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Effetto Trump (e Ue) su politica italiana, destra divisa e sinistra frantumata

Effetto Trump (e Ue) su politica italiana, destra divisa e sinistra frantumataRoma, 14 mar. (askanews) – Le iniziative di Donald Trump e la risposta dell’Europa, a partire dal ReArm Europe, hanno terremotato la politica italiana, mostrando le divisioni della maggioranza, ma soprattutto frantumando l’opposizione.



Per quanto riguarda il centrodestra al governo, il voto del 12 marzo all’Europarlamento sulla risoluzione (non vincolante) sul progetto di difesa unica europea ha certificato che ci sono almeno due linee diverse. A favore si sono espressi tutti i deputati presenti di Fdi-Ecr (22 su 24) e gli eurodeputati italiani presenti del Ppe (otto su nove, sette di Fi e uno della Svp). Quelli della Lega (7 su 8) hanno votato tutti contro, insieme al gruppo dei Patrioti per l’Europa. Non è certo una notizia: ormai da settimane Matteo Salvini, vestiti i panni dell’ultra-trumpiano, spara ad alzo zero contro Ursula von der Leyen e il suo “ReArm”. Da ultimo per Meloni è stato un dito in un occhio il Consiglio federale del Carroccio convocato il 13 in concomitanza del Consiglio dei ministri. Al termine la Lega ha diffuso una nota in cui – tra l’altro – ribadisce che “l’Europa non ha bisogno di ulteriori debiti, di riarmo nucleare o di ulteriori cessioni di sovranità bensì di sostegno a famiglie, sanità e lavoro”. A margine della seduta del Cdm, la premier avrebbe avuto una discussione (“accesa” secondo alcuni, “franca” secondo altri più diplomatici) con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Palazzo Chigi e il Mef, congiuntamente, hanno smentito che ci siano “contrasti” assicurando che i due lavorano in “piena sintonia e con la massima condivisione sui vari dossier aperti, inclusa la difesa europea”. La tensione, però, è palpabile e destinata a salire da qui a martedì, quando Meloni è attesa in Senato per le consuete comunicazioni in vista del Consiglio europeo. In queste ore sono in corso continue consultazioni per arrivare a una risoluzione unitaria che sia “digeribile” da tutti. Perché sia così, nel suo intervento, la premier dovrà fare esercizio di equilibrismo: volerà alto, viene spiegato, ribadirà la critica al nome scelto “ReArm”, confermerà che le maggiori spese in difesa non andranno a scapito di sanità e servizi, ripeterà il suo “no” all’eventuale invio di truppe europee in Ucraina, si soffermerà sulle divisioni delle opposizioni. E quelle certo non mancano. A partire dal Pd. A Strasburgo la delegazione Dem, la più grande del gruppo S&D, si è letteralmente spaccata in due e la segretaria Elly Schlein, è riuscita a limitare i danni solo grazie al ‘soccorso’ degli indipendenti, superando di un voto la pattuglia ‘riformista’ guidata dal presidente (suo sfidante alle primarie) Stefano Bonaccini. Contro la linea di Schlein hanno votato a favore lo stesso Bonaccini, Decaro, Giorgio Gori, Gualmini, Lupo, Maran, Moretti, Picierno, Tinagli e Topo. Si sono astenuti invece Benifei, Corrado, Laureti, Nardella, Ricci, Ruotolo, Strada, Tarquinio, Zan, Zingaretti e Lucia Annunziata. Il piano ‘Rearm Eu’ va cambiato perché “all’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La posizione del Pd è e resta questa”, ha dichiarato la segretaria dopo il voto, non senza irritazione. Schlein sa che questa è la prima vera crisi da quando guida il Pd e che intorno alla sua leadership si aprono giochi difficili da gestire. Mentre qualcuno inizia a pronunciare la parola “congresso”, è lei stessa a chiedere un “chiarimento politico”, consapevole che il rischio maggiore è quello di farsi logorare, dall’interno, ma anche dall’esterno, dagli alleati o presunti tali.


Tra questi, l’Alleanza Verdi e Sinistra è contraria all’aumento delle spese per la difesa, ma è soprattutto il Movimento 5 Stelle ad approfittare delle difficoltà Dem. Nel giorno del voto il leader Giuseppe Conte e i parlamentari hanno manifestato di fronte all’Europarlamento e l’ex premier non esita ad attaccare Schlein: “L’astensione è la cosa più incomprensibile. Non è ammissibile in un momento così cruciale. Abbiamo visto un Pd che si è diviso, un partito in grande difficoltà”. “Viviamo una situazione strana, a livello internazionale e nazionale – commenta un parlamentare di lungo corso che vuol restare anonimo -. Trump sta terremotando il mondo, ogni giorno ci sono novità che destabilizzano il quadro e in Italia ormai ogni partito gioca per sé. Poi in generale il centrodestra al momento opportuno riesce a compattarsi, la sinistra si disgrega e questa è un’assicurazione per Meloni. Ma è una situazione così fluida e in qualche modo inedita che può succedere di tutto”.


Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli