
Migranti, come dovrà cambiare il Protocollo Italia-Albania
Migranti, come dovrà cambiare il Protocollo Italia-AlbaniaRoma, 14 mar. (askanews) – La Commissione europea ha presentato, l’11 marzo a Strasburgo, la sua attesa proposta di regolamento che mira a istituire un sistema comune per i rimpatri dei migranti irregolari che non hanno ottenuto un permesso d’asilo in uno Stato membro, e che quindi sono “soggiornanti illegalmente” nell’Ue.
La proposta include esplicitamente la possibilità di trasferire in “centri di rimpatrio” (“return hubs”) in paesi extra Ue questi migranti che si trovano in situazione illegale in uno Stato membro. Ma, come ha precisato in conferenza stampa a Strasburgo il commissario all’Immigrazione e Affari interni, Magnus Brunner, si tratta di una “nuova possibilità” che è “completamente diversa” sia dal “modello Ruanda”, che il governo britannico non è mai riuscito ad applicare per deportare i migranti irregolari nel paese africano, sia dal “modello Albania” che l’Italia ha tentato finora di applicare con poco successo e che “era destinato solo a richiedenti asilo”, mentre questa “soluzione innovativa” proposta dalla Commissione “si applica ai migranti a cui è stato rifiutato l’asilo o che hanno già avuto un ordine di espulsione”, ha puntualizzato Brunner. Comunque, ha aggiunto il commissario, “gli Stati membri ora potranno esplorare se è possibile o no negoziare accordi con certi paesi terzi” per stabilire eventuali “centri di rimpatrio” sul loro territorio, implicando che questo potrà farlo anche l’Italia con l’Albania, se modificherà il Protocollo tra i due paesi alle condizioni previste dal regolamento, una volta che sarà stato approvato dai co-legislatori europei.
Il 13 marzo, durante il briefing quotidiano per la stampa, il portavoce per la Giustizia e gli Affari interni della Commissione europea Markus Lammert ha fornito ulteriori precisazioni in risposta alle domande dei giornalisti: “Innanzitutto sugli hub di rimpatrio in generale, quello che stiamo facendo è creare lo spazio per gli Stati membri per esplorare nuove soluzioni per il rimpatrio di persone che non hanno diritto a rimanere nell’Ue. Ciò significa che creiamo il quadro giuridico e che stiamo definendo le condizioni minime per la creazione di centri di questo tipo. Dovranno essere limitati – ha detto il portavoce – alle persone che sono state soggette a decisioni di rimpatrio esecutive, ovvero che hanno già completato (negativamente, ndr) l’intero processo ed esaurito tutti i ricorsi” della procedura d’asilo, “e che non hanno alcun diritto legale a rimanere ancora nell’Ue”. Gli hub di rimpatrio “si baserebbero su un’intesa o un accordo internazionale dettagliato. E questo può accadere solo con paesi terzi che rispettino le norme internazionali sui diritti umani, incluso il principio di non respingimento”. Inoltre, ha continuato Lammert, “dovrebbe essere istituito anche un organismo o un meccanismo indipendente per monitorare l’applicazione dell’accordo o dell’intesa”. “L’accordo – ha aggiunto il portavoce – dovrà includere anche altre cose: le condizioni per rimanere nel centro rimpatri e cosa accadrà in seguito; che cosa accadrà in caso di violazioni dell’accordo; e l’esclusione dei minori non accompagnati e di famiglie con bambini”, che non potranno essere inviati negli hub. Quindi, “il regolamento prevede un organismo o meccanismo indipendente per monitorare l’applicazione dell’accordo o dell’intesa; ma non specifichiamo chi gestirà questo organismo. Specifichiamo che è una condizione, una precondizione per la conclusione di un accordo o di un’intesa” per la creazione degli hub di rimpatrio. Alla domanda se la Commissione fornirà ulteriori raccomandazioni su come uno Stato membro debba costituire l’organismo indipendente, il portavoce ha risposto: “Non ci sono ulteriori specificazioni rispetto a quelle contenute nel regolamento. Ma quello che posso dire è che qualsiasi accordo sarà ovviamente sottoposto al vaglio dei tribunali nazionali ed europei”, compresi dunque la Corte europea di Giustizia e la Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo. In ogni caso, ha precisato Lammert, “la Commissione dovrà essere consultata prima della conclusione” degli accordi. “E naturalmente, la Commissione ha un ruolo di guardiana del Trattato Ue”.
Il considerando 23 della proposta di regolamento stabilisce in particolare che “l’accordo o l’intesa dovrebbe stabilire le modalità di trasferimento” dei migranti, “le condizioni di soggiorno nel paese” in cui si trova il centro di rimpatrio, “le modalità in caso di rimpatrio successivo nel paese di origine, le conseguenze in caso di violazioni o di cambiamenti significativi che incidono negativamente sulla situazione nel paese terzo” e infine “un organismo o meccanismo di monitoraggio indipendente per valutare l’attuazione dell’accordo o dell’intesa. Tali accordi o intese costituiranno un’attuazione del diritto dell’Unione ai fini dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta” dei diritti fondamentali. Quest’ultimo elemento è importante perché conferma senza ombra di dubbio che il diritto comunitario, e il diritto nazionale derivato dal diritto comunitario, dovranno applicarsi agli accordi con i paesi terzi che ospiteranno gli hub di rimpatrio, anche se, ovviamente, il diritto comunitario non si applica sul loro territorio. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese