Skip to main content
#sanremo #studionews #askanews #ciaousa #altrosanremo

Tumori, all’IRCSS Candiolo seconda Tomotherapy per la radioterapia

Tumori, all’IRCSS Candiolo seconda Tomotherapy per la radioterapiaRoma, 10 giu. (askanews) – È entrata in funzione con il trattamento dei primi pazienti anche la seconda Tomotherapy di ultima generazione, arrivata all’Istituto di Candiolo – IRCCS il mese scorso grazie alla generosità dei sostenitori della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, che hanno permesso di investire nel nuovo macchinario 3 milioni di euro. In questo modo l’Istituto di Candiolo è oggi tra i pochissimi centri oncologici italiani a dotarsi di due Tomotherapy all’avanguardia, che consentiranno di curare un numero ancora maggiore di pazienti con la massima precisione e i migliori risultati possibili. “Grazie alla tecnologia avanzata, basata sulla IGRT (terapia radiante guidata dalle immagini) e sulla cosiddetta Adaptive Radiotherapy, le due Tomotherapy permettono di seguire il movimento della lesione neoplastica da trattare e di tener conto delle variabili anatomiche e fisiologiche che si verificano durante il trattamento radiante – spiega Marco Gatti, responsabile della Radioterapia dell’Istituto -. Di conseguenza è in grado di erogare il trattamento con estrema precisione, risparmiando al massimo i tessuti sani circostanti. Si tratta di una terapia radiante sempre più personalizzata, che é particolarmente efficace per il trattamento di tumori in aree delicate, come testa-collo, polmone e prostata, o di sarcomi degli arti e tumori a ridosso di organi critici come ad esempio il midollo spinale”. Rispetto alle tecniche radioterapiche convenzionali, aumenta l’efficacia, l’efficienza e la precisione del trattamento perché la Tomotherapy di nuova generazione, non solo bersaglia selettivamente il tumore, risparmiando i tessuti circostanti, ma è in grado di seguire il movimento del tumore dovuto ad esempio alla respirazione del paziente. In questo modo si ha la possibilità di somministrare la radioterapia in modo più preciso e la conseguente diminuzione del tessuto irradiato consente di frazionare il trattamento in un numero di sedute inferiore. “Questa dotazione rappresenta un importante passo avanti per la capacità dell’IRCCS Candiolo di prendere in carico i pazienti – commenta Salvatore Nieddu, Direttore Generale dell’IRCSS Oncologico del Piemonte di Candiolo -. Grazie ai due nuovi macchinari, i cicli di terapia più efficienti ed efficaci, saranno anche più veloci del 20-25% e così la Radioterapia dell’Istituto di Candiolo potrà prendere in carica circa 35 pazienti al giorno per un totale di oltre 400 nuovi pazienti ogni anno”. La nuova Tomotherapy darà anche impulso alla ricerca dell’IRCCS Candiolo: “Sarà possibile, tramite l’elaborazione delle immagini ad alta definizione di tipo diagnostico, studiare le modificazioni alle quali va incontro il tumore con il passare delle sedute, e questo ci consentirà di elaborare dei modelli predittivi della risposta tumorale”, conclude Gatti.

Intestino e microbiota, il vademecum degli esperti del Campus Bio-Medico

Intestino e microbiota, il vademecum degli esperti del Campus Bio-MedicoRoma, 7 giu. (askanews) – Sole, mare, vita all’aria aperta: se l’arrivo dell’estate ha molti impatti positivi su salute e benessere, non bisogna dimenticare che questa stagione comporta sfide notevoli per il corpo e l’apparato digerente, in particolare per il microbiota, comunità di microorganismi che svolge un ruolo cruciale in vari processi fisiologici come la digestione, il metabolismo e la funzione immunitaria. Per far fronte al meglio a queste sfide, la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico ha stilato alcune raccomandazioni che possono essere d’aiuto per proteggere intestino e microbiota. L’intestino, infatti, riveste un ruolo cruciale nella salute complessiva della persona: non solo assorbe i nutrienti ed elimina gli scarti, ma protegge anche da allergie, blocca virus e microrganismi dannosi e comunica con il sistema nervoso centrale, influenzando l’umore. È per questo motivo che viene anche definito “il secondo cervello”.


Quindi come affrontare l’estate? Prima di tutto, una raccomandazione valida per tutte le stagioni: mangiare frutta e verdura in grandi quantità e di tanti tipi diversi. I batteri “buoni” che compongono il microbiota sono di molte specie diverse, tutti hanno bisogno delle fibre, ma ognuno beneficia di nutrienti e sostanze specifiche. La sfida è arrivare a consumarne 15 o anche 20 tipologie diverse in una settimana. Ecco alcuni consigli degli esperti della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: Bere acqua in abbondanza: serve per mantenere idratato l’organismo e mantiene in vita i microrganismi che popolano l’intestino. Evitare regimi alimentari restrittivi o di esclusione, fai-da te: l’alimentazione deve essere bilanciata e ogni pasto deve contenere carboidrati, proteine, fibre e vitamine e pochi grassi, soprattutto quelli saturi. Spesso le diete riducono l’introito di quei nutrienti che sostengono il microbiota. Evitare il consumo di alcolici: l’alcol non è amico del microbiota. Consumare pasti leggeri, nutrienti e non grassi e senza alimenti ultraprocessati ricchi di grassi non buoni: al consumo di grassi saturi si è spesso associato l’aumentare della presenza di batteri che producono sostanze non benefiche per l’organismo. È importante tenere presente che si può cucinare e condire cibi gustosi anche con solo uno o due cucchiai di olio di oliva a pasto, ricco di grassi buoni (insaturi). Assumere probiotici ed antibiotici dopo consulto/prescrizione medica Mantenere uno stile di vita attivo: l’esercizio fisico può aumentare il numero di specie microbiche benefiche per la salute. Sottolinea Michele Guarino, responsabile Disturbi funzionali intestinali e microbiota della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: “Il microbiota intestinale contraddistingue ogni individuo, rappresentando una vera e propria impronta biologica. Per questa ragione l’approccio della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico si basa su una sua approfondita analisi e sulla personalizzazione del trattamento. Oggi è sempre più diffuso un abuso di test per l’analisi del microbiota, anche “fai da te”. Tuttavia, considerata la difficoltà per interpretarne i risultati, utilizzare questo tipo di test diagnostico è utile solo se poi viene letto da un esperto capace di trarne una terapia da proporre al paziente”.

