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Disturbo bipolare: una vita ‘in altalena’ per 120mila italiani

Disturbo bipolare: una vita ‘in altalena’ per 120mila italianiRoma, 29 mar. (askanews) – Prima un’inspiegabile tristezza, stanchezza e apatia. Poi segue una fase di apparente benessere, euforia, coraggio e spregiudicatezza. Giù e su, poi ancora su e giù: convivere con un disturbo bipolare è come rimanere per sempre su un’altalena. Ma scendere si può, a patto di seguire le giuste terapie, che troppo spesso vengono prescritte in grandissimo ritardo a causa di diagnosi mancate ed errate. Il disturbo bipolare, infatti, viene troppo spesso confuso con la depressione e la diagnosi corretta può arrivare con dieci anni di ritardo. Nel frattempo, la vita dei malati può cadere a pezzi, letteralmente. Per questo, in occasione della Giornata mondiale dedicata al disturbo bipolare, la Società Italiana di Psichiatria (SIP) lancia un appello ai medici e agli specialisti affinché non cadano nel tranello di diagnosi frettolose e sbagliate. E lo fa direttamente la presidente SIP, Emi Bondi, nel programma ‘Caffè e Psichiatria’ nella puntata in onda domani, giornata mondiale dedicata al disturbo bipolare, sul canale YouTube di Psychiatry on line Italia (www.psychiatryonline.it), in una intervista con l’editor della rivista, Francesco Bollorino. L’intervista è disponibile da domani anche sulla home page del sito della SIP, psichiatria.it.


“Un disturbo bipolare curato male, come se fosse ad esempio una ‘normale’ depressione, può avere conseguenze importanti sulla vita dei pazienti – spiega Emi Bondi, presidente SIP e direttore del dipartimento di salute mentale all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo -. È bene dunque ascoltare con attenzione i pazienti e fare un’accurata anamnesi con l’aiuto dei famigliari per evitare di prescrivere terapie inadeguate che possono peggiorare la situazione anziché migliorarla”. Il disturbo bipolare è una patologia psichiatrica piuttosto diffusa. Si stima che a soffrirne sia tra l’1 e il 2% della popolazione italiana, circa 120mila connazionali. In tutto il mondo si stima che siano ben 80 milioni le persone a soffrirne. “Anche se si tende a volte a ironizzare sulla ‘bipolarità’ delle persone, si tratta di una malattia seria, che rientra tra i disordini psichici, è caratterizzata da oscillazioni dell’umore che vanno da episodi depressivi a episodi ipomaniacali e maniacali – continua Bondi -. Questo significa che si alternano fasi di profonda depressione, angoscia e tristezza a fasi di estrema euforia ed esaltazione che, talora, può sfociare in comportamenti spregiudicati e pericolosi per sé stessi e gli altri”.


Questa altalena di emozioni, spesso, non viene individuata correttamente. “Innanzitutto, è lo stesso paziente che fa fatica a riconoscerla: mentre l’episodio depressivo è facilmente riconoscibile – spiega la presidente SIP – perché lo si vive con profonda sofferenza, come un blocco delle proprie capacità, la fase di ‘risalita’ dell’umore viene vissuta in maniera positiva perché le proprie capacità vengono esaltate e tutto diventa più facile e semplice. Può esserci dunque una scarsa consapevolezza e quindi accettazione nel chiedere aiuto e curarsi. Ma la fase di euforia può essere anche più pericolosa perché il paziente può compiere azioni di cui si pente in seguito e che possono creare il vuoto intorno a sé”. L’alternarsi di queste fasi può spingere il paziente a chiedere aiuto solo nella fase depressiva e che il medico si limiti a curare solo questa, confondendo il disturbo bipolare con una “normale” depressione. “Ma l’approccio terapeutico alla depressione e quello al disturbo bipolare sono molto diversi – continua Bondi -: mentre nella depressione l’umore va solo giù, quindi la terapia si basa solo sugli antidepressivi per portare l’umore in asse, usare solo questi farmaci nei pazienti con disturbo bipolare rischia di scatenare la fase ipomaniacale e maniacale, aumentando l’instabilità dell’umore fino ad arrivare a involuzioni che possono compromettere la salute e, in generale, la vita dei pazienti. Ma se intercettiamo bene e precocemente la patologia, con l’utilizzo degli stabilizzatori umore è possibile curare benissimo il paziente che può vivere così tranquillamente”.


