
Arriva il “vero” modello Ue dei centri di rimpatrio nei paesi terzi
Arriva il “vero” modello Ue dei centri di rimpatrio nei paesi terziRoma, 8 mar. (askanews) – Martedì 11 marzo, a Strasburgo, la Commissione europea presenterà la sua attesa proposta legislativa sul rimpatrio dei migranti irregolari a cui è stata rifiutata la domanda di asilo in uno Stato membro dell’Ue. Lo ha confermato il 5 marzo scorso a Bruxelles il Commissario per gli Affari interni e le Migrazioni, Magnus Brunner, durante la conferenza stampa al termine di una riunione del Consiglio Giustizia dell’Ue.
Brunner ha aggiunto, ed è qui la notizia, che la Commissione presenterà presto, sebbene non ancora martedì ma comunque prima di giugno, anche la lista europea dei “paesi di origine sicuri” e la revisione dei criteri per la definizione dei “paesi terzi sicuri”, affinché possano esservi inviati i migranti in attesa di rimpatrio. Questa revisione del concetto di “paese terzo sicuro”, con la proposta, “se del caso, di eventuali modifiche mirate”, è prevista dal nuovo regolamento Ue sulla procedura d’asilo, che fa parte Patto sull’immigrazione approvato nel maggio 2024 e che entrerà in vigore dal giugno 2026, con una precisa scadenza “entro il 12 giugno 2025”. A quanto riferiscono altre fonti comunitarie, la proposta potrebbe arrivare già durante il mese di marzo.
Non si sa ancora, invece, quando sarà presentata la nuova lista che elencherà uno per uno i “paesi terzi sicuri”, sulla base dei nuovi criteri. Al contrario degli altri due casi menzionati, per la pubblicazione di quest’ultima lista la legislazione Ue in vigore non prevede alcuna scadenza, hanno puntualizzato le fonti. Riguardo al testo legislativo sui rimpatri che sarà presentato martedì, è pressoché certo che si tratterà di una proposta di regolamento invece che di una proposta di direttiva. La differenza sta nel fatto che il regolamento è applicabile direttamente e immediatamente negli Stati membri, mentre la direttiva deve essere recepita nell’ordinamento giuridico nazionale di ogni paese Ue con una legge specifica che garantisca il rispetto degli obiettivi indicati.
La legislazione sui rimpatri attualmente in vigore è basata su una direttiva del 2008, che si era cercato di aggiornare e modificare in modo mirato con un’altra proposta di direttiva presentata dalla Commissione nel 2018, per rispondere ai numerosi problemi che si sono verificati riguardo alla sua attuazione poco efficace, sia a causa di lacune nel testo, sia perché gli Stati membri non sempre l’hanno recepita correttamente (Belgio, Germania, Spagna e Grecia sono state oggetto di procedure comunitarie d’infrazione per questo), oppure l’hanno applicata un modo incoerente e non coordinato. Questa considerazione vale, in particolare per quanto riguarda quali cittadini, di quali paesi terzi debbano essere rimpatriati, le modalità di rimpatrio, il riconoscimento reciproco delle decisioni sulle domande d’asilo prese da ciascuna giurisdizione nazionale (ciò che consente il fenomeno dei “movimento secondari” dei migranti all’interno dell’Ue, con il tentativo di ripresentare in altri paesi la domanda d’asilo già respinta nel paese di primo arrivo). Inoltre, i dati mostrano che solo un migrante su quattro (o in certi anni su cinque) di quelli a cui è stata respinta la domanda d’asilo sono poi effettivamente rimpatriati; gli altri, restano sul territorio dell’Ue, spesso in condizioni di illegalità e di estrema precarietà.
La proposta di modifica del 2018, che prevedeva una “rifusione” della direttiva rimpatri, è rimasta bloccata dal giugno 2019 nei negoziati legislativi in Parlamento europeo. Inoltre, il Patto sull’immigrazione e l’asilo adottato a maggio 2024, ha introdotto una nuova procedura di “rimpatrio alla frontiera”, applicabile ai cittadini di paesi terzi a cui è stata respinta la domanda di asilo, e l’obbligo per gli Stati membri di emettere una decisione “comune o congiunta” per il rigetto di una domanda di asilo e il rimpatrio. Il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni dell’ottobre 2024, ha chiesto alla Commissione di sottoporre urgentemente una nuova proposta legislativa. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha risposto con l’annuncio del ritiro del testo del 2018, e della presentazione di un “nuovo approccio” sui rimpatri, previsto per il mese di marzo 2025. La nuova proposta di regolamento che sarà presentata l’11 marzo dovrebbe finalmente esplicitare le cosiddette “soluzioni innovative” di cui si parla ormai da un paio d’anni nel dibattito politico europeo sull’immigrazione, chiarendo il concetto e stabilendo la definizione dei “centri di rimpatri” (“return hubs”) in paesi terzi, nei quali poter inviare i migranti irregolari a cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale. E c’è da aspettarsi che non mancheranno le polemiche su questa “esternalizzazione” della gestione dei migranti irregolari e sulla loro “deportazione” al di fuori dell’Ue. “Non è accettabile che oggi nei paesi Ue solo uno su cinque migranti irregolari che dovrebbero essere rimpatriati lo siano poi effettivamente. In termini generali – ha affermato Brunner – quando a delle persone che non hanno il diritto di rimanere si permette di restare nell’Ue, l’intero sistema dell’asilo viene minato. Bisogna agire secondo le regole, altrimenti – ha avvertito – si rischia anche di erodere il sostegno pubblico per una società aperta e tollerante”. Il commissario ha poi anticipato che il nuovo regolamento sui rimpatri imporrà tra l’altro, obblighi precisi di cooperazione con le autorità competenti ai migranti in attesa di rimpatrio, con “conseguenze” previste nel caso in cui non rispettino questi obblighi; vi saranno poi regole più rigorose per le persone che rappresentano rischi per la sicurezza, una semplificazione delle procedure per i rimpatri, e infine un rafforzamento del riconoscimento reciproco tra i paesi Ue delle decisioni prese riguardo alle domande d’asilo. Infine, una considerazione sul protocollo Italia-Albania. E’ chiaro che non si tratta affatto di un “modello” precursore per la nuova legislazione Ue, ma di un caso fondamentalmente diverso di esternalizzazione, riguardante l’elaborazione extraterritoriale delle domande di asilo. Nei centri in Albania dovevano essere trasferiti i migranti irregolari adulti salvati in mare, fuori dalle acque territoriali italiane, per esaminare le loro richieste di asilo. Tuttavia, a causa di ripetute contestazioni nei tribunali italiani, il Protocollo non è mai stato attuato davvero. A differenza dei centri istituiti dal Protocollo in Albania, gli “hub di rimpatrio” definiti e previsti dalla nuova proposta della Commissione dovrebbero ospitare cittadini di paesi terzi che hanno già subito una decisione di rigetto della richiesta d’asilo e sono quindi in attesa di rimpatrio. Ma nulla vieta, ovviamente, di modificare il Protocollo e adattarlo al nuovo “modello europeo” che sarà presentato l’11 marzo a Strasburgo. Di Lorenzo Consoli e Alberto Ferrarese