Farmacologi SIF: allarme disturbi alimentari, 3,5 mln persone in cura

Farmacologi SIF: allarme disturbi alimentari, 3,5 mln persone in curaRoma, 7 giu. (askanews) – “Solo in Italia, attualmente, le persone in cura per disturbi alimentari sono circa 3 milioni e mezzo. Il dato più allarmante, recentemente riportato dal ministero della Salute, è che nel solo 2023 i nuovi casi registrati sono arrivati ad una cifra pari a 1.680.456, con un’età media di insorgenza di 17 anni. In generale, dal 2019, si è assistito ad una crescita continua e progressiva del numero di casi negli anni e ad un notevole abbassamento dell’età media”. E’ l’allarme lanciato dai farmacologi della Società Italiana di Farmacologia – SIF – riuniti a Camerino per la seconda edizione del Convegno Monotematico “Behavioral and metabolic aspects of obesity and eating disorders”, organizzato dal Gruppo di Lavoro SIF “Obesità, Sindrome Metabolica, e Disordini Alimentari” e dall’Università degli Studi di Camerino.


“I disturbi del comportamento alimentare sono patologie psichiatriche altamente invalidanti, e che compromettono significativamente la salute psico-fisica ed il funzionamento sociale degli individui che ne sono affetti.I più frequenti sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge eating disorder, anche noto come disturbo da alimentazione incontrollata”, spiega Carlo Cifani, ordinario di Farmacologia dell’Università di Camerino e coordinatore del Gruppo di Lavoro SIF. “Questi disturbi hanno come caratteristica comune – continua Cifani – la presenza di comportamenti alimentari disfunzionali ed eccessiva preoccupazione per il peso e per la forma corporea”. Un altro dato significativo è che non c’è più una netta prevalenza dei casi nel sesso femminile. Naturalmente, i numeri non riguardano solo l’Italia, ma sono un problema di interesse globale. Ad esempio, a livello Europeo sono almeno 20 milioni di persone affette da disturbi alimentari, e sono oltre 55 milioni le persone che ne sono colpite in tutto il mondo. Non solo i disordini alimentari, ma anche l’Obesità rappresenta, ad oggi, una delle principali emergenze per la sanità pubblica. Infatti, questa patologia incide profondamente sullo stato di salute dell’individuo, in quanto è spesso accompagnata da numerose comorbidità, quali diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, e può anche favorire significativamente il rischio di insorgenza di tumori.


“Dati aggiornati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità riportano che dal 1990 al 2022, la prevalenza mondiale di obesità è praticamente raddoppiata. Infatti – dichiara Silvana Gaetani, ordinaria di Farmacologia a “La Sapienza” di Roma – all’incirca il 43 % ed il 16 % degli adulti (sopra i 18 anni) sono risultati essere rispettivamente in sovrappeso ed obesi a livello mondiale. Molto preoccupante è anche il dato relativo all’obesità infantile, considerando che circa 37 milioni di bambini sotto i 5 anni risultano essere già in sovrappeso, mentre sono oltre 390 milioni i bambini in sovrappeso tra i 5 e i 19 anni”.

Iss: un italiano su quattro in eccesso peso

Iss: un italiano su quattro in eccesso pesoRoma, 6 giu. (askanews) – Quattro italiani su 10 sono in eccesso ponderale, uno su dieci obeso. E non decolla il consumo delle cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura raccomandate dalle linee guida per una corretta alimentazione. Se è vero infatti che pochi italiani adulti nella fascia 19-69 anni, il 3%, dichiarano di non inserirle nei propri pasti, meno di una 1 persona su 2, il 45%, ne consuma almeno 3 porzioni al giorno. Tra coloro che le mangiano, il 7% ne consuma la quantità di raccomandata dalle linee guida per una corretta alimentazione, cioè almeno 5 porzioni. Il 52% si ferma 1-2 al giorno, il 38% a 3-4. L’abitudine al consumo dei cosiddetti ‘five a day’ è più comune nelle donne, nelle persone con minori problemi economici e cresce con l’avanzare dell’età per arrestarsi negli over 65, dove la quota di persone che mangiano almeno 3 porzioni al giorno o aderiscono al five a day ha raggiunto nel 2023 il valore più basso dal 2016.


A fare il punto sono i dati della sorveglianza Passi e Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità pubblicati sul sito Epicentro e che fanno riferimento al biennio 2022-2023, che coinvolge almeno l’80% delle Asl con un campione pari a 275 persone per ciascuna. I dati riferiti dagli intervistati Passi nel biennio 2022-2023 relativi a peso e altezza portano a stimare che 4 adulti su 10 siano in eccesso ponderale, 3 in sovrappeso (con un indice di massa corporea compreso fra 25 e 29,9) e 1 obeso. L’essere in eccesso ponderale è una caratteristica più frequente col crescere dell’età, fra gli uomini rispetto alle donne, fra le persone con difficoltà economiche e fra le persone con un basso livello di istruzione. Alcune Regioni del Sud (Molise, Campania, Basilicata, Puglia) continuano a detenere il primato per quota più alta di persone in eccesso ponderale (sfiorando la metà della popolazione residente). Le analisi temporali non mostrano significative variazioni temporali nell’eccesso ponderale a livello nazionale, ma questo è solo il risultato di andamenti diversi, con cambiamenti non eccessivi ma significativi, delle due componenti di soprappeso e obesità, nelle tre ripartizioni geografiche fra generi e classi di età. Il sovrappeso aumenta nel Sud mentre l’obesità aumenta nel Nord, si tratta di modifiche contenute ma statisticamente significative; l’aumento di sovrappeso e dell’obesità è sostenuto dalle classi di età più giovani (18-34enni) mentre fra i 50-69enni si riducono entrambe; fra le donne aumenta il sovrappeso ma non vi sono differenze di genere nell’obesità. Meno della metà degli intervistati in eccesso ponderale riferisce di aver ricevuto dal proprio medico il consiglio di perdere peso e l’attenzione è indirizzata soprattutto alle persone obese, molto meno a quelle in sovrappeso. Ma il parere del medico viene valutato molto: la quota di persone in eccesso ponderale che dichiara di seguire una dieta è significativamente maggiore fra coloro che hanno ricevuto il consiglio medico rispetto a quelli che non lo hanno ricevuto (46% vs 17%). Tra gli over 65 ad essere in eccesso ponderale è oltre la metà (56%), il 41% in sovrappeso e il 15% obeso (IMC =30). Con l’avanzare dell’età , specie negli over 75,vi è un calo ponderale fisiologico: oltre a ridursi la quota di persone in eccesso ponderale, aumenta progressivamente quella degli anziani che perdono peso in modo involontario (definiti come coloro che dichiarano di aver perso più di 4,5 kg o più del 5% del proprio peso negli ultimi 12 mesi). Il consumo di almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura resta un’abitudine che coinvolge poche persone, non superando mai il 9% neppure nei gruppi che ne fanno un maggior consumo. La quota di persone che adotta questa abitudine nel proprio regime alimentare, già relativamente bassa, mostra anche una diminuzione nel tempo soprattutto negli ultimi anni e ovunque nel Paese, in particolare nelle Regioni settentrionali. Solo nelle Regioni del Centro Italia si era intravisto un aumento significativo dal 2008 al 2016, che poi si è arrestato e ha iniziato la discesa come nelle altre parti del Paese. L’adesione al consumo delle porzioni di frutta e verdura raccomandate per una corretta alimentazione significativamente più bassa nelle Regioni nel Centro-Sud rispetto a quelle del Nord Italia, ad eccezione della Sardegna in cui il consumo di 5 porzioni al giorno è fra i più alti (11%).

Sblocco assunzioni e IA per rilanciare Ssn: la ricetta dei Grandi Ospedali

Sblocco assunzioni e IA per rilanciare Ssn: la ricetta dei Grandi OspedaliRoma, 5 giu. (askanews) – La sanità italiana riparte dal Sud e dai professionisti che lavorano nelle aziende ospedaliere e sanitarie. Si è infatti concluso da poco a Napoli l’evento Grandi Ospedali, organizzato da Koncept in collaborazione con il Cardarelli, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II e la Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere (FIASO), dal quale è iniziato a prendere forma un documento di sintesi in cui vengono presentate riflessioni, proposte e raccomandazioni per superare le attuali criticità del Servizio Sanitario Nazionale.


“Liste d’attesa troppo lunghe, carenza di personale, scarsa formazione professionale: sono alcune delle criticità emerse negli oltre 40 laboratori tematici dell’evento e che rischiano di far implodere il nostro Servizio Sanitario Nazionale – racconta Giuseppe Longo, Direttore Generale dell’Azienda Universitaria Federico II -. Grazie alla partecipazione di circa 80 Direttori Generali di Aziende Ospedaliere e Sanitarie provenienti da ogni parte d’Italia, abbiamo messo sul tavolo, con onestà, quali sono le difficoltà che gli operatori sanitari e le strutture all’interno delle quali operano sono costretti ad affrontare tutti i giorni per soddisfare i bisogni di salute. Ci siamo confrontati e abbiamo ipotizzato una serie di azioni per favorire la metamorfosi del nostro sistema sanitario nazionale”. Dallo sblocco delle assunzione all’utilizzo della tecnologia digitale, queste sono alcune delle proposte emerse dall’evento che ha coinvolto quasi 6.000 persone, 1.900 in presenza e 4.000 online . “Per risolvere l’annoso problema della carenza di personale c’è solo una soluzione: sbloccare le assunzioni – sottolinea Antonio d’Amore Direttore generale dell’Ospedale Cardarelli e vice presidente FIASO -. Il tetto di spesa, introdotto nel 2004 e poi sempre riconfermato e aggravato nel 2009 dall’imposizione di una ulteriore graduale riduzione del 1,4%, limita la programmazione delle aziende sanitarie nella redazione dei piani di assunzione. Senza medici, infermieri e, in generale, operatori sanitari il Servizio Sanitario Nazionale non può reggere alla crescente pressione delle richieste di salute”. Sbloccare le assunzioni significa anche, indirettamente, sfoltire le liste d’attesa. La tecnologia digitale può inoltre contribuire a fare il resto. “Si possono, ad esempio, implementare piattaforme basate sull’Intelligenza artificiale che possono aiutare a gestire in modo razionale le liste d’attesa e sempre gli algoritmi possono rivelarsi di grande supporto agli specialisti durante tutto il percorso di cura, dalla diagnosi alla terapia”, dice D’Amore. Una nuova sanità, tuttavia, non può prescindere da una programmazione attenta e di lungo termine. “Una programmazione pluriennale è esattamente quello di cui abbiamo bisogno – sottolinea Longo -. Dobbiamo puntare lo sguardo lontano se vogliamo che il nostro Servizio Sanitario Nazionale mantenga le sue caratteristiche di eccellenza e universalità, oggi messe a dura prova”. Aggiunge D’Amore: “Dobbiamo pensare anche al post-PNRR. Le nuove risorse si stanno rivelando preziose per l’ammodernamento della nostra sanità, ma quando non ci saranno più dobbiamo avere un piano affinchè tutti gli sforzi fatti non si rivelino vani”. Nel nuovo documento verranno inserire anche riflessioni e proposte su altre tematiche di rilevante interesse, come la chirurgia robotica, la gestione delle maxiemergenze, i modelli di gestione sanitaria, le nuove terapie, la telemedicina, l’etica e la comunicazione in sanità. “Abbiamo voluto fortemente che questo grande evento della sanità italiana si tenesse a Napoli per dare una prospettiva da Mezzogiorno della Sanità italiana – concludono D’Amore e Longo -. E siamo convinti che è proprio dal Mezzogiorno possa montare l’ondata di cambiamento di cui il nostro Servizio Sanitario Nazionale ha così tanto bisogno”.

Accordo OMS-ISS per rafforzare risposta Libia alle zoonosi

Accordo OMS-ISS per rafforzare risposta Libia alle zoonosiRoma, 5 giu. (askanews) – L’OMS e l’ISS uniranno le forze per rafforzare la risposta nazionale della Libia alle infezioni zoonotiche, cioè quelle trasmesse dagli animali all’uomo, con un’attenzione particolare a quelle con potenziale endemico o pandemico, e alle arbovirosi, cioè quelle trasmesse da artropodi (zanzare, zecche e flebotomi). Questo è l’obiettivo del progetto intitolato “Arboviral and zoonotic diseases in Libya”, siglato oggi nella sede dell’Istituto dal Presidente dell’ISS prof. Rocco Bellantone e dal Rappresentante OMS in Libia dr. Ahmed Zouiten. L’iniziativa, che avrà una rigorosa ottica ‘One Health’ avrà la durata di due anni, ed è finanziata dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale italiano (Maeci), per un budget di 675 mila euro.


“Quella delle infezioni zoonotiche è una delle minacce più serie alla salute pubblica, come ci ha tristemente insegnato la pandemia, ed è importante che tutti i paesi siano in grado di fronteggiare questo rischio con un approccio di tipo ‘One Health’, che mette insieme la salute dell’uomo e dell’ambiente – ha commentato il presidente dell’Iss Rocco Bellantone -. L’Istituto è sempre pronto a mettere in comune le proprie competenze ovunque sia necessario, in un’ottica di collaborazione che fa parte della vocazione dell’Iss fin dalle sue origini”. L’OMS e l’ISS metteranno insieme le rispettive competenze, il know-how, l’esperienza e gli strumenti operativi. I partner locali del progetto saranno il Centro nazionale libico per il controllo delle malattie (NCDC) del Ministero della Salute, il Centro nazionale per la salute animale (NCAH) che è l’autorità veterinaria nazionale del Paese, sotto il Ministero dell’Agricoltura, degli animali e delle risorse marine e il Ministero dell’Ambiente. In particolare, l’Istituto si occuperà della componente di sviluppo e potenziamento continuo delle capacità per la qualità delle prestazioni del personale di sanità pubblica, epidemiologo e di laboratorio, per quanto riguarda gli aspetti tecnici, manageriali, di risposta rapida e di coordinamento. Gli obiettivi principali dell’intervento sono il rafforzamento della cooperazione intersettoriale tra i diversi operatori che si occupano di salute animale, umana e ambientale; migliorare la capacità di sorveglianza e di rilevamento precoce delle zoonosi; rafforzare le capacità diagnostiche dei laboratori anche in riferimento a nuovi patogeni.


“L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo sta lavorando alacremente per conseguire l’obiettivo sostenibile di sviluppo numero 3 dell’Agenda 2030 – Garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutte le età. – ha commentato Marco Riccardo Rusconi, Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo -. L’iniziativa che avviamo oggi in Libia, Paese in cui la Cooperazione Italiana è molto attiva e articolata, è un primo tassello in un percorso di affiancamento delle istituzioni e dei servizi libici con eccellenze del Sistema Italia, come appunto l’Istituto Superiore di Sanità. Con OMS e ISS stiamo infatti accompagnando i nostri partner libici a un rafforzamento delle capacità del personale locale, secondo un modello multidisciplinare concentrato sui bisogni delle popolazioni più vulnerabili e tenendo conto della relazione tra salute delle persone, dei loro animali e dell’ambiente in cui vivono.”

All’IRCCS Candiolo intervento alla prostata col chirurgo-robot

All’IRCCS Candiolo intervento alla prostata col chirurgo-robotRoma, 4 giu. (askanews) – Al chirurgo-robot oggi basta un solo ‘accesso’ per operare prostata e rene: con il nuovo sistema robotico ‘monobraccio’ non servono più le classiche quattro incisioni nella parete addominale per inserire i bracci robotici operatori, ma ne è sufficiente una sola, della grandezza massimo di una moneta, così il recupero post-operatorio si accorcia al minimo indispensabile e in futuro i pazienti potranno tornare a casa dopo poche ore dall’intervento. L’innovativa tecnologia è da oggi disponibile all’IRCCS di Candiolo (TO) dove Francesco Porpiglia, Professore ordinario di Urologia nel Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino sede di Orbassano coadiuvato dall’equipe dell’Urologia dell’IRCCS Candiolo, ha appena operato i primi due pazienti con il nuovo metodo che, nel prossimo futuro, consentirà di rendere l’intervento di rimozione di un tumore alla prostata una procedura rapida, da eseguire con un ricovero di 24-48 ore: “Grazie a questa eccellenza dei robot-chirurgici già oggi negli Stati Uniti oltre il 90% dei pazienti rientra a casa la sera stessa dell’operazione, il nostro obiettivo sarà la dimissione dopo aver trascorso al massimo una o due notti in ospedale”, dice Francesco Porpiglia.


Il nuovo robot Da Vinci SP, acquisito con il contributo della Fondazione Piemontese per la ricerca sul Cancro ONLUS, rappresenta un sistema di ultimissima generazione con un unico braccio robotico che offre la possibilità di eseguire interventi chirurgici complessi attraverso un unico accesso, sfruttando dove possibile orifizi naturali per raggiungere gli organi senza ledere la parete muscolare. Il braccio è equipaggiato con tre strumenti chirurgici evoluti che consentono una mobilità molto maggiore rispetto alla mano umana e con un endoscopio super-flessibile e orientabile per la miglior visione in alta definizione del campo operatorio, tutti controllati direttamente dal chirurgo. “Lo strumento, una volta inserito, consente una grande capacità di manovra in spazi anatomici molto ristretti, anche se occorre abituarsi a operare in maniera differente rispetto al passato – spiega Porpiglia – .In questo modo l’intervento diventa ultra-preciso, ma anche mininvasivo grazie al singolo accesso di circa 3 cm. Per il paziente significa ridurre il trauma e l’infiammazione locali, diminuendo notevolmente il dolore post-operatorio e tagliando i tempi del recupero, con benefici che sono anche estetici e psicologici”. Lo strumento è già utilizzato negli Stati Uniti, dove è stato introdotto nel 2018 e il suo impiego cresce del 38% annuo per ben 9mila interventi nel solo 2023; da un paio di mesi ha ricevuto il marchio CE ed è appena stato introdotto in Germania e Regno Unito. In Italia, Candiolo è il quarto centro, unico in Piemonte, a dotarsi dell’innovativa tecnologia, la più avanzata piattaforma robotica a oggi disponibile. “Non si tratta di uno strumento adatto a tutti i pazienti, – aggiunge Porpiglia – le prime indicazioni per le quali trova una sua destinazione naturale si hanno proprio in chirurgia urologica, che negli USA costituisce il 73% degli interventi, prevalentemente nel trattamento del tumore del rene e della prostata. In ambo i casi il sistema consente di passare al di fuori della cavità addominale con una minore invasività ma senza ridurre la qualità chirurgica e diminuendo del 30% i tempi di degenza grazie a una rapida ripresa e una significativa riduzione del dolore post-operatorio. Dei circa 500 interventi di chirurgia robotica programmati a Candiolo nel 2024, oltre un centinaio potranno essere appannaggio del robot ‘monobraccio’. L’obiettivo dell’IRCCS di Candiolo, grazie all’adozione di questa innovativa tecnologia, è quello di poter offrire a ciascun paziente una chirurgia sempre più pecisa e personalizzata, senza compromettere l’efficacia oncologica e massimizzando i risultati funzionali e di rapida ripresa della vita quotidiana del paziente grazie al minimo impatto dell’intervento”.

Salute, ESEO Italia: numeri record nel 2024 per l’esofagite eosinofila

Salute, ESEO Italia: numeri record nel 2024 per l’esofagite eosinofilaRoma, 4 giu. (askanews) – Open day in diversi ospedali ed ambulatori specializzati, giornate dedicate alla divulgazione scientifica, banchetti informativi presso strutture sanitarie in tutto il Paese, convegni e incontri fra pazienti e stakeholder e l’illuminazione di magenta di alcuni dei monumenti più importanti del nostro patrimonio artistico-culturale. Sono questi, in sintesi, i risultati eccezionali che l’associazione di famiglie contro l’esofagite e le patologie gastrointestinali eosinofile, Eseo Italia, ha ottenuto attraverso una campagna di sensibilizzazione, giunta alla terza edizione, che nel mese di maggio, in occasione della Giornata mondiale e di quella europea dedicata all’esofagite eosinofila, ha promosso numerose iniziative in tutta Italia.


“Grazie allo sforzo profuso attraverso gli open day, stando ai primi dati, possiamo dire di aver ottenuto un primo significativo successo: oltre il 50% delle visite ha infatti portato alla richiesta di ulteriori accertamenti, sintomo che le patologie eosinofile, come dimostrano tutti gli studi recenti, sono sempre più in aumento e l’attività di prevenzione è quindi fondamentale perché quella che vivono quotidianamente le persone affette da malattie gastrointestinali è una vera e propria odissea, alla ricerca di cure, ricerca e sostegno che faticano ad arrivare da parte delle Istituzioni”, informa Roberta Giodice, presidente dell’Associazione ESEO Italia. Dalla campagna ESEO Italia 2024 è stata lanciata da associazioni di pazienti e comunità scientifiche una call to action per chiedere ai rappresentanti delle Istituzioni di riconoscere finalmente l’esofagite eosinofila come malattia cronica, consentendo così a pazienti e ai caregiver che li assistono di avere cure e assistenza all’altezza, per una malattia rara che nel mondo è crescita dell’800% negli ultimi anni e che si sta sempre più diffondendo anche in Italia, dove si stimano tra i 25.000 e i 60.000 casi.


La mission. Durante il mese di maggio ESEO Italia ha promosso quindi diverse iniziative con l’intenzione di sensibilizzare le Istituzioni e la popolazione sulle istanze e sulle necessità ancora non soddisfatte dei pazienti affetti da esofagite eosinofila e patologie gastrointestinali eosinofile (in Italia si stima tra i 25.000 e i 60.000 casi), dei loro caregiver, e che ha previsto una serie di attività anche a livello europeo, con incontri e comunicazione dedicata. Obiettivo della campagna è quello di far finalmente conoscere e sensibilizzare attraverso un approccio multicanale sulle patologie eosinofile ed in particolare sull’esofagite eosinofila, negletta malattia infiammatoria cronica che colpisce principalmente l’esofago, inficiando pesantemente la qualità di vita dei pazienti, che spesso non riescono ad alimentarsi correttamente o con continuità. Le sindromi eosinofile. Le sindromi eosinofile sono un gruppo di malattie caratterizzate da un’iperproduzione di granulociti eosinofili che si accumulano nei tessuti, provocando la presenza di infiltrati a carico degli organi. Gli eosinofili sono globuli bianchi (leucociti) chiamati fisiologicamente in causa in presenza di infezioni e infestazioni parassitarie per debellare i germi. In presenza di patologie eosinofile questo meccanismo si attiva, invece, in maniera patologica e gli eosinofili aggrediscono i tessuti sani degranulando e rilasciando una sostanza tossica, la proteina cationica eosinofila (PCE), che provoca l’infiammazione dei tessuti coinvolti e, in assenza di un tempestivo trattamento terapeutico, il danno d’organo.


L’esofagite eosinofila (EoE) è una malattia infiammatoria localizzata all’esofago, caratterizzata da periodi di remissione clinica ed episodi di acuzie. Gli eosinofili sono protagonisti di questa infiammazione, attraverso i numerosi mediatori cellulari rilasciati durante la loro attività. L’EoE è una patologia immuno-allergica; spesso è possibile trovare la causa dell’infiammazione cronica in un’allergia alimentare e/o respiratoria; talvolta, però, non si riesce, nonostante i test allergologici ed i tentativi dietetici, a comprendere la probabile causa della malattia. Fenomeni autoimmunitari che possono coinvolgere anche altri tratti dell’apparato gastrointestinale possono essere implicati nello sviluppo di questa malattia. Durante gli episodi di attività della malattia, il paziente può presentare sintomi o segni tipici; in alcuni casi, invece, l’EoE si manifesta con sintomi aspecifici, simulanti la malattia da reflusso gastroesofageo. I sintomi più comuni sono rappresentati da difficoltà a far passare il cibo attraverso l’esofago (disfagia, sensazione soggettiva della presenza di cibo che progredisce con difficoltà in esofago), dolore e/o bruciore localizzati all’addome (epigastrio), al torace e dietro lo sterno (dolore e pirosi retrosternale), rifiuto dell’alimentazione (anoressia), con conseguenti stasi o rallentamento della crescita fino al calo ponderale. A volte, ricorrenti episodi di ostruzione acuta da bolo alimentare sono i sintomi che permettono di arrivare alla diagnosi.


Epidemiologia. La EGE ha una prevalenza stimata di 1-5:100.000 e appartiene al gruppo dei disordini gastrointestinali associati agli eosinofili, colpisce tutte le età, con età media tra i 30 e i 50 anni, con lieve preponderanza nei maschi. La più alta prevalenza sembra essere registrata in Nord-America, in Svezia ed in Australia con un dato di incidenza di circa 5-7/100.000 abitanti ed un dato di prevalenza di 50-60/100.000 abitanti. In Europa i principali dati derivano dalla Svizzera con una stima di prevalenza di circa 23/100.000 abitanti. Un recente studio di popolazione canadese ha rilevato un aumento della EoE in termini di incidenza da 2,1 a 11,0 per 100.000 persone e tale dato sarebbe frutto di un incremento del numero di biopsie esofagee, anche se al contempo sembrano aumentati gli accessi per endoscopia con indicazione disfagia. Si stima che il rapporto maschi/femmine sia 3/1 anche se al momento questo dato non presenta delle spiegazioni dal punto di vista fisiopatologico. Gli americani bianchi sembrano più colpiti (58%) rispetto agli Afro-Americani (34%) e ad altre etnie (8%). ESEO Italia. L’associazione di pazienti ESEO Italia è nata nel 2017 e persegue finalità di informazione, sensibilizzazione, assistenza sociale e sociosanitaria, ricerca e promozione scientifica in relazione all’Esofagite Eosinofila e alle patologie gastrointestinali eosinofile. Anche se giovane ha creduto nel valore e nella possibilità di cooperare a sostegno dei malati per poter migliorare la loro qualità di vita e con il suo impegno ha tessuto network con stakeholder nazionali ed internazionali che, a vario titolo, potessero contribuire a migliorare le condizioni dei pazienti.

Antibiotici, nuovi test diagnostici contro i ‘supermicrobi’

Antibiotici, nuovi test diagnostici contro i ‘supermicrobi’Roma, 31 mag. (askanews) – Rapidi, precisi e affidabili. Grazie a test diagnostici innovativi è oggi possibile individuare, nel giro di poche ore, non solo gli agenti patogeni responsabili di un’infezione, ma anche a quali farmaci sono sensibili. Utilizzati in maniera appropriata, questi nuovi strumenti diagnostici potrebbero ridurre i decessi per infezioni resistenti agli antibiotici di ben il 30% permettendo di individuare in tempi rapidi il farmaco idoneo. Questo si tradurrebbe per il nostro Paese in circa 3.300 vite salvate ogni anno. Ne sono convinti gli esperti riuniti in occasione della presentazione del nuovo Polo di Ricerca & Sviluppo di bioMérieux, a Bagno a Ripoli in provincia di Firenze. Un investimento che apre uno spazio nuovo nella ricerca in Italia in questo ambito. L’Italia è infatti considerata “maglia nera” in Europa per antibiotico-resistenza con ben 11mila decessi registrati in un anno. Il nuovo hub di Bagno a Ripoli, su cui bioMérieux ha puntato 9 milioni di euro, ha l’obiettivo di individuare e mettere a punto nuove soluzioni diagnostiche in grado in grado di contrastare l’emergenza “supermicrobi”. Inoltre, la multinazionale della diagnostica prevede di portare nello stabilimento toscano la produzione di un sistema di diagnostica di ultima generazione basato sulla spettrometria di massa che consente di individuare rapidamente le specie microbiche presenti in un campione biologico.


“Nell’Unione Europea più di 670mila infezioni sono dovute a batteri resistenti agli antibiotici, mentre circa 33mila persone muoiono come diretta conseguenza di queste infezioni – sottolinea Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento Scienze di Laboratorio e infettivologiche, direttore della UOC Microbiologia, Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica -. L’Italia è il primo Paese europeo per numero di morti per l’antibiotico-resistenza, un terzo dei quali prevenibili grazie un approccio proattivo all’individuazione e al trattamento mirato di agenti patogeni resistenti”. Oggi, infatti, la sola prevenzione non basta più. “Siamo arrivati al punto che per contrastare l’avanzata dei cosiddetti ‘super-microbi’, batteri e funghi che hanno imparato a resistere a molti degli attuali trattamenti disponibili, abbiamo bisogno di ricorrere a strategie diagnostiche innovative ed all’avanguardia, che consentono di individuare in tempi rapidi farmaci in grado di sconfiggerli- evidenzia Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) -. Secondo le nostre stime con questi nuovi test diagnositici si potranno ridurre i decessi di oltre il 30%”.


Il vantaggio non riguarda solo vite umane risparmiate, ma anche preziose risorse economiche che il Servizio Sanitario Nazionale potrebbe investire diversamente per migliorare la sua risposta ai bisogni di salute. “La antibiotico-resistenza e le infezioni correlate all’assistenza hanno un impatto enorme sul nostro sistema sanitario nazionale – spiega Gian Maria Rossolini professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia Clinica all’Università degli Studi di Firenze e direttore della Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi – si stima che ogni anno siano responsabili di 2,7 milioni di ricoveri per un costo diretto complessivo che ammonta a circa 2,4 miliardi di euro”.

Sclerosi Multipla: 140mila colpiti, emergenza sanitaria e sociale continua

Sclerosi Multipla: 140mila colpiti, emergenza sanitaria e sociale continuaRoma, 31 mag. (askanews) – Oggi, in occasione della Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, è stato presentato, presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, il Barometro della Sclerosi Multipla e Patologie Correlate 2024. Elaborato annualmente da AISM, il Barometro offre una fotografia aggiornata della sclerosi multipla e della emergenza sanitaria e sociale che rappresenta in Italia.