La SIP quindi si unisce all’Organizzazione Mondiale della Sanità e, nella giornata dedicata al disturbo bipolare, invita i medici di medicina generale e gli specialisti a fare estrema attenzione al momento della diagnosi. “Con una diagnosi tempestive le attuali terapie disponibili possono consentire ai pazienti di scendere dalle montagne russe e di avere una buona qualità della vita”, conclude Bondi.

Lega Filo d’Oro: ecco il Manifesto delle persone sordocieche

Lega Filo d’Oro: ecco il Manifesto delle persone sordociecheRoma, 28 mar. (askanews) – La Fondazione Lega del Filo d’Oro ETS – Ente Filantropico ha presentato, presso la Sala della Regina della Camera dei deputati, il “Manifesto delle persone sordocieche”: un documento in dieci punti “che ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione delle Istituzioni sui diritti di questa fascia non trascurabile di popolazione, che conta oltre 360mila persone con disabilità sensoriali e plurime alla vista e all’udito e, contemporaneamente, con limitazioni di tipo motorio, la cui stima complessiva deve essere però vista verso l’alto, tenendo in considerazione anche i minori al di sotto dei 15 anni, non inclusi nella rilevazione, e le persone che presentano, oltre alla minorazione sensoriale, anche una disabilità intellettiva. Si tratta – sottolinea una nota – di persone spesso invisibili, che rischiano di essere confinate nell’isolamento imposto dalla propria disabilità”.


All’evento istituzionale, che ha dato il via alle celebrazioni del 60° anniversario della Fondazione, hanno preso parte il Vicepresidente della Camera dei deputati On. Giorgio Mulè per l’indirizzo di saluto e il Viceministro del Lavoro e delle politiche sociali On. Maria Teresa Bellucci, a cui sono seguiti gli interventi introduttivi, tramite video messaggio, del Ministro per la disabilità On. Alessandra Locatelli, del Sottosegretario di Stato per l’Economia e le Finanze On. Lucia Albano ed il messaggio del Ministro della Salute On. Orazio Schillaci. Per la Lega del Filo d’Oro sono intervenuti il Presidente Rossano Bartoli, il Presidente del Comitato Tecnico Scientifico ed Etico Carlo Ricci, il Presidente del Comitato delle Persone Sordocieche Francesco Mercurio, il Presidente del Comitato dei Familiari Daniele Orlandini, con le testimonianze toccanti dell’Educatrice Manola Tamburo e della volontaria Antonella Nibaldi. Inoltre, l’evento ha visto la presenza dei testimonial e amici storici della Fondazione, Renzo Arbore e Neri Marcorè. “C’è solo una parola per dare atto del lavoro, anzi della missione, che quotidianamente compie chi collabora con la Lega del Filo d’Oro: grazie. E per ringraziare volontari, personale, terapisti, familiari e soprattutto i miracoli viventi che popolano il Filo d’Oro, sono fiero di ospitarli alla Camera dei deputati in occasione del 60º anniversario della sua fondazione – afferma il Vicepresidente alla Camera dei deputati Giorgio Mulè – lo facciamo con un segnale concreto del Governo, perché con l’ampliamento della norma sul riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche, appena annunciato dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, l’esecutivo ha dato prova della centralità delle questioni legate all’attività del Filo d’Oro”. “Quello di oggi è un traguardo importante per la Lega del Filo d’Oro, per Rossano Bartoli e per tutte le persone che fanno parte di questa grande famiglia. – sottolinea il Ministro per la disabilità Alessandra Locatelli – . Sono felice di poter celebrare questa ricorrenza con una notizia importante. Ieri, su mia proposta, il Consiglio dei Ministri ha approvato una disposizione di modifica della legge 107/2010 in materia di riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche, inserendo questo tema nel ddl semplificazioni presentato dal Ministro Zangrillo. La costante collaborazione con Rossano Bartoli e lo staff legislativo della Lega del Filo d’oro ci ha consentito di andare nella direzione giusta: finalmente adeguiamo la definizione e ampliamo la norma per garantire il riconoscimento della condizione di sordocecità, a prescindere dall’età di insorgenza. Un segnale importante, che consentirà a tutte le persone sordocieche l’accesso ai servizi”.

