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##Lazio al voto, centrodestra vede vittoria. Resa dei conti Pd-M5s

##Lazio al voto, centrodestra vede vittoria. Resa dei conti Pd-M5sRoma, 11 feb. (askanews) – La corsa è terminata. Domenica 12 e lunedì 13 febbraio nel Lazio si va al voto e, già nella serata di lunedì, si conoscerà il nuovo presidente della Regione. Tre i papabili per la fumata bianca: Donatella Bianchi per il Movimento 5 Stelle, Alessio D’Amato per il centrosinistra e Francesco Rocca per il centrodestra. A breve giro di orologio andranno in archivio gli anni della giunta di Nicola Zingaretti, l’uomo dei record di via Cristoforo Colombo. L’unico ad aver raggiunto la mèta di due consiliature consecutive: dieci anni non macchiati da scandali e da dimissioni costrette dagli eventi. Dieci anni alla guida di un territorio che l’esponente del Pd aveva ereditato da Renata Polverini e dal centrodestra, sul quale si agitava la mannaia della sanità commissariata. “Anni difficili”, così li ha sempre bollati Zingaretti, attraversati dalla pandemia che, anche grazie a un lavoro certosino della giunta e dell’assessorato alla Sanità, sono stati superati arginando gli effetti del Covid. E proprio l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, il frontman della crisi Coronavirus, potrebbe essere il prossimo presidente.
E’ stato lui il primo tra i candidati in corsa a scendere in campo a dicembre, forte e convinto di aver lavorato con profitto in questi anni. Una candidatura che è apparsa ad alcuni “strappata” al Pd, ottenuta anche con la complicità di Carlo Calenda e del Terzo Polo. I dem a lui probabilmente avrebbero preferito un candidato gradito al Movimento 5 Stelle, per continuare nell’esperimento del “campo largo” con il Lazio officina della giunta in condominio Pd-M5S, un tentativo fallito di matrimonio. La partita domani e lunedì si gioca anche su questo.
Un centrodestra coeso intorno a Francesco Rocca, avvocato ex presidente della Croce Rossa Internazionale, che vede vicina e possibile la conquista della Regione, e il centrosinistra che corre contro il Movimento 5 Stelle e prova a vincere, come accadde nel 2018. Questo turno elettorale offre un panorama diverso tra il Lazio e la Lombardia entrambe al voto. Nella prima regione Pd e 5 Stelle vanno separati con il Terzo Polo che appoggia D’Amato, in Lombardia invece Pd e M5S si presentano insieme, e il Terzo Polo va in solitaria con Letizia Moratti.
L’avvocato Conte da martedì tirerà le sue somme e, con lui, lo faranno Calenda e Renzi, mentre il Pd, col pensiero al nuovo segretario e le correnti che animano e agitano il partito, farà i conti col risultato delle urne. D’Amato è speranzoso e, ad ogni appuntamento elettorale che in questo periodo ha affrontato, ha caricato i suoi nel segno del “vincerò, perché io vincerò e vinceremo, proprio come accadde nel 2018 anche senza i 5 Stelle”. Dal canto suo la candidata M5s Donatella Bianchi sono settimane che difende l’addio al campo largo accusando il Pd di aver tradito l’anima ambientalista della sinistra con il termovalorizzatore di Roma, poco importa che si tratti di un’opera che rientra nei poteri di Roberto Gualtieri non in veste di sindaco ma di commissario straordinario di governo.
Intanto Francesco Rocca guarda al 14 febbraio, al suo possibile “San Valentino con la Regione”. E’ sicuro che potrà esser lui il nuovo presidente della Regione che oggi, dopo dieci anni di governo del centrosinistra, definisce “sorda alle voci dei territori, ferma e immobile, senza una visione di futuro”, non a caso il suo mantra è “Direzione futuro”.

##Lombardia misura l’effetto Meloni, variabili Moratti e astenuti

##Lombardia misura l’effetto Meloni, variabili Moratti e astenutiMilano, 11 feb. (askanews) – L’onda lunga che ha portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi si farà sentire anche in Lombardia, ma potrebbe avere l’effetto di uno tsunami. Se infatti FdI dovesse doppiare il risultato della Lega e ridimensionare ulteriormente Forza Italia come successo alle politiche di fine settembre, il rischio sarebbe quello di avere, sì, Attilio Fontana rafforzato dalla nuova investitura popolare, ma allo stesso tempo indebolito dalla mancata spinta del suo partito di riferimento e da una coalizione più sbilanciata verso Roma. Per questo la vera sfida delle elezioni regionali lombarde, anche in chiave nazionale e di governo, sembra soprattutto interna al centrodestra, prova di forza tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e la stessa Meloni.
Per il candidato di centrosinistra e M5s, Pierfrancesco Majorino, penalizzato in partenza dal fatto di avere alle spalle un Pd in piena stagione congressuale e con un segretario dimissionario, la parte finale delle corsa è stata paradossalmente in discesa, o almeno in piano. Tanto che negli ultimi giorni di campagna elettorale, con il traguardo ormai in vista, ha spinto l’acceleratore sul tema del cosiddetto voto utile: “È chiaro che la sfida è aperta, ed è tra me e Fontana, chi vuole il cambiamento non ha altra scelta” ha ripetuto come un mantra cercando di far convergere su di sè tutti gli insoddisfatti da 28 anni di governi regionali di centrodestra. Il suo risultato sarà anche un test importante per chi vuole a Roma un nuovo “campo largo”, cioè l’alleanza tra dem e pentastellati.
La vera mina vagante di queste elezioni regionali lombarde, oltre all’astensionismo che Berlusconi ha previsto possa affossare l’affluenza fino a un modestissimo 52% degli elettori, è però la presenza in campo di Letizia Moratti, già vice di Fontana fino a novembre, capace sulla carta di togliere consensi tanto al centrodestra quanto al centrosinistra e di rimanere sempre centrale nel confronto quotidiano della campagna elettorale. Una candidatura indubbiamente di peso, il cui risultato può rendere poco affidabile l’asticella del bipolarismo e confermare o meno l’ambizione esplicita del Terzo Polo per le elezioni europee del 2024, cioè quella di diventare il primo partito del Paese.
Quanto a Fontana ha esaltato fino all’ultimo l’unità del centrodestra e assicurato che non ci saranno problemi in caso di pesi ribaltati nel centrodestra. “Abbiamo passato cinque anni in cui c’erano altri rapporti di forza e abbiamo sempre operato senza alcun tipo di frizione. La nostra strategia è quella di parlarci, confrontarci, trovare la soluzione migliore. Nessuno di noi ha mai avuto la volontà di prevaricare gli altri. L’importante sono le idee, non sono i numeri” ha ribadito. Certo è che il partito di Meloni cercherà, in caso di vittoria, di ottenere la poltrona della vice presidenza e soprattutto quella dell’assessorato al Welfare, dalla quale passa un budget di oltre 23 miliardi di euro, pari all’80% del bilancio regionale.

Si vota in Lazio e Lombardia, oltre un quarto di italiani alle urne

Si vota in Lazio e Lombardia, oltre un quarto di italiani alle urne

Seggi aperti domenica dalle 7 alle 23. Lunedì fino alle 15

Roma, 11 feb. (askanews) – Sono oltre 13 milioni i cittadini di Lazio e Lombardia chiamati alle urne domenica e lunedì per il rinnovo dei governi regionali.
In Lombardia sono 8 milioni e 349mila gli elettori; nel Lazio gli aventi diritto sono invece 4 milioni e 815mila. In totale si tratta di oltre un quarto della popolazione italiana e degli aventi diritto al voto.
Nelle due regioni i seggi saranno aperti domenica dalle 7 alle 23, ma si vota anche lunedì fino alle 15. Poi inizierà lo spoglio.
Il risultato della consultazione, che eleggerà i nuovi presidenti e i Consigli regionali delle due più popolose regioni italiane, sarà anche il primo banco di prova del governo Meloni.
Il centrosinistra, che si presenta in coalizione con il Movimento 5 stelle in Lombardia, senza Terzo polo, e in coalizione con il Terzo polo, senza Movimento 5 stelle, nel Lazio, considera invece “aperta” la sfida nelle due regioni. Il centrodestra si presenta invece nella sua formulazione di governo al fianco dei propri candidati in entrambe le regioni.
In Lombardia la sfida è tra il governatore uscente Attilio Fontana, sostenuto dal centrodestra unito; il candidato del centrosinistra Pierfrancesco Majorino; la candidata del Terzo polo Letizia Moratti, ex vice di Fontana. In campo anche Mara Ghidorzi, la quarta sfidante, candidata di Unione popolare.
Nel Lazio è corsa a sei: Alessio D’Amato (centrosinistra), Francesco Rocca (centrodestra), Donatella Bianchi (M5S), Rosa Rinaldi (Unione Popolare), Fabrizio Pignalberi (Quarto Polo e Insieme per il Lazio) e Sonia Pecorilli (Partito Comunista Italiano).
La legge elettorale prevede l’elezione diretta sia del presidente di Regione sia del Consiglio regionale, in un’unica tornata, a suffragio diretto. Non è previsto il ballottaggio: vince chi prende più voti.

