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Caso Paganelli, Dassilva denuncia ex avvocato e consulente

Caso Paganelli, Dassilva denuncia ex avvocato e consulenteRoma, 6 dic. (askanews) – Louis Dassilva, in carcere con l’accusa di aver ucciso Pierina Paganelli a Rimini, ha denunciato l’avvocato Nunzia Barzan e il consulente Davide Barzan, che già assistono la nuora della vittima, Manuela Bianchi, e il fratello Loris. La notizia è stata data in esclusiva dalla trasmissione Ore 14, condotta da Milo Infante su Rai 2. Ieri era stata la moglie di Dassilva, Valeria Bartolucci, ad aver dato notizia di aver denunciato Barzan.


“Dassilva si legge in una nota del programma – ha presentato una denuncia nei confronti dell’avvocato Nunzia Barzan e del consulente Davide Barzan per il reato di cui all’articolo 381 comma 2 del codice penale, in quanto lo avevano assistito nella prima fase del procedimento ma una volta iscritto quale indagato i due hanno continuato la difesa di Manuela Bianchi, nuora di Pierina. Ieri anche la moglie di Dassilva aveva denunciato Davide Barzan, stavolta per esercizio abusivo della professione forense. Sempre nel corso di Ore 14 la replica di Nunzia e Davide Barzan: “Davide Barzan precisa che Dassilva non mi ha mai nominato suo consulente tecnico quindi manca il presupposto del reato di patrocinio infedele. Nunzia Barzan inoltre è stata revocata dal mandato nel novembre 2023 quando Dassilva non era neppure indagato”.

Scienza, ricerca: per sopravvivere anguille puntano su diversità

Scienza, ricerca: per sopravvivere anguille puntano su diversitàRoma, 19 nov. (askanews) – Anche nel mondo delle anguille, la diversità è resilienza. A rischio di estinzione a causa della pesca illegale e di altre molteplici minacce, questi pesci dalla caratteristica forma che ricorda un serpente, sembrano però avere un asso nella pinna: comportamenti migratori dissimili che li aiutano ad adattarsi colonizzando habitat distinti. Ed è proprio questa varietà di strategie che potrebbe fare la differenza per la loro conservazione.


Un recente studio condotto dall’Università di Ferrara, insieme all’Università di Padova e all’Istituto di biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ibf), ha infatti scoperto che non tutte le anguille si comportano allo stesso modo durante la migrazione. Alcune sono esploratrici instancabili, pronte a risalire forti correnti, altre sono più “scalatrici”, esperte nel superare barriere come dighe e sbarramenti. Un bel vantaggio, visto che questo approccio individualizzato riduce la competizione per le risorse e aumenta le probabilità di sopravvivenza della specie. La ricerca, che offre nuove prospettive per comprendere meglio le esigenze ecologiche delle anguille e contribuire alla loro tutela, è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.


Dalla schiusa delle uova nel lontano Mar dei Sargassi, le larve di anguille europee, trasparenti e a forma di foglia di salice, vengono trasportate dalle correnti marine attraverso l’Oceano Atlantico e, dopo aver superato lo Stretto di Gibilterra, raggiungono ogni anno le nostre coste. Ma qui non finisce la loro straordinaria avventura: le larve si trasformano in piccole anguille, note come “ceche”, pronte a vivere in acque dolci e a diventare nuotatrici attive. Una volta giunte alle foci dei fiumi, le ceche iniziano la risalita, spingendosi sempre più a monte fino a trovare l’habitat ideale per la crescita e la maturazione sessuale. Questo percorso fluviale è pieno di ostacoli: le giovani anguille devono superare barriere naturali e artificiali come dighe e sbarramenti, imparare a evitare predatori, cercare nuove fonti di cibo e infine individuare i luoghi più adatti alla loro crescita e sopravvivenza. E come riescono a farlo? Semplice: ciascuna con la propria strategia.


Secondo il team di ricerca, che ha condotto una serie di osservazioni su un gruppo di ceche campionate nel delta del Po, questa diversità di comportamento – o “personalità migratorie” – è un elemento cruciale per la sopravvivenza della specie. “Contrariamente a quanto si pensa, una migrazione non è sempre un movimento coordinato di massa – spiega il dottor Paolo Domenici del Cnr-Ibf -. In alcune specie, per esempio, ci sono individui che migrano prima, seguiti da altri, o individui che scelgono di non migrare ogni anno. È il caso del salmone, dove alcuni individui maturano nei fiumi e nelle loro foci, mentre altri si spostano fino al mare aperto. Nello studio sulle anguille, ci siamo concentrati proprio su queste differenze”.


Le anguille campionate nel fiume Po sono state collocate in vasche sperimentali che simulavano l’ambiente fluviale. In metà degli esperimenti il flusso d’acqua era continuo, mentre nell’altra metà era presente uno scivolo d’acqua, a imitare una barriera come uno sbarramento o una diga. I risultati hanno mostrato che alcuni individui erano molto abili nel risalire il flusso continuo, ma trovavano difficoltà con le barriere; al contrario, altri individui avevano successo sugli sbarramenti ma faticavano nel flusso d’acqua. Il gruppo di ricerca ha dunque concluso che le anguille adottano strategie migratorie diverse, che potenzialmente permettono ai diversi individui di raggiungere habitat distinti del fiume. Gaia De Russi, dottoranda del Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie di Unife, spiega: “Distribuirsi in ambienti diversi non solo aiuta a ridurre la competizione per le risorse, ma offre anche una garanzia: se un habitat diventa inospitale, ci sono anguille in altri luoghi che possono sopravvivere e mantenere viva la specie”. Insomma, quando si dice che la diversità è ricchezza, le anguille lo prendono alla lettera. Non solo cercano strade diverse, ma ognuna ha i propri metodi per cavarsela nel vasto mondo fluviale.

Piacenza, mamma tredicenne morta: istituzioni sono state leggere

Piacenza, mamma tredicenne morta: istituzioni sono state leggereRoma, 29 ott. (askanews) – “Credo che la giustizia debba fare il suo corso, l’abbia fatto e che vada avanti a farlo. Non era il ragazzo specifico, ma l’ex ragazzo che non ha accettato di essere stato lasciato da mia figlia. Il quale probabilmente, se è stato arrestato, è stato lui l’assassino di mia figlia. Purtroppo non mi ero fatta un’idea precisa di quello che era successo altrimenti non sarei qui davanti all’obitorio a sperare di vedere mia figlia”. Lo afferma la mamma della 13enne deceduta dopo una caduta dal settimo piano in uno stabile di Piacenza e per la cui morte l’ex ragazzo quindicenne è stato fermato e indagato. La donna è stata intervistata dalla trasmissione Ore 14 in onda su Rai 2 condotta da Milo Infante


“Quella mattina l’ho salutata come ogni mattina – continua la madre della vittima – sarebbe dovuta andare a scuola dopo un’ora che aveva fatto colazione con le amiche, alle otto è uscita di casa. Io invece da casa ho appreso dai carabinieri che era morta per le mani di un ragazzo”. “Il ragazzo che diceva di amarla e di proteggerla, è stato il ragazzo che l’ha uccisa. Doveva essere protetta da quel ragazzo e dalle istituzioni che sono state troppo leggere quando abbiamo detto attenzione, questo ragazzo è pericoloso. È stato segnalato ai servizi sociali, parlato anche con la psicologa di competenza dell’Asl perciò la ragazza aveva espresso più volte ansie e problematiche varie. Ha parlato tanto con tanti amici. Queste ansie e queste paure c’erano. Sottovalutate, perché era piccolo, ce ne saranno tanti di ragazzi così sulla sua strada, questo è stato il primo e ultimo”, conclude la donna.

Piacenza, avvocato ragazza morta: possessività e morbosità

Piacenza, avvocato ragazza morta: possessività e morbositàRoma, 28 ott. (askanews) – “Questa storia coinvolge due ragazzini veramente giovanissimi, lei avrebbe compiuto 14 anni il 9 novembre, lui ne aveva da poco fatti 15, avevano una relazione che se accaduta tra adulti avremmo definito tutti tossica, c’erano una gelosia morbosa e un senso di possessività molto frequente negli adulti e che credevo, fino a venerdì scorso, fossero più rare negli adolescenti”. Lo ha affermato Lorenza Dordoni, avvocato della famiglia della tredicenne morta dopo la caduta dell’ultimo piano del suo palazzo a Piacenza. L’avvocato ha parlato con la trasmissione Ore 14 in onda su Rai 2 condotta da Milo Infante.


“I sospetti della famiglia contro il fidanzato – ha continuato Dordoni – si fondano sul vissuto della ragazza, sul racconto che lei aveva fatto, sui messaggi che sono arrivati alla famiglia da parte delle amiche e da parte di alcuni genitori che hanno raccolto i racconti delle figlie e le hanno riferite alla famiglia”. “Questa ragazza – ha concluso Dordoni – non è stata silente, non ha trattenuto e non ha nascosto la paura, l’ha condivisa con la sorella e le amiche, con la madre che era presente quando ne ha parlato ai servizi sociali. Perché non è stata sporta denuncia? Non dimentichiamo che aveva 13 anni, era molto giovane e non era strutturata per comunicare in un certo modo, riferire all’autorità giudiziaria è altra cosa”.

Ricercatori: anche pesci sono pigri ma se ‘studiano’ stanno meglio

Ricercatori: anche pesci sono pigri ma se ‘studiano’ stanno meglioRoma, 22 ott. (askanews) – La pigrizia non è solo una prerogativa umana: anche i pesci tendono a evitare la fatica. Una ricerca dell’Università di Ferrara ha rivelato che gli zebrafish, proprio come noi, preferiscono soluzioni rapide e semplici quando ne hanno la possibilità, schivando compiti più complessi. Tuttavia, quando si “ingegnano” e affrontano sfide più impegnative, ne traggono un beneficio. Anche per loro, quindi, lo sforzo cognitivo sembra avere effetti positivi: stimolare la mente, insomma, è vantaggioso perfino in fondo al mare.


Lo studio, condotto dal Laboratorio di Biologia Comportamentale del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie di Unife e pubblicato su Applied Animal Behaviour Science, ha utilizzato zebrafish per indagarne le abilità cognitive. I pesci protagonisti della ricerca hanno dimostrato di saper apprendere rapidamente come risolvere semplici puzzle per ottenere una ricompensa alimentare, rimuovendo piccoli dischi di plastica che bloccavano l’apertura di un distributore di cibo. “L’efficienza dei pesci in compiti di questo tipo può sorprendere molti, ma non è una novità per i ricercatori”, spiega il Professor Tyrone Lucon-Xiccato del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie, ideatore dello studio. “Da alcuni decenni stiamo iniziando a comprendere le abilità cognitive dei pesci, scoprendo sorprendenti somiglianze con quelle degli altri vertebrati. I pesci non solo imparano velocemente, ma sono anche in grado di adattarsi rapidamente a nuove situazioni, ‘dimenticando’ le informazioni apprese in precedenza. Alcune specie risolvono problemi come quello descritto in questo studio con facilità, e alcune arrivano persino a ‘contare’, distinguendo le quantità meglio di un infante. Queste scoperte stanno portando a una rivalutazione delle capacità cognitive dei pesci. Già nel gruppo dei pesci, che si colloca alla base dell’albero filogenetico che conduce all’uomo e agli altri mammiferi, l’evoluzione sembra aver dotato i vertebrati di un prototipo efficiente del nostro sistema cognitivo: una sorta di ‘mente ittica’”.


