Ecr in Irlanda lancia manifesto su agricoltura (e guarda a Europee)Kilkenny (Irlanda), 3 nov. (askanews) – Il tema al centro del confronto è quello dell’agricoltura. Ma le Europee sono alle porte. E, infatti, il nuovo appuntamento con gli ‘Ecr party culture weekend’ che comincia oggi in Irlanda, sarà anche occasione per guardare al traguardo di giugno e ragionare di alleanze. Dopo gli eventi ospitati, tra l’altro, a Spalato, Sofia, Gerusalemme, Scilla, Washington e Varsavia, ora tocca alla città di Kilkenny, celebre anche per l’omonima birra.
Il programma dei dibattiti è concentrato nella giornata di domani e avrà come momento centrale l’intervista, che si terra alle 11.45 (ora locale) e che vedrà protagonisti il commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski (del Pis) e il ministro italiano Francesco Lollobrigida (che sarà in collegamento). A moderare il confronto il segretario generale del partito Ecr, il deputato Antonio Giordano. L’evento di Kilkenny sarà occasione per lanciare una sorta di manifesto conservatore per l’agricoltura, il cui concetto di fondo è promuovere l’innovazione senza calpestare la tradizione, e quindi anche difendere i prodotti nazionali, ribadendo il proprio no a novità come la carne sintetica.
Alla giornata di dibattiti, oltre a esponenti di Fdi come Ylenia Lucaselli, Marco Osnato e Carlo Fidanza, prende parte anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che partecipa a un panel dall’eloquente titolo ‘Una alternativa conservatrice per il futuro dell’Europa’. Inevitabile che si tocchi il tema degli equilibri del prossimo Parlamento, con Ecr – di cui Giorgia Meloni è presidente – che punta ad accrescere il proprio peso a Bruxelles anche in virtù del risultato ‘traino’ di Fdi in Italia. “L’unico obiettivo a cui dobbiamo guardare – aveva detto la premier in occasione di un summit dei conservatori europei che si è tenuto a Varsavia a luglio – è rafforzare la nostra famiglia, con la forza e la serietà delle nostre idee, dobbiamo essere aperti, collaborare e avvicinare tutti i partiti simili ai nostri. Dobbiamo lavorare per rafforzare la nostra famiglia”. Da allora però due elezioni nazionali, quelle in Spagna e quelle in Polonia, non hanno visto risultati lusinghieri per partiti alleati di Fdi, rispettivamente Vox e Pis, come invece Meloni auspicava.
Tradizionalmente in Irlanda ci sono due partiti di centro-destra: Fine Gael (che fa parte del Ppe) e Fianna Fáil (affiliati al gruppo RE). Nessuna formazione aderisce invece a Ecr, ma a Kilkenny saranno presenti politici irlandesi indipendenti, in rappresentanza delle zone rurali, interessati al progetto conservatore come i deputati Michael Collins e Mattie McGrath e la senatrice Sharon Keogan.
Il Premierato per Meloni è la “madre di tutte le riforme”, ma si scalda il fronte del noRoma, 3 nov. (askanews) – Il ddl costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio “è la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia” perché “garantisce la stabilità” dei governi evitando così, com’è successo finora, che esecutivi senza un “orizzonte di legislatura” finiscano per “privilegiare tutto quello che immediatamente torna in termini di consenso”. Giorgia Meloni, in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al provvedimento, rivendica la riforma costituzionale che mette “fine ai governi tecnici e alle maggioranze arcobaleno” capaci di attuare “programmi che nessuno ha votato”, si mostra orgogliosa della natura “politica” del suo governo che proprio perchè “forte e coeso” può mettere in cantiere un progetto del genere, ma sottolinea anche che le competenze del capo dello Stato non vengono toccate. Su questo, spiega la premier, il governo ha ascoltato la voce delle opposizioni ma anche il sentire degli italiani che vedono nel Colle un elemento di garanzia.