##Regionali in Lazio e Lombardia, oltre un quarto italiani al voto

##Regionali in Lazio e Lombardia, oltre un quarto italiani al votoMilano, 11 feb. (askanews) – Sono oltre 13 milioni i cittadini di Lazio e Lombardia chiamati alle urne, domenica 12 e lunedì 13 febbraio, per il rinnovo dei governi regionali. In Lombardia (9 milioni e 943mila abitanti) saranno chiamati a votare 8 milioni e 349mila elettori; in Lazio (5 milioni e 714mila abitanti), gli aventi diritto sono invece 4 milioni e 815mila. In totale si tratta di oltre un quarto della popolazione italiana e degli aventi diritto al voto.
Il risultato della consultazione, che eleggerà i nuovi presidenti e i Consigli regionali delle due più popolose regioni italiane, sarà letto anche come il primo banco di prova del governo dopo le elezioni politiche del 25 settembre scorso. Un significato politico, per questa tappa intermedia in vista delle elezioni europee del prossimo anno, che i leader del centrodestra hanno già attribuito: “La vittoria di domenica e lunedì avrà anche un riflesso nazionale, perché confermerà la vittoria della nostra maggioranza che dopo molti anni è arrivata alla guida del Paese con la signora Giorgia Meloni”, ha detto Silvio Berlusconi dal palco a Milano insieme agli altri leader della coalizione, in chiusura della campagna elettorale lombarda. Analoghe le dichiarazioni della premier: “Col voto di domenica e lunedì, dimostrate quale Italia è quella vera, cosa pensa davvero l’Italia”, ha detto Giorgia Meloni.
Il centrosinistra, che si presenta in coalizione con il Movimento 5 stelle in Lombardia, senza Terzo polo, e in coalizione con il Terzo polo, senza Movimento 5 stelle, nel Lazio, considera invece “aperta” la sfida nelle due regioni. Il centrodestra si presenta invece nella sua formulazione di governo al fianco dei propri candidati in entrambe le regioni.
In Lombardia “la sfida è tra me e Fontana”, ha ripetuto nelle ultime settimane il candidato del centrosinistra Pierfrancesco Majorino, chiedendo la fiducia agli elettori del Terzo Polo come voto “utile” per mandare a casa l’attuale presidente di Regione. Queste le coalizioni: Fontana conta su Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, oltre che della sua lista civica. Moratti è in lizza oltre che col sostegno del Terzo polo, anche con quello della sua lista civica; Majorino è appoggiato dal Pd, del M5s, dell’alleanza VerdiSinistra e Reti Civiche e della sua lista civica. Mara Ghidorzi, la quarta sfidante, è invece la candidata di Unione popolare.
Nel Lazio è corsa a sei: Alessio D’Amato (centrosinistra), Francesco Rocca (centrodestra), Donatella Bianchi (M5S), Rosa Rinaldi (Unione Popolare), Fabrizio Pignalberi (Quarto Polo e Insieme per il Lazio) e Sonia Pecorilli (Partito Comunista Italiano). A sostegno di D’Amato sette liste: Pd, Psi, Azione e Italia viva (Terzo polo), Demos, +Europa Radicali e Volt, Verdi sinistra e Possibile, Lista Civica D’Amato presidente. Con Rocca Fratelli D’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati e Rinascimento, Unione di Centro, e Lista Civica per Rocca Presidente. Donatella Bianchi è appoggiata dal Movimento 5 Stelle e dal Polo Progressista. Sonia Pecorilli è la candidata per il Partito Comunista Italiano. Fabrizio Pignalberi invece è sostenuto da Quarto Polo e Insieme per il Lazio. Rosa Rinaldi è candidata per Unione Popolare di Luigi De Magistris.
(segue)

