Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Accordo maggioranza-M5s-Terzo polo sui giudici, Pd attacca

Accordo maggioranza-M5s-Terzo polo sui giudici, Pd attaccaRoma, 28 apr. (askanews) – Alla fine sulla partita dei membri laici delle magistrature speciali (magistratura amministrativa, tributaria e Corte dei conti) prevale l’accordo tra M5s-Terzo polo e centrodestra che fa portare a casa alle due forze di opposizione 3 uomini di loro scelta. Il Pd resta all’asciutto e attacca, in particolare il partito di Giuseppe Conte da cui non si aspettava questo “tradimento”.

Alla Camera vengono eletti al consiglio di presidenza della giustizia amministrativa Eva Sonia Sala e Francesco Urraro; nel consiglio della Corte dei Conti: Filippo Bari e Vito Mormando. Infine nel consiglio della Corte della giustizia tributaria sono stati eletti Carolina Lussana e Alfonso Bonafede con 210 voti. Al Senato ieri sono stati eletti i componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria Giorgio Fiorenza e Alessio Lanz; ai Consigli di Presidenza della Giustizia amministrativa e della Corte dei conti sono risultati eletti Giovanni Doria e Carmela Margherita Rodà. E oggi si sono aggiunti Francesco Cardarelli e Gian Giacomo Palazzolo. Da tempo l’elezione dei giudici veniva rimandata o non andava in porto, una vacatio che non era passata inosservata al più alto livello istituzionale perchè rischiava di indebolire le sentenze che queste magistrature esprimono. Per settimane le trattative si sono arenate sulle richieste, come era già successo per il Csm, di rispettare la prassi di dividere più equamente le nomine con le opposizioni. Alla fine il centrodestra ha preferito trattare con Conte che, approfittando probabilmente dello stallo, è riuscito a fare en plein: non solo il suo ex ministro della Giustizia, Bonafede, ma anche l’avvocato Cardarelli. Mentre Palazzolo, sindaco di Cinisi, è in quota Azione.

Questo però complica i già difficili rapporti tra le tre opposizioni. E se con il Terzo polo i dem hanno ormai preso strade sempre più distanti, con i pentastellati, partner privilegiati di una possibile futura alleanza, questo strappo potrebbe avere conseguenze. Francesco Boccia lo dice senza mezzi termini manifestando il disagio dei vertici democratici: “Il Pd di Schlein – dice il capogruppo in Senato ribadendo l’importanza della parità di genere – non fa mediazioni sui principi, non ci sediamo ai tavoli così e se dovessero essere eletti solo uomini sarà un fatto grave”. Il Pd ha deciso di non partecipare alle votazioni per segnalare la propria contrarietà al metodo scelto: “Noi non abbiamo deciso di fare opposizione con l’Aventino, ma tenendo il punto su questioni fondamentali. Oggi la maggioranza ha votato i giudici rompendo qualsiasi consuetudine – ha spiegato Chiara Braga -. Noi ci siamo tirati fuori. Abbiamo lavorato fino all’ultimo, ma non veniva garantito il rapporto di 7 a 5. In aggiunta hanno forzato sul tema della parità di genere. Oggi è stato ancora una volta negato questo tema, con la complicità di Terzo Polo e M5s”.

“Oggi un pezzo di opposizione ha deciso, nonostante questi rilievi, di fare accordi con la maggioranza su questioni di potere”, ha rincarato Walter Verini puntando il dito proprio nei confronti dei Cinque stelle. A far notare la “stranezza” dell’accordo però sono gli stessi esponenti del Terzo polo: “Questa bizzarra maggioranza. Ieri non trova 200 voti per il Def – segnala Enrico Costa, deputato di Az-Iv -, oggi garantisce ben 210 preferenze per eleggere Alfonso Bonafede nel Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria”. “Il simbolo vivente del giustizialismo ottiene un prestigioso incarico grazie ai voti del centrodestra sedicente garantista”, aggiunge il senatore di Azione- Italia Viva Ivan Scalfarotto. Ma i pentastellati non si scompongono: “Ci siamo battuti per rappresentare alle forze di maggioranza che quando sono in gioco organi di garanzia e di autogoverno delle magistrature speciali, è doveroso che ci sia un’adeguata rappresentanza delle forze di opposizione – osserva Francesco Silvestri, capogruppo M5S alla Camera -. Ma non condividiamo questa reazione del Pd: se tutte le forze politiche di minoranza avessero abbandonato la votazione in Aula, non avrebbero fatto altro che lasciare alla maggioranza la totalità della rappresentanza laica negli organi di autogoverno”.

Pressing di Bce e Eurogruppo sul Mes. Giorgetti: approfondiremo

Pressing di Bce e Eurogruppo sul Mes. Giorgetti: approfondiremoRoma, 28 apr. (askanews) – Dalla Bce e dall’Eurogruppo informale di Stoccolma arriva la richiesta al governo italiano di ratificare il Meccanismo economico di stabilità (Mes), mentre in Italia esecutivo e maggioranza prendono tempo per ulteriori “approfondimenti”.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ‘salta’ l’Eurogruppo a Stoccolma per presidiare i lavori sul Def dopo la bocciatura della risoluzione di maggioranza sullo scostamento (rientrata oggi con un nuovo voto del Parlamento). Ma uscendo dalla commissione Bilancio, puntualizza che “bisogna approfondire e approfondiremo. Una cosa alla volta”, dice in risposta a chi domanda in quanto tempo il Mef fornirà alla commissione Affari Esteri della Camera gli elementi informativi sull’eventuale impatto che la ratifica potrebbe avere sui conti. La richiesta di informazioni all’esecutivo è stata avanzata ieri da tre deputati Fdi della commissione e contestata dal Dem Vincenzo Amendola che l’ha definita una tattica “dilatoria” per far restare al palo le due pdl (del Pd e di Iv) che chiedono la ratifica del Mes e che sono state incardinate più di un mese fa e poi lasciate fuori dal calendario dei lavori.

Quasi in contemporanea alle dichiarazioni di Giorgetti, la presidente della Bce, Christine Lagarde, nella conferenza stampa al termine dell’Eurogruppo informale a Stoccolma, incalzata dai giornalisti, affermava: “Penso che sarebbe positivo se l’Italia” ratificasse la riforma del Mes “perché avere un meccanismo di sicurezza aiuterebbe tutti i Paesi che hanno ratificato” il Trattato. E il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, pur premettendo di avere “piena consapevolezza che è una questione sensibile in Italia”, aggiungeva che è pure “molto importante sottolineare che, nel pieno rispetto” delle procedure nazionali “ci serve ancora che venga ratificato” affinché “se altri paesi dovessero ritenere” di ricorrervi “lo possano fare”. “Tornerò in Italia nelle prossime settimane e sono in contatto costante” con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, le parole del presidente del Mes, Pierre Gramegna, il quale ha aggiunto che il termine inglese “backstop”, cioè la rete di sicurezza finanziaria per il Fondo di risoluzione unica bancario che viene sistematicamente associato alla riforma del Mes “fondamentalmente significa che raddoppiamo la potenza di fuoco di cui disponiamo per proteggerci dalle turbolenze finanziarie”.

“Non voglio interferire con le scelte del governo e del Parlamento italiano – ha osservato il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire – l’unico punto che voglio enfatizzare è che il backstop è una giusta ed efficace protezione per tutti i membri dell’Eurozona”. Già nella prima mattinata, il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, aveva sottolineato che l’impegno a ratificare “è stato preso da tutti i paesi, inclusa l’Italia, e che quindi, nei tempi e nei modi che il governo e il Parlamento italiano decideranno, la ratifica italiana non dovrebbe essere in discussione: è stata decisa più di due anni fa”.

“Anche oggi l’Eurogruppo si chiede perché l’Italia non ratifichi il Mes. Come Pd chiediamo che venga messo in calendario e votato nel mese di maggio. Non vogliamo che l’Italia sia un paese inaffidabile che blocca l’Europa”, ha buon gioco a scrivere su twitter la deputata Pd Lia Quartapelle. Mentre Mauro Del Barba (Az-Iv) invita a cessare il “braccio ferro con l’Europa”. “A fine maggio quando ci saranno delle scadenze precise ci sarà chiarezza su tutto”, ha assicurato il capogruppo di Forza Italia alla Camera Paolo Barelli.

Nel pomeriggio, dopo il via libera al Def, il ministro Giorgetti è arrivato a Stoccolma per l’Ecofin e si è intrattenuto in un bilaterale con la Lagarde per poi andar via senza rilasciare dichiarazioni di merito. I lavori riprenderanno domani mattina.

Meloni a Londra dà ragione a Sunak sui migranti: in Ruanda? Per me non è deportazione

Meloni a Londra dà ragione a Sunak sui migranti: in Ruanda? Per me non è deportazioneLondra, 28 apr. (askanews) – La Corte europea dei diritti umani dice che collocare i migranti in attesa di asilo in Ruanda come vorrebbe fare il governo inglese è violazione dei diritti umani? “Non so quali siano i principi che vengono violati. Questo racconto per cui in Ruanda come in qualsiasi nazione africana è una nazione impresentabile, quello è razzismo”, lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, conversando con i giornalisti all’ambasciata italiana a Londra. “Non è una questione di deportazione, di fronte all’immigrazione illegale – ha aggiunto – non stai deportando nessuno. Quando queste persone arrivano tu processi le loro richieste, c’è un tempo nel quale quella richiesta va processata per capire se c’è il diritto ad avere la protezione internazionale o no. Nel qual caso, per tutte le Corti del mondo, se non hai diritto alla copertura devi tornare a casa. Dove queste richieste vengano processate, e la stessa Ue prevede dei centri dove trattenere queste persone durante la richiesta, dove questo accade è assolutamente secondario. Il punto che dobbiamo considerare è che la materia diventa molto più difficile da gestire se tu pensi di poter concentrare la pressione solo su alcune nazioni”.

“Io non sono d’accordo sul principio di deportazione – ha rimarcato Meloni – non vi rendete conto della gravità del temine utilizzato. Io non la vedo come una deportazione ma come un accordo tra Stati liberi nei quali viene garantita la sicurezza delle persone e credo che parlare di deportazione o lasciare intendere che il Ruanda sarebbe un paese che non rispetta i diritti e sarebbe una nazione inadeguata o indegna credo che questo sì sia un modo di razzista di leggere le cose”. I migranti che arrivano in maniera irregolare nel Regno Unito “non è questione di considerarli criminali, ma sono responsabili di qualcosa di illegale. È illegale attraversare senza rispettare le regole i confini di una nazione”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Londra. “È illegale attraversare senza rispettare le regole i confini di una nazione. Attenzione a come vengono raccontate le cose perché a me pare che molto sia legato a di che matrice sono i governi che fanno le stesse cose, e non faccio esempi perché i miei rapporti internazionali voglio mantenerli buoni…”, ha sottolineato la premier, Giorgia Meloni, rispondendo alle domande dei giornalisti a Londra e riferendosi sempre ai migranti che arrivano in maniera irregolare nel Regno Unito.

“In alcuni casi – ha aggiunto – si fa finta di niente, in altri si ingigantiscono questioni che sono semplicemente il tentativo di risolvere problemi che quando si intensificano rischiano di avere reazioni più difficili da controllare”. Ma le iniziative del governo inglese rischiano di spaccare la Ue sulle politiche migratorie? “No, al contrario. Quello che Sunak sta cercando di fare è collaborare con la Ue e con l’Italia, ma l’ha fatto anche con la Francia di Macron con cui hanno fatto un partenariato. Non è un tentativo di dividere l’Europa, è un tentativo di collaborare”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, conversando con i giornalisti all’ambasciata italiana a Londra e manifestando così la convergenza con il premier britannico Rishi Sunak. “La Gran Bretagna – ha aggiunto – è disponibile a collaborare con Frontex, per esempio. Perché come sempre se non si difendono le frontiere esterne e non si lavora sulla dimensione esterna, hai voglia a cercare di risolvere il problema internamente tra le singole nazioni. Chi arriva in Italia poi va in Francia, in Germania, in alcuni casi per il tramite de La Manica arriva in Gran Bretagna”.

Pil, Meloni: crescita oltre le stime, sostenere le imprese

Pil, Meloni: crescita oltre le stime, sostenere le impreseLondra, 28 apr. (askanews) – “L’economia italiana cresce oltre le stime previste e sprona il nostro Governo a far ancora di più per sostenere chi produce ricchezza nella nostra nazione”. Lo scrive la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, commentando sui social i dati del Pil.