Comunque il testo, puntualizza lo stesso comunicato di Palazzo Chigi, “si ispira a un criterio ‘minimale’ di modifica della Costituzione vigente, in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, figura chiave dell’unità nazionale”. Un messaggio ai tanti critici, sia nel metodo – praticamente tutta l’opposizione sostiene che il tempismo della comparsa sulla scena del ddl costituzionale, nel bel mezzo della sessione di bilancio, è quantomeno sospetto – che nel merito, dove i dubbi attraversano un variegato fronte, costituzionalisti in testa. Uno per tutti Francesco Clementi, docente di diritto pubblico alla Sapienza, che pur non essendo chiuso alla possibilità di un rafforzamento della premiership, in un’intervista ad Avvenire bolla questa soluzione come “confusa, ambigua e rigida” mentre Stefano Ceccanti, ex parlamentare Dem, la definisce un premierato “del tutto anomalo” visto che, peraltro, il secondo premier – ovvero il parlamentare espressione della maggioranza che dovrebbe portare a termine il programma di governo nel caso il premier cadesse – “è più forte del primo perché solo la sua caduta porterebbe al voto anticipato”. In un’intervista al Foglio di oggi, poi, il professor Massimo Villone, presidente del coordinamento per la democrazia costituzionale, ribadisce che “eravamo in campo nel 2016 contro il referendum della riforma di Renzi e penso lo saremo anche oggi”. Per le opposizioni – ad eccezione di Italia Viva di Matteo Renzi che ancora una volta si distingue, esprimendosi a favore dell’elezione diretta del premier – si tratta di “una riforma pasticciata e pericolosa” che “indebolisce nuovamente il Parlamento” (Elly Schlein), è “un Italierato. Non è un cancellierato (che avremmo approvato), non è un Premierato, non è Presidenzialismo o semi-presidenzialismo. È una nostra invenzione mai fino ad ora sperimentata nel mondo” (Carlo Calenda), un ddl che “demolisce la Costituzione e delegittima il Presidente della Repubblica, così Giorgia Meloni sogna di diventare imperatrice d’Italia” (Angelo Bonelli).
Anche nella maggioranza “la madre di tutte le riforme” ha visto le forze della coalizione di centrodestra mediare su più aspetti, come quello della norma anti-ribaltone per cui si sono battuti i due vice premier, Matteo Salvini della Lega e Antonio Tajani di Forza Italia. Al netto del fatto che premierato e autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega, devono marciare di pari passo (parola, e rassicurazione agli alleati, della premier). Ma Meloni cerca di convincere e sottolinea più volte la necessità di garantire “che chi viene scelto dal popolo possa governare con un orizzonte di legislatura, quindi garantire essenzialmente una stabilità del governo, avere 5 anni per realizzare l proprio progetto” perchè finora, “nei 75 anni di storia repubblicana, noi abbiamo avuto 68 governi con una vita media di un anno e mezzo” e “dal 2002 al 2022, in Italia abbiamo avuto 9 presidenti del Consiglio con 12 governi diversi, in Francia 4 presidenti, in Germania tre cancellieri”. Insomma “questa assenza di stabilità ha anche creato un problema di credibilità internazionale” rispetto alla “continuità dei nostri progetti e delle nostre interlocuzioni”.
M.O, Mattarella: attacchi Hamas alimentano conflitto irrisoltoRoma, 3 nov. (askanews) – “Un’altra tragedia è in atto in Medio Oriente. I vili attacchi terroristici portati da Hamas lo scorso 7 ottobre contro inermi cittadini dello Stato di Israele – dai bambini agli anziani – hanno alimentato drammaticamente l’irrisolto conflitto israelo-palestinese, con migliaia di morti su entrambi i fronti, pagando un prezzo elevato per un contrasto che da oltre settant’anni dilania la regione senza che si sia pervenuti, responsabilmente, a una soluzione condivisa”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della cerimonia al Quirinale per la consegna delle onorificenze dell’Ordine Militare d’Italia.
Premierato, in 5 articoli il nuovo assetto costituzionaleRoma, 3 nov. (askanews) – Approvato oggi dal Consiglio dei ministri il testo del disegno di legge costituzionale che mira a istituire il “premierato”. Nelle intenzioni del Governo, una volta concluso l’iter della riforma l’Italia avrà l’elezione diretta del presidente del Consiglio e legherà la sua figura, la sua maggioranza alla durata in carica degli eletti nelle due Camere.
