Santanchè in Senato: contro di me campagna di odio, non ho ricevuto nessun avviso di garanziaRoma, 5 lug. (askanews) – “Ho preferito non far pesare al governo e alla maggioranza le conseguenze di una campagna di odio nei miei confronti”. Lo ha detto la ministra per il Turismo Daniela Santanchè aprendo la sua informativa in Senato, sull’informativa della ministra del Turismo Daniela Santanchè sui fatti connessi a un servizio giornalistico televisivo e successivi articoli di stampa relativi alla sua posizione da imprenditrice.
“Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia, ho chiesto ai miei avvocati di verificare”, ha sottolineato.“Se avessi ricevuto un avviso di garanzia ve lo avrei detto perché per me non sarebbe cambiato nulla rispetto a quanto sto per dirvi, né la fiducia per la magistratura, né sulla mia vicenda che, piaccia o non piaccia, non comporterà le mie dimissioni”, ha detto Santanchè, nel corso dell’informativa al Senato.
“Qualcuno dovrebbe dare a me delle risposte”, ha aggiunto riferendosi all’articolo pubblicato dal quotidiano “il Domani che ha avuto una notizia che io non ho e che nessuno potrebbe lecitamente avere, una ipotesi grave”. E poi ha concluso: “vi chiedo di reagire a questa pratica che oggi colpisce me ma domani potrebbe colpire qualunque cittadino, politico o no”.
Santanche’: dopo articolo Domani chiedo io risposteRoma, 5 lug. (askanews) – “Dopo aver letto ‘Domani’ sono io che avrei bisogno di avere risposte e le chiedo con forza. E’ normale leggere su un giornale che sarei indagata? E’ normale che un giornalista scriva cose secretate e ignote a me e ai miei avvocati?”. Lo ha detto la ministra per il Turismo Daniela Santanche’ nella sua informativa al Senato.
“Ci scandalizziamo per come mi vesto e dove abito e chiudiamo gli occhi davanti a questa sporca pratica?” ha rilanciato.
Santanchè: avviso garanzia non avrebbe cambiato nulla, non mi dimettoRoma, 5 lug. (askanews) – “Se avessi ricevuto un avviso di garanzia ve lo avrei detto perchè per me non sarebbe cambiato nulla rispetto a quanto sto per drivi, nè la fiducia per la magistratura, nè sulla mia vicenda che, piaccia o non piaccia, non comporterà le mie dimissioni”. Lo ha detto Daniela Santanchè, ministra del Turismo nel corso dell’informativa al Senato.
“Qualcuno dovrebbe dare a me delle risposte”, ha aggiunto riferendosi all’articolo pubblicato dal quotidiano “il Domani che ha avuto una notizia che io non ho e che nessuno potrebbe lecitamente avere, una ipotesi grave”. E poi ha concluso: “vi chiedo di reagire a questa pratica che oggi colpisce me ma domani potrebbe colpire qualcune cittadino politico o no”.
Meloni: sui migranti Italia e Polonia sono d’accordo, fermare gli irregolariMilano, 5 lug. (askanews) – Sul tema delle migrazioni la posizione italiana e quella polacca “credo sia sostanzialmente la stessa: vogliamo fermare la migrazione illegale. Finchè l’Europa pensa di risolvere il problema discutendo di come gestire la migrazione illegale quando arriva sul territorio europeo non troveremo mai la soluzione reale. Perchè gli interessi delle nostre nazioni sono interessi diversi”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nelle dichiarazioni alla stampa al termine dell’incontro con il premier della Polonia Morawiecki, a Varsavia.