Nello stesso studio, il gruppo di ricerca si è posto un ulteriore quesito: i pesci sono davvero coinvolti nei compiti cognitivi proposti, oppure agiscono solo per necessità, spinti unicamente dalla ricerca di cibo? “Esiste ormai una solida letteratura sulle preferenze degli animali in cattività, studiata nell’ambito dell’etologia applicata – spiega il Dottor Elia Gatto, ricercatore del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie di Unife, esperto di benessere animale -. Questa disciplina si concentra sull’osservazione del comportamento e delle preferenze degli animali in ambienti confinati. Una delle principali scoperte è che quando gli animali vivono in cattività mostrano un notevole interesse per eventuali giochi messi a disposizione, specialmente se questi giochi richiedono di risolvere un problema per ottenere del cibo. Si parla in questo caso di ‘arricchimenti cognitivi’”. “Si potrebbe pensare che gli animali in cattività si annoiano”, continua il Prof. Lucon-Xiccato. “Tuttavia, sembrano esserci precise basi evolutive per le preferenze per arricchimenti cognitivi. In natura, non esistono ciotole di cibo o acqua pronte all’uso: per nutrirsi, così come per svolgere molte altre attività, gli animali devono affrontare una serie di sfide cognitive, come orientarsi nel territorio o catturare e manipolare le prede. L’evoluzione ha quindi modellato la mente animale per risolvere questi compiti. L’allevamento in cattività rappresenta spesso una situazione innaturale in cui la mente, non adeguatamente stimolata, può causare sofferenza nell’animale. Le prove di ciò sono numerose: scimpanzé, macachi, maiali, cani, ratti, giraffe, polli e piccioni, quando hanno la scelta tra cibo servito in una ciotola o cibo che richiede la risoluzione di un piccolo compito cognitivo, preferiscono quest’ultimo. È per questo motivo che recentemente si propone di usare gli arricchimenti cognitivi per migliorare il benessere degli animali in cattività.”


Con grande sorpresa del gruppo di ricerca, sei zebrafish già esperti, che avevano imparato a risolvere il puzzle senza difficoltà, quando messi di fronte alla scelta tra cibo facilmente accessibile e quello nascosto all’interno del puzzle, hanno scelto la via più semplice quasi nel 90% dei casi. Il gruppo di ricerca si è poi chiesto cosa accadrebbe se gli animali dovessero risolvere un rompicapo ogni volta per ottenere il cibo. Hanno quindi suddiviso un gruppo di zebrafish in due condizioni: un gruppo poteva accedere al cibo liberamente, mentre l’altro poteva alimentarsi solo dopo aver risolto un puzzle che implicava l’apertura di un distributore di cibo. In questo modo, il secondo gruppo era costantemente esposto a un compito cognitivo. Successivamente, il benessere dei pesci di entrambi i gruppi è stato valutato tramite specifici indicatori comportamentali. “Dopo 14 giorni, spiega la Dott.ssa Varracchio, i pesci sottoposti al compito cognitivo hanno mostrato livelli di stress inferiori rispetto al gruppo di controllo, esibendo comportamenti più naturali e rilassati durante le nostre osservazioni. Questo ci porta a concludere che gli arricchimenti cognitivi migliorano il benessere dei pesci in cattività”.

IA, arriva il premio per l’innovazione nel turismo

IA, arriva il premio per l’innovazione nel turismoRoma, 15 ott. (askanews) – Turismi.AI, l’associazione italiana impegnata a promuovere l’intelligenza artificiale nel settore turistico, ha annunciato il Premio Speciale Turismi.AI durante il TTG Travel Experience di Rimini nel corso del talk ‘Formazione e Intelligenza Artificiale nel Turismo’.


Il riconoscimento, che verrà assegnato nell’ambito di 2031, la principale piattaforma italiana dedicata all’innovazione, rappresenta la prima volta che il turismo viene premiato in questo contesto. Il premio sarà destinato a startup e aziende che sviluppano soluzioni tecnologiche avanzate per migliorare l’esperienza dei viaggiatori, ottimizzare i servizi delle destinazioni e promuovere la sostenibilità nel settore turistico. “Con il Premio Speciale Turismi.AI, vogliamo riconoscere quelle realtà che utilizzano l’innovazione e l’intelligenza artificiale per trasformare il turismo, rendendolo più efficiente e sostenibile – ha dichiarato Edoardo Colombo, presidente di Turismi.AI -. È la prima volta che 2031 include il turismo tra i settori premiati, segnale importante del crescente valore dell’innovazione in questo ambito”.