Cure palliative come diritto universale: Documento di raccomandazioni SICP

Cure palliative come diritto universale: Documento di raccomandazioni SICPRoma, 28 mar. (askanews) – Ogni anno, nel nostro Paese, tra le 450 e le 540 mila persone hanno bisogno di cure palliative nel loro ultimo periodo di vita; oltre un terzo di queste persone presentano bisogni di complessità elevata, che richiedono l’intervento di equipe specialistiche di cure palliative nei diversi luoghi di cura (casa, hospice, ospedale, strutture residenziali). È un numero consistente e che si prevede in crescita costante nei prossimi anni. Sono alcuni dati emersi da un Documento di raccomandazioni, pubblicato dalla Società Italiana di Cure Palliative (SICP), che propone uno standard di personale medico e infermieristico per i servizi specialistici di cure palliative che operano nelle Reti Locali di Cure Palliative per gli adulti del nostro Paese. Il Documento, presentato oggi a Milano all’Università Statale in partnership con Federazione Cure Palliative, in una tavola rotonda dal titolo “Cure Palliative come diritto universale?” è il frutto di oltre un anno di rigoroso lavoro di analisi della letteratura scientifica e delle buone pratiche italiane e internazionali e di confronto fra operatori con competenze ed esperienze specifiche e consolidate in questo tipo di cure, in assenza al momento di specifiche indicazioni da parte delle Istituzioni nazionali. Il tutto, in un contesto di molteplici interventi legislativi, che vedono la copertura del bisogno di cure palliative tra gli obiettivi della Mission n.6.1 del PNRR. Dal confronto di quanto proposto nel Documento di raccomandazioni con quanto emerso da una ricerca effettuata da SICP su mandato della sezione O del CTS del Ministero della Salute si rende evidente che al bisogno di cure palliative specialistiche a domicilio fanno fronte circa 750 medici palliativisti, quando ne servirebbero 1600 con un deficit di oltre il 50% rispetto alle necessità), e circa 1500 infermieri (contro un bisogno stimato di 4550 e una carenza, dunque, di 3050 unità, pari al 66%). Rispetto all’assistenza domiciliare, la situazione degli hospice appare meno critica; secondo le stime della SICP, oggi negli hospice lavorano circa 500 medici palliativisti e oltre 2100 infermieri per 3199 posti, uno standard discretamente in linea con quanto previsto dal DM 43 del 2007, che tuttavia era riferito al solo bisogno di cure palliative nei pazienti oncologici, ma insufficiente rispetto ai nuovi obiettivi fissati dal DM 77/22 secondo i quali mancherebbero oltre 100 medici palliativisti e oltre 600 infermieri, pur in presenza di una grande variabilità di dati nelle diverse Regioni. Il quadro di carenza complessiva era stata già resa evidente dalla Survey SICP-ALTEMS rivolta a medici e infermieri attivi nelle Reti di cure palliative e dalla ricognizione di AGENAS sullo stato di attuazione della Legge 38/2010. I dati contenuti nella Survey SICP-ALTEMS hanno rilevato, fra l’altro, come più di 600 medici palliativisti in attività hanno oltre 56 anni di età, con una previsione di pensionamento nei prossimi 10 anni.

Roma, al Campus Bio-Medico inaugurata nuova risonanza magnetica 3 Tesla

Roma, al Campus Bio-Medico inaugurata nuova risonanza magnetica 3 TeslaRoma, 28 mar. (askanews) – È stata inaugurata la nuova Risonanza Magnetica (RM) tre Tesla della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico: la nuova strumentazione consentirà una maggiore risoluzione spaziale, con immagini sempre più dettagliate, e anche, in alcuni casi, una più veloce esecuzione dell’esame rispetto alle risonanze magnetiche più diffuse, quelle meno potenti a 1,5 Tesla. La maggiore risoluzione dello strumento consente, nella diagnosi di patologie cerebrali o muscolo-scheletriche e della colonna vertebrale, di identificare lesioni più piccole nonché strutture anatomiche non visibili con macchine della generazione precedente. La qualità delle immagini rende questa strumentazione il riferimento per gli esami dei distretti cerebro-vascolari e neurologici, oltre a consentire di effettuare esami funzionali, di spettroscopia, della prostata e del pancreas.


L’acquisto dell’apparecchiatura – informa una nota – è stato possibile grazie al contributo dato dalla Fondazione Roma, attraverso la Biomedical University Foundation, nel quadro di un più ampio finanziamento per lo sviluppo del Centro per la Ricerca e Cura della malattia di Alzheimer della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Oltre ai vertici della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, hanno partecipato all’inaugurazione il prof. Bruno Beomonte Zobel, coordinatore dell’Imaging Center del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, il dott. Franco Parasassi, presidente Fondazione Roma, il prof. Paolo Arullani, presidente dell’Advisory Board della Biomedical University Foundation, l’avv. Civita Di Russo, vice capo di Gabinetto del Presidente della Regione Lazio, l’on. Ylenja Lucaselli, capogruppo alla Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei Deputati.


Le apparecchiature con magnete da tre Tesla, rispetto a quelle da 1,5, garantisco prestazioni superiori in particolare nello studio di ipofisi, ippocampo, nuclei del tronco, nervi cranici, orecchio interno, corteccia cerebrale, tumori. Inoltre, riducono il rischio di immagini distorte, eliminando così la necessità di sottoporsi a ulteriori risonanze. Spiega il coordinatore Imaging Center della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico Bruno Beomonte Zobel: “Con questa tipologia di strumentazione si possono utilizzare tecniche cosiddette “avanzate” come la Spettroscopia a RM, il Tensore di diffusione, la Trattografia a RM e la RM funzionale con segnale BOLD. La RM funzionale è in grado di individuare le zone dell’encefalo che consumano ossigeno mentre il soggetto che viene esaminato con la macchina di RM sta svolgendo una determinata attività come può essere il guardare un video, l’ascoltare una musica o il compiere un piccolo movimento con un dito. In questo modo è stato possibile studiare, su volontari sani, quali sono le aree cerebrali che sono coinvolte, nel senso che vengono attivate e consumano ossigeno, nell’assunzione di certe decisioni”.

Covid, torna l’Osservatorio sulle fake news realizzato da CRI con The Fool

Covid, torna l’Osservatorio sulle fake news realizzato da CRI con The FoolRoma, 28 mar. (askanews) – Dal 2020 al 2023 si sono verificate circa 21.000 interazioni digitali pertinenti a discorsi di disinformazione relativi alla condizione post-virale conosciuta come Long Covid. Tra le conversazioni analizzate, le teorie della disinformazione si sono focalizzate principalmente su due narrative false: la negazione dell’esistenza del Long Covid e l’erronea associazione di questa condizione con la somministrazione dei vaccini anti-Covid-19. È quanto emerge dall’Osservatorio “Vera Salute”, realizzato dalla Croce Rossa Italiana e dall’agenzia “The Fool”, che nel mese di marzo di quest’anno ha affrontato il tema delle fake news presenti sul web relative proprio al Long Covid.


Vediamo nel dettaglio quali sono le notizie false circolate con maggiore frequenza. “Anzitutto – spiega la Cri – non è vero che il vaccino sia la causa del Long Covid. Viceversa, esistono molti studi che evidenziano come la vaccinazione contro il Covid abbia avuto un effetto sulla riduzione del rischio di Long Covid nei pazienti vaccinati prima o dopo l’infezione. Falso che il Long Covid sia una questione psicologica. Questa condizione di persistenza di sintomi, che può riguardare soggetti di qualunque età e con varia severità della fase acuta di malattia, è stata riconosciuta come entità clinica specifica. Errata anche la convinzione che i bambini e i giovani non possano esserne colpiti. Molti studi scientifici hanno preso in analisi campioni di pazienti soggetti da Long Covid tra cui erano presenti bambini e soggetti di giovane età. Il Long Covid è un problema concreto anche per loro ed è necessario non sottovalutare sintomi persistenti che possono essere causa di enorme disagio per i più piccoli con la compromissione della loro vita quotidiana. Sbagliato, inoltre, pensare che solo chi ha avuto sintomi gravi possa incontrare questa specifica problematica; infatti, anche persone che hanno avuto forme lievi di Covid-19 possono soffrire di Long Covid. Il digiuno intuitivo non aiuta a guarire dai sintomi persistenti da Covid-19. Falso anche che i sintomi possano essere costanti nel tempo. Il Long Covid, infatti, si può manifestare con ampia variabilità di sintomi che possono essere generici come tosse, astenia ed affanno, fino a manifestazioni più specifiche come dolore toracico o palpitazione, disturbi del sonno o neuropatie periferiche. I sintomi possono essere di varia natura e presentarsi in forma singola o in combinazione. Si va dal mal di testa, a forme di distrazione, fino a problemi gastrointestinali, dolori muscolo-scheletrici, fino all’ansia e alla depressione”.

Virus respiratorio sinciziale, Pediatri: strategia prevenzione condivisa

Virus respiratorio sinciziale, Pediatri: strategia prevenzione condivisaRoma, 28 mar. (askanews) – “Un importante passo in avanti verso l’adozione di una strategia preventiva efficace contro il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), principale causa di ospedalizzazione nei bambini sotto l’anno di vita, che tiene conto delle nuove soluzioni di prevenzione disponibili”, dichiara Antonio D’Avino, Presidente Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), a commento della circolare diramata alle Regioni dalla Direzione generale della Prevenzione del Ministero della Salute con le “Misure di prevenzione e immunizzazione contro il virus respiratorio sinciziale”.


Come riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevenzione del VRS rappresenta una priorità di sanità pubblica, essendo il virus la principale causa di ricovero e responsabile di infezioni alle basse vie aeree, come bronchioliti e broncospasmo, per neonati e bambini entro il primo anno di vita. Il picco di incidenza del VRS avviene nel periodo invernale, contemporaneamente ad altre malattie respiratorie, determinando un sovraccarico assistenziale con migliaia di accessi negli ambulatori del pediatra di famiglia e nei Pronto Soccorso, e ricoveri in ospedale e in terapia intensiva per le forme più gravi. “Oggi, grazie alla disponibilità di anticorpi monoclonali innovativi indicati per neonati e bambini è possibile prevenire la circolazione del virus e tutelare la salute della popolazione pediatrica che, specialmente nel primo anno di età, è maggiormente esposta ai rischi derivanti dall’infezione”, prosegue D’Avino. “In particolare, l’anticorpo monoclonale Nirsevimab negli studi preregistrativi si è dimostrato sicuro e in grado di ridurre dell’80% le forme più gravi di infezione da VRS. Evidenze confermate anche dai primi dati di utilizzo di Paesi come Spagna, Lussemburgo e Stati Uniti che hanno inserito l’anticorpo monoclonale all’interno dei loro calendari per tutti i lattanti alla loro prima stagione di VRS. Alla stregua di un programma vaccinale, sarebbe opportuno organizzare la somministrazione di tale anticorpo monoclonale direttamente in ambito ospedaliero, prima della dimissione dal reparto di maternità, per tutti i bambini nati nel periodo epidemico, tra ottobre e marzo, mentre i bambini nati nel periodo compreso tra aprile e settembre dovrebbero essere immunizzati nel mese di ottobre dell’anno di nascita, a cura dei servizi territoriali e del proprio Pediatra di Famiglia”.


“L’auspicio è che tutte le Regioni possano recepire in maniera omogenea le indicazioni contenute nella circolare ministeriale e rendere disponibili le nuove soluzioni per consentire l’attuazione di strategie preventive adeguate a tutelare la salute dei più piccoli e a ridurre i carichi assistenziali causati dalle infezioni da VRS sul territorio e negli ospedali. I Pediatri di Famiglia della FIMP si rendono disponibili a essere parte attiva di questa strategia, consapevoli di essere per i genitori un punto di riferimento certo per gli interventi assistenziali in materia di prevenzione. Il rapporto fiduciario che ci lega alle famiglie rappresenta il migliore antidoto contro la disinformazione contribuendo, insieme al counseling, alla scelta consapevole di prevenzione della patologia da VRS”, conclude il Presidente nazionale FIMP.

Al Gemelli un ambulatorio per vaccinare i “fragili”

Al Gemelli un ambulatorio per vaccinare i “fragili”Roma, 26 mar. (askanews) – Le persone fragili sono sempre più numerose, non solo per ragioni demografiche (gli ultra-65 enni in Italia sono ormai un quarto della popolazione), ma anche per la presenza di una serie di patologie (dai tumori, al diabete) che rendono questi pazienti più esposti a complicanze di ogni tipo. Comprese quelle infettive, molte delle quali sono prevenibili con i vaccini. Ma per proteggere al meglio questa popolazione di anziani e fragili bisogna essere proattivi. È questa la filosofia alla base del Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2023-2025 che promuove una diffusa capillarità dei punti vaccinali e una maggiore proattività nel raggiungere gruppi di popolazione ad alto rischio o difficilmente raggiungibili. E gli ospedali potrebbero giocare un ruolo di primo piano nell’individuazione dei ‘fragili’ e nell’offrire loro una serie di vaccinazioni. “Al Gemelli – riflette Patrizia Laurenti, direttore UOC di Igiene Ospedaliera della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e docente di Igiene all’Università Cattolica, campus di Roma – su 90 mila pazienti dimessi l’anno, circa la metà è composta da soggetti potenzialmente fragili (pazienti oncologici, diabetici, immunodepressi, trapiantati). Per tutti loro potrebbe essere programmata una protezione vaccinale per malattie quali influenza, Covid-19, polmonite da pneumococco, herpes zoster e, prossimamente, virus respiratorio sinciziale. Fondamentale l’alleanza con i clinici e gli specialisti che assistono questi pazienti perché ci aiutino a individuare, rispetto al loro percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, il momento migliore per offrire questa copertura vaccinale”. “La possibilità di offrire queste vaccinazioni in un setting ospedaliero – prosegue Laurenti – è davvero un’opportunità grande che dobbiamo cogliere, perché porterebbe vantaggi non solo per i pazienti, ma anche per le strutture ospedaliere, con un efficientamento della loro organizzazione (più rapido turn over dei posti letto) e per l’abbattimento del rischio di ri-ospedalizzazione per complicanze legate alle malattie infettive prevenibili da vaccino. Vantaggi che si estendono all’intera società e al contrasto dell’antibiotico-resistenza”.