##Regionali Lombardia, Pd unito fa quadrato intorno a Majorino

##Regionali Lombardia, Pd unito fa quadrato intorno a MajorinoMilano, 10 feb. (askanews) – Prima di chiudere nella “tana del lupo”, cioè la Varese della Lega e di Attilio Fontana, il candidato di centrosinistra e M5s alla presidenza della Lombardia, Pierfrancesco Majorino, ha dedicato le penultime ore di campagna elettorale a un evento a Milano con i quattro candidati alla segreteria del Pd. Sul palco del Teatro del Buratto, mentre Fontana è a Brescia con i cinque colleghi governatori leghisti, Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli hanno dato un segnale di unità e sottolineato l’importanza della partita lombarda, anche in chiave nazionale.
“In Lombardia siamo riusciti a costruire un’alleanza molto solida e sono convinta che possa fornire l’alternativa che ci serve, quindi sono a fianco di Majorino perché la sua capacità politica e amministrativa ha permesso di costruire una convergenza larga sui temi” ha detto Schlein. “Secondo me è un bel segnale che siamo giustamente e ovviamente tutti assieme” ha aggiunto Bonaccini. L’iniziativa è frutto di un’idea di Cuperlo, che si è detto “ottimista e fiducioso” perché “Pierfrancesco ha fatto una bellissima campagna elettorale, generosissima, partecipata”, mentre De Micheli confida “nella sensibilità dei lombarde e delle lombarde che, soprattutto negli anni della pandemia, hanno toccato con mano l’inadeguatezza delle giunte di destra”.
Majorino ha apprezzato il sostegno e attaccato Fontana sulla vicenda Calabria. “Tre mie parole sbagliate” non autorizzano la destra “a darmi lezioni” sulla lotta alle disuguaglianze nel Mezzogiorno perché “noi siamo quelli della condivisione, della solidarietà e dello sviluppo e voi siete quelli del primato della razza bianca. Fontana sei partito malissimo e hai mantenuto quella promesse” ha detto ricordando uno scivolone di cinque anni prima del candidato del centrodestra.
Quanto a Letizia Moratti, candidata civica e del Terzo Polo, Majorino si è detto “sicuro” del fatto “anche tanti elettori del Terzo Polo, facendo il voto disgiunto” ci aiuteranno perché “tanti di loro hanno la nostra stessa idea di una regione che finalmente cambi”.

##Lazio, ultimi appelli al voto, candidati tra promesse e certezze

##Lazio, ultimi appelli al voto, candidati tra promesse e certezzeRoma, 10 feb. (askanews) – E’ finita. Cala il sipario sulla campagna elettorale per le regionali del Lazio e, ad una manciata di ore dalla mezzanotte che suonerà “silenzio elettorale”, Donatella Bianchi per il Movimento 5 Stelle, Alessio D’Amato, candidato per il centrosinistra, e Francesco Rocca per il centrodestra, hanno sparato le ultime “cartucce” per convincere i laziali a votarli. Tutti nella convinzione di aver la ricetta giusta per la Regione Lazio.
“Chiedo il voto per ciò che rappresento, per quel che ho fatto nella vita e per quel che vorrei fare per questa regione. Chiedo un voto per la società civile che voglio rappresentare in pieno e per una nuova visione di politica che si basi sul progresso, sull’innovazione, su quell’idea di transizione che l’Europa ci ha trasferito con risorse importanti e questo è il momento di metterle a frutto”, ha spiegato oggi Donatella Bianchi. Lo dice da giorni incontrando i cittadini: “Sarò una presidente che vigilerà, sarò molto presente, sarò la presidente dei cittadini e mi auguro di poter portare un cambiamento nel segno dello slogan che io ho scelto, “un’aria nuova””.
Alessio D’Amato si è giocato la carta Covid. “Mi avete conosciuto soprattutto nel momento più buio per la nostra storia recente, l’emergenza sanitaria legata alla pandemia. Roma è stata la prima città in Europa ad avere a che fare sul proprio territorio con i casi covid e se qui non abbiamo visto le cene a cui abbiamo assistito in altre Capitali europee o a Bergamo, è perchè c’è stato un lavoro importante, una organizzazione importante, una catena corta di comando un metodo che io intendo riportare, una volta eletto, in tutti i settori della vita della nostra regione” ha sottolineato.
Se D’Amato offre questa ricetta, Francesco Rocca è convinto del fatto che “votare me vuol dire votare per avere una regione che si sappia prender cura dei cittadini, per l’attenzione ai più fragili, per una regione verde e per un’organizzazione dei servizi e sanitaria anche alla luce della mia esperienza sia nazionale che internazionale, per una regione del fare”. Per l’ex presidente della Croce Rossa “bisogna prendersi cura dei nostri cittadini, dare loro dignità, far ripartire la nostra economia, accompagnare le imprese nella transizione digitale ed energetica”.