Savona è la prima città italiana a entrare nel network dell’associazione, pronta per progetti di promozione turistica basati sull’intelligenza artificiale: Turismi.AI ha stretto una partnership strategica con la città in vista della candidatura a Capitale italiana della cultura 2027; Savona punterà a valorizzare il proprio patrimonio culturale e naturale attraverso tecnologie innovative.

Carabinieri, visita Gen. Luzi e Gen. Masiello ai neo Allievi Ufficiali

Carabinieri, visita Gen. Luzi e Gen. Masiello ai neo Allievi UfficialiRoma, 7 ott. (askanews) – Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri hanno incontrato a Modena i neo Allievi Ufficiali del 206° Corso “Dignità”.


Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello, e il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, hanno incontrato questa mattina i neo Allievi Ufficiali del 206° Corso “Dignità”, al loro primo giorno presso l’Istituto Militare modenese. All’evento era anche presente il Sergente Maggiore Andrea Adorno, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Dopo aver partecipato alla cerimonia dell’alzabandiera, la prima volta in Cortile d’Onore per i neo Allievi, hanno reso omaggio alla Bandiera d’Istituto ed hanno incontrato, presso l’aula magna dell’Accademia Militare, tutti gli Allievi del 206° Corso. Il Gen. C.A. Carmine Masiello ha espresso ai cadetti la propria soddisfazione per l’impegno dimostrato durante la fase del tirocinio che ha permesso loro di iniziare il nuovo percorso di crescita umana e professionale.


Rivolgendosi ai giovani allievi, il Capo di SME ha detto: “Avete scelto una missione difficile in un periodo particolarmente complicato, oggi ci sono 56 guerre contemporaneamente, tra cui le principali in Ucraina e in Medio Oriente. Questo è il momento in cui avete scelto di fare il militare e per questo avete il mio rispetto e la mia ammirazione. Sarete comandanti e dovrete essere responsabili di migliaia di uomini e donne a cui darete il quotidiano esempio. Qualche anno fa un mio predecessore ha paragonato l’Esercito al corpo umano: il personale è il cuore e il cervello, i mezzi sono muscoli, le regole sono i tendini e i nervi. E in caso di emergenza sono i nervi che permettono di risolvere le crisi, come spesso l’Esercito è chiamato a fare. Non dovete tollerare che le nostre regole vengano messe in discussione, perché verrebbe messa in discussione la nostra Istituzione, che ha contribuito a rendere l’Italia ciò che è. Ci vuole coraggio, non abbiate paura e non vergognatevi di aver scelto il mestiere delle armi. Capirete di essere la migliore espressione della società, grazie al rispetto delle regole e dei valori”. Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Teo Luzi, rivolgendosi agli Allievi Ufficiali ha detto: “La vostra presenza in questo istituto è il risultato di una scelta di vita, come lo fu per me tanti anni fa. Una scelta fatta di generosità e sacrificio, al servizio del Paese. Il percorso iniziato dentro queste mura potrebbe apparire carico di difficoltà ma in questo biennio sorgerà in voi il valore dell’amicizia, che è condivisione e altruismo, il più importante sentimento per alimentare senso di appartenenza a un reparto, alla propria Forza Armata e tutta la compagine militare. Se terrete fede agli impegni assunti in questa Accademia, potrete contribuire al bene della Patria. Servendo il Paese e rischiando per il Paese sarete protagonisti della società e avrete la gratitudine degli italiani”.


Particolarmente significativo il momento di incontro tra il Sergente Maggiore M.O.V.M. Andrea Adorno e gli Allievi del 206° Corso, con i quali ha potuto condividere la sua esperienza umana e professionale e i valori che lo hanno guidato e aiutato a superare i momenti operativi più difficili. L’Accademia Militare di Modena, istituita il 1° gennaio del 1678 con il nome di Reale Accademia, è oggi l’Istituto di formazione militare a carattere universitario responsabile della formazione iniziale dei futuri Ufficiali d’arma e medici del ruolo normale dell’Esercito Italiano e dell’Arma dei Carabinieri, in un percorso di studi che porterà al conseguimento della laurea in scienze Strategiche, Ingegneria, Medicina e Chirurgia, Veterinaria, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche e Giurisprudenza.

Salute, ricercatori scoprono sistema autocontrollo cellule

Salute, ricercatori scoprono sistema autocontrollo celluleRoma, 4 ott. (askanews) – Il controllo della crisi è la chiave per l’efficacia delle cure, un principio cruciale anche nelle terapie per l’epilessia: molti farmaci e approcci di terapia genica esistenti riescono a ridurre l’ipereccitabilità neuronale, ma spesso lo fanno in modo troppo invasivo, compromettendo le normali funzioni cerebrali.


Un team di ricerca, cui hanno preso parte ricercatori e ricercatrici dell’Università di Ferrara, sta esplorando nuove strade portando avanti una terapia genica innovativa. Questo approccio introduce un meccanismo di autoregolazione, offrendo un trattamento più sicuro e mirato, con l’obiettivo di un migliore controllo delle crisi. Lo studio è stato pubblicato sul numero di settembre 2024 della rivista EMBOreports. La nuova terapia si basa su due elementi fondamentali: il neuropeptide Y (NPY) e il recettore Y2. NPY è una sostanza naturale nel cervello che calma l’attività neuronale e aiuta a prevenire le crisi epilettiche. Il recettore Y2, attivato da NPY, amplifica questo effetto calmante. Immaginiamo il cervello come una grande città, dove le cellule nervose sono i cittadini, ciascuno con un compito ben preciso, che collaborano per far funzionare la metropoli. In questo contesto, il NPY è come un “mediatore naturale”, che calma i cittadini più agitati, evitando che la città sprofondi nel caos, ovvero in una crisi epilettica. Per esercitare la sua azione, NPY utilizza una chiave d’acceso specifica: il recettore Y2, che gli permette di interagire con le cellule nervose e svolgere il suo ruolo regolatore. Quando si verifica una crisi epilettica, è come se in una parte della città esplodesse un disordine: i cittadini (le cellule nervose) diventano iperattivi, alimentando una spirale di caos. A questo punto intervengono NPY e il recettore Y2, agendo come un sistema di emergenza, simile a un sofisticato sistema antincendio che spegne le fiamme e riporta l’ordine. Questo delicato equilibrio tra eccitazione e controllo è ciò che mantiene la città-cervello in armonia.


“NPY è importante perché agisce come un ‘calmante’ per le cellule nervose: quando viene rilasciato, aiuta a ridurre la loro attività, contribuendo a prevenire le crisi epilettiche – spiega Michele Simonato, professore ordinario di Farmacologia al Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione di Unife e coautore dello studio -. il recettore Y2 è invece una proteina presente sulla superficie delle cellule nervose, che funziona come un ‘interruttore’ per il NPY. Quando il NPY si lega a questo recettore, Y2 invia un segnale alla cellula, dicendole di calmarsi e di ridurre la sua attività. In sostanza, il recettore Y2 è il tramite che permette a NPY di regolare l’attività delle cellule nervose”. Il team di ricerca Unife ha messo a punto un sistema ingegnoso: un vettore virale modificato, ovvero un “mezzo di trasporto” sicuro, che ha il compito di introdurre nelle cellule bersaglio (i neuroni) i geni responsabili della produzione di NPY e del recettore Y2. Una volta che queste proteine sono prodotte, si instaura un meccanismo di “autocontrollo”: quando una cellula cerebrale comincia a diventare troppo attiva, cioè quando sta per scatenare una crisi epilettica, rilascia NPY. Questo NPY si lega ai recettori Y2 sulla stessa cellula, inviando il segnale che riduce immediatamente l’attività della cellula, evitando così che la crisi si sviluppi. Questo meccanismo ricorda quello di un termostato, che si attiva solo quando la temperatura (in questo caso l’attività neuronale) supera una certa soglia, mantenendo l’equilibrio all’interno del sistema nervoso.


“Punto di forza di questa nuova strategia terapeutica è proprio il meccanismo di autoregolazione – continua il prof. Simonato -. Grazie al sistema NPY-Y2, si evita un’inibizione eccessiva dell’attività cerebrale, che potrebbe avere effetti negativi sulle funzioni cognitive. Il sistema si attiva solo quando necessario, proprio come un sistema di sicurezza su misura per il cervello. In sintesi, la nostra ricerca ha sviluppato un metodo per regolare l’attività delle cellule cerebrali direttamente dall’interno. Questo approccio potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nel trattamento dell’epilessia, soprattutto per i pazienti che non rispondono ai farmaci convenzionali”.

Università Parma, due giorni su violenza di genere nell’informazione

Università Parma, due giorni su violenza di genere nell’informazioneRoma, 1 ott. (askanews) – La violenza di genere nell’informazione. Linguaggi, immagini e forme di comunicazione è il titolo del convegno che si terrà giovedì 3 e venerdì 4 ottobre all’Università di Parma nell’Aula K4 di via Kennedy. A seguire, il pomeriggio del 4 ottobre, spazio all’incontro Comunicare sulla violenza di genere: cosa manca? Cosa non funziona? in programma al CAPAS, Centro per le Attività e le Professioni delle Arti e dello Spettacolo dell’Ateneo, in vicolo Grossardi. La due-giorni si chiuderà con la proiezione del film “Nel cerchio degli uomini” di Paola Sangiovanni al Cinema D’Azeglio. 


Giornaliste, giornalisti, professioniste e professionisti della comunicazione si incontreranno per riflettere assieme su come la violenza maschile contro le donne viene rappresentata nel giornalismo e nelle campagne di sensibilizzazione: quali problemi e stereotipi persistono, e quali linguaggi e pratiche innovative stanno emergendo nel mondo della comunicazione professionale in Italia.  L’evento è organizzato dal corso di laurea magistrale in Giornalismo, cultura editoriale, comunicazione ambientale e multimediale del Dipartimento di Studi umanistici, sociali e delle imprese culturali dell’Università di Parma (DUSIC), in collaborazione con il CUG (Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni), il CAPAS, il CIRS (Centro Interdipartimentale di Ricerca Sociale “Diritti, società e civiltà”), le associazioni Maschile Plurale e Maschi che si Immischiano. 


L’incontro La violenza di genere nell’informazione. Linguaggi, immagini e forme di comunicazione si aprirà giovedì 3 ottobre alle 14.45 con i saluti introduttivi di Luana Salvarani, Vice Direttrice del DUSIC, di Marco Deriu, Presidente del corso di laurea magistrale in Giornalismo, cultura editoriale, comunicazione ambientale e multimediale e di Daniela Cherubini, docente di Questioni e strumenti della comunicazione di genere.  La prima sessione, dedicata al tema La narrazione della violenza: frames, metafore e chiavi di lettura, ospiterà gli interventi di Alessandra Pigliaru (Il manifesto) di Simona Rossitto (Il Sole 24 Ore), e di Alberto Leiss (DeA-Donne e Altri, e Maschile Plurale).  La seconda parte inizierà alle 17 e sposterà la discussione sul tema Senti chi parla: voci e soggetti nella comunicazione della violenza con gli interventi di Gabriele Balestrazzi, docente a contratto di Giornalismo laboratoriale, di Chiara Daina (Corriere della Sera) di Chiara Sgreccia (freelance), di Paola Centomo (iO Donna) e di Silvia Pochettino (Progetto Respiro). La discussione proseguirà la mattina del 4 ottobre alle 9 con una sessione su Parole e immagini sulla violenza e gli interventi di Chiara Cacciani (Gazzetta di Parma), della blogger Nadia Somma (Il Fatto Quotidiano), di Stefania Prandi (freelance), e di Pat Carra, fumettista.


