inondazione di Valencia, che ha causato oltre 200 morti. Il Ppe ha appoggiato le accuse del partito spagnolo, uno dei più potenti della sua famiglia, e l’audizione di Ribera si è trasformata in una trappola, un processo in cui ha dovuto difendersi dalle accuse che ha denunciato come manipolazioni e menzogne per nascondere la vera responsabilità, degli amministratori locali del Ppe, nel disastroso ritardo dell’intervento delle autorità a Valencia. “Immagino che il 27 novembre voteremo la Commissione, come ha detto Roberta Metsola”, la presidente del Parlamento europeo, ha osservato Martusciello. E ha spiegato: “La logica è dare via libera a tutti i vicepresidenti esecutivi, con l’idea di aspettare che Ribera parli al Parlamento spagnolo”. “Oggi Manfred Weber (il capogruppo del Ppe, ndr) ci ha detto in riunione di gruppo che c’era un accordo nel Consiglio europeo sulla vicepresidenza esecutiva di Fitto”, ha riferito il capo delegazione di Fi. E ha aggiunto: “La capogruppo dei Socialisti (la spagnola Iratxe García Pérez, ndr) ha detto che non era a conoscenza di questo accordo, ma ne prendeva atto. Mi pare, quindi, che si vada sostanzialmente verso uno scongelamento delle posizioni. L’hanno chiamata ‘landing zone’, è il nuovo termine che sta girando per trovare un accordo, per arrivare al voto del 27 in plenaria”. La sensazione a questo punto, insomma, è che, una volta sbloccato dal Ppe il via libera per l’audizione di Ribera, i Socialisti e Democratici (S&D)) e i liberali di Renew rinunceranno a chiedere a von der Leyen di togliere a Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo, se la presidente della Commissione assicurerà che non intende cambiare la sua “maggioranza europeista” di riferimento, che l’ha sostenuta a luglio. Perché il maggior potere affidato all’italiano nel nuovo Esecutivo Ue non è legato a un ingresso nella maggioranza del suo gruppo di destra, l’Ecr, ma è piuttosto un gesto di riguardo per l’importanza del suo paese di provenienza.


Meno ottimista e più allarmato è apparso invece un altro europarlamentare di lungo corso, il coordinatore del gruppo Renew in commissione Ambiente Pascal Canfin, francese, che ha . parlato con alcuni giornalisti dopo la “mini plenaria” di Bruxelles, in cui stamattina una maggioranza formata da Ppe, Ecr e i due gruppi di estrema destra ha approvato degli emendamenti sostanziali in un atto legislativo, la proposta di ritardare di un anno l’attuazione del regolamento Ue contro la deforestazione importata (già approvato nel 2023). “È la prima volta – ha rilevato Canfin – che vediamo la maggioranza Ppe-ultradestra in un voto legislativo”. Sulla deforestazione “siamo riusciti a evitare lo scenario peggiore, ma questo significa comunque che non possiamo avere il Ppe come partner affidabile, nemmeno per quanto riguarda i testi legislativi”, e non solo nelle risoluzioni non vincolanti. “Il Ppe deve scegliere: non può governare con l’estrema destra che va contro i progetti europei, e poi con noi per sostenere la Commissione von der Leyen”, ha sottolineato Canfin. “Siamo vicini al momento della verità, quando dovranno scegliere. Non siamo ancora alla crisi politica, ma iniziamo a vederne i segnali” ed è il Ppe che “sta aprendo il vaso di Pandora”. “Non possiamo permetterci una crisi politica – ha avvertito Canfin -, e vogliamo evitarla. Sarebbe irresponsabile, con l’attuale situazione negli Stati Uniti, in Ucraina, in Cina, il divario di competitività” dell’Ue rispetto alle altre economie globali. “Speriamo ancora di riuscire a trovare una via d’uscita. Ma se la prossima settimana si vedrà che il Ppe non sostiene Ribera, quello sarebbe l’inizio della crisi”, con la rottura dell’accordo in seno alla maggioranza europeista formata da Ppe, S&D e Renew. “Non ci siamo ancora, ma il rischio è alto. Oggi la linea rossa non è stata oltrepassata, ma potrebbe essere stata solo posticipata””, ha concluso Canfin. Intanto sulla nomina di Fitto Meloni, da Perugia, torna all’attacco del Pd. “Da giorni chiedo alla segretaria del Pd di dire quale sia la posizione ufficiale del Pd – accusa – e non riesco ad avere una risposta. Dice: ‘Non devo rispondere alla Meloni’. Non deve rispondere a me ma ai cittadini italiani, le persone serie fanno così. Rimango basita. Penso che ciascuno si debba assumere la responsabilità delle proprie scelte”. Pronta la replica Dem con il vicecapogruppo alla Camera Toni Ricciardi: “Con che coraggio Meloni mette in discussione la serietà del Pd sul voto a Fitto? La prima domanda dovrebbe farla al suo vice premier Salvini che non voterà la commissione e il commissario Fitto. Non prendiamo lezioni di serietà da chi si arrampica sugli specchi ogni giorno per nascondere le proprie divisioni. Quelle si che fanno male all’Italia”.

Ue, Meloni: Schlein su Fitto deve rispondere agli italiani

Ue, Meloni: Schlein su Fitto deve rispondere agli italianiPerugia, 14 nov. (askanews) – “Ricordo – ha proseguito Meloni – che cinque anni fa quando Gentiloni fu designato dall’allora governo di centrosinistra come commissario italiano, Raffaele Fitto, che era parlamentare europeo, gruppo Fratelli d’Italia, votò a favore del commissario Gentiloni e Silvio Berlusconi, al tempo, cambiò commissione e chiese di sostituire un collega per andare nella commissione dove si votava per Gentiloni a fare un intervento a sostegno del commissario italiano, perché questo siamo noi! Gente che mette l’interesse nazionale italiano di fronte all’interesse di parte. Che cosa fa invece la sinistra? La sinistra invece in queste ore ci viene a dire che l’Italia non deve avere la vicepresidenza. Cioè il Partito Socialista Europeo, del quale ricordo che il Pd è il gruppo di maggioranza relativa, cioè sono il gruppo più numeroso, ieri ha dato mandato alla Capogruppo di andare a trattare con Von der Leyen il fatto che Raffaele Fitto, il commissario italiano, non deve essere vicepresidente della Commissione Europea”.


“Io penso – ha aggiunto la premier – che anche gli italiani di sinistra che in buona fede hanno votato per il Pd possano avere qualche dubbio perché questi sono rappresentanti italiani del Pd ma dovrebbero essere rappresentanti italiani e io penso che sia, lo voglio dire con garbo ma con determinazione, penso che questo sia inaccettabile. Penso che sia inaccettabile che noi abbiamo partiti di sinistra che non accettano che un governo di centrodestra che avrebbe dovuto portare l’Italia all’isolamento internazionale riesce a portare a casa un risultato migliore di quello che avevano portato a casa loro. Che fanno loro a quel punto – ha chiesto retoricamente Meloni – Dicono no”.

Umbria, Meloni: leader centrosinistra si vergognano farsi vedere insieme

Umbria, Meloni: leader centrosinistra si vergognano farsi vedere insiemePerugia, 14 nov. (askanews) – Quelli del centrosinistra “ancora non si sono visti insieme” qui in Umbria, “forse lo faranno domani”, “perché non parliamo di una grande comunanaza di valori ma di un interesse a stare insieme, forse si vergognano anche di farsi vedere insieme”. Lo ha detto la presidente del Consiglio e leader di Fdi Giorgia Meloni nel suo intervento a chiusura della campagna elettorale a sostegno di Donatella Tesi, candidata del centrodestra alla Presidenza della Regione Umbria.

Autonomia, Consulta dichiara parzialmente illegittima legge

Autonomia, Consulta dichiara parzialmente illegittima leggeRoma, 14 nov. (askanews) – La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. E’ quanto annuncia la stessa Consulta in attesa del deposito della sentenza.


I giudici, che hanno esaminato i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ritengono che “la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma” della Costituzione, “non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni” si legge in un nota della Consulta. La Corte ha ravvisato in particolare l’incostituzionalità della “possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie”. La Consulta ritiene invece che “la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà”.


Secondo i giudici è incostituzionale poi “il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento”. Illegittima anche “la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP”, così come viene bocciato “il ricorso alla procedura prevista dalla legge legge di bilancio per il 2023 per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP”. Incostituzionale anche “la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”.


E ancora secondo i giudici è illegittima “la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica”. Bocciata anche “l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali”. La Consulta sottolinea che “spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge”.

Autonomia, la Consulta dichiara parzialmente illegittima la legge

Autonomia, la Consulta dichiara parzialmente illegittima la leggeRoma, 14 nov. (askanews) – La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. E’ quanto annuncia la stessa Consulta in attesa del deposito della sentenza.  La Corte, nell’esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge:
– la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;
– il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento;
– la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP;
– il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP;
– la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni;
– la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
– l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.


La Corte ha interpretato in modo costituzionalmente orientato altre previsioni della legge:
– l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo;
– la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata;
– la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie (distinzione tra “materie LEP” e “materie-no LEP”) va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;
– l’individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso;
– la clausola di invarianza finanziaria richiede – oltre a quanto precisato al punto precedente – che, al momento della conclusione dell’intesa e dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari.Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge.
La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale.


 

Frode Iva, Meloni: grazie a GdF, il contrasto all’evasione è una priorità

Frode Iva, Meloni: grazie a GdF, il contrasto all’evasione è una prioritàRoma, 14 nov. (askanews) – “Desidero esprimere il mio apprezzamento e ringraziamento alla Guardia di Finanza per l’eccellente operazione condotta contro una vasta frode all’Iva, estesa su diversi Stati dell’Unione Europea. Questo successo conferma la dedizione delle Fiamme Gialle e il fermo impegno del Governo nel contrastare l’evasione, una delle nostre massime priorità”. Lo afferma il presidente del Consiglio Giorgia Meloni.


Associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio, aggravata dal metodo mafioso. È l’accusa nei confronti di 47 persone a carico delle quali sono scattatate oggi altrettante misure cautelari personali, sequestri di beni, valori e denaro per 520 milioni di euro, ricostruite false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro. Su richiesta degli Uffici di Milano e Palermo della Procura Europea (EPPO), il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano ha infatti emesso i provvedimenti restrittivi – 34 in carcere 9 agli arresti domiciliari e 4 misure interdittive. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’Iva intracomunitaria nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti. In relazione alla gestione di alcune società per le quali sono in corso procedure concorsuali, i provvedimenti restrittivi riguardano anche reati fallimentari. Tra i destinatari delle misure custodiali in carcere figurano anche 7 indagati per i quali è stato emesso il Mandato di Arresto Europeo, 4 dei quali localizzati in Repubblica Ceca, Olanda, Spagna e Bulgaria. È stato, altresì, disposto nei confronti delle persone e delle società indagate il sequestro preventivo, anche per equivalente, di beni, valori e denaro per oltre 520 milioni di euro, individuato quale profitto complessivo della frode, pari all’Iva evasa, ed il sequestro preventivo per riciclaggio di alcuni complessi residenziali ed immobiliari del valore complessivo di oltre 10 mln di euro siti a Cefalù (PA), nonché di altri compendi immobiliari riconducibili ad alcune delle società, ricadenti nei territori di Chiavari (GE), Bellano (LC), Noli (SV), Cinisello Balsamo (MI) e Milano e Cefalù (PA), Il Giudice ha riconosciuto a fini cautelari per i vertici del sodalizio criminale la circostanza aggravante di aver agevolato, investendone i profitti nel settore delle frodi all’Iva, consorterie criminali camorristiche e mafiose e di essersi avvalsi del metodo mafioso, soprattutto in chiave di composizione di conflitti nati all’interno del sodalizio multilivello tra esponenti delle diverse organizzazioni criminali. L’indagine, si legge in una nota, è il frutto della convergenza di due distinti filoni investigativi originati dai Nuclei di Polizia Economico-Finanziaria di Varese e Milano con Eppo Milano in tema di frodi carosello, e dalla Polizia di Stato – Squadra Mobile di Palermo e Sisco, con il coordinamento investigativo ed operativo del Servizio Centrale Operativo – e dal Nucleo Pef di Palermo, con Eppo Palermo, nell’ambito del quale emergeva la finalizzazione e partecipazione alla commissione di frodi carosello di esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso e camorristico, gestori di alcune delle filiere di società utilizzate nei circuiti già oggetto di indagine di Milano e incaricati, anche, del rinvestimento dei profitti illeciti. I due procedimenti venivano riuniti, consentendo una eccellente sinergia investigativa grazie alla operatività della Procura Europea sull’intero territorio nazionale, consentendo ai Procuratori Europei Delegati di Milano e Palermo di avanzare unitaria richiesta di applicazione di misure cautelari reali e personali, poi accolta dal GIP del Tribunale di Milano.


Sono attualmente in corso oltre 160 perquisizioni in 30 diverse Province presso abitazioni, uffici e aziende riconducibili agli indagati, effettuate anche con l’ausilio di unità cinofile cash dogs della Guardia di Finanza, specializzate nel rinvenimento di banconote nascoste. Sono in tutto 200 le persone fisiche indagate e oltre 400 le società coinvolte, a molte delle quali cui viene contestato l’illecito amministrativo dipendente da tali reati, come previsto dal decreto legislativo 231/2001. Contestuali attività di esecuzione dei provvedimenti restrittivi, perquisizione e sequestro sono in corso nei Paesi UE interessati dalla frode e, in particolare, in Spagna, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Olanda, e in paesi extra UE, come la Svizzera e gli Emirati Arabi.


L’indagine ha riguardato una strutturata frode carosello all’Iva intracomunitaria nel settore del commercio dei prodotti elettronici/informatici che ha investito diversi Paesi UE (Olanda, Lussemburgo, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania), coinvolgendo anche 20 società estere, e ha riguardato altresì taluni esponenti della criminalità organizzata siciliana e campana i quali, intravedendo gli ingenti profitti del business delle frodi carosello, ne sono entrati a far parte fornendo provviste finanziarie, così riciclando altresì i proventi di altre attività criminali. Le frodi carosello vengono realizzate sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, interponendo in un’operazione tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fittizio, c.d. “cartiera” (o società fantasma o missing trader), che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla ad un’impresa nazionale (anch’essa coinvolta nella frode) con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana. È in questa fase si realizza la condotta fraudolenta, in quanto la società “cartiera”, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la vende sottocosto senza versare all’Erario l’imposta indicata sulla relativa fattura emessa. La missing trader, infatti, sprovvista di strutture operative e di dipendenti, di norma gestita da prestanome, senza adempiere ad alcun obbligo fiscale, oltre quello di emettere fatture soggettivamente false, dopo una breve vita (massimo 2 anni) viene fatta cessare e sostituita da altra impresa dalle analoghe caratteristiche.


Tale schema fraudolento consente di immettere sul mercato nazionale beni a prezzi molto concorrenziali e prevede, di norma, ulteriori passaggi in cui la merce viene venduta, sempre sottocosto, a favore di altre imprese italiane (c.d. filtro o buffer), inserite nel circuito con l’esclusiva finalità di rendere più difficile l’identificazione dello schema e dei suoi beneficiari finali, rappresentati dalle società c.d. broker, ovvero le imprese effettivamente operative che, acquistando il prodotto dalla buffer con applicazione dell’Iva, vantano nei confronti dell’Erario il credito Iva corrispondente. L’effetto finale è quello di rivendere la merce sul mercato interno, approfittando del prezzo d’acquisto artificiosamente concorrenziale, oppure rivenderla all’estero spesso alle stesse aziende comunitarie (c.d. conduit) che hanno originato la catena commerciale vendendo originariamente alla missing trader, per far sì che il carosello ricominci. Il danno per l’Unione Europea è costituito dall’Iva indicata nelle fatture emesse dalle missing traders o “cartiere”, che hanno acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la collocano sul mercato nazionale applicandola invece al compratore, senza però versarla all’Erario, ma ripartendola tra i complici della frode. Imponenti i numeri delle imprese coinvolte nella frode scoperta: 269 missing traders, 55 buffer, 28 società broker e 52 conduit estere, per un volume complessivo di fatture soggettivamene false pari a 1,3 miliardi di euro, nel solo quadriennio 2020-2023.

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere polemica

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere polemicaRoma, 13 nov. (askanews) – Nel pomeriggio di oggi, quando la polemica era ormai giunta oltre il livello di guardia, Giorgia Meloni ha alzato il telefono per chiamare Elon Musk e cercare di chiudere il ‘caso’ nato dai post su X del miliardario – da oggi membro della futura amministrazione Trump – contro i giudici italiani che hanno negato il trasferimento di migranti in Albania. Un colloquio definito “cordiale e amichevole” tra i due, necessario per un chiarimento e per gettare acqua sul fuoco.


Questa mattina era stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a intervenire con fermezza, diramando una nota per affermare che “l’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che ‘sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione’. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Da Palazzo Chigi non trapelano dettagli sul confronto, ma è Elon Musk stesso a svelarne il contenuto, affidandolo a un post del suo referente in Italia, Andrea Stroppa. “L’imprenditore Elon Musk – scrive – esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana” ma “sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni”. Musk, conclude Stroppa, “si augura che le relazioni Stati Uniti-Italia siano sempre più forti e auspica di incontrare presto il Presidente della Repubblica”.

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere la polemica

Migranti, Meloni sente Musk e tenta di chiudere la polemicaRoma, 13 nov. (askanews) – Nel pomeriggio di oggi, quando la polemica era ormai giunta oltre il livello di guardia, Giorgia Meloni ha alzato il telefono per chiamare Elon Musk e cercare di chiudere il ‘caso’ nato dai post su X del miliardario – da oggi membro della futura amministrazione Trump – contro i giudici italiani che hanno negato il trasferimento di migranti in Albania. Un colloquio definito “cordiale e amichevole” tra i due, necessario per un chiarimento e per gettare acqua sul fuoco.


Questa mattina era stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a intervenire con fermezza, diramando una nota per affermare che “l’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, che ‘sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione’. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Da Palazzo Chigi non trapelano dettagli sul confronto, ma è Elon Musk stesso a svelarne il contenuto, affidandolo a un post del suo referente in Italia, Andrea Stroppa. “L’imprenditore Elon Musk – scrive – esprime il suo rispetto per il Presidente Mattarella e la Costituzione italiana” ma “sottolinea che la libertà di espressione è protetta dal Primo Emendamento e dalla stessa Costituzione italiana pertanto da cittadino continuerà a esprimere liberamente le proprie opinioni”. Musk, conclude Stroppa, “si augura che le relazioni Stati Uniti-Italia siano sempre più forti e auspica di incontrare presto il Presidente della Repubblica”.

Salvini: rispetto Mattarella ma Musk ha diritto esprimere idee

Salvini: rispetto Mattarella ma Musk ha diritto esprimere ideeRoma, 13 nov. (askanews) – “Quando si tratta di difendere la sovranità nazionale, l’interesse nazionale, la sicurezza nazionale io sono assolutamente in prima fila, quindi grande rispetto per le parole del Presidente della Repubblica. Per quello che riguarda Musk è un signore che paga 200.000 stipendi e che ha mandato 6mila satelliti in aria, alcuni dei quali usati ad esempio in Emilia Romagna durante l’alluvione, quindi ritengo che abbia diritto di esprimere il suo parere sulla Cina, sull’Italia, sull’India, sulla politica estera, su quant’altro”. Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini a Otto e mezzo su La7.


“Poi gli italiani si gestiscono senza aver bisogno di aver lezioni né da Soros, né da Macron, né da nessun altro”, quindi “neanche da Musk”, ha aggiunto Salvini.

Ue, Crosetto: il no del Pd a Fitto è solo livore ideologico

Ue, Crosetto: il no del Pd a Fitto è solo livore ideologicoRoma, 13 nov. (askanews) – “Ricordo come se fosse oggi quando Fratelli d’Italia chiese al gruppo dell’Ecr di votare a favore del Commissario Italiano. Era Paolo Gentiloni, uno degli esponenti di maggior spicco del Pd, già ministro degli Esteri e Presidente del Consiglio in diversi Governi dei quali Fdi era il maggior, se non l’unico, oppositore. Ma si trattava, in quel caso, del rappresentante dell’Italia in senso alla Commissione Europea e il nostro unico obiettivo, oltre che dovere, era quello di tutelare l’Italia prima del partito e lo si poteva e doveva fare votando per lui. Non ci pensammo nemmeno un minuto. Oggi, a parti invertite, il Pd non solo non vota per Raffaele Fitto, ma chiede di non dargli un ruolo importante. Un ruolo importante per l’Italia, non per Raffaele. Questa non è politica, né tantomeno un modo per difendere l’interesse nazionale, ma solo una manifestazione di livore politico e ideologico”. Lo scrive su X il ministro della Difesa Guido Crosetto.


“Un tale comportamento – prosegue Crosetto – non mi appartiene, non è mai appartenuto al mio modo di vedere i rapporti con gli avversari, neppure i più accaniti. Questo modo di ‘fare’ politica umilia la Politica, quella con la P maiuscola, tutta, ma soprattutto danneggia l’Italia”.