Migranti, la storia della bambina scampata al naufragio parla all’Ue
Migranti, la storia della bambina scampata al naufragio parla all’UeRoma, 14 dic. (askanews) – Il silenzio di una bambina di 11 anni della Sierra Leone parla all’Europa, che dovrebbe ascoltarla. Yasmine è stata salvata – unica sopravvissuta – dopo il naufragio di un barcone con a bordo una quarantina di migranti al largo di Lampedusa. E’ stata raccolta, aggrappata a una camera d’aria che l’ha tenuta a galla, dall’equipaggio del Trotamar III. La nave di una di quelle Ong che il governo italiano chiama “taxi del mare”, quando non complici degli scafisti, e che ostacola in tutti i modi.
Tanto che – ad esempio – proprio ieri, 13 dicembre, la nave Geo Barents di Medici senza Frontiere ha annunciato il “ritiro” dal Mediterraneo a causa di “leggi assurde e insensate”. Tra queste il decreto Cutro, approvato dal governo in un Consiglio dei ministri svoltosi nella cittadina calabrese. Nel naufragio avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 morirono 94 persone. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si recò a rendere omaggio alle vittime; Giorgia Meloni decise altrimenti, organizzando un Cdm e una conferenza stampa che tutti ricorderanno. Mentre i ministri erano chiusi in riunione nel palazzo comunale, incontrammo uno dei primi soccorritori arrivati sul posto. Aveva gli occhi vitrei di stanchezza e dolore. “Ho iniziato a tirare su cadaveri di bambini dall’acqua prima che arrivassero i rinforzi. E’ stata una cosa disumana, che non dimenticherò mai. E si poteva evitare, sarebbe bastato far intervenire subito i soccorsi; ma non è stato fatto”, raccontò. Quello che invece, da allora, è stato fatto è creare in Europa un clima sempre più ostile verso i migranti. Meloni ha convinto Ursula von der Leyen e altri leader che quella delle migrazioni sia la priorità dell’Europa. Ed è iniziata una rincorsa alla ricerca di soluzioni sempre più drastiche, passate dai centri italiani in Albania ai progetti dei “centri di rimpatrio in paesi terzi sicuri”, alle “soluzioni innovative”, fino al “modello Ruanda”.
Una rincorsa che si è vista anche negli ultimi giorni, in Italia e in diversi altri paesi dell’Ue come Austria e Germania, riguardo a quanto sta accadendo in Siria. Di fronte a un Paese martoriato da un feroce dittatore (Assad), il cui governo è finito in mano a miliziani che non sembrano certo brillare per progressismo e rispetto dei diritti, la reazione d’istinto, quasi immediata, è stato la sospensione delle richieste di asilo dei profughi siriani, appena 204 (!) in Italia, nei primi 9 mesi del 2024 secondo Eurostat. Siamo di fronte a una politica estera “dettata dall’ossessione per i migranti”, come scrive David Carretta sul “Mattinale europeo”, che rischia di far naufragare il progetto europeo. Il neo commissario agli Affari interni e Immigrazione, l’austriaco Magnus Brunner, ha fornito alcuni chiarimenti, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio affari interni di giovedì 12 dicembre, sulla prossima attuazione del Patto migratorio dell’Ue e sulla legislazione ulteriore che la Commissione europea sta preparando riguardo ai rimpatri dei migranti a cui è stato negato l’asilo ( comprese disposizioni sulla loro eventuale deportazione nei cosiddetti “hub di rimpatrio” in paesi terzi sicuri), e alla definizione di una nuova lista comune europea dei paesi terzi sicuri (che oggi non esiste). “L’attuazione del Patto per l’immigrazione e l’asilo – ha detto Brunner – sarà un enorme traguardo per migliorare l’Unione europea, per assicurare che l’immigrazione sia gestita in modo fermo ma giusto. In questi giorni riceveremo i piani di attuazione nazionali del Patto da parte degli Stati membri, che analizzeremo attentamente per procedere in modo più rapido in certe aree”.
Ma il Patto non risolverà tutti i problemi. “C’è un compito – ha sottolineato il commissario – che non abbiamo ancora completato, quello sui rimpatri: nessuno comprende perché le persone che non hanno il diritto di restare nell’Unione europea non siano poi rimpatriate. La nuova legislazione sui rimpatri dovrà essere presentata rapidamente. Ci concentreremo su tre elementi: prima di tutto, decisioni più rapide sui rimpatri; in secondo luogo, gli obblighi di cooperazione per le persone che sono già state oggetto di decisioni di rimpatrio; e, terzo, il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni di rimpatrio. Ci stiamo lavorando, la legislazione – ha aggiunto Brunner – deve essere fatta il più presto possibile; speriamo di riuscirci entro il primo trimestre del prossimo anno. La consultazione è iniziata oggi, anche a livello politico”. Per quanto concerne i paesi terzi sicuri, “dovremo discuterne, non ci siamo ancora arrivati, siamo ancora lontani”, ha osservato Brunner. “Ne dobbiamo discutere dal mese prossimo, parallelamente alla legislazione sui rimpatri. Ci sono molte domande, ovviamente, su questo argomento; e penso che faccia parte delle ‘nuove soluzioni’, della discussione sulle soluzioni innovative”, che sono menzionate nelle conclusioni del Consiglio europeo di ottobre. “Avremo questa discussione fra tutti gli Stati membri e tra gli stati membri e la Commissione”.
“La legislazione sui rimpatri – ha precisato poi Brunner – è prevista per il primo trimestre del 2025. Riguardo alla lista dei paesi terzi sicuri, invece, parliamo del secondo trimestre del 2025, ovvero entro giugno 2025”. Quanto agli hub di rimpatrio, e alle dichiarazioni del ministro italiano dell’Interno, Matteo Piantedosi, secondo cui gli altri paesi Ue guarderebbero all’accordo Italia-Albania come modello da seguire, il commissario ha affermato: “Penso che dobbiamo ancora trovare un’intesa comune sui cosiddetti ‘hub di rimpatrio’. La mia interpretazione è che il loro campo di applicazione riguarderà solo le persone per cui è stata già emessa una decisione di rimpatrio. Questa – ha insistito – è la mia interpretazione”. In altre parole, al contrario di quanto aveva fatto capire Ursula von der Leyen con le sue dichiarazioni al termine del Consiglio europeo di ottobre, tra le “soluzioni innovative” che verranno proposte nella futura legislazione europea non sarà previsto il “modello Ruanda”, ovvero la possibilità di deportare in paesi terzi sicuri i migranti che avrebbero diritto all’asilo. Inoltre, ha aggiunto Brunner, “dovremo affrontare anche il coinvolgimento delle agenzie dell’Ue e delle organizzazioni internazionali, ed esaminare questo aspetto nei dettagli. E penso anche che dovremo costruire una base ancora più solida nella dimensione esterna della migrazione, poiché avremmo bisogno di partner, ovviamente, di paesi partner per rimpatriare le persone. Insomma, ci sono molti elementi a cui dobbiamo pensare, molte domande a cui dobbiamo rispondere. E poi, naturalmente, il rispetto dei diritti fondamentali, tra cui il principio di non respingimento, resta una precondizione”, ha concluso il commissario. Vale la pena di ricordare che il principio di non respingimento (“non refoulement”), sancito dall’art.33 della Convenzione di Ginevra, vieta l’allontanamento forzato di un migrante irregolare verso un paese in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate, indipendentemente dal fatto che abbia ottenuto o meno lo status di rifugiato, o che abbia formalizzato una richiesta d’asilo. Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli