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Indagine Cina su distillati Ue, Federvini: rischi per il settore

Indagine Cina su distillati Ue, Federvini: rischi per il settoreMilano, 11 gen. (askanews) – “Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una vera e propria ritorsione che rischia di colpire ingiustamente un settore estraneo ad una querelle di natura politica, supponiamo in parte legata all’indagine attivata dalla Ue sui veicoli elettrici cinesi. Non dimentichiamoci che il settore, in virtù della controversia Airbus-Boeing, ha subìto dazi ad valorem pesantissimi negli Stati Uniti per circa due anni dal 2019 al 2021. In uno scenario internazionale così incerto e delicato, segnato da conflitti, non è auspicabile intraprendere nuove guerre commerciali. Tra l’altro, non è la prima volta che la Cina colpisce duramente uno dei settori emblema del Made in Italy, circa 10 anni fa già il vino fu oggetto di un’indagine simile e grazie ad un intenso lavoro di diplomazia europea si riuscì a trovare una soluzione condivisa”. Così, la presidente di Federvini, Micaela Pallini, ha commentato l’indagine avviata dal ministero del Commercio della Repubblica Popolare cinese per verificare la sussistenza di pratiche di dumping commerciale riguardo l’importazione di distillati di vino di origine comunitaria.

Secondo Federvini, l’indagine sarebbe stata intrapresa “alla luce di sollecitazioni giunte dalla China Liquor Industry, l’associazione nazionale che rappresenta i produttori di spiriti che lamenta un danno all’industria locale”. “A seconda dei suoi esiti e delle decisioni che verranno prese dal governo cinese, potrebbe configurarsi per il settore italiano della produzione e commercializzazione di acquaviti, in particolare il Brandy, una nuova limitazione al commercio internazionale nonché un probabile innalzamento dei dazi all’importazione, già a partire da due mesi dall’avvio dell’indagine, presentata il 5 gennaio 2024” ha precisato l’associazione confindustriale dei produttori di vini, spiriti e aceti, auspicando che le istituzioni nazionali e comunitarie non facciano mancare il proprio supporto e che a livello diplomatico sia attivato un confronto costruttivo per scongiurare misure di ritorsione.

Campionato mondiale pizza dal 9 all’11 aprile al Palaverdi di Parma

Campionato mondiale pizza dal 9 all’11 aprile al Palaverdi di ParmaRoma, 11 gen. (askanews) – Riparte la voglia di pizza made in Italy dopo il periodo in chiaroscuro dovuto agli anni pandemici (2020 2021 2022) e al contesto legato alla ripartenza economica: i dati dell’anno 2023, al 31 dicembre, registrano che sono infatti nate 3.730 nuove attività con pizza, su un totale di 18.219 nuove attività di ristorazione (il 20% del totale). L’andamento economico di nuova vitalità, dopo il periodo del primo trimestre 2023 altalenante con una crescita nel numero delle nuove imprese della ristorazione pari al 9% a fronte di un parallelo aumento delle cessazioni (+15%), sembra certificare una normalizzazione della situazione determinatasi dal Covid con una enorme selezione e con un ricambio delle attività.

A fotografare un cambio di passo e un segnale di ripresa del settore è il 31° Campionato Mondiale della Pizza, la più importante manifestazione dedicata ai professionisti e organizzata a Parma dal 9 all’11 aprile presso il Palaverdi, collocato all’interno del Polo Fieristico di Parma (Viale delle Esposizioni 393/a). Alla nuova edizione del 2024, con iscrizioni già aperte dal 1° dicembre, sarà possibile aderire fino al 15 gennaio al prezzo scontato di 200 € Iva compresa, il prezzo poi varierà fino al 28 febbraio ad euro 230 per poi passare ai normali 250 € fino ad esaurimento dei posti. Al titolo di campione del mondo possono concorrere tutti i pizzaioli professionisti – intesi come titolari di una pizzeria o come persone che lavorino in pizzeria – che abbiano compiuto 16 anni di età. Per iscriversi è sufficiente registrarsi sul sito Web www.campionatomondialedellapizza.it e selezionare la competizione (o anche più gare) a cui si intende partecipare. La scorsa edizione del Campionato Mondiale della Pizza ha coinvolto 52 nazioni (Italia, Usa, Francia, Australia, Brasile, Thailandia, Messico, Canada, Germania, Gran Bretagna, Polonia, per citarne alcune), con 711 concorrenti.

