Ue, la scommessa (sbagliata) di Socialisti e Liberali contro Fitto
Ue, la scommessa (sbagliata) di Socialisti e Liberali contro FittoRoma, 6 dic. (askanews) – La nuova Commissione von der Leyen ha cominciato finalmente a lavorare, ma restano più forti che mai i dubbi sulla tenuta della “maggioranza europeista” (Ppe, S&D, Renew, spesso con l’appoggio dei Verdi) che aveva garantito all’esecutivo comunitario, negli ultimi cinque anni, la possibilità di portare a termine una serie impressionante di atti legislativi, soprattutto nell’ambito del Green Deal. Ma sono proprio i risultati di quello sforzo legislativo senza precedenti – se si esclude il periodo glorioso dell’unificazione del mercato comune e della costruzione della moneta unica sotto la guida di Jacques Delors – che ora vengono rimessi in questione dalla possibile maggioranza alternativa di destra che il Ppe sembra intenzionato a tenere in riserva, pronto a ricorrervi quando lo deciderà, per far passare, con il sostegno dell’estrema destra, direttive, regolamenti ed emendamenti inaccettabili per il centro-sinistra.
Dopo un primo tentativo, fallito grazie all’opposizione degli Stati membri, di modificare il regolamento già adottato contro la deforestazione, il Ppe ci riproverà a breve, con il regolamento che prevede entro il 2035 l’azzeramento delle emissioni di CO2 dagli autoveicoli immessi sul mercato. In questo caso, c’è già un numero consistente di Stati membri, con l’Italia in prima fila, che sollecita una vistosa retromarcia sugli obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni delle auto, a partire da quelli già fissati per il 2025. “Non possiamo inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica”, ripete spesso la premier. Giovedì 5 dicembre, Matteo Salvini, a Bruxelles per il Consiglio Trasporti dell’Ue, ha attaccato von der Leyen per aver proposto il “tutto elettrico dal 2035. Che è solo un enorme regalo alla Cina e un suicidio economico, ambientale, sociale e industriale” per l’Europa. “Chi continua a sostenere che bisogna mettere al bando i motori a benzina o diesel, o è ignorante, o è matto, o è al libro paga di qualcun altro che non vive in Europa. Non ci sono altre soluzioni”, ha detto ancora il leader della Lega, secondo cui von der Leyen nei suoi primi cinque anni di mandato “ha commesso un errore clamoroso, oggettivo, devastante, evidente”. Ma, ha aggiunto, “conto che nei prossimi cinque anni cambi verso. Il gruppo dei ‘Patrioti’ (la formazione di estrema destra al Parlamento europeo, di cui fa parte la Lega, ndr) sarà determinante per diverse votazioni e per molti dossier in Parlamento europeo, a differenza di quello che eravamo cinque anni fa”, ha concluso Salvini.
C’è da chiedersi se l’annunciato pacchetto legislativo del “Clean Industry Act”, che sarà presentato dalla nuova Commissione, più che una prosecuzione del Green Deal non possa configurarsi come un’occasione per rimettere mano a diverse parti della legislazione già adottata nella scorsa legislatura: come, appunto, le norme sulle emissioni delle auto, e poi magari anche il mercato dei permessi di emissioni (Ets) che è stato riformati e allargato a nuovi settori, nonché i nuovi “dazi climatici” (Cbam) all’importazione di energia, acciaio, prodotti chimici, cemento e fertilizzanti, che entreranno in vigore gradualmente a partire dal 2028. A parte il Green Deal, inoltre, è noto che la nuova Commissione presenterà nei prossimi mesi due nuove proposte legislative sull’immigrazione: una nuova “direttiva rimpatri”, e una lista comune dei “paesi terzi sicuri” in cui potranno essere deportati dall’Europa i migranti senza diritto d’asilo e in attesa di rimpatrio, e forse anche quelli che avrebbero diritto alla protezione internazionale nell’Ue. È altamente probabile che queste misure trovino una netta opposizione da parte del centro-sinistra nel Parlamento Europeo, e che passino alla fine con l’appoggio della “maggioranza Venezuela”, ovvero con un accordo tra il Ppe e i conservatori dell’Ecr di Giorgia Meloni, sostenuto dai due gruppi dell’estrema destra, Esn e “Patrioti”.
La seconda Commissione von der Leyen si troverà probabilmente a scendere a patti sulle normative europee con chi non crede all’integrazione europea e aspetta solo l’occasione giusta per smantellare l’Europa comunitaria e sostituirla con “l’Europa delle nazioni”, a legiferare sul Green Deal con l’appoggio di chi si oppone al Green Deal, e sull’immigrazione con chi non riconosce in pieno i diritti basilari degli immigrati e il diritto d’asilo. I veri europeisti, insomma, finiranno con il ritrovarsi all’opposizione della Commissione e in minoranza nelle altre istituzioni europee, in Parlamento e in Consiglio, dove i governi sono ormai sempre più di centro destra. Invece di costruire una coalizione basata su un programma di compromesso comune, von der Leyen ha assunto come proprio l’intero programma del Ppe, comprese le sue parti che gli altri membri della vecchia “maggioranza Ursula” non possono accettare. Come è stato possibile? Dove hanno sbagliato i gruppi del centro-sinistra, i Liberali di Renew, i Socialisti e Democratici, i Verdi? Avrebbero potuto chiedere a von der Leyen un impegno chiaro e preciso: quello di esercitare il potere della Commissione di ritirare le proprie proposte legislative se e quando dovessero essere approvate con il sostegno dell’estrema destra, con modifiche che ne comprometterebbero l’integrità, stravolgendone gli obiettivi. Ma nessuno di questi gruppi ha posto questa condizione alla presidente della Commissione, prima di eleggerla per il suo secondo mandato, a luglio, né al momento del voto di fiducia al nuovo esecutivo comunitario. I tre gruppi hanno preferito, invece, concentrarsi sulla richiesta di togliere la vicepresidenza esecutiva attribuita a Raffaele Fitto, come se quello fosse il problema, come se avere Fitto come semplice commissario fosse una garanzia sufficiente a scongiurare il ripetersi della “maggioranza Venezuela” durante il processo legislativo. Privare il commissario italiano del suo ruolo di vicepresidente non sarebbe bastato comunque, ma il centro-sinistra e i Verdi non hanno ottenuto nulla. di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese