Alcune delle cose che ha detto Meloni ad Addis AbebaAddis Abeba, 15 apr. (askanews) – “Io ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perchè si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade nel resto d’Europa. C’è una proposta di maggioranza nel suo complesso, non è un tema su cui ci sono divergenze. E’ una questione complessa ed è normale che ci siano diversi emendamenti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, parlando con i giornalisti ad Addis Abeba. Meloni ha poi detto che la fuga di Artom Uss è “sicuramente un fatto abbastanza grave e al rientro mi riservo di parlarne con Nordio per capire come sono andate le cose. Sicuramente ci sono state anomalie e la principale è la decisione della Corte di Appello di offrire i domiciliari con motivazioni discutibili e mantenerla anche quando c’era una iniziativa di estradizione con un rischio di fuga piu evidente”. Quindi, parlando del centrodestra e del partito unico, Meloni ha detto “io sono sempre stata convinta che la pluralità anche all’interno del centrodestra sia un arricchimento più che un problema. Il punto è la volontà di camminare insieme, quella volontà io la vedo e fermo restando quella volontà ci sono anche sfumature diverse, questo è più facile oggi farlo con i partiti, quello che succederà domani nessuno è in grado di dirlo”.
A proposito del Pnrr, Meloni ha affermato che “la prescrizione della Commissione Ue” per le modifiche al Pnrr è “agosto e noi ci atteniamo. Vogliamo fare nostro del meglio per spendere le risorse e per le modifiche ci prendiamo il tempo necessario per il vero obiettivo che non è essere i primi della classe ma usare al meglio le risorse”. “Non è – ha aggiunto – un lavoro facile, stabilire cosa sia più difficile secondo il piano iniziale e con il contesto che abbiamo oggi spendere entro il 2026 o piuttosto quali siano le alternative che ci consentano di fare arrivare a terra queste risorse ma è un lavoro che stiamo facendo quotidianamente con grande serietà non so darle una data precisa ma posso dire che noi rispettiamo le prescrizioni che ci vengono fornite” dall’Europa.
Dl Cutro, Meloni: obiettivo eliminare protezione specialeAddis Abeba, 15 apr. (askanews) – “Io ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perchè si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade nel resto d’Europa. C’è una proposta di maggioranza nel suo complesso, non è un tema su cui ci sono divergenze. E’ una questione complessa ed è normale che ci siano diversi emendamenti”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, parlando con i giornalisti ad Addis Abeba a proposito delle modifiche introdotte al Dl Cutro sui migranti.
Meloni: l’Italia sostiene la Somalia nel creare istituzioni stabili e fortiAddis Abeba, 15 apr. (askanews) – “Ad Addis Abeba ho avuto il piacere di incontrare anche il presidente somalo Hassan Mohamud. La Somalia troverà sempre nell’Italia un partner privilegiato e solido nel sostenere gli sforzi volti a rafforzare le istituzioni somale e la stabilità dell’intero Corno d’Africa”. Lo scrive su Twitter la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel secondo giorno di visita ad Addis Abeba.
Proprio con il presidente somalo e con il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali, Meloni avrà, tra pochi minuti, un incontro trilaterale.Alle 12.10 ora locale (le 11.10 in Italia) Meloni visiterà poi la scuola italiana Galileo Galilei, il più grande istituto scolastico italiano all’estero, con 900 iscritti. Poi ripartirà per Roma.
Meloni: Italia sostiene Somalia per istituzioni stabili e fortiAddis Abeba, 15 apr. (askanews) – “Ad Addis Abeba ho avuto il piacere di incontrare anche il presidente somalo Hassan Mohamud. La Somalia troverà sempre nell’Italia un partner privilegiato e solido nel sostenere gli sforzi volti a rafforzare le istituzioni somale e la stabilità dell’intero Corno d’Africa”. Lo scrive su Twitter la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel secondo giorno di visita ad Addis Abeba.
Proprio con il presidente somalo e con il primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali, Meloni avrà, tra pochi minuti, un incontro trilaterale. Alle 12.10 ora locale (le 11.10 in Italia) Meloni visiterà poi la scuola italiana Galileo Galilei, il più grande istituto scolastico italiano all’estero, con 900 iscritti. Poi ripartirà per Roma.
Dl Cutro, il testo Fdi-Lega-Fi che di fatto azzera protezione specialeRoma, 14 apr. (askanews) – E’ in arrivo un forte giro di vite che di fatto punta ad azzerare il rilascio della protezione speciale a chi non ha ottenuto la protezione internazionale ma non può essere espulso o respinto perché a rischio di persecuzione, della vita e di violazioni sistematiche di diritti umani, trattamenti inumani o tortura. E’ quanto prevede una delle norme contenute nel subemendamento Fdi, Lega e Fi, al dl Cutro.
Nel testo, c’è anche una stretta sulla possibilità per chi ha ottenuto la protezione speciale di vedersela convertire in permessi di soggiorno per poter lavorare; stop anche per chi è nel nostro Paese a causa di gravi calamità e per cure mediche. Il permesso di soggiorno per calamità poi verrà concesso non più per “grave” calamità ma per calamità “contingente ed eccezionale” e si precisa che sarà rinnovabile (rispetto ai primi sei mesi) solo per ulteriori sei mesi e solo se permarranno le condizioni di “eccezionale” calamità. Pure il rinnovo non potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Si restringe inoltre la platea degli stranieri che non possono essere respinti o espulsi per motivi legati a gravi condizioni psicofisiche o patologiche.
Nelle ipotesi di divieto di respingimento o espulsione o estradizione di una persona non verrà più tenuto conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo paese d’origine. A fronte del giro di vite, nell’emendamento della maggioranza è stata invece inserita una norma per concedere il permesso di soggiorno alla vittima straniera che venga costretta o indotta a contrarre un matrimonio.
La crisi nel terzo polo rilancia il dibattito nel Pd: chi prende voti al centro?Roma, 14 apr. (askanews) – Nel Pd fanno battute, in tanti maramaldeggiano sul divorzio tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, e non potrebbe essere diversamente. Ma il naufragio del progetto centrista diventerà presto un tema politico molto serio anche in casa democratica. Il Pd visto in queste prime settimane non si preoccupava troppo di parlare anche agli elettori più moderati, Elly Schlein ha vinto soprattutto restituendo entusiasmo a quella sinistra che alle politiche e alle regionali dei mesi scorsi si era rifugiata nel non voto o aveva addirittura optato per M5s, “per non regalare il nostro elettorato a Conte”, come dice uno degli esponenti della sinistra Pd.
L’obiettivo numero uno, del resto, era fermare “l’opa ostile” dei 5 stelle sull’elettorato di sinistra, consolidare il Pd riconquistando innanzitutto l’elettorato storico, la “base”, lasciando di fatto ad altri il compito di organizzare il voto di centro. Certo, il rapporto con Calenda e Renzi era assai complicato, ma del resto c’è tempo prima di doversi preoccupare di costruire un’alleanza stabile, le politiche non saranno a breve. L’implosione del terzo polo cambia il quadro e finirà per riaprire una discussione. Se non c’è un soggetto moderato a fianco del Pd, come si intercetta quell’elettorato? L’ala più moderata – quella che sosteneva Stefano Bonaccini per capirsi – tornerà a farsi sentire, a rilanciare un’impostazione simile a quella del Pd veltroniano delle origini. Enrico Borghi lo dice chiaramente: “Non c’è dubbio che quello che sta accadendo pone un tema di riflessione nel Pd. Serve la sintesi tra due culture. E’ evidente che torneremmo ad essere competitivi se dovesse nascere un partito che con Schlein copre saldamente l’arco di sinistrae attraverso altre figure è in grado anche di parlare al mondo più moderato o riformista”. Di fatto, appunto, è la “vocazione maggioritaria” dei tempi di Veltroni, lo schema che lo stesso Bonaccini aveva sostenuto durante la campagna per le primarie. Non è questa la visione della maggioranza del partito, quella che ha sostenuto Schlein alle primarie. Da Andrea Orlando a Goffredo Bettini, passando per Articolo 1, l’idea è che il Pd debba caratterizzarsi appunto come partito chiaramente di sinistra, un partito “del lavoro” come ha ripetuto anche nei giorni scorsi Sandro Ruotolo.
“Quello schema del partito che tiene dentro tutto non funziona, ha funzionato solo con Veltroni”, dice un parlamentare della sinistra. “Non si riesce a parlare ai moderati e alla sinistra allo stesso tempo”. E Arturo Scotto aggiunge: “Nel congresso Pd chi evocava la vocazione maggioritaria ha perso la partita. Prima ancora della formula politologica conta la società, che è più frantumata e impaurita di 15 anni fa e chiede alla sinistra una connotazione più netta lungo le linee di frattura con la destra”. Per Scotto “il moderatismo è stato seppellito ovunque dopo il tonfo della classe media. Ed anche il tecnopopulismo di cui sono stati teorici – agitando l’agenda Draghi manco fosse il libretto rosso di Mao – appare un feticcio identitario”. Su questo punto l’analisi coincide con quella di Borghi: “La crisi del terzo polo è la conferma della bipolarizzazione del sistema politico italiano. In Azione-Iv convivevano due ambiguità: Renzi che ammiccava al centrodestra partendo da sinistra e l’idea calendiana di porsi come terzo polo alla Macron. Hanno dovuto fare i conti col principio di realtà: il bipolarismo ha tenuto”.
Non c’è spazio per un centro che non sta “nè di qua né di là”, insomma, su questo sono tutti d’accordo. Il punto, però, è come occupare lo spazio politico “riformista”, quello più moderato che magari non si riconosce in un Pd nettamente collocato “a sinistra”, categorie peraltro abbastanza logore. Già ieri Romano Prodi – non a caso sull’Avvenire – avvertiva: “Per vincere la coalizione è vitale, i moderati vanno recuperati. Passare dal 20 al 50% è dura da soli. Serve un dialogo vero al centro e a sinistra”. Per la sinistra del partito “in politica non restano mai i vuoti, lo spazio viene sempre occupato”. Più d’uno spera che possa essere lo stesso Giuseppe Conte a ricollocarsi: “Anziché fare concorrenza al Pd a sinistra lui – che di sinistra non è – potrebbe provare a prendere voti al centro, da cattolico progressista quale è”, dice uno. E se non sarà Conte a farlo, nascerà comunque qualcosa al centro e a fianco del Pd, in uno schema un po simile all’Ulivo, ai Ds-Margherita.
Non è quello che pensano nella minoranza Pd. Dice Borghi: “Dicono che non si possono prendere sia i voti moderati che quelli di sinistra? A me non fa schifo vincere le elezioni. Una sinistra di rappresentanza non è quello di cui ha bisogno il paese”. La questione non si risolverà in un giorno e la Schlein sa di avere davanti a sé del tempo, visto che la prima grande prova elettorale – le europee del prossimo anno – non richiede alleanze. Ma, come dice Prodi, senza conquistare anche il voto moderato la sfida alla destra sarà impossibile.
Crisi terzo polo rilancia dibattito Pd: chi prende voti centro?Roma, 14 apr. (askanews) – Nel Pd fanno battute, in tanti maramaldeggiano sul divorzio tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, e non potrebbe essere diversamente. Ma il naufragio del progetto centrista diventerà presto un tema politico molto serio anche in casa democratica. Il Pd visto in queste prime settimane non si preoccupava troppo di parlare anche agli elettori più moderati, Elly Schlein ha vinto soprattutto restituendo entusiasmo a quella sinistra che alle politiche e alle regionali dei mesi scorsi si era rifugiata nel non voto o aveva addirittura optato per M5s, “per non regalare il nostro elettorato a Conte”, come dice uno degli esponenti della sinistra Pd.
L’obiettivo numero uno, del resto, era fermare “l’opa ostile” dei 5 stelle sull’elettorato di sinistra, consolidare il Pd riconquistando innanzitutto l’elettorato storico, la “base”, lasciando di fatto ad altri il compito di organizzare il voto di centro. Certo, il rapporto con Calenda e Renzi era assai complicato, ma del resto c’è tempo prima di doversi preoccupare di costruire un’alleanza stabile, le politiche non saranno a breve. L’implosione del terzo polo cambia il quadro e finirà per riaprire una discussione. Se non c’è un soggetto moderato a fianco del Pd, come si intercetta quell’elettorato? L’ala più moderata – quella che sosteneva Stefano Bonaccini per capirsi – tornerà a farsi sentire, a rilanciare un’impostazione simile a quella del Pd veltroniano delle origini. Enrico Borghi lo dice chiaramente: “Non c’è dubbio che quello che sta accadendo pone un tema di riflessione nel Pd. Serve la sintesi tra due culture. E’ evidente che torneremmo ad essere competitivi se dovesse nascere un partito che con Schlein copre saldamente l’arco di sinistrae attraverso altre figure è in grado anche di parlare al mondo più moderato o riformista”. Di fatto, appunto, è la “vocazione maggioritaria” dei tempi di Veltroni, lo schema che lo stesso Bonaccini aveva sostenuto durante la campagna per le primarie. Non è questa la visione della maggioranza del partito, quella che ha sostenuto Schlein alle primarie. Da Andrea Orlando a Goffredo Bettini, passando per Articolo 1, l’idea è che il Pd debba caratterizzarsi appunto come partito chiaramente di sinistra, un partito “del lavoro” come ha ripetuto anche nei giorni scorsi Sandro Ruotolo.