Nella sessione conclusiva delle 11 il confronto sarà dedicato a Nuovi spazi e nuovi approcci: buone pratiche di comunicazione con gli interventi di Daniela Cherubini, Serena Bersani, Presidente di GiULiA (Giornaliste Unite Libere Autonome), Chiara Di Cristofaro (Il Sole 24 Ore), Mara Pedrabissi (Gazzetta di Parma e Presidente della Commissione Pari Opportunità della Fnsi-Federazione Nazionale Stampa Italiana), Elisabetta Cosci, Coordinatrice Pari Opportunità – Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, per concludersi con le parole di Antonella Vezzani, Consigliera di Parità della Provincia di Parma e di Emilia Solinas, Presidente del CUG dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. Nel pomeriggio, alle 14.45, al CAPAS, il secondo incontro. Comunicare sulla violenza di genere: cosa manca? Cosa non funziona? sposterà la discussione nell’ambito della comunicazione e delle campagne sociali di sensibilizzazione e prevenzione. Dopo l’introduzione della Direttrice del CAPAS Sara Martin e di Ermanno Porro, Presidente di Maschile Plurale, Alessio Miceli, Filippo Rea, Domenico Matarozzo, Stefano Ciccone, Massimiliano Sfregola, Alberto Leiss e Marco Deriu parleranno dei risultati del progetto “Contrastare la violenza di genere trasformando la cultura che la produce” promosso dall’Associazione Maschile Plurale con il contributo dei fondi dell’8xmille dell’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai che ha dato vita a una campagna pubblicitaria “Dì la tua contro la violenza maschile sulle donne” e a sei “Quaderni della trasformazione” dedicati a diverse attività di contrasto alla violenza.


Alle 16 la tavola rotonda “Luci e ombre della comunicazione sociale sulla violenza maschile”: interverranno Marco Deriu, docente di Comunicazione e pubblicità sociale, Elisa Coco (Agenzia Comunicattive), Claudio Nader (Osservatorio Maschile) Stefano Zanzucchi e Alvaro Gafaro (Maschi che si immischiano), Francesca Dragotto (Università di Roma Tor Vergata), Roberta Lisi (Collettiva-CGIL), e Stefano Ciccone (Maschile Plurale). La “due-giorni” di riflessione si concluderà alle 18.30 al Cinema d’Azeglio con la proiezione del film “Nel cerchio degli uomini” di Paola Sangiovanni che racconta le esperienze di un’associazione impegnata nell’autocoscienza maschile e nel contrasto alla violenza di genere. La proiezione, a ingresso libero, sarà introdotta dalla regista e da Sara Martin. La partecipazione agli eventi è aperta a tutte le persone interessate. Per info: Daniela Cherubini (daniela.cherubini@unipr.it), Marco Deriu (marco.deriu@unipr.it)

Bologna, 10 ordigni bellici trovati lungo torrente fuori città

Bologna, 10 ordigni bellici trovati lungo torrente fuori cittàRoma, 28 set. (askanews) – Nella zona di Pianoro, un piccolo comune della città metropolitana di Bologna, lungo il torrente Zena, sono stati rinvenuti una decina di ordigni bellici dalla ditta che stava operando in un cantiere dell’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile. I lavori – si spiega in una nota – vanno avanti nel rispetto di tutte le misure di sicurezza a tutela di cittadini e lavoratori Il ritrovamento degli ordigni inesplosi, probabilmente risalenti alla Seconda Guerra Mondiale – si aggiunge – è stato subito segnalato alle autorità competenti, che sono arrivate sul posto e che definiranno l’intervento di bonifica.