Lombardia, Majorino: invertito racconto centrosinistra allo sbando

Lombardia, Majorino: invertito racconto centrosinistra allo sbandoMilano, 10 feb. (askanews) – “Siamo veramente alle battute finali, io corro e correremo, abbiamo fatto molto bene a metterci tutta questa passione ed energia perché abbiamo invertito quello che era il racconto di un centrosinistra, di un’alleanza totalmente allo sfascio, allo sbando, come due mesi fa appariva”. Lo ha detto il candidato di centrosinistra e Movimento Cinque Stelle alla presidenza della Regione Lombardia, Pierfrancesco Majorino, durante un incontro elettorale a Lecco.
“Sappiamo che è una sfida dura, ma sappiamo anche che è una sfida aperta e ci vogliamo provare con tutta la forza, tra l’altro avendo oggi l’opportunità e l’occasione di portare aria fresca, nuova, in una regione che ne ha proprio bisogno, forti delle nostre idee e del contributo di questa bella alleanza che abbiamo creato” ha aggiunto.
“Mancano poche ore alla fine della campagna elettorale, o meglio di quella fatta di azione pubblica, ed è giusto essere molto precisi essere su questo, ma il tamtam informale tra gli amici, tra i conoscenti, tra i cittadini, potrà continuare fino all’ultimo istante possibile” ha proseguito l’europarlamentare del Pd.
“Letizia Moratti non è in partita rispetto a chi arriva primo, dunque noi dobbiamo lavorare fino all’ultimo dialogando con i cittadini che hanno votato Terzo Polo e che, come noi, pensano che le cose debbano cambiare” ha concluso.

Meloni rivedica i risultati in Ue. E insiste: “Macron ha sbagliato”

Meloni rivedica i risultati in Ue. E insiste: “Macron ha sbagliato”

“Grandi passi avanti su migranti ed economia. Sostegno a Kiev”