Il testo è intitolato “Introduzione dell’elezione popolare diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia”. Rispetta in sostanza previsioni e anticipazioni circolate nelle scorse settimane e si compone di cinque articoli: sul potere di nomina dei senatori a vita, sui poteri di scioglimento delle Camere, sull’elezione diretta del premier e il premio di maggioranza conferito in Parlamento alla coalizione vincente, sull’obbligo per il presidente della Repubblica di sciogliere le Camere in caso di mancata fiducia all’insediamento del Governo, sui limiti entro i quali il presidente eletto può essere sostituito in caso di cessazione dalla carica, infine sull’entrata in vigore della nuova veste della Carta costituzionale. L’articolo 1 abroga il secondo comma dell’articolo 59, quello che recita “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque”. Potere cancellato dal ddl costituzionale in questa norma apparentemente simbolica: negli anni la presenza dei senatori a vita è stata spesso oggetto di polemiche sulla loro possibilità di influenzare gli equilibri parlamentari, pur non essendo eletti dal popolo; il problema sarebbe tuttavia superato da un premio di maggioranza introdotto in Costituzione, come da testo appena licenziato a palazzo Chigi. Resta invece in vigore, nelle intenzioni dei promotori del ddl, il primo comma dell’attuale articolo 59: “E’ senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica”.
L’articolo 2 cancella il potere del capo dello Stato di sciogliere una sola delle Camere, ed è di fatto una premessa del seguente articolo 3: legando il destino dei parlamentari alla maggioranza risultata vincente alle elezioni e alla carica del premier, l’ipotesi dello scioglimento di un solo ramo del Parlamento è superata. I precedenti storici dicono che questo potere è stato utilizzato tre volte nella storia repubblicana: nel 1953, nel 1958 e nel 1963, ma solo per scelta “tecnica”, ovvero per far coincidere il rinnovo con quello dell’altro ramo del Parlamento. Esigenza tecnica superata quando fu portata a cinque anni la durata della legislatura anche per il Senato, che originariamente restava in carica per sei anni. Il cuore della riforma è negli articoli 3 e 4 del disegno di legge. L’articolo 3 riscrive l’articolo 92 della Costituzione e introduce il “premierato” e costituzionalizza il premio di maggioranza che dovrà essere indicato nella legge elettorale. “Il Presidente del Consiglio – recita la proposta di riforma – è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura”. Nuova formulazione anche per il rapporto con il presidente della Repubblica, che nella vecchia formulazione “nomina” il presidente del Consiglio, qui, essendo il capo del Governo “nominato” attraverso il procedimento elettorale, l’ultimo comma recita: “Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i Ministri”.
L’articolo 4 è quello che, modificando radicalmente le previsioni dell’attuale articolo 94 della Carta, completa il disegno che lega il destino della legislatura a quello della maggioranza e del premier, introducendo, al verificarsi di determinate condizioni, l’obbligo di scioglimento delle Camere in capo al presidente della Repubblica, che finora ne aveva invece la facoltà, il potere (art. 88). Nel nuovo terzo comma dell’articolo 94 si legge fra l’altro: “Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche quest’ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. Sempre l’articolo 4 del ddl statuisce il caso di scuola della sostituzione del premier eletto dal popolo, con un comma aggiuntivo all’articolo 94 della Carta, che ribadisce comunque un “dovere di scioglimento” del quale il capo dello Stato diventa esecutore: “In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia. Qualora il Governo così nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio subentrante, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. Infine, l’articolo 5 del testo di riforma contiene due norme transitorie: la prima per precisare che i senatori a vita di vecchia nomina restano in carica anche dopo l’abrogazione del potere di nomina. La seconda per indicare che la legge costituzionale “si applica a decorrere dalla data del primo scioglimento delle Camere, successivo alla data di entrata in vigore della disciplina per l’elezione del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle Camere”. Per completarsi tecnicamente, quindi, necessiterà oltre che delle doppie letture nei due rami del Parlamento, la seconda delle quali a maggioranza assoluta dei componenti, come stabilisce l’articolo 138 della Costituzione, anche della nuova legge elettorale che segua le indicazioni della riforma.
Meloni: consigliere diplomatico si è dimesso, vicenda gestita maleRoma, 3 nov. (askanews) – “Verso la fine della telefonata ho avuto un dubbio… Ho segnalato al mio ufficio diplomatico che c’era qualcosa che non tornava, credo ci sia stata una superficialità nell’ufficio diplomatico nel procedere a una verifica seria ed è il motivo per cui il mio consigliere diplomatico Francesco Maria Talò stamani ha rassegnato le dimissioni, lo ringrazio per questo gesto di responsabilità che dà conto di una persona che è al servizio dello Stato da anni”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, rispondendo a una domanda a proposito dello scherzo telefonico, al termine del Cdm.