“Quello su sui possiamo essere tutti d’accordo è fermare la migrazione illegale prima che arrivi da noi, con un lavoro diverso con l’Africa, di cooperazione non predatoria, di sostegno alle nazioni che speso sono vittime della tratta, dei trafficanti, della mafia. Capisco perfettamente la posizione polacca in materia di migrazione e asilo, capisco la difficoltà di accettare ricollocamenti da parte di nazioni che si caricano il peso dei profughi ucraini senza veder adeguatamente riconosciuto dall’Europa il loro sacrificio”, aggiunge Meloni che prosegue: “Ringrazio il popolo polacco per quello che fanno per l’Ucraina perchè lo fanno per tutti noi e andrebbe riconosciuto con maggiore forza e concretezza da parte dell’Europa interna”. Ancora più chiaramente: “Non potrei mai lamentarmi di chi difende i propri interessi nazionale, è quello che ritengo di dover fare io. Sono ammirata da come Morawiecki difende gli interessi della Polonia ma sia chiaro che non c’è tra noi divisione su questo perchè lavoriamo sullo stesso obiettivo fondamentale: non gestire ma fermare la migrazione illegale. Un cambio di passo che piano piano si sta materializzando in Consiglio Europeo, dove sappiamo di poter contare sulla Polonia. Ho rispetto per l’ipotesi di interrogare i cittadini su una materia che è sensibile per i propri cittadini”, ha aggiunto Meloni riferendosi all’ipotesi di un referendum sulla materia in Polonia. E ha concluso: “Continueremo a lavorare insieme per soluzioni efficaci per tutti”.
Migranti, Meloni: Italia e Polonia d’accordo, fermare irregolariMilano, 5 lug. (askanews) – Sul tema delle migrazioni la posizione italiana e quella polacca “credo sia sostanzialmente la stessa: vogliamo fermare la migrazione illegale. Finchè l’Europa pensa di risolvere il problema discutendo di come gestire la migrazione illegale quando arriva sul territorio europeo non troveremo mai la soluzione reale. Perchè gli interessi delle nostre nazioni sono interessi diversi”. Lo ha detto la presidente del COnsiglio Giorgia Meloni, nelle dichiarazioni alla stampa al termine dell’incontro con il premier della Polonia Morawiecki, a Varsavia.
“Quello cu sui possiamo essere tutti d’accordo è fermare la migrazione illegale prima che arrivi da noi, con un lavoro diverso con l’Africa, di cooperazione non predatoria, di sostegno alle nazioni che speso sono vittime della tratta, dei trafficanti, della mafia. Capisco perfettamente la posizione polacca in materia di migrazione e asilo, capisco la difficoltà di accettare ricollocamenti da parte di nazioni che si caricano il peso dei profughi ucraini senza veder adeguatamente riconosciuto dall’Europa il loro sacrificio”, aggiunge Meloni che prosegue: “Ringrazio il popolo polacco per quello che fanno per l’Ucraina perchè lo fanno per tutti noi e andrebbe riconosciuto con maggiore forza e concretezza da parte dell’Europa interna”. Ancora più chiaramente: “Non potrei mai lamentarmi di chi difende i propri interessi nazionale, è quello che ritengo di dover fare io. Sono ammirata da come Morawiecki difende gli interessi della Polonia ma sia chiaro che non c’è tra noi divisione su questo perchè lavoriamo sullo stesso obiettivo fondamentale: non gestire ma fermare la migrazione illegale. Un cambio di passo che piano piano si sta materializzando in Consiglio Europeo, dove sappiamo di poter contare sulla Polonia. Ho rispetto per l’ipotesi di interrogare i cittadini su una materia che è sensibilie per i propri cittadini”, ha aggiunto Meloni riferendosi all’ipotesi di un referendum sulla materia in Polonia. E ha concluso: “Continueremo a lavorare insieme per soluzioni efficaci per tutti”.
Ucraina, Meloni: faremo il necessario per impedire l’invasioneVarsavia, 5 lug. (askanews) – “Con la Polonia sull’Ucraina abbiamo posizioni identiche: siamo al fianco dell’Ucraina, per la difesa e la libertà di un popolo che sta stupendo il mondo contro una aggressione che non possiamo accettare e che faremo tutto il possibile per impedire. Saremo al fianco dell’Ucraina fino a quando sarà necessario, sostenendola a 360 gradi”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel punto stampa insieme al primo ministro polacco Mateusz Morawiecki.
Pd presenta interrogazione su Santanchè: è giusto che chiariscaRoma, 5 lug. (askanews) – “Il Partito Democratico ha depositato un’interrogazione per sapere se il ministro Santanchè sia debitrice nei confronti dello Stato italiano di 2 milioni e 700 mila euro. Vi pare possibile che un ministro della Repubblica sia debitrice nei confronti dello Stato che essa stessa rappresenta? Lo dico da garantista ma è giusto e corretto che la ministra chiarisca quanto prima”. Lo scrive su twitter Stefano Graziano, deputato del Pd, nel giorno in cui la ministra Santanchè sarà in Senato alle 15 per un’informativa sulla vicenda.
Meloni a Varsavia, tra agenda Ue (con la questione migranti) e manovre in vista delle EuropeeVarsavia, 4 lug. (askanews) – I temi al centro dell’agenda Ue si intrecciano con il cammino verso le Europee nella visita che domani porterà Giorgia Meloni a Varsavia. Nella capitale polacca la premier vedrà prima (alle 10.30) il primo ministro Mateusz Morawiecki al Palazzo sull’acqua del Park Lazienki e poi parteciperà alle giornate di studio dell’Ecr (Conservatori e riformisti) di cui è presidente.
Con lo stesso Morawiecki e con l’ungherese Viktor Orban Meloni ha parlato venerdì scorso a margine del Consiglio Ue, nel tentativo – fallito – di trovare una mediazione sulle conclusioni del vertice sul tema dei migranti. Varsavia e Budapest alla fine hanno bloccato le conclusioni, ma Meloni ha detto di comprendere le loro posizioni, perché “difendono gli interessi nazionali”. Con il premier, secondo quanto reso noto da un portavoce del governo polacco, la presidente del Consiglio parlerà ancora di migranti, in particolare della difesa delle frontiere esterne dell’Unione europea, sia terrestri che marittime. Sul tavolo anche la sicurezza e la difesa, in vista del vertice Nato di Vilnius, e i temi al centro dell’agenda europea. L’incontro, sottolineano fonti italiane, dopo quello del 20 febbraio scorso sempre a Varsavia alla vigilia della visita a Kiev di Meloni, mira a consolidare il dialogo politico e a ricercare il “coordinamento” e le potenziali “sinergie” sui principali dossier europei e internazionali, comprese la questione dell’allargamento ai Balcani occidentali e la riforma istituzionale Ue. A livello bilaterale, l’interscambio commerciale è in forte crescita: 33,6 miliardi di euro nel 2022 (+16%) con un saldo positivo di 5,2 miliardi di euro. L’Italia è il quarto fornitore e il sesto cliente della Polonia a livello globale e punta a incrementare ulteriormente i rapporti. A questo proposito, Morawiecki potrebbe sollevare la questione dell’organizzazione del Vertice intergovernativo italo-polacco, la cui terza e ultima edizione si è tenuta a Varsavia nel 2013. I due, però, parleranno con tutta probabilità anche di rapporti politici. Morawiecki con il suo partito PiS (Diritto e Giustizia) fa parte del gruppo Ecr. In autunno la Polonia sarà chiamata al voto e il premier avrà come avversario Donald Tusk (Piattaforma civica) già presidente del Consiglio europeo e leader Ppe fermamente contrario ad accordi con le destre.
La situazione polacca è per questo un esempio di tutte le difficoltà che ci sono per arrivare all’alleanza popolari-conservatori caldeggiata da Meloni. Il tema sarà tra quelli al centro dell’incontro dei Conservatori e riformisti, che si è aperto oggi. “Ecr – ha sottolineato il capo delegazione di Fratelli d’Italia a Strasburgo Carlo Fidanza – esprime tre premier, abbiamo numeri destinati a crescere ovunque, in ogni elezione nazionale svoltasi in Europa negli ultimi mesi il centrodestra ha vinto. È chiaro che l’asse popolari-socialisti non regge più, e anche molti liberali sono insofferenti. Vedremo i numeri alla fine, ma una cosa è certa: Giorgia Meloni come capo del governo italiano e leader dei Conservatori europei sarà al tavolo da protagonista assoluta”. Il problema è che non tutto il Ppe è favorevole all’alleanza, o almeno ci sono settori dei popolari che non vogliono far patti con alcuni dei partiti che fanno parte di Ecr. Così come pesa, nel centrodestra italiano, il ‘veto’ dei popolari – ribadito ieri da Antonio Tajani – su Alternative fur Deutschland e sul Rassemblement National di Marine Le Pen, che stanno nella stessa ‘famiglia’ della Lega, ‘Identità e democrazia’. Un veto che Salvini non ha digerito: “Mi domando – ha attaccato oggi – come qualcuno di centrodestra possa preferire i socialisti, quelli dell’ideologia e degli sbarchi, al centrodestra”.
