150 anni di Heineken: 25 mln birre al giorno e il puntuale errore nel nomeMilano, 6 lug. (askanews) – Ogni giorno vengono servite 25 milioni di birre Heineken in 190 Paesi del mondo. Un brand arrivato in Italia nel 1974, dove in quasi 50 anni è diventato il primo produttore di birra. Ma la sua storia inizia ben prima, esattamente 150 anni fa. Ora per festeggiare questo traguardo il brand della birra olandese ha deciso di lanciare una campagna che punta sulla convivialità ma anche su quel diffuso “mispelling”, l’errore ortografico che insidia chiunque debba scrivere o pronunciare il suo nome. In giro per il mondo le storpiature del marchio sono diverse: si va da Ainechen, il più usato nel nostro Paese e mal pronunciato (senza H), a Verdinha (Brasile), da Jeineken (Messico) a Biertje (Paesi bassi), fino a Heineking, Heini o semplicemente “The Green One”. Ora questi refusi diventano protagonisti delle etichette di una serie di bottiglie in edizione limitata creata per festeggiare i 150 anni.
Del resto come ricorda la campagna questi 150 anni di bei momenti vanno festeggiati “in un modo o nell’altro”. Ma da dove provengono questi bei momenti? Secondo una recente survey mondiale realizzata dalla Goldsmith University, per l’87% derivano dallo stare insieme alle persone più care, ma anche da situazioni inaspettate (88%). In particolare per gli italiani, secondo una indagine Astraricerche, vivere bei momenti significa soprattutto “godersi pienamente i piccoli piaceri della vita” (34,6%), essere in situazioni che rafforzano i legami con gli altri e senso di appartenenza (25,5%) e passare un momento piacevole con gli amici (25%). I bei momenti poi coincidono con eventi particolari della vita: i 18 anni, il diploma di scuola superiore e la vittoria della nazionale italiana di calcio. Di questi la maggioranza è legata alla birra. L’86% degli italiani, infatti, sceglie di festeggiare questi traguardi con una birra in mano. Nello specifico tra i momenti più indicati svettano i 18 anni (36,8%), ma anche la vittoria della nazionale italiana di calcio (28,7%), seguita dal diploma di scuola superiore (27,6%), e dall’aver superato un esame difficile all’università (27,4%). Seguono il traguardo di carriera (26,1%) e la laurea (24,2% – come la vittoria della propria squadra del cuore). Uno su cinque (20,6%) sceglie invece l’addio al nubilato/celibato.
Ma se quasi 9 su 10 festeggiano con una birra in mano, il 70,5% scelgono o sceglierebbero una Heineken. In particolare, il 40% lo farebbe soprattutto in occasione di una vittoria sportiva e il 32,9% in occasioni personali, in testa il compleanno. A prescindere dall’occasione, la birra In Italia è da sempre legata alla socialità e otto italiani su 10 lo confermano. Ma anche alla convivialità: per il 48% degli italiani è la bevanda socializzante per eccellenza, molto più del caffè (14%), del vino rosso (10%), dello spumante (8%) e del vino bianco (5%) (fonte Doxa 2020).
Vino, Montelvini brinda a +10% di vendite nel primo semestre 2023Milano, 5 lug. (askanews) – “Dopo gli ottimi risultati del 2022, con il raggiungimento dei 31 milioni di euro di fatturato complessivo e oltre 7,3 milioni di bottiglie commercializzate abbiamo ottenuto un’ulteriore crescita del 10% nei primi sei mesi di quest’anno, trainati da mercati ‘tradizionali’, come Stati Uniti e Germania, ma anche da un forte incremento nei Paesi dell’Est Europa e del Far East Asiatico”. Lo ha detto Alberto Serena, Ad della Cantina trevigiana Montelvini, annunciando anche la nomina del 42enne manager Alessandro Guerini come nuovo Direttore commerciale.
Il risultato economico, secondo Serena “è decisamente incoraggiante in un momento congiunturale complesso sia per il mercato domestico, dove si intravedono segnali di rallentamento dei consumi dovuti all’inflazione, che per le esportazioni di vino italiano all’estero, con Uiv-Ismea che registrano volumi piatti (+0,1%) ed un modesto incremento del fatturato nel primo trimestre (+3,8%)” ha ricordato il manager, aggiugendo che la strategia dell’azienda con sede nel cuore della Docg Asolo Montello, rimane quella di crescere nel posizionamento, affermare il brand, migliorare la qualità della distribuzione ed essere gli ambasciatori dell’Asolo Prosecco Superiore Docg. “Abbiamo presentato ad Alessandro Guerini il piano strategico della nostra azienda per i prossimi 4 anni, che prevede di raggiungere entro il 2026 i 50 milioni di fatturato”, ha spiegato la direttore generale di Montelvini, Sarah Serena, evidenziado che “continueremo a perseguire il progetto per imporci come cantina premium”, dopo gli investimenti in struttura (5 mln di euro negli ultimi due anni), la certificazione di sostenibilità ed il progetto ‘Asolo Experience’, che coinvolge locali top in Italia e presto all’estero.
“Puntiamo ad uno sviluppo che non perda di vista la nostra storia e che miri ad accrescere ulteriormente il valore del marchio Montelvini” ha affermato Guerini, sottolineando che “la nostra principale mission è quella di guidare l’Asolo Superiore in cima alla piramide qualitativa del mondo Prosecco, con un lavoro che deve partire dall’home area per svilupparsi sui mercati esteri e che auspichiamo possa essere obiettivo condiviso da tutto il territorio”. Alessandro Guerini ha maturato oltre quindici anni di esperienza tra Casa Vinicola Zonin Spa (arrivando a ricoprire l’incarico di Regional Manager Overseas) e poi in Santa Margherita Spa dove, dal 2020, ha lavorato come Export director.
Vino, oltre 1.500 visitatori alla quinta edizione di “Vite in Campo”Milano, 4 lug. (askanews) – Oltre 1.500 visitatori tra viticoltori e tecnici del settore, 15 ettari di superficie espositiva, 50 cantieri operativi, 15 aree statiche, più di 100 macchine al lavoro e 40 espositori. Con questi numeri si è chiusa la quinta edizione di “Vite in Campo”, la manifestazione dedicata all’innovazione in agricoltura organizzata da Condifesa Treviso, Vicenza e Belluno, ed Edizioni L’Informatore Agrario, ed ospitata, venerdì 30 giugno e sabato 1 luglio, tra i filari dell’azienda Conte Collalto di Susegana, nel Trevigiano.
Nelle due giornate, le dimostrazioni pratiche e i tour guidati da esperti hanno consentito ai visitatori di valutare le performance delle tecnologie destinate alla gestione della chioma, del terreno e del cotico erboso in sostituzione dei diserbanti e della difesa delle piante dalle malattie riducendo al minimo l’effetto deriva e l’uso di agrofarmaci di sintesi. Operazioni colturali che possono essere delegate anche ai robot, anch’essi presenti alla manifestazione con le ultime versioni, totalmente autonome ed elettriche. L’edizione di quest’anno è stata arricchita da due importanti novità: la simulazione in notturna di trattamenti antiparassitari con liquido tracciante per valutare la deriva e l’uniformità di distribuzione dei prodotti su foglie e grappoli, e la Sezione “biosolution”, che ha ospitato mezzi tecnici innovativi, come gli strumenti di biocontrollo, impiegati per la cura delle piante dalle malattie sia in agricoltura biologica che integrata e i biostimolanti: sostanze applicate in dosi omeopatiche capaci di migliorare la fisiologia della vite e la risposta agli stress ambientali, siccità in primis. In pratica una rassegna completa di macchine, attrezzature, sensori, sistemi di supporto alle decisioni e fattori produttivi “sostenibili” e funzionali al miglioramento della resilienza dei vigneti.
La resilienza della vite, oltre che quella dell’impresa vitivinicola, è stato il filo conduttore che ha guidato il visitatore attraverso le diverse opportunità presenti a Susegana quest’anno: dalla corretta gestione della risorsa idrica alle tecniche colturali sostenibili, dall’ottimizzazione della protezione della vite dai patogeni all’automazione delle lavorazioni in vigneto, senza tralasciare il rispetto del suolo e della biodiversità ambientale. E proprio la resilienza è stata oggetto del consueto convegno del venerdì pomeriggio, svoltosi alla cantina Conte Collalto. L’incontro “La resilienza del vigneto: buone pratiche contro i cambiamenti climatici” ha evidenziato come “l’integrazione di tecnologie, conoscenze e innovazioni anche sul fronte della difesa passiva – nelle parole di Valerio Nadal, presidente Condifesa TVB – sia l’unica soluzione percorribile per salvaguardare vigneti, paesaggio ed economia del territorio. Un tema – ha concluso – che i nostri agricoltori hanno ben compreso, ce lo dimostrano le oltre 100 macchine a recupero già in opera nei vigneti della provincia di Treviso, che rendono la nostra viticoltura una tra le più sostenibili d’Europa”. “A questa edizione erano presenti operatori provenienti da Canada, Francia, Germania, Austria e Slovenia, oltre che dalle diverse regioni italiane” ha spiegato Armido Bertolin, area manager de L’Informatore Agrario e coordinatore della manifestazione, parlando di “pperatori che, interagendo direttamente con i molti viticoltori presenti, hanno focalizzato gli obiettivi comuni: il rispetto per l’ambiente, la valorizzazione del paesaggio, la qualità delle produzioni, il miglioramento del lavoro e l’economia dell’intero comparto”.
Dal 7 al 10 luglio a Castel Campagnano torna “Vinili di vini”Milano, 4 lug. (askanews) – Dal 7 al 10 luglio alla villa comunale di Castel Campagnano, piccolo Comune del Casertano al confine con la provincia di Benevento, si terrà la quinta edizione di “Vinili di vini”. La rassegna ha al centro i vitigni autoctoni Pallagrello e Casavecchia, e quelli di altre aree di Terra di Lavoro e del vicino Sannio ma non mancheranno i vini di altre parti della Campania. Oltre 30 aziende vitivinicole che, insieme con tanti stand gastronomici della tradizione sannita e casertana, metteranno i loro prodotti in degustazione.
All’evento, promosso e organizzato da Caffè Bukowski e patrocinato dal Comune di Castel Campagnano, sarà dedicato ampio spazio espositivo nche al vinile, con stand di esperti presso i quali sarà possibile acquistare e vendere dischi come oggetto di culto per appassionati collezionisti e non solo ricordo di tempi passati. Anche quest’anno “Vinili di Vini” ospita l’Associazione italiana sommelier (Ais), per degustazioni accompagnate da guide tecniche per la presentazione delle principali etichette prodotte dalle aziende vitivinicole presenti.
La manifestazione contempla anche uno spazio di riflessione sullo sviluppo territoriale campano, con focus sulle aree interne, che vedrà coinvolti referenti del mondo istituzionale e accademico in uno spazio conferenza-dibattito che si terrà nel pomeriggio del giorno 7 e nel pomeriggio del giorno 8 alle 18 nelle Antiche Cantine Storiche di Palazzo Aldi.
Esce la nuova guida “Street Food” del Gambero Rosso 2024Milano, 3 lug. (askanews) – Dieci anni dopo la prima edizione del 2013, esce la nuova guida “Street Food 2024” del Gambero Rosso. Impostasi subito come l’osservatore privilegiato di un fenomeno in larghissima crescita e attraversato da correnti molto diverse nella forma e nel contenuto, la Guida è quest’anno molto più ricca, con oltre 500 indirizzi e 80 nuove segnalazioni tra attività stanziali e food truck, 23 pagine di approfondimento dedicate ai mercati storici, alle food court, ai mercati gastronomici di nuova generazione e un’ampia appendice dedicata ai food truck con più di 70 referenze.