Un anno fa, l’Osservatorio Italiano Prevenzione, lanciava il programma nazionale Ospivax. “Anche sulla base di quanto previsto dal nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale che stimola a valorizzare per le vaccinazioni dei setting alternativi (Medico di Medicina Generale, farmacie) ai centri vaccinali del territorio – spiega la professoressa Laurenti – il programma Ospivax invita a vaccinare in ospedale non solo i pazienti fragili e vulnerabili, ma anche gli operatori sanitari e i loro caregiver, secondo la strategia ‘cocoon’ (proteggo il caregiver e il familiare di un paziente fragile, per proteggere meglio il paziente). L’obiettivo insomma, come ospedale, è quello di mettersi al servizio della prevenzione perché abbiamo una grande opportunità di intercettare i fragili, che così possono approfittare di un’offerta vaccinale attiva, in integrazione con il territorio. I criteri di attribuzione dei ‘bollini’ Ospivax sono molto rigorosi, ma come Gemelli riteniamo di avere tutte le carte in regola per ottenere il bollino ed essere tra i primissimi a livello nazionale”. Un altro punto cruciale è come individuare i ‘fragili’. Sarà un algoritmo di intelligenza artificiale messo a punto dall’ICT del Gemelli (dottor Emilio Meneschincheri e dottor Tonino Marchetti) e applicato ai registri sanitari elettronici dell’ospedale, a individuare i soggetti più a rischio di ‘fragilità’. “Questi verranno ricontattati – anticipa la professoressa Laurenti – per un’offerta attiva di vaccinazione da erogarsi presso il nostro ambulatorio vaccinale ospedaliero (presso la sala prelievi del secondo piano, una volta a settimana) o presso i centri vaccinali di riferimento della ASL Roma 1 che collabora al Progetto. Questa attività rientra nel Work Package 3 CareVax, parte del progetto nazionale multi-stakeholder DARE (DigitAl lifelong pRevEntion), i cui referenti per Fondazione Policlinico Gemelli sono la professoressa Stefania Boccia e la dottoressa Roberta Pastorino. La fase pilota del progetto, che partirà il prossimo aprile e durerà 6 mesi, coinvolgerà i pazienti del Centro Malattie Apparato Digerente (CEMAD) e gli emodializzati. Il nostro obiettivo è di trasformarla in un’attività strutturata, a beneficio di tutti i pazienti del Gemelli”.

Alle Terme di Chianciano riaprono le cure termali stagionali

Alle Terme di Chianciano riaprono le cure termali stagionaliRoma, 24 mar. (askanews) – Il 28 marzo riaprono le quattro cure termali stagionali, convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale presso l’Institute for health di Terme di Chianciano, il Centro avanzato e integrato di medicina preventiva di Terme di Chianciano, con un focus particolare sulla prevenzione delle malattie croniche del fegato, dell’apparato digerente, del cuore e dell’apparato cardiovascolare, del diabete e della sindrome metabolica.


Le Terme di Chianciano, uno dei poli termali più conosciuti della Toscana, tra la Val di Chiana e la Val d’Orcia, patrimonio dell’UNESCO, procedono rapidamente verso una riqualificazione strutturale e concettuale di rilievo, in cui l’intramontabile cura attraverso le acque si integra con la prevenzione e le cure naturali, per un’offerta diagnostico-terapeutica completa, mai vista prima sul territorio. Infatti, coloro che cercano soluzioni di salute e benessere, trovano nell’Institute for health di Terme di Chianciano un vero e proprio centro di medicina integrata, rivolto alla diagnosi e alla cura delle patologie più diffuse, nel contesto di uno storico centro termale, con una confortevole Palestra della Salute interna. Dal 28 marzo sarà quindi possibile eseguire la propria cura termale, pagando il solo ticket di 55 euro (ad eccezione degli aventi diritto all’esenzione). Il ciclo comprende la visita medico termale iniziale e 12 giorni di cura, da prenotare in modo consecutivo, potendo personalizzare, tuttavia, la frequenza delle sedute in casi particolari. Le cure termali tradizionali presso le Terme di Chianciano appartengono a quattro branche. In caso di dispepsia o sindrome del colon irritabile con stipsi è consigliato il ciclo di cura idropinica, associandolo alla fangatura epatica e al bagno termale per un effetto depurativo su tutto il tratto gastro-intestinale. Se il problema è di tipo muscolo-scheletrico, con dolore cronico da artrosi, fibromialgia o esisti da reumatismi acuti, la prescrizione è per fango e bagno termale, a cui viene eventualmente aggiunta l’idrozonoterapia su consiglio del medico termale. Se l’affezione è delle vie aeree superiori, come sinusite cronica o rinite, sono consigliate le cure inalatorie. In caso di insufficienza venosa degli arti inferiori, si eseguono i bagni carbogassosi con idromassaggio per un effetto gambe leggere piuttosto rapido. Le cure termali convenzionate con il SSN devono essere prescritte dal proprio medico di famiglia o dallo specialista convenzionato, che riporterà su ricettario regionale la dizione corretta della cura consigliata e la relativa diagnosi. In questo modo, il paziente potrà chiamare o contattare via mail le Terme di Chianciano e prenotare la visita medico termale e il proprio ciclo di cura.


Per Terme di Chianciano, le cure termali sono un tassello importantissimo nella visione olistica di approccio multidisciplinare alla salute. Il periodo ideale in cui eseguirle è consigliato dal proprio medico, tuttavia la stagione tra la primavera, l’estate e l’autunno è la migliore per favorire coloro che arrivano da lontano per beneficiare ciclicamente delle virtù delle acque termali. Anche i residenti nelle zone limitrofe preferiscono godere degli effetti benefici delle cure, da questo periodo in poi. Inoltre, la riapertura stagionale delle cure termali avviene una settimana dopo la celebrazione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che cade il 22 marzo di ogni anno. La tutela di questo bene universale e indispensabile alla vita è particolarmente sentita dalle Terme di Chianciano che quotidianamente lavorano per valorizzare le proprietà delle acque termali, attraverso le cure e le piscine termali Theia. Con un’attenzione privilegiata verso l’ecosostenibilità e la tutela del territorio le terme si prendono cura del Parco Termale, dove sorge la fonte Acqua Santa e si trova il Salone Sensoriale per percorsi naturopatici olistici.

Cure dentali: risparmi per oltre 9 mld con prevenzione e terapie qualità

Cure dentali: risparmi per oltre 9 mld con prevenzione e terapie qualitàRoma, 23 mar. (askanews) – Una visita di controllo annuale e terapie dentali tempestive e di qualità potrebbero far risparmiare all’Italia oltre 9 miliardi di euro all’anno, quasi quanto costerà il ponte sullo stretto di Messina. Ad evidenziarlo gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) durante il 23° Congresso Nazionale, che si conclude oggi a Rimini, dedicato proprio alla qualità delle terapie in parodontologia e implantologia. Stando infatti a un recente rapporto dell’European Federation of Periodontology in tutto il mondo vengono spesi ogni anno 544 miliardi di dollari in cure per risolvere carie o parodontiti che si sarebbero potute facilmente prevenire. In Italia si stima un costo medio pro capite nel lungo termine di oltre 18.000 euro per la cura di carie o malattie parodontali, evitabili con un’adeguata prevenzione che preveda visite di controllo regolari per consentire terapie precoci. Purtroppo, gli italiani hanno ancora paura del dentista e il 64% lo teme: tra le paure più grandi, il disagio per la postura e i rumori degli strumenti caratteristici dello studio odontoiatrico. Così solo il 28% si controlla regolarmente, mentre il 40% va dal dentista solo quando ha sintomi evidenti.


“La prevenzione è l’arma vincente che abbiamo per ridurre i problemi di salute orale, che oggi riguardano una persona su due nel mondo, un’incidenza molto più alta di tutte le altre comuni malattie non trasmissibili – osserva Francesco Cairo, presidente SIdP e professore di parodontologia all’Università di Firenze -. Due miliardi di persone soffrono di carie, un miliardo di parodontite grave: il documento dell’European Federation of Periodontology, sottolineando che la spesa per le cure odontoiatriche rappresenta circa il 5% di tutti i costi sanitari a livello mondiale, ha perciò invitato a investire di più in prevenzione perché gran parte di queste spese potrebbero essere evitate. Potrebbero essere risparmiati ben 544 miliardi di dollari, per due terzi connessi alle cure e per un terzo dovuti ai costi indiretti delle patologie odontoiatriche, ma soprattutto la perdita di denti provocata da carie e parodontite è del tutto evitabile per la maggior parte delle persone”. Il documento dell’European Federation of Periodontology ha stimato i costi a lungo termine direttamente associati alla terapia di carie e malattia parodontale in persone dai 6 ai 65 anni in Brasile, Francia, Italia, Germania, Indonesia e Gran Bretagna. Il dato è ovviamente condizionato dalla numerosità della popolazione e va dai 9 miliardi in Italia, ai 35 miliardi in Brasile. Il più alto costo per le singole persone è stimato in Gran Bretagna con 22 mila euro a cittadino e il più basso in Indonesia con 6.000 euro. Nel nostro Paese tali costi superano i 18.000 euro a persona, ma con differenze sostanziali fra chi ha un alto o un basso reddito. “Per i primi la spesa è circa la metà rispetto ai secondi, perché una condizione socioeconomica più elevata si associa a migliori possibilità di accesso alle cure, a un’alimentazione di maggior qualità, a strumenti culturali più adeguati per conoscere e aderire alle strategie di prevenzione – specifica Cairo -. Questo significa che è necessario oltre che doveroso ridurre le disuguaglianze, per favorire l’accesso a controlli e diagnosi precoci in tutti gli strati della società”.


“Dobbiamo tuttora combattere la paura del dentista, che secondo una recente indagine è ancora ben radicata nel 64% degli italiani” – continua Cairo. Il sondaggio, condotto da Curasept ed Edra, ha evidenziato che tanti (49%) hanno più paura di sedersi sulla poltrona del dentista che di bisturi e siringhe (29%) o di togliere un neo (15%): la maggioranza teme il dolore, ma contribuiscono al disagio anche la postura scomoda, che costringe a stare a bocca aperta e immobili, i rumori caratteristici degli strumenti come il trapano o l’aspiratore, la condizione di passività e l’impossibilità di parlare per comunicare il fastidio. “La conseguenza è che le terapie necessarie diventano più impegnative, sia in termini di spesa sia soprattutto a livello clinico – riprende Cairo -. L’indagine d’altro canto ha sottolineato che accanto alla paura c’è anche una diffusa fiducia nei professionisti: il 30% degli italiani ne apprezza la preparazione e il calore umano, che aiutano ad affrontare con maggior serenità la seduta. È perciò fondamentale diffondere sempre di più la cultura della prevenzione e l’importanza di cure di qualità, per far sì che sempre più persone possano mantenere il loro sorriso senza dover spendere una fortuna”.

Tempi vestizione sono parte orario lavoro: risarcimento per infermieri

Tempi vestizione sono parte orario lavoro: risarcimento per infermieriRoma, 22 mar. (askanews) – Il 19 marzo scorso dal Tribunale di Avellino è arrivata la sentenza di primo grado che condanna l’Azienda Ospedaliera Moscati al pagamento di oltre 300mila euro di risarcimento per 68 infermieri. Il Nursind, assistito dall’avvocato Domenico De Angelis, uno dei legali più esperti in Diritto del lavoro, ha vinto infatti la causa per i tempi di vestizione e per i passaggi di consegne. “Un’altra vittoria per gli infermieri e per il sindacato: il tempo per indossare la divisa prima dell’inizio del turno, come abbiamo sempre sostenuto, va compreso nell’orario di lavoro e, quindi, retribuito – commenta Romina Iannuzzi, segretario territoriale Nursind Avellino e membro della direzione nazionale -. È dal 2015 che non solo portiamo avanti questa battaglia di civiltà nelle aziende sanitarie italiane, ma incassiamo anche risultati a favore dei lavoratori. Al punto da poter dire che su questo principio la nostra sigla ha fatto giurisprudenza”.


Ai 68 infermieri spetterà nel dettaglio una somma di circa 4.500 euro ciascuno, oltre naturalmente alla soddisfazione di vedersi riconosciuto un diritto a lungo calpestato. È proprio su questo aspetto che si sofferma il segretario nazionale Nursind, Andrea Bottega, commentando la sentenza: “È sempre bello quando a trionfare sono i diritti. A maggior ragione, come nel caso dei tempi di vestizione, se parte integrante del contratto, che il datore deve rispettare. Dell’intera vicenda, infatti, l’aspetto spiacevole è quello di essere costretti ad aprire contenziosi legali per poter dare agli infermieri, categoria tra le meno pagate d’Europa, la sacrosanta retribuzione che spetta loro”.