La sclerosi multipla (SM) è una grave malattia neurologica, che colpisce oltre 140 mila persone in Italia, con 3.600 nuove diagnosi all’anno: 6 nuovi casi ogni 100.000 persone, 12 in Sardegna. La prevalenza è intorno ai 227 casi per 100.000 abitanti nell’Italia continentale, con eccezione della Sardegna (stima di circa 420 casi per 100.000 abitanti). Si tratta soprattutto di donne, tre ogni uomo, diagnosticate in genere in età giovanile, tra i 20 e i 40 anni. AISM stima in circa 2.000 in Italia le persone con NMOSD – disturbi dello spettro della Neuromielite Ottica e della variante MOGAD, patologie rare molto simili alla sclerosi multipla che vengono seguite negli stessi Centri clinici. In Italia, il costo sociale di SM e NMOSD ammonta a circa 6,5 miliardi di euro l’anno. Il costo medio annuo per persona è di 45.800 e lo Stato si fa carico direttamente, attraverso servizi sanitari e sociali pubblici, di poco meno della metà (22.200 euro pari al 48%). Le famiglie si sobbarcano il 12% mentre il restante 40% è a carico della collettività, legato soprattutto alla perdita di produttività di pazienti e caregiver che smettono di lavorare, e quindi di generare ricchezza, a causa della patologia. I costi sociali aumentano all’aumentare della disabilità. dai 34.600 a persona per una disabilità lieve fino ad arrivare a 62.400 per una disabilità grave ma la quota sostenuta dallo Stato rimane invariata. A sostenere i costi aggiuntivi per la disabilità più severa sono infatti il sistema economico del Paese e le famiglie, che arrivano a spendere di tasca loro circa 14.000 euro annui nei casi gravi, in gran parte per assistenza a domicilio. Il Barometro 2024 presenta i dati dell’indagine realizzata quest’anno su 180 dei 237 Centri Clinici per la SM presenti in Italia e quelli raccolti nel 2023 su circa 1.500 persone con SM, insieme a quelli di fonte istituzionale. I Centri SM sono il punto di riferimento per oltre il 90% delle persone, il 70% delle quali riceve i farmaci modificanti il decorso, che riducono le ricadute e rallentano la progressione. Due terzi di loro riceve una terapia che può fare a casa, e riferisce che questa autonomia migliora la sua qualità di vita. Al restante 35% viene somministra la terapia al Centro clinico, e molti tra questi pazienti apprezzano la possibilità di confrontarsi con i clinici o con altri pazienti. SM e NMOSD generano però bisogni complessi, cui i servizi devono rispondere in modo tempestivo e coordinato. I problemi emergono soprattutto nei ritardi per accedere a Risonanze Magnetiche (36,2%) e visite di controllo (24,7%), e rimangono più spesso insoddisfatti i bisogni che richiedono servizi integrati: riabilitazione (46,9%), trattamento psicologico (45,2%), cure farmacologiche sintomatiche (39,3%) e assistenza domiciliare (19,6%) che le persone hanno indicato di non aver ricevuto, o di aver ricevuto in quantità insufficiente rispetto al bisogno. La crisi del personale che investe tutto il SSN non risparmia i servizi per la SM, secondo i dati 2024 ogni neurologo dedicato segue 558 pazienti e un infermiere 477, valori molto superiori a quelli indicati da AGENAS (1 neurologo ogni 300/400 pazienti). La telemedicina, sebbene abbia potenziato la risposta a distanza, non è ancora pienamente integrata nel sistema sanitario, e anche l’implementazione delle cure digitali si scontra con la mancanza di personale. La diffusione dei PDTA per la SM – Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali – non solo a livello regionale (14 approvati in Italia più 4 in discussione) ma anche a livello territoriale (passano dal 25% del 2022 al 36,5% i Centri che ne hanno uno) segnala che il sistema delle cure, e i Centri SM in particolare, sono aperti a soluzioni innovative, che offrano cure integrate e centrate sulla persona e razionalizzino i loro percorsi di cura. Rimangono però ostacoli organizzativi, di nuovo la carenza di personale è il principale (indicato dall’80% circa dei Centri), ma anche la debolezza dei servizi territoriali e sociali (60% circa) e le complicazioni amministrative alla gestione e condivisione dei dati clinici (57%), rallentano la piena realizzazione dei PDTA. La partecipazione delle persone con SM nelle decisioni che le riguardano non è ancora piena e si ferma al 30% la quota che riferisce di essere molto coinvolto nei processi decisionali relativi alla propria assistenza sanitaria e ai servizi sociali. Promuovere un maggiore coinvolgimento è fondamentale per garantire che le loro esigenze siano adeguatamente soddisfatte. Anche l’accesso a politiche e benefici economici che richiedono valutazione della disabilità rimane per molti problematico: il 60% di chi vi si è sottoposto ritiene che la commissione conoscesse poco la SM, quasi il 70% che non ne considerasse i sintomi invisibili. Il Barometro sottolinea l’importanza fondamentale dei caregiver nel supporto quotidiano alle persone con SM. Soprattutto le persone con disabilità moderata (47,2%) e grave (78,6%) hanno bisogno di aiuto e assistenza in casa, ma oltre il 20% non riesce a riceverlo. Tra chi lo riceve, il 39,7% ha un caregiver familiare, e più in generale il 55% può contare solo sulle proprie risorse, e al tempo dedicato dal caregiver aggiunge quello di personale a pagamento, mentre si ferma al 17,1% la quota di chi riceve aiuto solo dai servizi pubblici. SM e NMOSD generano un rischio importante di esclusione e di discriminazione, che oltre il 75% indica di subire nella vita quotidiana. Il mondo del lavoro (35%) è indicato come il contesto in cui più spesso si realizza la discriminazione, ma anche la burocrazia e quindi il rapporto con i servizi pubblici (34,9%) e i servizi finanziari (20,7%) sono menzionati da quote elevate. Chi riceve la diagnosi durante il percorso di istruzione riporta impatti importanti, il 30% di chi era all’università ha perso anni, e il 18% ha lasciato gli studi. Lo svantaggio quindi si accumula nel tempo, e spesso le persone arrivano già vulnerabili nel mondo del lavoro. Tra chi oggi non lavora, quasi il 60% ha smesso di farlo a causa della SM, e oltre la metà di questi (34%) indica che il contesto di lavoro non si adattava alle sue necessità. L’accessibilità soprattutto degli spazi e dei trasporti pubblici rimane un problema molto frequente, e riguarda non solo il 95% di chi ha disabilità moderata o grave, ma anche il 45% delle persone con disabilità lieve. È uno dei segnali che nella società SM e NMOSD non sono conosciute: oltre il 90% ritiene che la popolazione generale la conosca poco o per nulla, e quote molto simili si esprimono in questo senso a proposito dei giornalisti, del personale di uffici pubblici e privati, e il 51% anche di quelli sanitari non specializzati. Lo confermano d’altra parte gli italiani stessi, secondo l’indagine DOXA 2023 il 64% ritiene di sapere cos’è la SM, ma rimangono diffuse convinzioni scorrette: il 62% ritiene erroneamente che tutte abbiano disabilità grave e il 41% è convinto che non possano lavorare.