Come d’abitudine non ci sono veri e propri premi ma solo venti piccoli-grandi “campioni”, uno per regione e con un riconoscimento speciale, “Street Food da Chef”, con una stella per il cuoco che nei propri menu di “fine dining” ha saputo rivisitare al meglio un cibo di strada. Quest’anno, il riconoscimento va a Pascucci Al Porticciolo di Fiumicino, ristorante in cui lo chef Gianfranco apre il suo menu con un paninetto da spiaggia, cotto al vapore e poi farcito con burger di palamita, maionese di macchia e salsa ponzu, ricavata dagli scarti del pesce. Dalle Valle d’Aosta con Pane per Focaccia ai tacos di Taquito della Sardegna, la corsa tra i campioni racconta un percorso variegato, arricchito di un impasto fitto di tradizione e innovazione capace di dare vita e fortuna a storie bellissime: Mei Shi Mei Ke, la doppia insegna torinese specializzata in ravioli cinesi, la cui insegna significa “cose buone tutti i giorni”; il genovese Rooster che offre pollo pugliese nel pieno rispetto dell’etica; la Katsusanderia di Milano, con i suoi sandwich nipponici nella nuova Sidewalk Kitchen di Milano; il vicentino Bacaro della pizza, un ossimoro con i suoi golosi toketin di base pizza farcita con salumi, formaggi e “cicheti” locali; lo Chalet Cimone di Lavarone in Trentino, davanti alla seggiovia per godersi in quota appetizer locali; il triestino aMano, in cui tutto è tagliato rigorosamente a mano, a partire dai salumi.
E poi ancora la crescentina 2.0 di Indegno, a Bologna, in tre versioni e anche gourmet; la Toscana con A pancia piena di Pontassieve, food truck stanziale con hamburger gourmet; il pesce e i frutti di mare take away di Gastrò di San Benedetto del Tronto; arrivando alla porchetta, alla terza generazione, di Serafino’s a Spoleto al fish burger romano di Grasso; al Ristoro Mucciante di Castel del Monte nell’Aquilano con i superbi arrosticini del “piccolo Tibet”; per scendere nel Molise dove spicca Isernia con I sapori autentici della carni alla brace di Iallonardi mentre in Campania è Is Pop a colorare Pomigliano d’Arco con le sue ciabatte pop e i salumi di mare; la Salumeria Bianco svetta in Puglia per i suoi panini a Putignano; in Basilicata è il food truck Retrò Gusto a portare la cucina aviglianese sotto i riflettori; Scilla conquista la Calabria con Civico 5 e i suoi iconici panini al pesce spada; e la Sicilia chiude con il ragusano Delicatessen in drogheria e i suoi panini a chilometro zero.
Vino, Matarazzo: passaggio a Campania Doc limiterà frammentazioneMilano, 3 lug. (askanews) – “L’idea di trasformare Campania Igt in Campania Doc è in fase avanzata di studio: tutta la filiera è impegnata nella definizione delle possibili declinazioni utilizzabili, allo scopo di trovare il giusto compromesso tra esigenze attuali e future, e la necessità di addivenire ad una maggiore visibilità e identità delle produzioni di qualità. Il vantaggio sarà proprio quello di attenuare l’eccessiva frammentazione produttiva e l’articolazione delle Denominazioni, spesso fonte di confusione nei consumatori”. Lo ha spiegato in un’intervista ad askanews il direttore del Consorzio tutela vini del Sannio, Nicola Matarazzo, reduce da “Campania.Wine”, la manifestazione dedicata ai vini campani promossa da cinque Consorzi di tutela vini delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Salerno e Napoli, insieme con quello del Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, che si è tenuta con successo a Napoli nelle scorse settimane.
