Roma, 25 mar. (askanews) – “Ben vengano gli scaffali separati nei negozi per i prodotti che usano la farina di insetti. Così i consumatori sapranno che cosa lasciare all’interno dei negozi e supermercati. Questa roba non deve essere comprata. È pericolosa, come hanno detto alcuni esponenti del governo, può causare problemi a chi soffre di allergie per alcuni cibi. È contraria alle nostre abitudini alimentari. Chiamiamo questi banchi, semmai dovessero comparire nei negozi e nei supermercati, ‘banchi spazzatura’. I prodotti con farina di insetti devono essere, per un gesto di civiltà, lasciati sul bancone”. Lo dichiara il vicepresidente Fi del Senato Maurizio Gasparri.
“Nessuno – esorta Gasparri- li compri. È una vergogna che venga fatta circolare questa roba. Sarà bene prendere nota di aziende che metteranno questi prodotti in commercio, affinché i consumatori diffidino da chi ricorrerà alla farina di insetti”.
Roma, 25 mar. (askanews) – “La nostra Nazione è la Patria del bello ed è nostro dovere proteggere e valorizzare l’immenso patrimonio di cui siamo eredi. Così come è nostro preciso compito rimettere al centro la cultura, in tutte le sue forme, per proiettare l’Italia in un nuovoáRinascimento. Sono impegni che abbiamo assunto con i cittadini e che il Governo è impegnato a portare avanti”. Lo dichiara la premier Giorgia Meloni, in occasione delle Giornate Fai di Primavera” promossa oggi in tutta Italia.
“Le ‘Giornate FAI di Primavera’ – sottolinea Meloni- rappresentano da oltre trent’anni una straordinaria occasione per celebrare e far conoscere la bellezza nascosta del patrimonio artistico e culturale italiano. In questo fine settimana i cittadini avranno modo di visitare centinaia di gioielli poco conosciuti e spesso inaccessibili. Grazie al FAI, al lavoro di migliaia di volontari e apprendisti ‘ciceroni’ si apriranno ancora una volta le porte di luoghi speciali e identitari che custodiscono pagine uniche della nostra storia. Tra i tanti penso a Villa Bonaparte a Roma, sede dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, che ha assistito ad uno degli episodi più importanti del Risorgimento: la Breccia di Porta Pia”.
Roma, 25 mar. (askanews) – “La nostra Nazione è la Patria del bello ed è nostro dovere proteggere e valorizzare l’immenso patrimonio di cui siamo eredi. Così come è nostro preciso compito rimettere al centro la cultura, in tutte le sue forme, per proiettare l’Italia in un nuovo Rinascimento. Sono impegni che abbiamo assunto con i cittadini e che il Governo è impegnato a portare avanti”. Lo dichiara la premier Giorgia Meloni, in occasione delle Giornate Fai di Primavera” promossa oggi in tutta Italia.
“Le ‘Giornate FAI di Primavera’ – sottolinea Meloni- rappresentano da oltre trent’anni una straordinaria occasione per celebrare e far conoscere la bellezza nascosta del patrimonio artistico e culturale italiano. In questo fine settimana i cittadini avranno modo di visitare centinaia di gioielli poco conosciuti e spesso inaccessibili. Grazie al FAI, al lavoro di migliaia di volontari e apprendisti ‘ciceroni’ si apriranno ancora una volta le porte di luoghi speciali e identitari che custodiscono pagine uniche della nostra storia. Tra i tanti penso a Villa Bonaparte a Roma, sede dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, che ha assistito ad uno degli episodi più importanti del Risorgimento: la Breccia di Porta Pia”.
Roma, 24 mar. (askanews) – Si accelera alla Camera sulla stretta delle occupazioni abusive, proprio mentre a Roma esplode il caso delle chat, tra l’assessore alle politiche abitative della giunta di Gualtieri e il leader delle occupazioni, sul piano casa del Campidoglio. Con l’assessore Zevi che ha minacciato querela e gli avversari politici all’attacco.
Ieri, la commissione Giustizia della Camera ha incardinato due Pdl della Lega che introducono nel codice penale una nuova fattispecie di reato e una specifica procedura per l’immediato rilascio di immobili occupati, senza pronuncia ex ante dell’autorità giudiziaria, e con l’arresto “obbligatorio” in flagranza di reato se non si restituisce l’immobile dopo che è stato emanato l’ordine. Con pene per chi si macchia del reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” fino a 7 anni. Nel caso in cui l’alloggio non venga restituto entro 48 ore dalla presentazione della querela, se è di proprietà pubblica, “si procede con ordinanza allo sgombero” e se è di proprietà privata, la polizia interviene “senza indugio e senza attendere il provvedimento di un giudice”. Ma in campo c’è anche il Movimento Cinque Stelle. Il gruppo ha presentato a sua volta un testo, ha spiegato il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera ed esponente M5S, Federico Cafiero de Raho, e chiederà l’abbinamento con le due pdl del Carroccio incardinate ieri. “La nostra proposta – ha affermato Cafiero De Raho – vuole impedire le occupazioni abusive e prevedere che la pena sia effettivamente congrua, e soprattutto che si consenta una procedibilità d’ufficio con la possibilità, in considerazione della congruità della pena, di intervenire anche con un arresto in flagranza di reato”. Occorre cioè, ha sintetizzato, “far in modo che la procedura sia più snella e dove vi siano anche gruppi criminali le pene particolarmente elevate”.
“Ben venga un intervento legislativo sulle occupazioni abusive se finalizzato al ripristino della legalità, soprattutto in contesti dove il fenomeno è diffuso e gestito dalla criminalità organizzata” purché non avvengano senza il controllo dell’autorità giudiziaria, è il commento di Devis Dori, capogruppo Avs in commissione Giustizia della Camera. Doris esprime infatti “preoccupazione se gli sgomberi dovessero avvenire attribuendo ampi poteri alle forze dell’ordine senza un controllo da parte dell’autorità giudiziaria” e auspica “che nei lavori di commissione si possa trovare il giusto equilibrio fra esigenza di legalità e stato di diritto”.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – La premier Giorgia Meloni è ripartita da Bruxelles dicendosi “molto soddisfatta” per i risultati del Consiglio europeo e anche per il bilaterale del ‘disgelo’ con il presidente francese Emmanuel Macron.
Per quanto riguarda il summit, però, grandi risultati concreti non ce ne sono stati, ma del resto non era questa l’occasione. Il Consiglio, infatti, era già preannunciato come “interlocutorio”, una prosecuzione di quello di febbraio e un ‘primo tempo’ di quello in programma a giugno (ma potrebbe esserci una riunione straordinaria a maggio). Il tema che stava più a cuore alla presidente del Consiglio era quello dei migranti, previsto all’ordine del giorno nella sezione ‘varie ed eventuali’. Ieri sera, nel corso della cena, c’è stato un confronto sul report della Commissione sull’implementazione delle misure decise a il 9 febbraio. Meloni ha preso la parola, chiedendo azioni “rapide e concrete” per una situazione che, vista anche la questione tunisina, rischia di andare “fuori controllo” in estate. Alla fine la premier ha ottenuto il richiamo (non scontato) del tema nelle conclusioni finali: cinque righe in cui il punto centrale è l’impegno a una “rapida implementazione” delle intese, con una verifica a giugno. Dunque adesso occorre, per il governo, controllare e sollecitare l’attuazione concreta.
Altro punto centrale per l’esecutivo italiano è quello del sostegno alla competitività, su cui le conclusioni non mostrano grandi passi avanti. L’Italia è contraria a una semplice e ampia riduzione dei vincoli agli aiuti di Stato, che avvantaggerebbe i Paesi più solidi, e punta invece su una maggiore flessibilità sui fondi esistenti, a partire dal Pnrr. A proposito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, Meloni è arrivata a Bruxelles mentre in Italia suonava l’allarme per ritardi nell’attuazione che metterebbero a rischio il pagamento della terza rata da 19 miliardi. A margine dei lavori il ministro Raffaele Fitto ne ha parlato con il commissario all’economia Paolo Gentiloni e la stessa premier ne ha discusso con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Meloni ha assicurato di non vedere “assolutamente rischi” sull’erogazione della tranche ma qualche preoccupazione, sia in Europa che in Italia, c’è. E una conferma sembra arrivare dal presidente della Repubblica: citando De Gasperi, Sergio Mattarella ha rivolto oggi un pressante invito a “mettersi alla stanga” per realizzare il piano. Il tema economico contingente, per Meloni, va però di pari passo con la partita, appena iniziata, per la revisione del Patto di stabilità e crescita, che per l’Italia deve guardare più alla “crescita” e allo “sviluppo”, senza tornare a regole di austerity che sarebbero “tragiche”. Su questo, però, la partita è appena iniziata. L’idea della presidente del Consiglio è quella di creare un fronte dei Paesi del Sud, dando vita a un blocco in grado di contrastare la linea di austerity dei cosiddetti ‘frugali’. Di questo Meloni ha parlato con Macron, in un incontro di oltre un’ora e mezza che si è svolto ieri sera all’hotel Amigo, nel centro di Bruxelles, dove entrambi soggiornavano. Un faccia a faccia arrivato dopo mesi di gelo, causato dallo scontro a distanza sui migranti e le navi Ong e poi peggiorato dall’invito all’Eliseo del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky che aveva fatto infuriare la premier. L’incontro per Meloni è andato “bene” ed è emersa “voglia di collaborare” su alcune questioni strategiche, tra cui migranti e politica industriale. Proprio sul Patto di stabilità Meloni si dice convinta di poter contare su un “ampio allineamento” di Parigi, che invece ha il sostegno di Roma sul nucleare. La Francia, infatti, vuole che l’Ue inserisca l’atomo tra le tecnologie utilizzabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. “Indipententemente da quella che può essere poi la scelta italiana in tema di nucleare – ha detto Meloni – se le altre nazioni vogliono utilizzare una tecnologia che rispetta determinati target secondo me è giusto che lo possa fare”.
Sempre in tema di transizione green, resta aperta (e in salita) la partita sulla direttiva per lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Sia il vice presidente della Commissione Frans Timmermans che la presidente del Parlamento Roberta Metsola hanno detto, ieri, che la questione non può essere riaperta. La Germania sta trattando per ottenere una interpretazione che permetta l’uso di motori endotermici ma con i cosiddetti e-fuel, i carburanti sintetici, e probabilmente la otterrà. L’Italia vorrebbe lo stesso trattamento per i bio-carburanti e per Meloni “la partita non è affatto persa”. Con questo risultato la premier ha fatto rientro a Roma, dove la attende la preparazione di un importante Consiglio dei ministri martedì (all’ordine del giorno ci saranno, tra l’altro, un provvedimento contro il caro-benzina e il codice degli appalti) e la partita delle nomine nelle partecipate, che crea fibrillazioni tra gli alleati, in particolare con la Lega. “Non ci sono tensioni – cerca di smorzare – ci sono interlocuzioni a 360 gradi che guardano al merito delle persone e delle questioni”.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – L’Unione europea fa sentire la pressione sull’Italia per la ratifica del Mes ma Giorgia Meloni ancora frena. A rilanciare il tema dell’ok di Roma è stato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando questa mattina all’Eurosummit. “E’ importante che andiamo avanti con la piena ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità, per assicurare che il Fondo di risoluzione unico abbia il supporto che è stato già concordato che debba avere”, ha detto. Donohoe non ha citato l’Italia, ma il riferimento è chiaro dato che il nostro è l’unico Paese a non averlo ancora approvato.
Più tardi, a una domanda precisa, il numero uno dell’Eurogruppo ha sottolineato che “il modo in cui ciò accadrà spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”. Ma deve essere chiaro “il valore della ratifica del trattato nel suo complesso da parte di tutti i membri, perché giocherà un ruolo prezioso nel modo in cui potremo rafforzare la nostra collaborazione per tutti”. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, ha auspicato un completamento dell’iter “nel minor tempo possibile” anche se “la parte che è importante per situazioni come quelle che stiamo vivendo è stata già fatta, ed è quella che permette una supervisione comune e degli interventi sugli attori”. Un messaggio chiaro, da parte delle istituzioni Ue, che però Meloni non recepisce. Come già detto più volte nelle scorse settimane, infatti, per la presidente del Consiglio la ratifica è la fine e non l’inizio di un percorso. “Credo che la materia non vada discussa a monte ma vada discussa a valle e nel contesto nel quale opera”, ha detto oggi rispondendo a una domanda al termine dell’Eurosummit. In pratica, è il suo ragionamento, in un contesto mutato rispetto al passato (e anche con la tempesta iniziata sulle banche), prima occorre discutere della governance europea, dell’unione bancaria e solo dopo del Mes, che comunque considera uno strumento non efficace e a cui l’Italia non aderirà mai, finchè sarà al governo. Per lei ci sono altri strumenti “più efficaci”. Ad esempio – ha rilevato – stamattina abbiamo discusso dell’Unione bancaria e sul tema di un backstop”, una barriera di protezione, il Mes “è una sorta di Cassazione, il primo e il secondo grado sono l’Unione bancaria e le materie che sono state discusse questa mattina, quindi è un ragionamento del quale non si può discutere se non in un quadro complessivo”.
Tenendo presente però che l’iter per la modifica del Patto di stabilità e crescita andrà avanti a lungo (l’Italia, ma non solo, auspica che sia approvato entro il 2023) bisognerà vedere per quanto tempo Meloni riuscirà a evitare di portare in Parlamento la ratifica, dove la maggioranza rischierebbe perchè la Lega molto difficilmente darebbe il suo ok. Certo, tenere la pratica in sospeso può essere anche un mezzo per far pressione nella trattativa sulla governance, ma questo potrebbe rivelarsi anche un gioco rischioso, a maggior ragione in una fase di turbolenza sui mercati finanziari. “Sul Mes – attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova – arranca, cerca scuse inesistenti. L’Italia deve ratificare la riforma del Mes, nell’interesse di tutti i paesi dell’Euro a partire dal nostro. Siccome lo farà, la melina di Meloni non serve a nulla se non a perdere credibilità ed autorevolezza”. Per Enrico Borghi (Pd) “la premier viene iscritta d’ufficio al club dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e tornarono suonati. Prossima puntata di questa serie: il Mes. Questione di tempo”.
Roma, 24 mar. (askanews) – Torna alla ribalta un vecchio cavallo di battaglia di Fdi. Quello di cancellare il reato di tortura dal codice penale. La Pdl è stata presentato in commissione Giustizia della Camera nel novembre scorso e assegnata in sede referente il 24 gennaio e ancora non calendarizzata. Ma lo scontro riflette il clima incandescente tra maggioranza e opposizione, dalla maternità surrogata alle detenute madri.
L’obiettivo esplicitato nella proposta di legge è quello di tutelare gli agenti da “denunce e processi strumentali” da pene ritenute “spoporzionate rispetto ai reati che puniscono nel codice attualmente tali ci condotte”, per garantire “adeguatamente l’onorabilità e l’immagine delle Forze di polizia”. L’ordinamento penale italiano, tengono a sottolineare gli esponenti di Fdi, “contempla già una sufficiente ‘batteria di norme repressive’: percosse, lesioni personali, sequestro di persona, arresto illegale, indebita limitazione di libertà personale, abuso di autorità contro arrestati o detenuti, perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie, violenza privata, minacce, stato di incapacità procurato mediante violenza. Si tratta di fattispecie penali che, unite alla nuova aggravante, andrebbero a comporre un’adeguata costellazione punitiva”.
Il testo, infatti, di soli due articoli, introduce una nuova aggravante comune che darebbe attuazione agli obblighi internazionali discendenti dalla ratifica della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (Cat) ma nello stesso tempo prevede la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura (articoli 613-bis e 613-ter del codice penale). Secondo i deputati di Fratelli d’Italia la legge attuale (approvata nel 2017) porta ad una “incertezza applicativa” con il rischio della “pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica”. Gli appartenenti alla polizia penitenziaria “rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.
Insorgono le opposizioni. La capogruppo dei senatori Pd, Simona Malpezzi, definisce “agghiacciante” la proposta. “Meloni – scrive su twitter – dica qualcosa: il suo governo e la sua forza politica vogliono attaccare una norma in difesa dei diritti umani?”. Mentre la collega di partito, la vicepresidente di Palazzo Madama, Anna Rossomando, attacca la destra che fa un “disastro dietro l’altro” e chiede al “ministro Nordio da che parte sta”. Ivan Scalfarotto di Az-Iv, fa notare come il governo introduca “un nuovo reato con pene pesantissime per chi va a un rave party ed elimina invece il reato di tortura che punisce chi ‘agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia’”.
Riccardo Magi di +Europa, parla di schizofrezia dell’esecutivo (“da un lato annuncia di voler introdurre, incostituzionalmente, nuovi reati universali inventandoseli di sana pianta, come nel caso della Gpa; dall’altra, vuole l’abolizione di reati reali che danneggiano l’immagine del nostro Paese, come quelli commessi appunto dalle Forze dell’Ordine” e rilancia chiedendo l’introduzione dei codici indentificativi delle divise. “Mentre a Biella si consuma con 23 agenti sospesi dal servizio l’ennesimo caso di tortura nelle carceri italiane, Fratelli d’Italia, il partito della presidente del consiglio dei ministri propone una legge per abrogare il reato di tortura”, è il commento del vicepresidente dei deputati dell’Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi.
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – L’Unione europea fa sentire la pressione sull’Italia per la ratifica del Mes ma Giorgia Meloni ancora frena. A rilanciare il tema dell’ok di Roma è stato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando questa mattina all’Eurosummit. “E’ importante che andiamo avanti con la piena ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità, per assicurare che il Fondo di risoluzione unico abbia il supporto che è stato già concordato che debba avere”, ha detto. Donohoe non ha citato l’Italia, ma il riferimento è chiaro dato che il nostro è l’unico Paese a non averlo ancora approvato.
Più tardi, a una domanda precisa, il numero uno dell’Eurogruppo ha sottolineato che “il modo in cui ciò accadrà spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”. Ma deve essere chiaro “il valore della ratifica del trattato nel suo complesso da parte di tutti i membri, perché giocherà un ruolo prezioso nel modo in cui potremo rafforzare la nostra collaborazione per tutti”. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, ha auspicato un completamento dell’iter “nel minor tempo possibile” anche se “la parte che è importante per situazioni come quelle che stiamo vivendo è stata già fatta, ed è quella che permette una supervisione comune e degli interventi sugli attori”. Un messaggio chiaro, da parte delle istituzioni Ue, che però Meloni non recepisce. Come già detto più volte nelle scorse settimane, infatti, per la presidente del Consiglio la ratifica è la fine e non l’inizio di un percorso. “Credo che la materia non vada discussa a monte ma vada discussa a valle e nel contesto nel quale opera”, ha detto oggi rispondendo a una domanda al termine dell’Eurosummit. In pratica, è il suo ragionamento, in un contesto mutato rispetto al passato (e anche con la tempesta iniziata sulle banche), prima occorre discutere della governance europea, dell’unione bancaria e solo dopo del Mes, che comunque considera uno strumento non efficace e a cui l’Italia non aderirà mai, finchè sarà al governo. Per lei ci sono altri strumenti “più efficaci”. Ad esempio – ha rilevato – stamattina abbiamo discusso dell’Unione bancaria e sul tema di un backstop”, una barriera di protezione, il Mes “è una sorta di Cassazione, il primo e il secondo grado sono l’Unione bancaria e le materie che sono state discusse questa mattina, quindi è un ragionamento del quale non si può discutere se non in un quadro complessivo”. Tenendo presente però che l’iter per la modifica del Patto di stabilità e crescita andrà avanti a lungo (l’Italia, ma non solo, auspica che sia approvato entro il 2023) bisognerà vedere per quanto tempo Meloni riuscirà a evitare di portare in Parlamento la ratifica, dove la maggioranza rischierebbe perchè la Lega molto difficilmente darebbe il suo ok. Certo, tenere la pratica in sospeso può essere anche un mezzo per far pressione nella trattativa sulla governance, ma questo potrebbe rivelarsi anche un gioco rischioso, a maggior ragione in una fase di turbolenza sui mercati finanziari.
“Sul Mes – attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova – arranca, cerca scuse inesistenti. L’Italia deve ratificare la riforma del Mes, nell’interesse di tutti i paesi dell’Euro a partire dal nostro. Siccome lo farà, la melina di Meloni non serve a nulla se non a perdere credibilità ed autorevolezza”. Per Enrico Borghi (Pd) “la premier viene iscritta d’ufficio al club dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e tornarono suonati. Prossima puntata di questa serie: il Mes. Questione di tempo”.
