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Ebola, MSF: vaccino dimezza mortalità tra persone infettate da virus

Ebola, MSF: vaccino dimezza mortalità tra persone infettate da virusRoma, 16 feb. (askanews) – A dieci anni dalla peggiore epidemia di Ebola della storia, che colpì tre paesi dell’Africa Occidentale provocando più di 11.300 morti, uno studio osservazionale condotto da Epicentre, il centro di ricerca medica ed epidemiologica di Medici Senza Frontiere (MSF), dimostra che la vaccinazione contro Ebola può dimezzare il tasso di mortalità. I risultati dello studio pubblicati su The Lancet Infectious Diseases evidenziano che la mortalità tra i pazienti non vaccinati è stata del 56% contro il 25% di coloro che avevano ricevuto il vaccino. Lo studio, realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Ricerca Biomedica (INRB) e il Ministero della Salute della Repubblica Democratica del Congo (RDC), analizza i dati raccolti durante la decima epidemia di Ebola in RDC su 2.279 casi confermati di Ebola ricoverati in una struttura sanitaria tra il 27 luglio 2018 e il 27 aprile 2020 e si riferisce a tutti i pazienti, indipendentemente dal sesso e dall’età. Finanziato da MSF, lo studio si focalizza sull’unico vaccino contro Ebola raccomandato durante le epidemie. Sviluppato per essere somministrato in singola dose, è raccomandato principalmente per la vaccinazione ad anello delle persone ad alto rischio di esposizione durante le epidemie. Questa strategia prevede la vaccinazione dei contatti (le persone che hanno avuto un contatto con un individuo infetto da virus Ebola), i contatti dei contatti, gli operatori sanitari e gli operatori in prima linea. Uno studio clinico di fase 3 condotto in Guinea ha dimostrato che il vaccino protegge notevolmente dall’infezione da virus Ebola. Tuttavia, alcune persone, nonostante fossero vaccinate da più di 10 giorni, periodo considerato sufficiente a sviluppare l’immunità, sono state comunque infettate dal virus Ebola durante la decima epidemia in RDC. Ciò sottolinea l’importanza di valutare non solo l’efficacia del vaccino contro l’infezione, ma anche il suo impatto sulla mortalità. Tuttavia, l’impatto del vaccino sulla mortalità durante un’epidemia non era ancora stato valutato, nonostante durante la decima epidemia Ebola in RDC sia emerso che alcune persone si sono infettate con Ebola nonostante fossero state vaccinate da più di 10 giorni, il periodo considerato sufficiente per sviluppare l’immunità. Sebbene l’obiettivo rimanga quello di vaccinare le persone il più precocemente possibile durante le epidemie, ovvero prima dell’esposizione al virus Ebola, i risultati dello studio di Epicentre di MSF mostrano che il vaccino diminuisce notevolmente la mortalità anche quando viene somministrato “tardi” , cioè, dopo l’esposizione al virus. Inoltre, lo studio non ha riscontrato nessun effetto antagonista tra la vaccinazione e il trattamento contro Ebola. ” La vaccinazione dopo il contatto con una persona affetta dal virus Ebola, anche se somministrata poco prima della comparsa dei sintomi, conferisce comunque una protezione significativa contro la morte” spiega Rebecca Coulborn, epidemiologa del centro Epicentre di MSF, “il rischio ridotto di morte grazie alla vaccinazione si aggiunge alla riduzione del rischio data dal trattamento specifico contro Ebola, indipendentemente dal ritardo prima del trattamento”. L’ebola è stata scoperta nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Esistono diverse varianti della malattia, con la specie Zaire che è stato il più comune nell’ultimo decennio. Le epidemie più recenti hanno toccato in particolare la Repubblica Democratica del Congo (la dodicesima epidemia nel 2021) e l’Uganda (2019 e 2022). Durante l’epidemia di Ebola in Africa Occidentale (Liberia, Guinea e Sierra Leone) nel 2014 sono state contagiate 28.646 persone.