Alle Europee mancano ancora 12 mesi, ma la partita è già nel vivo, così come mostrano i movimenti in atto – più o meno alla luce del sole – per un ‘bis’ di Ursula von der Leyen e della maggioranza Ppe-Pse che porta il suo nome.
Autonomia, sulla riforma Calderoli la tegola delle dimissioni dal ClepRoma, 4 lug. (askanews) – Il contenuto della lettera con cui lo scorso 26 giugno quattro autorevoli esperti hanno annunciato le loro dimissioni dal Clep, il Comitato per l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale (propedeutici all’attuazione dell’Autonomia regionale differenziata), è piombata come una tegola sul progetto di riforma del ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli.
Non solo per il profilo dei quattro esponenti (Giuliano Amato e Franco Gallo, ex presidenti della Corte Costituzionale, Alessandro Pajno, ex presidente del Consiglio di Stato, e Franco Bassanini, ex ministro della Funzione pubblica), ma anche per la denuncia del fatto che “restano irrisolti alcuni problemi di fondo” del progetto. Secondo i firmatati, infatti, “prima della attribuzione di nuove specifici compiti e funzioni ad alcune Regioni con le corrispondenti risorse finanziarie”, è necessaria “la determinazione di tutti i Lep attinenti all’esercizio di diritti civili e sociali e la definizione del loro finanziamento, secondo i principi e le procedure dell’art. 119 della Costituzione”. Per i quattro esperti, infatti, non è sufficiente basarsi sui precedenti ma occorre che vengano individuati “i nuovi Lep necessari per assicurare effettivamente il superamento delle disuguaglianze territoriali nell’esercizio dei diritti civili e sociali. Vi sono infatti materie nelle quali il legislatore non ha mai proceduto a determinare Lep e molte altre nelle quali questa determinazione è stata parziale. E non è mai stato fatto il lavoro di comparazione complessiva dei Lep con le risorse finanziarie, volta a definire quali livelli essenziali effettivamente sono assicurabili a tutti, senza discriminare nessuno o creare insostenibili oneri per la finanza pubblica”.
Amato, Bassanini, Gallo e Pajno hanno concluso che “finchè non sono stati determinati tutti i Lep, e non sono stati ridefiniti, in relazione ai loro costi standard, gli strumenti e i modi per assicurare a tutte le Regioni una effettiva autonomia tributaria che consenta loro di finanziare integralmente i Lep medesimi, la effettiva portata di quei principi resta indeterminata e indeterminabile”. Il testo della lettera, divenuto pubblico soltanto oggi, ha dato la stura alle critiche delle opposizioni, da sempre contrarie al progetto.
“Le dimissioni di Amato, Bassanini, Gallo e Pajino – ha scritto Marco Sarracino, deputato e responsabile Sud e Coesione della segreteria nazionale del Pd – dovrebbero far riflettere il centrodestra su quanto sia dannosa per l’Italia la loro proposta di autonomia differenziata che lentamente sta naufragando. Cos’altro deve accadere ancora affinchè si fermino? Ormai non si contano più le palesi criticità di un progetto che per quel che ci riguarda non fa altro che aumentare le disuguaglianze sociali e territoriali”. Secondo Mara Carfagna, presidente di Azione, “l’ultimo forte ed autorevole schiaffo all’autonomia differenziata di Calderoli arriva da due ex presidenti della Corte costituzionale, un ex presidente del Consiglio di Stato e un ex ministro. Il colpo da ko a una riforma iniqua e sbagliata, con molteplici criticità e profili di rischio, tra cui il nodo irrisolto del finanziamento di tutti i Lep prima del trasferimento delle competenze alle Regioni e il ricorso all’iniquo criterio della spesa storica”.
Toni simili dal M5s. Secondo Roberto Fico, ex presidente della Camera dei deputati e presidente del Comitato di garanzia del Movimento, “le dimissioni di quattro membri dal Comitato che dovrebbe occuparsi di definire i Livelli essenziali delle prestazioni sono un campanello d’allarme da non trascurare. Il ministro Calderoli dimostra di volere una riforma di parte, utile a soddisfare soltanto i nostalgici della secessione leghista. Questa autonomia si conferma profondamente pericolosa per la tenuta sociale ed economica del Paese”. E per Peppe De Cristofaro, senatore dell’Alleanza Verdi Sinistra, “le dimissioni dei quattro autorevoli esponenti dal Clep rendono necessari ulteriori approfondimenti da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato dove è incardinata la legge voluta dal Ministro Calderoli. Non si può approvare una legge come questa senza aver definito prima il perimetro, i costi e i fabbisogni standard per tutti”. La pubblicazione della lettera e le conseguenti critiche hanno dunque reso inevitabile la presa di posizione del ministro Calderoli. “Sono francamente stupito, sorpreso e rammaricato – ha spiegato il ministro ad Affariitaliani.it -. Mi avevano mandato una lettera segnalandomi che non avrebbero partecipato ulteriormente ai lavori del Clep senza però dirmi che si sarebbero dimessi”. La loro decisione, ha aggiunto il ministro, “mi coglie di sorpresa, avevamo concordato un percorso e di colpo hanno assunto questa posizione”. Ma in ogni caso, ha assicurato Calderoli, il progetto dell’autonomia differenziata non subirà alcuno stop: “Erano 62 membri nel comitato e ora ne restano 58, ancor più motivati nella definizione dei Lep e nel raggiungimento dell’obiettivo. Per la prima volta da 22 anni finalmente si risolve il tema cruciale dei Lep che interessa lo Stato, le Regioni, ogni ente locale e soprattutto i cittadini. Porteremo a casa questo risultato di civiltà. Il governo va avanti, ce ne faremo una ragione delle loro dimissioni, sperando che il gesto non abbia un risvolto squisitamente politico”.
Autonomia, Calderoli dopo le dimissioni dei quattro esperti del comitato: sono sorpreso ma andremo avantiRoma, 4 lug. (askanews) – “Sono francamente stupito, sorpreso e rammaricato trattandosi, non solo di esperti, ma anche di amici ed ex colleghi con cui ho lavorato da decenni. Mi avevano mandato una lettera segnalandomi che non avrebbero partecipato ulteriormente ai lavori del Clep senza però dirmi che si sarebbero dimessi”. Lo afferma il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli commentando con Affaritaliani.it le dimissioni di quattro membri dal Comitato Lep.
“Avevamo affrontato il tema dei Livelli essenziali delle prestazioni di tutte le materie e non solo quelle riferite agli enti territoriali, tanto che – spiega il ministro – era stato creato un sottogruppo ad hoc per studiare tutte le altre materie concordando che questa estensione nell’ambito dei Lep non fosse pregiudiziale alla definizione stessa dei Lep delle 23 materie possibilmente oggetto di trasferimento alle Regioni. Quindi questa decisione mi coglie di sorpresa, avevamo concordato un percorso e di colpo hanno assunto questa posizione”. In ogni caso, assicura il ministro, il progetto dell’autonomia differenziata non subirà alcuno stop. “Assolutamente no. Erano 62 membri nel comitato e ora ne restano 58, ancor più motivati nella definizione dei Lep e nel raggiungimento dell’obiettivo. Per la prima volta da 22 anni finalmente si risolve il tema cruciale dei Lep che interessa lo Stato, le Regioni, ogni ente locale e soprattutto i cittadini. Porteremo a casa questo risultato di civiltà. Il governo va avanti, ce ne faremo una ragione delle loro dimissioni, sperando che il gesto non abbia un risvolto squisitamente politico. Mi dispiace per gli altri 58 membri, a partire dal presidente Cassese, che ancora una volta ringrazio per il loro impegno non remunerato, che dovranno lavorare anche per i 4 che si sono dimessi”, conclude Calderoli.