Biennale Musica, strumenti che allargano lo spettro del suono
Biennale Musica, strumenti che allargano lo spettro del suonoVenezia, 27 ott. (askanews) – Strumenti musicali inediti che si attivano da soli per generare quello che viene definito un “magma” musicale, prima che sulla scena arrivino dei performer in grado di dare un ordine, o per lo meno uno struttura, all’indistinto di quei suoni per ampliare lo spazio della musica e le sue possibilità. È lo spettacolo “Machines inside me” che Fabio Machiavelli ha presentato alla Biennale Musica nell’ambito del progetto College.
“L’inizio – ha spiegato Machiavelli ad askanews – è sempre un’idea musicale che io ho, sono diverse idee che io sto sviluppando negli anni, che mi sono accorto non era possibile sviluppare pienamente con degli strumenti ordinari o quelli più comunemente conosciuti, e anziché cercare di modificare quegli strumenti, a un certo punto ho deciso che il miglior compromesso era quello di andarmi a costruire degli strumenti personali che potessero produrre i tipi di sonorità e il tipo di controllo sul suono che serviva per i miei brani”. Il risultato è uno spazio sonoro complesso, a tratti disturbante nella sua stranezza, ma il più delle volte capace di trasmettere l’idea che il suono esiste, fa parte del mondo che abitiamo, della sua chimica profonda, in un certo senso. Il punto è la sua gestione da parte del compositore.
“L’obiettivo – ha aggiunto Machiavelli – è poter andare a controllare il suono in modi che di solito non è possibile. Questo perché solitamente gli strumenti sono costruiti per suonare all’interno della scala di note che produce il pianoforte. Quando provi ad andare al di fuori di questo schema diventa un po’ complicato e quindi chiedi uno sforzo ai performer. Costruendo gli strumenti è possibile semplificare la produzione di quei suoni che non sono all’interno di quei range specifici, di quelle scale specifiche”. Questo fa, in senso più largo e quando funziona al meglio, la Biennale di Venezia come istituzione: avvicina concetti culturali, ma anche politici ovviamente, che normalmente sono fuori dallo spettro percepito, li rende presenti, li rende reali. Ecco, questa misura di realtà che si concede a suoni – ma vale per moltissimi altri ambiti – inconsueti è il patrimonio da difendere, la partita da giocare perché la cultura possa incidere davvero su ciò che sta fuori dalle sale concerto o dagli spazi espositivi.