Roma, 24 mar. (askanews) – Il primo anniversario delle Fosse Ardeatine sotto il governo Meloni è già oggetto di polemica. Con le opposizioni all’attacco della premier che nella dichiarazione fatta in occasione del 79esimo dall’eccidio nazifascista sottolinea che “furono uccisi solo perchè italiani”. Interviene perfino la cantante Ornella Vanoni a criticare Giorgia Meloni: “Non sono stati uccisi solo perché italiani, ma perché italiani ebrei e italiani partigiani. Forse la Meloni è un po’ confusa davanti a questa memoria.”, ha scritto su twitter.
E naturalmente la precisazione dell’Anpi: “certo, erano italiani, ma furono scelti in base a una selezione che colpiva gli antifascisti, i resistenti, gli oppositori politici, gli ebrei”. Questa mattina come di consueto è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dalle più alte cariche istituzionali, a rendere omaggio al Mausoleo delle Fosse Ardeatine dove il 24 marzo di 79 anni fa a Roma furono trucidati 335 tra civili e militari, dalle truppe di occupazione tedesche. L’azione fu una rappresaglia per l’attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei Gap romani. “Una delle pagine più brutali e vergognose della nostra storia”, ha detto il Presidente del Senato Ignazio La Russa. “Preservare la memoria di quella pagina orribile della nostra Storia significa anche richiamare le generazioni più giovani all’importanza di coltivare tutti i giorni i valori della libertà e della democrazia”, ha sottolineato il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.
“Una strage che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani”, ha detto la presidente del Consiglio. Le sue parole non sono piaciute alle opposizioni, Pd e M5s in testa, che subito sono partite all’attacco. “Non perché italiani ma perché partigiani, politici, ebrei, dissidenti – puntualizza Chiara Braga, probabile futura capogruppo dem alla Camera – insieme a tante donne e uomini liberi, uccisi per rappresaglia. La notte più buia della violenza nazifascista”. “La premier, come Fonzie, non riesce a pronunciare la parola antifascisti”, aggiunge Chiara Gribaudo. Per l’ex presidente della Camera ed esponente M5s, “è compito delle istituzioni e della politica tutta non essere omissivi, non indugiare sulle responsabilità e le complicità del fascismo. E non si può certo dire che le vittime delle Fosse Ardeatine furono uccise solo in quanto italiane. I 335 martiri furono uccisi perché antifascisti, oppositori politici o ebrei. La storia non può essere riscritta”. Per Nicola Fratoianni di Sinistra italiana quelle 335 persone furano trucidate “perchè erano italiani ed antifascisti, ebrei, partigiani. Un giorno o l’altro riuscirà a scrivere quella parola? ANTIFASCISTA”. “La presidente Meloni ha perso un’altra occasione per pacificare e pacificarsi -è la riflessione di Daniela Ruffino, deputata di Azione -. Gli rimane il 25 aprile, ma, ancora di più, il 2 giugno, che del 25 aprile fu il frutto più maturo e rigoglioso. Provi qualche volta a sostituire la Nazione con la Repubblica: scoprirà tutta un’altra storia”.
Ma la premier, che si trovava a Bruxelles per il consiglio europeo, mentre infuriava la polemica ha replicato serenamente: “Li ho definiti italiani, ma che vuol dire che gli antifascisti non sono italiani? Mi pare onnicomprensivo storicamente”. All’associazione nazionale dei partigiani non è sfuggito poi che nelle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza di centrodestra non si faccia mai cenno alla responsabilità del fascismo: “È doveroso aggiungere che la lista di una parte di coloro che, come ha affermato Giorgia Meloni, sono stati ‘barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste’, – ha spiegato Gianfranco Pagliarulo presidente dell’Anpi – è stata compilata con la complicità del questore Pietro Caruso, del ministro dell’Interno della Repubblica di Salò Guido Buffarini Guidi, del criminale di guerra Pietro Koch, tutti fascisti”.
Firenze, 24 mar. (askanews) – “Siete un’istituzione nata dal basso, per lo sviluppo, le cui radici sono antiche. Nel ringraziarvi del vostro impegno vi rivolgo l’invito che, in un contesto ben diverso, Alcide De Gasperi rivolse nel Dopoguerra, quando occorreva ricostruire l’Italia dalle macerie e insieme edificare un’autentica democrazia: è il momento per tutti, a partire dalla realizzazione del Pnrr, di mettersi alla stanga. Auguri di buon lavoro”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo alla prima conferenza nazionale delle Camere di Commercio dal titolo “Progettare il domani con coraggio” a Firenze.