Bruxelles, 10 feb. (askanews) – Giorgia Meloni rivendica la “vittoria” e il “protagonismo” dell’Italia, un “protagonismo” che emerge nei risultati del Consiglio europeo, ma anche nella postura assunta nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron per la scelta di invitare Volodymyr Zelensky all’Eliseo, insieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il giorno dopo la fine del summit, terminato a tarda notte, la presidente del Consiglio tiene una lunga conferenza stampa all’Europa Building, per dettagliare quanto ottenuto.
Su Macron, sollecitata dalle domande, smentisce che ci sia un “gelo”, ma ribadisce la sua convinzione che quell’invito alla vigilia del vertice di Bruxelles sia stato “politicamente sbagliato” perchè ha rischiato di “indebolire” l’immagine di unità europea a sostegno di Kiev. Per questo, se fosse stata invitata, assicura, “gli avrei sconsigliato” di farlo perchè “quando c’è qualcosa che non va devo dirlo. In passato per noi era sufficiente stare in una foto e pensavamo che questo definisse la nostra capacità di incidere, io dico che non è così”. Comunque, l’Italia non è “isolata” perchè a Parigi “c’erano due presidenti europei e non ce n’erano altri 25”. Proprio questo è il modello di Europa che l’Italia non vuole: “Chi pensa che l’Europa debba essere un club dove c’è chi conta di più e chi di meno sbaglia, vale la pena – ammonisce – ricordarsi del Titanic: quando la nave affonda non importa quanto hai pagato il biglietto”.
Per quanto riguarda il vertice, Meloni si dice “estremamente soddisfatta degli importantissimi passi avanti” fatti sia sul dossier economico che su quello dei migranti. Sul primo punto l’obiettivo di Roma era ottenere maggiore “flessibilità” sui fondi già in campo, e questo è previsto dalla dichiarazione conclusiva, mentre sul tema dell’allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato (su cui l’Italia era contraria) è stato deciso di “limitarli e renderli temporanei”. Niente da fare, ma questo era scontato già dalla vigilia per l’opposizione in primo luogo della Germania, sulla proposta di un Fondo sovrano europeo per finanziare gli investimenti. “Abbiamo chiesto che la Commissione faccia una proposta” ma “siamo consapevoli che richiede del tempo e noi non abbiamo tempo”, ha ammesso. Meloni ha anche sottolineato l’esigenza di legare la strategia economica di questa fase emergenziale alla riforma del Patto di stabilità e crescita che dovrà essere “più di crescita che di stabilità, a differenza di quanto è stato in passato”.
L’altro tema al centro dell’agenda, forse ancora più importante per il governo, era quello dei migranti. Su questo, per Meloni, è stato “ottenuto” un “cambio di passo evidente e totale”. Il punto centrale su cui gli sherpa italiani avevano lavorato nei giorni precedenti il vertice è stato inserito e per la premier certifica un cambio di “approccio” dell’Ue: “Quello delle migrazioni, si dice, è un problema europeo e ha bisogno di una risposta europea”. In questa ottica, è stato accolto il principio della “protezione delle frontiere esterne”. Principio che riguarda sia la rotta balcanica (con i Paesi coinvolti che hanno chiesto risorse per barriere e sistemi di controllo delle frontiere) che la rotta del Mediterraneo centrale, di cui è stata sottolineata la “specificità”. Cosa questo vuol dire nella pratica si vedrà nelle prossime settimane o mesi: sarà la Commissione a mettere su carta un piano, di cui si discuterà nuovamente al prossimo Consiglio in programma a fine marzo.
Meloni, rispondendo ai cronisti, è anche tornata sul colloquio avuto ieri con Zelensky, a cui ha ribadito (oltre alla volontà di andare a Kiev) il pieno sostegno dell’Italia e dell’Europa all’Ucraina “per tutto il tempo e con tutti gli strumenti necessari”. Questo vuol dire che il governo invierà, insieme alla Francia, i sistemi missilistici Samp-T che dovrebbero essere sbloccati “nei prossimi giorni”. E la premier non chiude la porta neanche all’invio dei caccia chiesti dal leader ucraino: “Dipende dalla comunità internazionale, noi ci siamo, ci siamo sempre stati e daremo una mano”. Questo perchè, conclude rivolgendosi a chi “soprattutto nell’opposizione” ma “anche nella maggioranza” afferma che il sostegno a Kiev può produrre un’escalation, “chi aiuta l’Ucraina sta lavorando per la pace mentre chi dice che l’Ucraina non va aiutata rischia di produrre l’esatto contrario, cioè una guerra che si propaga e non che si ferma”.

