Cronache dalla Biennale, Uzbekistan tra arcaico e contemporaneo
Cronache dalla Biennale, Uzbekistan tra arcaico e contemporaneoVenezia, 24 mag. (askanews) – Un labirinto che idealmente unisce il tempo, la storia, i materiali. Il padiglione dell’Uzbekistan alla Biennale Architettura di Venezia è un viaggio che coinvolge diverse dimensioni e che in qualche modo decostruisce l’idea stessa della costruzione fin dal titolo: “Unbuild together”, qualcosa che suona come “smontare insieme”. In realtà è un’operazione al contrario che porta a nuovi ragionamenti e a nuovi modi di pensare.
“La nostra visione – ha detto ad askanews Gayane Umerova, direttore esecutivo della Art and Culture Development Foundation della Repubblica dell’Uzbekistan – è che si debba fare un lavoro collettivo e per questo abbiamo voluto coinvolgere artisti e architetti internazionali, ma insieme a loro anche studenti di architettura uzbeki. La nostra idea è di sostenere i nostri studenti per fare che possano diventare grandi architetti e possano cambiare l’idea delle città, guardando avanti, ma anche recuperando edifici antichi e tradizionali”. Al fianco degli studenti della Ajou University di Tashkent hanno infatti lavorato gli artisti dello Studio KO che dalle sedi di Parigi e Marrakech porta avanti da anni la valorizzazione della natura e delle culture esistenti. Per questo la nuova struttura proposta in Biennale unisce antichi mattoni veneziani a moderne lavorazioni in ceramica dell’Uzbekistan e dialoga con le antiche fortezze del Paese asiatico, rivisitate alla luce del presente.
“Insieme – ha aggiunto Olivier Marty, uno dei membri di Studio KO – abbiamo provato a immaginare la forma di un’architettura che permettesse di riscoprire lo spazio del padiglione attraverso gli occhi di questa struttura. Forse dobbiamo abbandonare delle idee preconcette, per esempio su cosa è moderno e su cosa è antico, cosa sono io e cosa non sono io. Dobbiamo deostruire queste idee e pensare che i legami possono essere diversi, a volte vanno molto indietro nel tempo, pur restando estremamente validi anche oggi”. L’obiettivo, insomma, era quello di dare vita a una architettura radicale e arcaica, dotata di una sensibilità che in ogni mattone vuole rivelare la sua unicità e il suo mistero.