Per l’edizione 2024, i pizzaioli iscritti al Campionato Mondiale della Pizza saranno chiamati a confrontarsi in gare di cottura (come ad esempio, Pizza classica, Pizza senza glutine, Pizza napoletana STG, Pizza in teglia, Pizza in pala, Triathlon, ovvero tre sfide individuali scelte tra le categorie precedenti). A queste si affiancano gare di abilità, quali Freestyle (una spettacolare esibizione acrobatica a ritmo di musica), Pizza più larga (ai concorrenti viene richiesto di allargare il più possibile una palla di 500 grammi di pasta), Pizza a due (chef e pizzaiolo lavorano in combinata per realizzare un piatto unico), Pizzaiolo più veloce (vince chi allarga più velocemente cinque dischi di pasta). Torna per il 31° Campionato Mondiale della Pizza anche il Trofeo Heinz Beck – I primi piatti in pizzeria: una gara unica e innovativa, sotto l’occhio severo e attento dello chef tri-stellato Michelin Heinz Beck, a Parma nella veste di giurato d’eccezione. A gareggiare sono i primi piatti di qualità, artigianali ed “espressi” creati dai cuochi delle pizzerie.

La competizione, che è occasione per sottolineare come negli anni i pizzaioli siamo diventati sempre più professionali e che la pizza ora, sia sinonimo, come merita, di ricerca e alta cucina declinata anche con alternative gluten free, vegetariane e vegane, prevede momenti di celebrazione approfondimento e formazione come il Premio speciale dedicato alla Sostenibilità – in collaborazione Agugiaro & Figna Molini e il Pizza World Forum. Non mancheranno dibattiti sul gluten free, sulle nuove tendenze e uno sul tema “Esistono differenze di genere in pizzeria e al ristorante?”.

Vino, a febbraio in Lombardia un corso di formazione su enoturismo

Vino, a febbraio in Lombardia un corso di formazione su enoturismoMilano, 11 gen. (askanews) – Per formare figure professionali in grado di cogliere tutte le potenzialità del settore dell’enoturismo, PSR e Innovazione Lombardia, in collaborazione con Coldiretti Lombardia e Movimento Turismo del Vino, organizza in febbraio un percorso formativo dedicato al turismo tematico del vino, rivolto a titolari, contitolari o coadiuvanti familiari delle aziende agricole iscritte al Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.

“Il corso è obbligatorio per l’iscrizione all’elenco degli Operatori Enoturistici della Lombardia” precisa Simona Giorcelli, responsabile formazione Coldiretti Lombardia, sottolineando che “si svolgerà in modalità e-learning ad eccezione dell’ultima lezione che prevede una visita in azienda, e affronterà le seguenti tematiche: normativa di riferimento, regole dell’accoglienza, marketing strategico e reti di territorio, pubbliche relazioni, didattica e scoperta del territorio, organizzazione e presentazione eventi in azienda”. “Grazie a cinque Docg, 21 Doc e 15 Igt, che fanno sì che in Lombardia circa il 90% della produzione sia di qualità – spiega la Coldiretti Lombardia – anche nella nostra regione il vino sta diventando sempre più una leva strategica per il turismo locale, tanto che insieme al cibo è il secondo asset su cui puntano gli operatori turistici, secondo una rilevazione di Regione”.

Per Meininger’s International il vino lattina è tra i trend del 2024

Per Meininger’s International il vino lattina è tra i trend del 2024Milano, 10 gen. (askanews) – Sono sette, secondo la giornalista australiana Felicity Carter, le tendenze che nel 2024 segneranno il mondo del vino. In un articolo pubblicato sulla testata specializzata tedesca “Meininger’s International”, Carter elenca temi già noti e “prezzati”, come la crescita dei bianchi a spese dei rossi, l’espansione del mercato dei vini a basso e a zero contenuto alcolico, e il costante incremento dell’enoturismo, ma anche trend meno scontati.

Il primo, è quello del vino in lattina, il “canned wine”. “Per attirare un nuovo pubblico, i produttori dovrebbero pensare al vino in lattina” suggerisce Carter, sottolineando che il mercato globale del vino “portatile” crescerà, secondo Grand View Research, del 12,3% fino al 2028, quando raggiungerà i 571,8 milioni di dollari”. La Carter porta come esempio “Maker Wine”, un marchio di vino in lattina fondato negli Stati Uniti nel 2019, che “ha realizzato ad oggi oltre 5 mln di dollari e lo scorso anno ha venduto oltre 350mila pezzi, diventando il primo rivenditore online di vino in lattina”. La storia del vino nel contenitore monodose in alluminio (considerato più pratico, più smart e più ecologico rispetto al vetro) è in realtà lunga, basti dire che nel nostro Paese già nei primi anni Ottanta ci lavorò con un certo successo e con un grande occhio al futuro la modenese Cantina Giacobazzi (celebre il suo “8 e mezzo”), poi seguita da altre aziende tuttora attive con diversi prodotti e siti che vendono rossi, bianchi, rosé e vini frizzanti con grafiche pensate soprattutto per i consumatori più giovani. La seconda tendenza “inaspettata” è quella che riguarda “la crescita sempre maggiore” dei cosiddetti “boundary-blurring wines” (letteralmente “vini che superano i confini”), come per esempio i vini aromatizzati e quelli fatti fermentare insieme con la frutta o le spezie. Ma anche i cosiddetti “bourbon barrel wine, i vini rossi fermentati in botti di bourbon, per conferire loro un fascino affumicato che possa convincere gli amanti del whisky a provarli”, che tanto successo hanno oramai da diversi anni soprattutto negli Stati Uniti.

Infine, tra i trend di quest’anno non può (giustamente) mancare il richiamo alla tendenza salutista che porta a consumare meno o a non consumare alcol che sta incidendo profondamente sul mercato. Per Carter si tratta del “problema numero uno che il mondo del vino deve affrontare in questo momento”, e a cui si può far fronte “solo promuovendo costantemente un consumo moderato, e aspettando: è probabile infatti che a breve le cose si complichino ma è anche vero che non è mai saggio scommettere contro qualcosa che ha ottomila anni. Se il vino è rimasto parte della civiltà per così tanto tempo, evidentemente ha qualcosa di profondo”. Foto: www.vinoinlattina.it

Doggy bag, Slow Food Italia: bene combattere lo spreco alimentare

Doggy bag, Slow Food Italia: bene combattere lo spreco alimentareMilano, 10 gen. (askanews) – “Come consumatrice, avere la possibilità di portare a casa gli avanzi è un atto di buon senso e di rispetto verso il cibo. Adottare un meccanismo che consenta la più ampia diffusione della ‘doggy bag’ negli esercizi pubblici, purché pensato in modo da non gravare sulle spalle dei ristoratori, è positivo, tuttavia insufficiente se pensato da solo. Lo spreco a tavola si combatte prima ancora di mettere le gambe sotto a un tavolo in un’osteria, in una pizzeria o in un ristorante. Lo si combatte attraverso l’educazione alimentare, comprendendo il valore del cibo, il modo in cui viene prodotto, confezionato, venduto e distribuito e scegliendo di conseguenza. Un impegno, quindi, che riguarda tutta la filiera, e che è possibile solo attuando interventi decisi a livello politico e gestionale”. Lo ha dichiarato la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini commentando il disegno di legge presentato dalla Lega per promuovere l’uso delle “doggy bag”, cioé la possibilità per i clienti di portare a casa il cibo che hanno avanzato al ristorante.

Un compito, quello di educare all’alimentazione, che secondo Slow Food tocca direttamente anche i ristoratori: “Valorizzando le filiere di approvvigionamento locali – ha precisato Nappini – promuovendo un consumo consapevole delle risorse, privilegiando ingredienti di stagione e preparazioni che esaltino la fantasia e l’estro in cucina nell’utilizzare anche ciò che comunemente è considerato scarto: dal quinto quarto alla carota non perfetta”. “Slow Food si batte da anni contro lo spreco alimentare” sottolinea l’associazione, parlando di “una vera e propria piaga sociale, economica e ambientale che, a livello globale, si traduce in un terzo del cibo prodotto che viene gettato via, in un contesto che vede un miliardo di persone soffrire la fame”.

Debutta sul mercato la Perrina, nuova clementina tardiva made in Italy

Debutta sul mercato la Perrina, nuova clementina tardiva made in ItalyRoma, 10 gen. (askanews) – Iniziata in Campania la prima raccolta della nuova varietà di clementine tardive made in Italy. Si chiama “Perrina” ed è frutto di una mutazione spontanea della clementina “comune”, individuata dall’agronomo calabrese Francesco Perri (da cui prende il nome) che ne è in termini tecnici il “costitutore” e sperimentata per decenni insieme all’istituto di ricerca pubblico CREA OFA. Matura dalla seconda metà di gennaio fino agli inizi di febbraio ed è nata dagli investimenti di Op Armonia, una delle principali aziende agrumicole italiane con sede e stabilimenti a Battipaglia (SA).

Nella campagna di raccolta 2023-24, la prima per questa varietà, sono previsti 80 mila kg di frutti che provengono dai 20 ettari di agrumeti di ultima generazione nelle campagne del salernitano, tra Eboli e Battipaglia. Si tratta dunque di una produzione limitata, che verrà commercializzata attraverso il marchio Dolce Clementina nella fascia premium e sarà in commercio nella Gdo italiana a partire da metà gennaio 2024. La Perrina colmerà il gap con le produzioni estere. “Questa varietà tardiva – spiega Marco Eleuteri, presidente di Op Armonia – colmerà il buco produttivo creato dall’obsolescenza varietale della clementina comune. Grazie al programma di miglioramento varietale della clementina italiana, sono stati realizzati dal 2017 ad oggi, centinaia di ibridi attualmente in osservazione nei nostri campi sperimentali, e c’è una buona probabilità di individuare qualche nuova varietà di clementine e mandarino-simili con caratteristiche qualitative superiori a quelle delle varietà presenti sul mercato, o quantomeno, con caratteristiche distintive rispetto alle attuali: si pensi alle nuove varietà di agrumi “easy pealer” a polpa pigmentata, verso i quali c’è un grandissimo interesse sul mercato agrumicolo internazionale”.

I maggiori competitors nel segmento delle clementine sono i paesi del bacino del Mediterraneo, primo tra tutti la Spagna, poi le produzioni del Nordafrica (Marocco ed Egitto), così come di Israele, Turchia e Grecia. L’Italia in questo segmento di produzione, negli ultimi 30 anni ha perso progressivamente rilevanza internazionale; dall’essere un esportatore netto di clementine/mandarini, nell’ultimo decennio è diventato importatore netto. “Proprio alla luce di questa debacle – sottolinea Eleuteri – assume ancora maggiore importanza l’attività di ricerca e innovazione, senza la quale sarebbe impensabile qualsiasi intento di rilancio del settore”. Negli ultimi tre anni la superficie in ettari di clementine è passata dai 25.696 ettari coltivati a 24.859 ettari (Fonte dati Istat) per una produzione stimata nel 2023 a 6.339.626 quintali, sostanzialmente stabile rispetto allo scorso anno, ma in calo rispetto ai precedenti.

Tra gli agrumi, quello delle clementine, rimane il segmento più interessante per richiesta di mercato, I cambiamenti climatici relativi agli ultimi anni hanno particolarmente destabilizzato le produzioni, con la campagna 2022-2023 che si è particolarmente contraddistinta per le basse rese produttive e per una stagionalità ridotta dettata da una breve shelf life (durata della vita del prodotto) degli stessi frutti. “La campagna in corso, 2023-2024, – spiega l’agronomo Francesco Perri – si protrarrà fino a fine gennaio è caratterizzata da un buon livello gustativo, ma in alcuni territori agrumicoli ha registrato un’alta percentuale di calibri ridotti dovuti alla persistente siccità e alle alte e anomale temperature da oltre sei mesi”. Attualmente il 90% circa della produzione clementicola italiana è rappresentato dalla varietà “comune”, una varietà antica, che purtroppo negli ultimi anni ha presentato criticità produttive crescenti, evidenziando chiari segnali di obsolescenza dovuti principalmente al cambio climatico in atto. Se, infatti, fino ad una decina di anni fa, anche attraverso l’aiuto di pratiche agronomiche, tale varietà poteva essere raccolta e distribuita lungo un arco temporale di circa 3 mesi (novembre-gennaio), negli ultimi anni tale periodo si è andato progressivamente accorciando riducendosi progressivamente a 6/7 settimane (ultimo triennio), con una conseguente maggiore concentrazione della produzione in un periodo più limitato di tempo, con gravi conseguenze sia in termini di quotazioni commerciali, sia in termini di attrattività dell’offerta commerciale, che ha mostrato la necessità di nuove varietà in gdo di coprire il periodo lasciato scoperto dalla varietà comune (dalla seconda metà di dicembre alla fine di gennaio).

Commissione Ue: vini Terre Abruzzesi-Terre d’Abruzzo nel registro Igp

Commissione Ue: vini Terre Abruzzesi-Terre d’Abruzzo nel registro IgpMilano, 10 gen. (askanews) – La Commissione europea ha annunciato di aver approvato il 10 gennaio l’inserimento nel registro delle Indicazioni geografiche protette (Igp) dei vini abruzzesi “Terre Abruzzesi/Terre d’Abruzzo”.

L’indicazione “Terre Abruzzesi/Terre d’Abruzzo” comprende categorie di vino, vino frizzante e vino ottenuto da uve appassite. La Commissione precisa che “le caratteristiche di questi vini sono determinate principalmente dalle particolari condizioni pedo-climatiche della zona di produzione, caratterizzata da colline ampie e soleggiate, nonché alla presenza del mare Adriatico a Est e dei massicci del Gran Sasso a nord-ovest e della Maiella a Sud-Ovest, che favorisce la formazione di significativi movimenti d’aria”. “Il clima temperato, i terreni ben drenanti ma con buona disponibilità idrica, le marcate escursioni termiche notte/giorno durante la fase di maturazione delle uve, garantiscono un’eccellente maturazione dei grappoli” continua la Commissione, ricordando che “queste condizioni sono ottimali per la sanità delle uve nonché per l’accumulo di sostanze aromatiche nei grappoli, dando origine a vini dai profumi intensi e caratterizzati”.

Gdo, Lusetti: per listini prezzi 2024 pane e pasta in calo

Gdo, Lusetti: per listini prezzi 2024 pane e pasta in caloMilano, 10 gen. (askanews) – L’industria di marca si sta muovendo in ordine sparso nella trattativa per il rinnovo dei prezzi nella grande distribuzione per il 2024. Alcuni produttori, dopo il calo complessivo a volumi del 2% dello scorso anno, sono disponibili a trattare su una riduzione dei prezzi e tra questi per ora ci sono sicuramente pasta e pane. A tracciare il quadro è il presidente dell’Associazione distribuzione moderna e di Conad, Mauro Lusetti, in occasione della conferenza stampa in vista dell’apertura della fiera Marca a Bologna il prossimo 16 gennaio.

“In avvio di questa campagna di negoziazione dei listini su prodotti molto importanti come i derivati del grano, pane e pasta, si sta registrando un decremento, su altri vedremo”, ha detto Lusetti spiegando che “quest’anno l’avvio della negoziazione è a macchia di leopardo. Abbiamo imprese che si stanno avvicinando con un atteggiamento di grandissima disponibilità anche perchè un calo del 2% in termini di volumi venduti è un campanello d’allarme soprattutto per chi oggi produce. Noi abbiamo attenuato il colpo con la marca del distributore e le politiche di attenzione verso il consumatore, chi produce si è trovato il 2% in meno. Al di là di questo registriamo un atteggiamento molto diversificato: molti produttori vengono con disponibilità a discutere altri un po’ meno”. La questione dei listini prezzi è finita nei giorni scorsi al centro delle cronache per la rottura delle trattative tra Carrefour e Pepsi, i cui prodotti non ci saranno sugli scaffali della catena francese “per un inaccettabile aumento dei prezzi”. A tal proposito Lusetti ha ricordato che “il caso ha avuto molto clamore ma nel mercato italiano in passato abbiamo avuto esempi simili. C’è stato un distributore che fece una battaglia con la Coca Cola oppure c’è stata la battaglia sulle merendine. Ci sta nella negoziazione che si arrivi a un punto che distributore e produttore arrivino ai ferri corti. E’ una forma di regolazione dei rapporti”.

In questo quadro, talvolta segnato da tensioni tra la grande distribuzione e l’industria nella negoziazione dei prezzi, “la marca del distributore è uno spazio di libertà per noi distributori attraverso il quale possiamo sicuramente aumentare la nostra capacità di negoziazione rispetto all’industria di marca” ha osservato Lusetti che a più riprese ha parlato della necessità di rivedere i rapporti con l’industria. Tuttavia, sostiene, “questo è quello che ci preoccupa meno. Quello che ci preoccupa di più è costruire assortimenti che rispondano meglio ai bisogni dei consumatori, di governare una parte della nostra offerta, dei prodotti che sono sullo scaffale per rispondere meglio a una evoluzione dei bisogni del consumatore che è rapidissima. Questo ci consente di non essere al traino di offerte di altri ma di governare una parte di queste in quella direzione”.

Vino, il 13 e 14 gennaio a Roma torna “Nebbiolo nel cuore”

Vino, il 13 e 14 gennaio a Roma torna “Nebbiolo nel cuore”Milano, 10 gen. (askanews) – Sabato 13 e domenica14 gennaio al Grand Hotel Palatino di Roma si terrà la decima edizione di “Nebbiolo nel cuore”, manifestazione dedicata alle molteplici declinazioni del vino figlio del celebre vitigno a bacca nera autoctono del Piemonte e alle sue terre di elezione.

Attraverso banchi di assaggio, seminari, laboratori e masterclass dedicate sarà possibile scoprire il potenziale delle nuove annate e le peculiarità delle diverse espressioni territoriali: da Roero a Barbaresco e Barolo; da Gattinara e Ghemme a Boca e Lessona; da Bramaterra e Fara a Sizzano, alle Valli Ossolane; dalle Colline Novaresi alle Coste della Sesia, passando per Monferrato, Carema e Canavese. Ma anche la produzione della Valle D’Aosta, della Valtellina e persino della Sardegna e, quest’anno per la prima volta sarà presente anche un’azienda della Serbia. Tre le masterclass annunciate per l’edizione del decennale: “L’insostenibile leggerezza dell’essere. Il riflesso del terroir nei vini di Mascarello Mauro” (13 gennaio alle 15); “L’Erbaluce. Degustazione comparata di un vitigno unico che racconta i diversi territori del Nord Piemonte” (13 gennaio alle 17.30); “Il Nebbione. Bollicine VS Nebbiolo. Dallo stesso grappolo grandi vini rossi e spumanti di qualità” (14 gennaio alle 17.30).

Nel corso della due giorni di quest’anno, l’organizzatrice dell’evento, Riserva Grande (delegazione romana della Scuola europea per sommelier), presenterà l’app per smartphone dedicata al Nebbiolo. Una guida virtuale e interattiva strettamente legata alla manifestazione, i cui contenuti e collegamenti esterni ne estenderanno costantemente le opportunità di utilizzo.

Vino, da Regione Liguria ok a modifica Disciplinare Dop Rossese

Vino, da Regione Liguria ok a modifica Disciplinare Dop RosseseMilano, 10 gen. (askanews) – La Regione Liguria ha espresso parere favorevole alla modifica del Disciplinare di produzione dei vini a Dop Rossese di Dolceacqua o Rossese. Lo ha reso noto la stessa Regione, spiegando che il via libero è stato trasmesso al Masaf.

“L’ok della Regione arriva a coronamento di un lungo lavoro dell’Associazione di promozione del Rossese di Dolceacqua, dei Comuni, delle associazioni di categoria, dei produttori, del Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (CeRSAA), dell’Enoteca Regionale della Liguria e dei nostri uffici, per valorizzare sempre di più la DOP e garantire la promozione del vitigno” ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessandro Piana, aggiungendo che “sono state ulteriormente dettagliate, tramite una precisa mappatura catastale, le Unità geografiche aggiuntive (Uga)”. “Queste Uga corrispondono ad uno specifico luogo di produzione in cui clima, il suolo e altri fattori naturali regalano caratteristiche uniche alle uve e quindi al vino” ha precisato Piana, sottolineando che “il ritorno è duplice: da un lato riportare le Uga di produzione in etichetta amplifica l’importanza del territorio e distingue ulteriormente il produttore, dall’altro il consumatore ha uno strumento ulteriore per verificare la tracciabilità del vino”.

“Il completamento dell’iter e il radicamento sul territorio delle modifiche – ha concluso l’assessore – sosterranno ancor di più una produzione identitaria del Ponente, come quella del Rossese, determinante sia sotto il profilo qualitativo sia per storicità e tradizione”.