“Quello schema del partito che tiene dentro tutto non funziona, ha funzionato solo con Veltroni”, dice un parlamentare della sinistra. “Non si riesce a parlare ai moderati e alla sinistra allo stesso tempo”. E Arturo Scotto aggiunge: “Nel congresso Pd chi evocava la vocazione maggioritaria ha perso la partita. Prima ancora della formula politologica conta la società, che è più frantumata e impaurita di 15 anni fa e chiede alla sinistra una connotazione più netta lungo le linee di frattura con la destra”. Per Scotto “il moderatismo è stato seppellito ovunque dopo il tonfo della classe media. Ed anche il tecnopopulismo di cui sono stati teorici – agitando l’agenda Draghi manco fosse il libretto rosso di Mao – appare un feticcio identitario”. Su questo punto l’analisi coincide con quella di Borghi: “La crisi del terzo polo è la conferma della bipolarizzazione del sistema politico italiano. In Azione-Iv convivevano due ambiguità: Renzi che ammiccava al centrodestra partendo da sinistra e l’idea calendiana di porsi come terzo polo alla Macron. Hanno dovuto fare i conti col principio di realtà: il bipolarismo ha tenuto”.
Non c’è spazio per un centro che non sta “nè di qua né di là”, insomma, su questo sono tutti d’accordo. Il punto, però, è come occupare lo spazio politico “riformista”, quello più moderato che magari non si riconosce in un Pd nettamente collocato “a sinistra”, categorie peraltro abbastanza logore. Già ieri Romano Prodi – non a caso sull’Avvenire – avvertiva: “Per vincere la coalizione è vitale, i moderati vanno recuperati. Passare dal 20 al 50% è dura da soli. Serve un dialogo vero al centro e a sinistra”. Per la sinistra del partito “in politica non restano mai i vuoti, lo spazio viene sempre occupato”. Più d’uno spera che possa essere lo stesso Giuseppe Conte a ricollocarsi: “Anziché fare concorrenza al Pd a sinistra lui – che di sinistra non è – potrebbe provare a prendere voti al centro, da cattolico progressista quale è”, dice uno. E se non sarà Conte a farlo, nascerà comunque qualcosa al centro e a fianco del Pd, in uno schema un po simile all’Ulivo, ai Ds-Margherita.
Non è quello che pensano nella minoranza Pd. Dice Borghi: “Dicono che non si possono prendere sia i voti moderati che quelli di sinistra? A me non fa schifo vincere le elezioni. Una sinistra di rappresentanza non è quello di cui ha bisogno il paese”. La questione non si risolverà in un giorno e la Schlein sa di avere davanti a sé del tempo, visto che la prima grande prova elettorale – le europee del prossimo anno – non richiede alleanze. Ma, come dice Prodi, senza conquistare anche il voto moderato la sfida alla destra sarà impossibile.
Meloni: “A ottobre il Piano Mattei per l’Africa” (intanto dall’Onu arriva un richiamo sui migranti)Addis Abeba, 14 apr. (askanews) – Giorgia Meloni presenterà a ottobre il suo Piano Mattei per l’Africa, con cui l’Italia vuole essere protagonista di una nuova stagione per il continente. Lo ha annunciato la stessa presidente del Consiglio, arrivata oggi ad Addis Abeba, in Etiopia, per una visita di due giorni. Cooperazione, sviluppo economico, migranti i temi al centro della missione, nel corso della quale Meloni ha incontrato il primo ministro Abiy Ahmed Ali e vedrà il presidente Hassan Sheikh Mohamud.
