Ricerca, un nuovo dispositivo indossabile che si autoalimenta
Ricerca, un nuovo dispositivo indossabile che si autoalimentaRoma, 20 set. (askanews) – Il boom vissuto dal mercato dei dispositivi elettronici portatili richiede urgentemente innovazioni nel campo delle fonti di energia necessarie ad alimentarli. Un’alternativa interessante può ora provenire dai cosiddetti generatori di energia che convertono una forma di energia come ad esempio l’energia meccanica generata da movimenti, vibrazioni o rotazioni in energia elettrica. Una pubblicazione sulla rivista scientifica “Advanced Materials Technologies” descrive un nuovo sviluppo di un nanogeneratore triboelettrico, una variante particolarmente interessante di questi convertitori di energia, ad opera di esperti nel campo dell’elettronica flessibile e della tecnologia dei sensori della Libera Università di Bolzano e di Eurac Research.
Sulla base di una tesi di dottorato del ricercatore Raheel Riaz, le équipe guidate dai proff. Luisa Petti e Paolo Lugli (unibz), nonché da Roberto Monsorno e Abraham Mejia Aguilar (Eurac Research) in collaborazione con il prof. S. Ravi P. Silva (Università del Surrey), hanno sviluppato un innovativo nanogeneratore triboelettrico con un’inedita struttura con creste. Il nanocomponente può essere utilizzato sia come sensore, che come generatore di energia: è cioè in grado di misurare i movimenti (senza bisogno di energia elettrica) o di generare energia a partire da essi. Grazie alla struttura a creste, – informa Unibz – questa nuova tecnologia è in grado di rilevare uno spettro molto più ampio di forze biomeccaniche rispetto alle tecnologie convenzionali, ossia di rilevare forze di ampiezza variabile: da molto bassa ad elevata. I team di ricerca coinvolti hanno creato un dispositivo in grado di autoalimentarsi e di registrare la frequenza respiratoria, la frequenza del polso e la distanza percorsa. Quali i vantaggi di tale dispositivo? Un processo di produzione semplice ed economico – basato sulla stampa e assemblaggio in laboratorio – e l’impiego di materiali flessibili e biocompatibili, come il silicone, un elastomero simile alla pelle artificiale e l’argento, che possono essere incorporati senza grandi difficoltà nei wearable e sono resistenti e dermocompatibili.
“I wearable autoalimentati sono di crescente interesse non solo per le applicazioni sportive, ma anche nel campo del monitoraggio digitale della salute – soprattutto in considerazione del crescente invecchiamento della nostra popolazione e della tendenza a misurare sempre più valori corporei in modo continuo e in tempo reale”, afferma la prof.ssa Luisa Petti, docente di Elettronica alla Facoltà di Ingegneria. Petti, che è anche direttrice del corso di laurea in Ingegneria Elettronica e Sistemi Ciber-Fisici, sostiene che al momento si assiste a una grande richiesta di sviluppo di sistemi intelligenti in grado di raccogliere ed elaborare i dati sul nostro stato di salute e, in conseguenza, di intraprendere azioni automatiche come avvisare i medici o dispensare farmaci. “Questi sistemi autonomi, in grado di raccogliere ed elaborare i dati e, sulla base di questi, di intraprendere azioni automatiche, sono chiamati anche sistemi ciber-fisici e sono interessanti non solo per la ricerca, ma anche per l’insegnamento”, spiega Petti. “Il nostro nuovo corso di laurea in Ingegneria elettronica e dei sistemi ciber-fisici alla Libera Università di Bolzano mira a formare una nuova generazione di ingegneri in grado di progettare, sviluppare e validare tali sistemi per un’ampia gamma di applicazioni, dai wearable per gli esseri umani a quelli per le piante”.