“Questi dati – aggiunge – ne sono la dimostrazione: le nostre imprese, quando messe nella condizione di sprigionare tutto il loro potenziale, sanno fare la differenza rendendo l’Italia forte e competitiva e favorendo il benessere di tutti gli italiani”.

La Camera ha dato il via libera alla Relazione sullo scostamento di bilancio e al Def con 221 voti a favore

La Camera ha dato il via libera alla Relazione sullo scostamento di bilancio e al Def con 221 voti a favoreRoma, 28 apr. (askanews) – Via libera della Camera al Def e alla relazione della maggioranza sullo scostamento di bilancio. Dopo l’impasse di ieri, con la risoluzione della maggioranza sotto di 6 voti e 26 assenti nelle sue fila, oggi i ranghi si sono serrati. Prima la Camera ha dato il via libera alla Relazione con cui il governo chiede al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare lo scostamento di bilancio. Con 221 voti a favore e 116 contrari è stata approvata la risoluzione sulla Relazione presentata dalla maggioranza (Foti, Molinari, Barelli, Lupi) e accolta dal governo.

Poi, l’Aula della Camera ha approvato il Documento di economia e finanza (Def) 2023: con 221 voti a favore e 115 contrari è passata la risoluzione di maggioranza che dà il via libera al Documento.

Papa Francesco è in Ungheria, per il suo 41esimo viaggio apostolico (con un pensiero all’Ucraina)

Papa Francesco è in Ungheria, per il suo 41esimo viaggio apostolico (con un pensiero all’Ucraina)Città del Vaticano, 28 apr. (askanews) – Papa Francesco è giunto in Ungheria dove sta iniziando il suo 41.mo viaggio internazionale. Al suo arrivo all’Aeroporto Internazionale Ferenc Liszt di Budapest, Francesco è stato accolto dal Vice-Primo Ministro della Repubblica di Ungheria, Zsolt Semjén. Due bambini in abito tradizionale gli hanno offerto il pane e il sale, simboli di accoglienza. Quindi, dopo la presentazione delle delegazioni locali, il Papa e il vice-primo ministro si sono diretti verso la sala vip dell’aeroporto per un breve incontro. Poi, la cerimonia di benvenuto al Palazzo Sßndor, la visita di cortesia alla presidente della Repubblica, Katalin Novak e l’incontro con il primo ministro, Viktor Orban.

“Questa visita è programmata da tempo e quindi non è motivata principalmente dalla situazione odierna che è marcata dalla guerra in Ucraina – ha spiegato ieri il segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin su Vatican News – ma come sappiamo questa tragedia che si sta perpetuando sta molto a cuore al Papa e sono sicuro che in questa visita non verrà trascurata nessuna opportunità che si possa presentare per promuovere la pace. Questa particolare attenzione del Santo Padre, dunque, arricchisce la sua presenza in Ungheria anche di questo incoraggiamento per un maggiore impegno a favore della pace”.

Dopo lo “scivolone” la Camera torna ad esaminare il Def e la nuova Relazione

Dopo lo “scivolone” la Camera torna ad esaminare il Def e la nuova RelazioneRoma, 28 apr. (askanews) – L’Aula della Camera è tornata ad esaminare il nuovo Documento di economia e finanza (Def) 2023 e la Relazione con cui il governo chiede al Parlamento l’autorizzazione allo sforamento di bilancio. Si tratta di 3,4 miliardi per il 2023 e di 4,5 miliardi per il 2024. Dopo che ieri in Aula non è passata la Relazione, oggi l’Assemblea di Montecitorio esamina i provvedimenti con la stessa procedura. Ieri sera il Def e la nuova Relazione sono stati licenziati dalla Commissione bilancio. Nella nuova Relazione, approvata ieri pomeriggio in Consiglio dei Ministri, si è introdotto il riferimento all’utilizzo delle risorse per il 2023 per “sostenere le famiglie con figli”, oltre che a sostenere il reddito disponibile e il poter d’acquisto dei lavoratori dipendenti. Per il 2024 resta la destinazione delle risorse a interventi di riduzione della pressione fiscale.

Dopo la votazione sulla nuova Relazione, l’Assemblea di Montecitorio voterà le risoluzioni al Def già presentate ieri. Nel pomeriggio, dalle 14, la Relazione e il Def saranno esaminati dal Senato. Una giornata in cui la maggioranza dovrà rimediare allo “scivolone” di ieri: il Def non era mai stato bocciato prima. La notizia che la risoluzione sullo scostamento di bilancio non era passata per sei voti, con 26 assenze sui banchi della maggioranza è piombata ieri nel salottino dell’appartamento al numero 10 di Downing street, poco dopo che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si era accomodata accanto al premier britannico Rishi Sunak per un bilaterale che il governo italiano considerava importantissimo, anche perché ha portato alla firma di un memorandum a cui i due Paesi lavoravano dai tempi del Conte 2 e che finora, complici anche pandemia e guerra, non si era mai chiuso. Un accordo che spazia da ambiti come difesa e energia, fino a transizione ecologica e scambi commerciali. La premier aveva da poco ribadito al padrone di casa la “piena sintonia” su molti temi, a cominciare dall’Ucraina e soprattutto i migranti, arrivando anche ad appoggiare l’idea da molti contestata, di spostare in Ruanda i richiedenti asilo sbarcati sulle coste del Kent.

Un bilaterale sin dalle premesse costruito per essere pressoché perfetto per la premier, che però nel bel mezzo del colloquio è stata avvertita che la maggioranza era andata sotto nella risoluzione che accompagna il Def. Un provvedimento pesante e importante, uno di quelli su cui normalmente la maggioranza dovrebbe essere a ranghi serrati, non essere battuto per troppe assenze. La prima reazione, un messaggio ai suoi: “Non ho parole”. Più che rabbia, racconteranno, dispiacere e stupore. L’obiettivo di non oscurare la visita a Londra, con tanto di giro privato con Sunak in una Westminster chiusa al pubblico che si prepara all’incoronazione di Re Carlo III, ormai impossibile da centrare. La stessa presidente del Consiglio si rende conto che, per quanto lo avrebbe voluto evitare trovandosi in una missione all’estero, si impone la necessità di dare una risposta. Anche perché il caso ha finito per coinvolgere pure il Quirinale che, interpellato sulla possibilità di rivotare lo stesso testo, ha spiegato che il guaio andava sistemato con un nuovo provvedimento e una nuova risoluzione. Cosa che poi ha portato alla convocazione del Cdm riparatore. E così, conversando con alcuni giornalisti nell’hotel, la premier a fine giornata ha deciso di mettere nero su bianco che ciò che è successo alla Camera è “uno scivolone”, “una brutta figura” per cui tutti vanno “richiamati alle loro responsabilità” ma ha negato che si sia trattato di un “segnale politico” da parte degli alleati e anzi ha assicurato che il Consiglio dei ministri del 1 maggio, quello con i provvedimenti dedicati al lavoro, è confermato.

Il governo va sotto sul Def, domani si rivota. Meloni: solo un brutto scivolone

Il governo va sotto sul Def, domani si rivota. Meloni: solo un brutto scivoloneRoma, 27 apr. (askanews) – Un “brutto scivolone ma non un segnale politico” per Giorgia Meloni, “dilettantismo” per Elly Schlein. Comunque venga definito (e alla fine risolto) il caso, oggi è stato il giorno più difficile per il governo, andato sotto alla Camera sulla risoluzione con cui chiedeva l’autorizzazione allo scostamento di bilancio, necessario per i provvedimenti sul lavoro che dovrebbero andare nel Consiglio dei ministri convocato simbolicamente il primo maggio.

Al Senato il passaggio del Def è andato liscio: poco dopo le 16 l’aula di Palazzo Madama ha dato via libera alla risoluzione di maggioranza. Dato che proprio al Senato il centrodestra ha numeri meno ampi, sembrava profilarsi un pomeriggio tranquillo e invece alla Camera è arrivata la sorpresa: risoluzione bocciata per sei voti. Tra i banchi della maggioranza, secondo quanto ricostruito poi dai tabulati, al momento del voto sono assenti (al netto degli onorevoli in missione) 26 deputati: 11 della Lega, 9 di Fi, 5 di Fdi e 1 di Noi moderati. “Il problema è che i deputati non si rendono conto”, sibila scuro in volto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti attraversando il Transatlantico mentre l’opposizione esulta. Va trovata una soluzione d’urgenza, anche per non aggiungere alla figuraccia (il Def non era mai stato bocciato prima) un’altra figuraccia, ovvero essere costretti a far saltare il Cdm del primo maggio. A Londra, dove stava incontrando il premier britannico Rishi Sunak, Giorgia Meloni viene informata e alla fine, dopo un consulto con i tecnici, la soluzione viene trovata convocando d’urgenza un nuovo Cdm, che si riunisce a Palazzo Chigi sotto la presidenza del vicepremier Antonio Tajani. Pochi minuti per decidere di non toccare il Def, ma di modificare la relazione sullo scostamento sottolineando “le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Consiglio dei ministri già fissato per il primo maggio”. Un Cdm che, assicura una (furiosa) Meloni dal Regno Unito, viene confermato. Per questo si torna subito in Parlamento. Le capigruppo decidono che alla Camera si va in commissione stasera e domani mattina in Aula, al Senato commissione domani mattina e voto in Aula alle 14.

Per tutti, parlamentari, sottosegretari, vice ministri e ministri scatta la precettazione, a scanso di sorprese. Poi, al rientro di Meloni, è prevedibile che arrivi anche una “strigliata”.

Governo va sotto sul Def, dopo passaggio in Cdm ci sarà nuovo voto

Governo va sotto sul Def, dopo passaggio in Cdm ci sarà nuovo votoRoma, 27 apr. (askanews) – Un “brutto scivolone ma non un segnale politico” per Giorgia Meloni, “dilettantismo” per Elly Schlein. Comunque venga definito (e alla fine risolto) il caso, oggi è stato il giorno più difficile per il governo, andato sotto alla Camera sulla risoluzione con cui chiedeva l’autorizzazione allo scostamento di bilancio, necessario per i provvedimenti sul lavoro che dovrebbero andare nel Consiglio dei ministri convocato simbolicamente il primo maggio.

Al Senato il passaggio del Def è andato liscio: poco dopo le 16 l’aula di Palazzo Madama ha dato via libera alla risoluzione di maggioranza. Dato che proprio al Senato il centrodestra ha numeri meno ampi, sembrava profilarsi un pomeriggio tranquillo e invece alla Camera è arrivata la sorpresa: risoluzione bocciata per sei voti. Tra i banchi della maggioranza, secondo quanto ricostruito poi dai tabulati, al momento del voto sono assenti (al netto degli onorevoli in missione) 26 deputati: 11 della Lega, 9 di Fi, 5 di Fdi e 1 di Noi moderati. “Il problema è che i deputati non si rendono conto”, sibila scuro in volto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti attraversando il Transatlantico mentre l’opposizione esulta. Va trovata una soluzione d’urgenza, anche per non aggiungere alla figuraccia (il Def non era mai stato bocciato prima) un’altra figuraccia, ovvero essere costretti a far saltare il Cdm del primo maggio. A Londra, dove stava incontrando il premier britannico Rishi Sunak, Giorgia Meloni viene informata e alla fine, dopo un consulto con i tecnici, la soluzione viene trovata convocando d’urgenza un nuovo Cdm, che si riunisce a Palazzo Chigi sotto la presidenza del vicepremier Antonio Tajani. Pochi minuti per decidere di non toccare il Def, ma di modificare la relazione sullo scostamento sottolineando “le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Consiglio dei ministri già fissato per il primo maggio”. Un Cdm che, assicura una (furiosa) Meloni dal Regno Unito, viene confermato. Per questo si torna subito in Parlamento. Le capigruppo decidono che alla Camera si va in commissione stasera e venerdì mattina in Aula, al Senato commissione venerdì mattina e voto in Aula alle 14.

Per tutti, parlamentari, sottosegretari, vice ministri e ministri scatta la precettazione, a scanso di sorprese. Poi, al rientro di Meloni, è prevedibile che arrivi anche una “strigliata”.

Cdm non modifica Def, solo relazione sullo scostamento di bilancio

Cdm non modifica Def, solo relazione sullo scostamento di bilancioRoma, 27 apr. (askanews) – Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, ha approvato una nuova Relazione al Parlamento ai sensi dell’art. 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Lo si apprende da fonti di Palazzo Chigi.

Restano confermati i saldi di finanza pubblica già riportati dal Documento di economia e finanza 2023, mentre la nuova Relazione sottolinea le finalità di sostegno al lavoro e alle famiglie oggetto degli interventi programmati per il Consiglio dei ministri già fissato per il primo maggio.