Monito di Mattarella nel Giorno del Ricordo: non va usato per lotta politica

Monito di Mattarella nel Giorno del Ricordo: non va usato per lotta politica

Inammissibili i tentativi di negazionismo. Unità nel ricordo

Roma, 10 feb. (askanews) – Non si devono usare le tragedie della storia italiana per la lotta politica contingente. Mentre da giorni infiamma il dibattito politico sulle foibe e sulla necessità, secondo la destra, di dare lo stesso risalto alle vittime del comunismo rispetto a quelle del fascismo (questa sera perfino Sanremo dedicherà uno spazio alle foibe), Sergio Mattarella nel suo discorso per il Giorno del Ricordo lancia un monito a non strumentalizzare certi eventi.
“Sulla comprensione storica dei fatti che oggi ricordiamo, si è fatta molta strada nella collaborazione – rileva il capo dello Stato -. Si tratta di rispettare le diverse sensibilità e i differenti punti di vista. Sapendo che la lezione della storia ci insegna a non ripetere errori e a non far rivivere tragedie – avverte Mattarella -, men che mai a utilizzarle come strumento di lotta politica contingente”.
Mattarella ha ricordato il valore della istituzione di questa giornata commemorativa perchè “ha avuto il merito di rimuovere definitivamente la cortina di indifferenza e, persino, di ostilità che, per troppi anni, ha avvolto le vicende legate alle violenze contro le popolazioni italiane vittime della repressione comunista”, dice. “Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e, in certi casi, persino negato”, aggiunge a conclusione della cerimonia che si è svolta al Quirinale e in diretta sulla Rai a cui hanno partecipato il Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati e il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani e gli studenti vincitori del concorso “10 febbraio – Amate Sponde. Ricostruire l’esistenza dopo l’esodo, tra rimpianto e forza d’animo”.
“Nessuno deve avere paura della verità. La verità rende liberi”, è l’altro messaggio che il Presidente vuole lanciare rimarcando che “le dittature – tutte le dittature – falsano la storia, manipolando la memoria, nel tentativo di imporre la verità di Stato”. E la verità è che tanti connazionali sono stati perseguitati per il solo fatto di essere italiani ecco perchè oggi è necessario rendere onore a quelle vittime e a quelle sofferenze. Ma “le sofferenze subite dai nostri esuli, dalle popolazioni di confine, non sono e non possono essere motivo di divisione nella nostra comunità nazionale. Al contrario devono rappresentare un richiamo di unità nel ricordo, nella solidarietà, nel sostegno”, avverte il capo dello Stato “ribadendo lo stupore e la condanna per inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo”.
Per quanto riguarda il presente Mattarella invita a non dimenticare le lezioni della storia che insegna che “il nazionalismo esasperato, fondato sulla repressione delle minoranze, sulle pretese di superiorità o di omogeneità di lingua e cultura, etnica o razziale, produce inevitabilmente una spirale di violenza e di guerra”. E ancora: “La storia ci ha insegnato che la differenza è ricchezza e non una malapianta da estirpare. Che i muri e i reticolati generano diffidenza, paura e conflitti – ha aggiunto il capo dello Stato -. Che le ideologie basate sulla negazione dei diritti individuali, in nome della superiorità dello Stato o di un partito, lungi dal risolvere le controversie, opprimono i cittadini e sfociano in gravissime tragedie. Che la prepotenza e l’uso della forza non producono mai pace e benessere, ma generano violenza e gravi ingiustizie”. Come dimostra purtroppo la vicenda Ucraina dove “l’insensata e tragica invasione russa dell’Ucraina” rappresenta “un inaccettabile tentativo di portare indietro le lancette della storia, cercando di ritornare in tempi oscuri, contrassegnati dalla logica del dominio della forza”.

Lazio, Bettini (Pd): è D’Amato che può sconfiggere Rocca

Lazio, Bettini (Pd): è D’Amato che può sconfiggere RoccaRoma, 10 feb. (askanews) – “Ora è il momento di raccoglierci tutti attorno alla candidatura di Alessio D’Amato. Sì, il mio appello è davvero a tutti gli elettori democratici”. Lo scrive Goffredo Bettini in un post su Facebook. “La destra al governo – spiega – sta dimostrando fragilità, soffre rispetto a limpida adesione valori antifascismo e Costituzione. Nel Lazio ha roccaforte, ma è stata sconfitta più volte. È momento di raccoglierci attorno a D’Amato, mio appello a tutti elettori democratici. Posta in gioco è davvero alta, ognuno deve assumersi proprie responsabilità democratiche”
Il voto per le regionali, sottolinea, “conterà molto sugli orientamenti della politica nazionale. La destra al governo sta dimostrando tutta la sua fragilità e tutta la sua incapacità di superare i vincoli del passato”. E’ vero che la destra “nel Lazio ha una sua roccaforte. Ma nel Lazio è stata già sconfitta più volte”.
Dunque, “è indispensabile, tale appello, non per gonfiare la boria di partito o per sottovalutare le qualità degli altri candidati, o per spirito di egemonia. Niente di tutto ciò: esso intende richiamare i cittadini ad un fatto oggettivo, che sono sicuro sia evidente a tutte le menti più illuminate. D’Amato, in tutti i sondaggi, è il candidato che davvero può competere e sconfiggere Rocca, il nostro avversario.
Second Bettini “a D’Amato, persona perbene, deve andare tutta la nostra passione di lotta, affinché possa prevalere contro il ritorno della destra, che nel corso dei decenni passati, quando ha governato, ha procurato danni e crisi istituzionali.In queste ultime ore, quelle che davvero contano, anche personalmente intensificherò il dialogo e i rapporti per convincere coloro che sono ancora incerti o che non intendono votare. La posta in gioco è alta. Ognuno, davvero, deve assumersi le proprie responsabilità democratiche”.