“Abbiamo fatto quasi ottanta telefonate di questo genere, chi più fa più sbaglia… siamo tutti dispiaciuti, la vicenda non è stata gestita bene, tenedenzialmente la devo dare per buona se mi arriva una telefonata passata dall’ufficio di Palazzo Chigi, credo si sia confermata la coerenza del governo sulla politica estera” ha concluso Meloni.
Premierato, Casellati: modifiche minimali, capo Stato resta chiaveRoma, 3 nov. (askanews) – La riforma costituzionale presentata dal governo è ispirata a un “criterio minimale di modifica” per “operare in continuità”, nella convinzione che “gli interventi di revisione debbano limitarsi a quelli strettamente necessari”. Lo ha detto la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati in conferenza stampa dopo il Cdm che ha approvato il ddl.
La riforma intende “preservare le prerogative del presidente della Repubblica, che è figura chiave della forma di governo italiana e dell’unità nazionale”, ha assicurato.
Stato di emergenza per la Toscana, il governo stanzia i primi 5 milioniRoma, 3 nov. (askanews) – “Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza per le province di Firenze, Pisa, Livorno, Pistoia e Prato per gli eventi eccezionali della scorsa notte. Esprimo la solidarietà del Consiglio dei ministri e dell’Italia intera ai familiari delle vittime. Ho sentito il capo della Protezione civile, il ministro Musumeci e il presidente Giani e abbiamo deliberato lo stato di emergenza con un primo stanziamento di 5 milioni per gli interventi più urgenti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa dopo il Cdm.
Meloni: con l’ok al premierato si mette fine alla stagione dei ribaltoniRoma, 3 nov. (askanews) – Il ddl costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio, approvato dal Consiglio dei ministri, “garantisce due grandi obiettivi: mette fine alla stagione dei ribaltoni, delle maggioranze arcobaleno e dei governi tecnici, dei governi passati sulla testa dei cittadini per fare cose che i cittadini non avevano deciso e, due, garantisce un orizzonte di legislatura” in grado di “garantire quella stabilità” di governo perché questo possa avere “una strategia e una crediiblità a livelle internazionale”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio dei ministri.
“È prevista una norma anti ribaltone: il presidente del Consiglio eletto può essere sostituito solo da un parlamentare della maggioranza. Fine dei governi tecnici e dei ribaltoni, premier eletto solo per realizzare un programma di governo. Insomma non c’è la possibilità di costruire maggioranze arcobaleno per realizzare programmi che nessuno ha votato”. “Vengono aboliti i senatori a vita, salvo gli ex presidenti della Repubblica”, una riforma “necessaria in particolare dopo il taglio dei parlamentari” perchè “l’incidenza dei senatori a vita è molto aumentata” ha detto Meloni. “Sono molto fiera di questa riforma, confido in un consenso ampio del Parlamento. Se non dovesse esserci, chiederemo agli italiani cosa pensano con il referendum. Abbiamo fatto quel che dovevamo”.
Premierato, Meloni: non vengono toccate competenze capo StatoRoma, 3 nov. (askanews) – “Abbiamo deciso di non toccare le competenze del presidente della Repubblica, vengono modificati quattro articoli della Costituzione: il premier viene eletto a suffragio universale diretto, con un’unica scheda, viene rinviata alla legge elettorale la responsabilità di garantire una maggioranza al premier eletto”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo l’approvazione in Cdm del ddl di riforma costituzionale.
Meloni: ok premierato, riforma mette fine a stagione dei ribaltoniRoma, 3 nov. (askanews) – Il ddl costituzionale che introduce l’elezione diretta del presidente del Consilgio, approvato dal Consiglio dei ministri, “garantisce due grandi obiettivi: mette fine alla stagione dei ribaltoni, delle maggioranze arcobaleno e dei governi tecnici, dei governi passati sulla testa dei cittadini per fare cose che i cittadini non avevano deciso e, due, garantisce un orizzonte di legislatura” in grado di “garantire quella stabilità” di governo perché questo possa avere “una strategia e una crediiblità a livelle internazionale”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio dei ministri.