“In Campania ci sono 29 Denominazioni ma la stragrande maggioranza della produzione si concentra in poco meno di dieci” ricorda Matarazzo, sottolineando che “29 Denominazioni sono effettivamente troppe in relazione alla produzione e soprattutto per essere comprensibili fuori dai confini regionali, anche se rappresentano un patrimonio di biodiversità e ricchezza territoriale e culturale innegabili”. “Alcune delle Denominazioni sono poco rivendicate, mentre altre sono troppo piccole per essere visibili sul mercato” aggiunge il presidente ed esperto di viticultura campana, spiegando che “la filiera regionale ha una struttura polarizzata, con poche grandi aziende o associazioni di produttori e di trasformazione che collocano con un proprio marchio i loro prodotti sui mercati nazionali ed internazionali e che hanno un buon rapporto con la Gdo, e tante piccole aziende agricole con una cultura imprenditoriale poco orientata al mercato e verso forme di cooperazione”. Insomma il panorama produttivo campano appare molto frammentato ma, chiosa Matarazzo, “è giusto evidenziare che ci sono numerose piccole realtà che sono riuscite a superare i limiti legati alla loro dimensione ridotta con una organizzazione eccellente e con una straordinaria capacità di costruirsi un marchio autorevole e riconoscibile, sfida non sempre vinta da produttori più grandi”. A sorprendere di più nelle degustazioni degli oltre 600 vini delle 116 Cantine campane presenti a “Campania.Wine” sono stati i vini bianchi, risultati nel complesso di gran lunga più interessanti e “moderni” rispetto ai rossi, in particolare laddove si è lavorato sull’affinamento. Si vedano in questo senso due estremi per notorietà e posizionamento: da un lato il celebrato “Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco Fiorduva 2020” (Fenile 30%, Ginestra 30%, Ripoli 40%) di Marisa Cuomo, e dall’altro la ben più accessibile ma di indiscutibile qualità “Falanghina del Sannio Dop Lazzarella 2021” di Vigne Sannite (Centro cooperativo agroalimentare sannita). Tra loro, non si può non citare almeno il “Lacryma Christi del Vesuvio Bianco Munazei 2021” di Casa Setaro e le tre Riserve dagli altrettanti cru di Greco di Tufo Docg di Cantine di Marzo, e in particolare il “Vigna Ortale 2020”. Del resto Greco, Falanghina e Fiano rappresentano ormai più della metà della produzione di vini di qualità regionali. “L’ecletticità di utilizzo di queste uve, unita all’eccelente capacità di evolversi nel tempo – precisa Matarazzo – sono state le motivazioni che hanno spinto i Consorzi di tutela alla modifica dei Disciplinari con l’inserimento delle menzioni ‘Riserva’, prevedendo così versioni con affinamenti più lunghi”. All’evento in Galleria Umberto I si è vista anche un’importante presenza di vini da vitigni autoctoni (dall’Asprinio al Casavecchia, dal Caprettone al Pallagrello, solo per citarne alcuni) di cui la Campania è uno tra i territori più ricchi al mondo, con varietà, cloni, e biotipi spesso conosciuti più con nomi dialettali che con quelli “tecnici”. Vitigni orgogliosamente riscoperti da qualche anno ma che non sempre, in purezza, paiono in grado di dare validi risultati in bottiglia. Più facile dal punto di vista commerciale, almeno sulla carta, il lavoro intrapreso da molti produttori sulla spumantizzazione (Martinotti e Metodo Classico): “Le sperimentazioni enologiche su Fiano, Greco e Falanghina hanno dato risultati ottimi – continua – anche in termini di preferenze di consumo, quindi in un mercato che attualmente ha ormai sdoganato la stagionalità di consumo degli spumanti, credo possa essere un’opportunità attuale e futura”.
La ricca viticoltura campana, spesso associata agli uliveti, si concentra nella zona interna del Beneventano e dell’Avellinese (quella con la maggiore produzione viticola a marchio comunitario), nella provincia di Salerno e nelle provincie di Napoli e Caserta. La vite è coltivata per il 70% (16.385 ettari) sulla “collina interna”, per il 17% (4.429 ha) in montagna, per il 9% (2.186 ha) sulla “collina litoranea”, e solo per il 4% in pianura. Se nell’ultimo trentennio si è registrata una progressiva riduzione della superficie vitata, negli ultimi nove anni la produzione di vini IG è in costante crescita, con il valore alla produzione che ammonta complessivamente a 106 milioni di euro (Benevento 56,4 mln, Avellino 27 e Napoli 8,4). “Nella filiera vitivinicola campana è in corso da anni un profondo processo di rinnovamento basato sulla riqualificazione dell’offerta, che ha avuto riscontri positivi dal mercato, come testimoniato soprattutto dal notevole incremento dell’export negli ultimi dieci anni: 15 mln di euro nel 2006, diventati 52 nel 2020” spiega ancora ad askanews il direttore del Consorzio vini del Sannio, evidenziando che “sul piano della produzione è in atto uno sforzo per valorizzare e migliorare nel suo complesso la piattaforma varietale attraverso ricerche e innovazioni, la digitalizzazione in viticoltura ed enologia e l’incremento verso l’alto la qualità dei prodotti nelle diverse fasce di prezzo. In particolare si sta puntando a rafforzare il legame con un mercato regionale molto ampio rispetto all’offerta – aggiunge – e a sviluppare il mercato nazionale e internazionale, dove è maggiore la capacità di assorbimento dei vini di pregio e a prezzi superiori”. “I prezzi dei prodotti finiti si sono comunque mantenuti stabili, se non in leggera crescita” continua Matarazzo, mettendo in luce che “il problema vero rimane il valore delle uve, del loro mancato adeguamento all’aumento generalizzato dei costi in vigna e della capacità di garantire un reddito equo ai vignaioli”. Un problema su cui i Consorzi “si stanno adoperando con grande impegno per studiare le più efficaci soluzioni”.
Vino, Uiv: scure peronospora sulla vendemmia, cali fino al 40%Milano, 3 lug. (askanews) – Sono sempre più pesanti gli effetti della peronospora, la malattia della vite che a causa delle forti piogge di primavera sta attaccando diverse regioni italiane, con perdite previste in alcune zone per la prossima, imminente, campagna vendemmiale fino al 40%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) attraverso le interviste alle imprese del vino compiute sui diversi territori, da cui emerge anche che nelle aree poco colpite dalla peronospora si prevede invece una buona vendemmia.
Secondo l’Osservatorio, la più colpita è la viticultura biologica che, in alcune aree, risulta fortemente compromessa, mentre le regioni più danneggiate sono quelle della Dorsale adriatica, a partire da Abruzzo e Molise con perdite fino al 40%, ma anche molti areali di Marche, Basilicata e Puglia che si affacciano alla vendemmia, con cali previsti nell’ordine del 25-30%. Complicata la situazione anche in Umbria, Lazio e Sicilia, specie nel Trapanese, mentre in Romagna sono ancora da valutare gli effetti dell’alluvione, in particolare del fango nei vigneti. “In generale la stagione pre-vendemmiale era partita bene un po’ ovunque, poi da maggio in avanti la situazione si è guastata” ha spiegato il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi, aggiungendo che “siamo passati repentinamente dal problema degli stock in eccesso (attualmente confermato con le Dop in eccedenza a +9% sullo scorso anno) a uno scenario di probabile importante riduzione dei volumi di raccolta previsti in diverse regioni”.
Questa la situazione in dettaglio delle principali regioni italiane tracciata dall’Osservatorio di Unione italiana vini. In Piemonte la situazione appare sotto controllo: siccità fra marzo e aprile, piogge nella norma, più oidio che peronospora. Per quanto riguarda la Lombardia, in Valtellina si registrano problematiche di peronospora su una produzione tendenzialmente abbondante: pressione su foglia e su grappolo, con cali mediamente del 5%. In Veneto pochi e localizzati attacchi grandinigeni, con perdite anche del 50%, ma la produzione attesa è per ora è molto abbondante. Nel Friuli-Venezia Giulia bene il Collio, e qualche problema a macchia di leopardo nel resto della regione, dove però i vigneti rimangono carichi. La situazione in Emilia-Romagna appare per ora sotto controllo per quanto riguarda la peronospora, ma resta problematico il post-alluvione, sia in collina per l’accesso ai vigneti, sia per il fango in pianura. In Toscana a causa delle forti piogge di maggio, la peronospora è presente e si registrano difficoltà di accesso ai vigneti per i trattamenti: per ora si prevede una riduzione su una produzione che si annunciava comunque abbondante (in media 10% di infezioni), mentre sono stati riportati problemi anche di botrite e grandinate locali. Pressione molto forte in Umbria, con cali dal 10 al 15%, e punte del 30%: la produzione iniziale prevista era abbondante, quindi si dovrebbe arrivare a una raccolta nella norma.
Nelle Marche la situazione non è omogenea: in linea di massima è stata colpita di più la zona più prossima alla costa, ma le infezioni sono un po’ ovunque. È difficile quantificare la perdita ma sicuramente si profila un’annata di scarsa produzione (-20%), su una stagione ancora in ritardo nello sviluppo della fase fenologica rispetto al 2022. Nel Lazio la stagione era partita bene ma la pioggia di maggio ha innescato forti focolai, attorno al -25% di produzione prevista (su una partenza abbondante). La peronospora in Basilicata ha avuto un forte impatto sul Vulture e anche sui bianchi, e in alcuni areali le previsioni sono del -60%. In Abruzzo e Molise è piovuto costantemente dal 4 aprile e a causa della conformazione del terreno (colline e vallate) è stato difficile accedere agli appezzamenti per poter eseguire i trattamenti fitosanitari. La peronospora ha attaccato in forma abbastanza importante entrambe le regioni e si stima un calo di produzione del 30-40 % sulle uve convenzionali (50-60% in Molise), mentre si arriva anche al 70-80% sulle uve biologiche. Il danno maggiore sembra comunque subìto dalle varietà a bacca rossa, non trattate perché al momento dell’attacco erano ancora in fase primordiale, nelle zone collinari. Per tutta questa serie di situazioni, oggi le aziende produttrici hanno rallentato le vendite e qualcuna le ha addirittura fermate. Per quanto riguarda la Puglia la peronospora si è diffusa sia a Nord (tendoni tasso a 50%) sia a Sud, su Malvasia, Negroamaro e Primitivo, con cali attesi del 25%. Infine in Sicilia la peronospora è diffusa soprattutto nel Trapanese: quelli che non hanno trattato a ciclo completo per questioni di costi stimano forti perdite, mentre le aziende strutturate avranno una buona vendemmia. Siamo attorno a un’incidenza del 10-15%.
Consorzi siciliani al lavoro per nuovo Piano vitivinicolo regionaleMilano, 3 lug. (askanews) – Il Consorzio di tutela vini Doc Sicilia partecipa, insieme con tutti i Consorzi di tutela dell’isola e le altre organizzazioni del settore, al gruppo di lavoro per la creazione del nuovo Piano vitivinicolo siciliano. Coordinati dall’assessorato dell’Agricoltura della Regione siciliana guidato dall’assessore Luca Sammartino, e dall’Istituto regionale vino e olio di Sicilia, gli Enti sono chiamati a definire le direttrici che guideranno lo sviluppo del settore vitivinicolo regionale, a partire “dall’accrescimento del posizionamento, l’ingresso in nuovi mercati e il rafforzamento di un modello che sappia coniugare i tratti tipici e distintivi dei vitigni della Sicilia e dei suoi territori”.
“Siamo onorati e felici di prendere parte a questo progetto, tanto ambizioso quanto virtuoso, per la creazione di un modello che faccia da bussola allo sviluppo sostenibile del settore, operando in modo tangibile sulla valorizzazione dell’identità dei vini siciliani e del territorio in cui nascono” ha dichiarato il presidente del Consorzio vini Doc sicilia, Antonio Rallo, aggiungendo che “il mondo del vino siciliano ha tutti gli strumenti per diventare sempre più di successo, anche a livello internazionale”. Il Consorzio ha inoltre spiegato che lavorerà al piano “con l’obiettivo di esaltare sempre di più la produzione siciliana, composta da vitigni autoctoni sempre più centrali e di rilievo come Nero D’Avola e Grillo: uve che danno vita a vini di altissima qualità e che, grazie anche al nuovo Piano vitivinicolo, potranno penetrare sempre di più nel mercato”.
Vino, il 1 luglio a Scansano nasce l’enoteca “Rosso Morellino”Milano, 30 giu. (askanews) – Un luogo dove scoprire le diverse anime del Morellino di Scansano, nelle sue tipologie Annata e Riserva, e un punto di partenza informativo e turistico per vivere l’area della Denominazione in maniera immersiva e completa, tra le bellezze dei suoi borghi e del suo paesaggio.
Con questi obiettivi nasce ufficialmente l’Enoteca “Rosso Morellino” che sarà inaugurata sabato 1 luglio alle 17.30 a Scansano (Grosseto). Lo spazio sarà collocato al piano terra della sede del Consorzio, che diventa sempre di più la Casa del Sangiovese della Costa Toscana: un luogo aperto a turisti e appassionati che potranno così degustare oltre 90 etichette di Morellino di Scansano Docg delle aziende associate. L’enoteca sarà inoltre a disposizione dei soci da utilizzare per le proprie presentazioni e incontri. Nel corso dell’inaugurazione entrerà in funzione il primo “totem” “VisitMorellino”, realizzato da RAMA, che ha la finalità di promuovere il territorio del Morellino di Scansano e di creare un collegamento tra Scansano e la costa. Un “totem” gemello sarà istallato nei prossimi giorni ad Alberese davanti al centro visite del Parco della Maremma. I dispositivi consentiranno al turista di viaggiare virtualmente all’interno Della denominazione e l’assistente virtuale, attivo 24 ore al giorno, fornirà ai visitatori le risposte in base alle domande che riguardano il vino, l’area di produzione e le attività sul territorio.
“La promozione del Morellino di Scansano si deve combinare con azioni di marketing territoriale così da far emergere ancor di più il legame tra la nostra area e le sue tante eccellenze” ha spiegato il direttore del Consorzio, Alessio Durazzi, sottolineando che “anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie, vogliamo fornire differenti strumenti per far scoprire la nostra denominazione in maniera trasversale, con l’obiettivo di allargare a nuovi target il pubblico degli amanti del Morellino e di questa zona della Maremma Toscana”. Il Consorzio Tutela Morellino di Scansano, nato nel 1992 per volontà di un piccolo gruppo di produttori, oggi accoglie oltre 200 soci, una novantina dei quali con almeno una propria etichetta di Morellino di Scansano sul mercato.
Vino, Qualivita: Canelli Dop porta l’Italia del vino a 527 IGMilano, 30 giu. (askanews) – “Con la registrazione della nuova Dop Canelli il Piemonte arriva ad avere 60 Denominazioni vitivinicole e l’Italia raggiunge invece quota 527 IG Vino (409 Dop e 118 Igp), alle quali si aggiungono 322 prodotti agroalimentari, per un totale di 849 Denominazioni Dop, Igp e Stg, e considerando le 35 IG delle Bevande Spiritose si raggiunge un totale di 884 Indicazioni Geografiche, primo Paese europeo.
“Il riconoscimento della Dop Canelli rappresenta un passo in avanti per il sistema vitivinicolo italiano nel legame fra i valori qualitativi di un prodotto a quelli del territorio” ha dichiarato il Dg di Fondazione Qualivita, Mauro Rosati, aggiungendo che “esalta anche la capacità dei Consorzi di tutela come strumenti di gestione delle filiere e della capacità amministrativa del ministero che ha saputo gestire questo importante dossier nazionale”. “Oltre a dare più valore al vino – ha concluso Rosati – questa nuova denominazione potrà generare un forte indotto sul territorio esaltando anche gli aspetti legati all’enoturismo ormai fonte di reddito indispensabile per le piccole e medie imprese”. “Si chiude un percorso durato 24 anni e che ha visto i produttori compatti verso questo obiettivo” ha commentato Flavio Scagliola, vicepresidente del Consorzio dell’Asti Dop e sostenitore dell’iter attraverso l’Associazione dei produttori di Moscato di Canelli, sottolineando che “con questo riconoscimento esaltiamo ancora di più il valore qualitativo di questo vino che negli anni è sempre più apprezzato soprattutto nei mercati orientali dove trova ottimo abbinamento con la tradizione culinaria e permetterà quindi di fare da apripista al vino piemontese in generale”.
Il Canelli DOP deriva da uve da vigneti composti esclusivamente dal vitigno Moscato bianco e dovranno provenire da 17 comuni attorno alla sottozona Canelli, punto di passaggio tra Langhe e Monferrato. La media rivendicata negli ultimi anni è di circa 100 ettari, per una produzione di quasi un milione di bottiglie, ma l’area offre un potenziale molto più alto. In particolare, l’elaborazione di un vino aromatico, dolce, con una leggera sovrapressione e una bassa gradazione saranno i tratti distintivi del Canelli DOP nella tipologia Riserva, che sarà immessa sul mercato non prima di 30 mesi di invecchiamento e affinamento. La coltivazione della vite, e del Moscato in particolare, è la coltura predominante nell’area di Canelli fin dal 1300. Poi lo sviluppo, soprattutto nei primi anni del ‘900 con Federico Martinotti che perfezionò il procedimento di preparazione del vino destinato alla fermentazione. I Comuni interessati dalla DOP sono quelli di Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Coazzolo, Bubbio, Castagnole Lanze, Costigliole d’Asti, Loazzolo, Moasca, San Marzano Oliveto in provincia di Asti, e dei comuni di Castiglione Tinella, S. Stefano Belbo, Cossano Belbo, Neive, Neviglie, Mango in provincia di Cuneo.