“C’è, sicuramente, un protagonismo italiano in Africa e nel Corno d’Africa che per noi è cruciale e sensibile”, ha detto Meloni parlando con i giornalisti. Sul Piano Mattei, ha spiegato, il governo sta lavorando “in cooperazione con i Paesi africani”, con l’obiettivo di lanciarlo al prossimo Summit intergovernativo Italia-Africa in autunno. Il Piano, ha sottolineato, “penso che produca molto più dello sforzo che richiede, per l’interesse nazionale italiano, per l’interesse europeo, per la stabilità di un continente sul quale forse negli ultimi anni non abbiamo fatto abbastanza e che oggi vede l’ingresso di attori diversi. E io credo che nell’opera di stabilizzazione e di sviluppo dell’Africa un ruolo forte dell’Italia e dell’Europa sia opportuno”. Intanto, però, il percorso intrapreso dal governo è quello di rinsaldare i rapporti bilaterali, a partire dai Paesi più “vicini”. L’Italia ha storiche relazioni con l’Etiopia, ancora attraversata da tensioni in alcune aree: la regione del Tigray, dove c’è una fragile pace, ma anche quella degli Amhara, teatro di scontri anche negli ultimi giorni. “L’Etiopia è un paese la cui stabilità è fondamentale”, ha sottolineato, garantendo “sostegno” in particolare “sul piano finanziario”, anche nell’ottica del contenimento dei flussi visto che oggi ci sono 823 mila rifugiati e 4,2 milioni di sfollati.
Per l’Italia, però, non c’è solo l’Etiopia tra le priorità. Per questo domani Meloni parteciperà a un incontro trilaterale con Abiy e con Hassan Sheikh Mohamud, presidente della Somalia, altro Paese la cui stabilizzazione ha un rilievo per Roma. Negli incontri di questi giorni, invece, non figura la presenza dell’Eritrea, che ha anch’essa storici rapporti con l’Italia ma che è sempre più nell’orbita di influenza della Russia, che ha espresso interesse a sviluppare progetti infrastrutturali nella città portuale di Massaua. Altro fronte caldo per il governo è la Tunisia, nel mezzo di una crisi profonda. Anche oggi Meloni ha ribadito l’impegno italiano per “lo sblocco dei finanziamenti”, per garantire una prospettiva al Paese, anche nell’ottica di ridurre le partenze, aumentate anche come conseguenze delle difficoltà di Tunisi. Sui migranti, però, è arrivato il richiamo dell’Onu al governo, dopo l’adozione dello stato di emergenza. Pur sollecitando l’Ue a maggiore “solidarietà con l’Italia” ed elogiando il lavoro di salvataggio della Guardia Costiera, l’Alto Commissario Onu per i diritti umani Volker Turk ha voluto affermare che “qualsiasi nuova politica nell’ambito dello stato di emergenza deve essere in linea con gli obblighi in materia di diritti umani dell’Italia. Non si può derogare alla tutela dei diritti umani, come il diritto alla vita e il divieto di respingimento, nemmeno durante questi periodi”. Turk ha anche chiesto di “abbandonare la nuova e dura legge adottata all’inizio dell’anno che limita le operazioni di ricerca e salvataggio dei civili, e di astenersi dal criminalizzare coloro che sono impegnati a fornire assistenza salvavita”. Ma nel frattempo la Lega ha depositato un emendamento di maggioranza per una stretta alla protezione speciale ed esulta: “Si ritorna ai decreti Salvini”.
Dl Cutro, accordo centrodestra: ridotta la protezione specialeRoma, 14 apr. (askanews) – Accordo fatto sul tema della protezione speciale nel centrodestra con un testo unitario di Fdi, Lega e Fi sulla legge di conversione del decreto Cutro, da martedì all’esame del Senato in aula.
“La maggioranza sulla protezione speciale ha depositato in Commissione un unico sub-emendamento. Il nostro obiettivo comune è quello di evitare che le giuste necessità di proteggere stranieri perseguitati nei loro Paesi si trasformino, come è accaduto col governo giallo-rosso e col ministro Lamorgese, in sanatorie di fatto per tutti i clandestini che arrivano in Italia. L’idea che chiunque possa prima o poi ottenere un permesso di soggiorno ha indubbiamente favorito le partenze. In queste settimane abbiamo lavorato uniti e compatti a sostegno del governo per apportare migliorie al decreto, così che possa essere convertito con il testo più efficace possibile”, scrivono i firmatati del sub-emendamento Daysi Pirovano (Lega), Marco Lisei (Fdi) e Maurizio Gasparri (Fi).
Arriva emendamento maggioranza a Dl Cutro, Lega: tornano dl SalviniMilano, 14 apr. (askanews) – “È stato depositato un emendamento di maggioranza che recepisce quelli della Lega che danno una stretta alla protezione speciale introdotta dal ministro Lamorgese e dalla sinistra nel 2020”. Lo fanno sapere fonti della Lega, che rivendicano: la protezione speciale “era diventata una sanatoria, un pull factor di immigrazione. La protezione speciale ha creato sovraffollamento in tribunali e questure e non ha prodotto integrazione. Si ritorna ai decreti Salvini”.