Alzheimer, prime linee guida europee: ‘bussola’ contro labirinto diagnosi

Alzheimer, prime linee guida europee: ‘bussola’ contro labirinto diagnosiRoma, 15 feb. (askanews) – Una radicale modifica nell’approccio diagnostico: da oggi c’è una nuova guida nel labirinto della diagnosi dei disturbi cognitivi e dell’Alzheimer. Le prime raccomandazioni intersocietarie europee realizzate dagli esperti delle maggiori Società Scientifiche del settore e coordinate da specialisti dell’Università di Genova – IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, dell’Università di Ginevra e dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, consentiranno di arrivare prima e meglio a dare un nome al problema di chi manifesta i primi segni di un deterioramento cognitivo, riconoscendo se si tratti di Alzheimer, come avviene in un caso su due, o di un’altra forma di demenza. Le raccomandazioni, appena pubblicate sulla prestigiosa rivista The Lancet Neurology, per la prima volta non sono centrate sulla malattia, ma sul paziente e i suoi sintomi. A partire da 11 diverse modalità con cui si presentano i segni di un deterioramento cognitivo, in 4 passi successivi e con test differenti a seconda del profilo del singolo paziente, si potrà d’ora in poi arrivare a individuare la patologia responsabile in tempi più rapidi e con minori sprechi di risorse. Il percorso diagnostico, oltre ad analisi del sangue, test cognitivi, risonanza magnetica o TAC e in alcuni casi elettroencefalogramma che sono previsti nel primo step, cambia a seconda dei pazienti e può includere o meno l’analisi di specifici marcatori nel liquido cerebrospinale, PET o SPECT di differenti tipologie, scintigrafie. In un prossimo futuro, quando a questi esami sarà verosimilmente possibile associare anche l’utilizzo di biomarcatori rilevabili nel sangue, l’iter previsto da queste nuove raccomandazioni potrebbe ridurre fino al 70% gli esami strumentali inutili per diagnosi precise, affidabili e tempestive che allo stesso tempo ridurranno i costi per il Servizio Sanitario.


“Queste raccomandazioni nascono dall’esigenza di avere indicazioni condivise, internazionali e ben documentate ma soprattutto centrate sulla presentazione clinica dei sintomi, sul paziente anziché sulla malattia – spiega Flavio Nobili, co-coordinatore dello studio e Professore di Neurologia all’Università di Genova – IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – .Il paziente con un deficit cognitivo iniziale ha circa il 50% di probabilità di avere l’Alzheimer oppure un’altra delle varie patologie che causano disturbi neurocognitivi. Per districarsi fra le tante cause e arrivare a una diagnosi, oltre ai test cognitivi oggi esistono molti esami strumentali, dalla TAC, alla risonanza magnetica, all’esame del liquor, il liquido cerebrospinale: per ciascuna metodica esistono linee guida e ambiti di applicazione a seconda delle diverse malattie, ma quando il neurologo ha di fronte per la prima volta il paziente non sa ancora di che patologia soffra, perciò è difficile utilizzare linee guida pensate per individuare l’una o l’altra patologia. Ecco perché serviva costruire raccomandazioni basate principalmente ‘sul sintomo’ e non sulla malattia”. Lo studio pubblicato su The Lancet Neurology è il risultato del lavoro di 22 esperti internazionali afferenti alle 11 maggiori Società Scientifiche europee nel campo della neurologia, psicogeriatria, radiologia e medicina nucleare. Nell’arco di circa tre anni, con la supervisione di sei ulteriori esperti dell’argomento riconosciuti a livello internazionale e con il supporto di un rappresentante dell’Associazione dei pazienti e dei loro familiari Alzheimer Europe, sono state condivise e approvate raccomandazioni sui percorsi diagnostici da intraprendere in persone con segni di pre-demenza o demenza iniziale, basate sulla letteratura scientifica e l’esperienza clinica dei professionisti coinvolti.

Infezioni ospedaliere e antibiotico resistenza, Simit: cambiare norme

Infezioni ospedaliere e antibiotico resistenza, Simit: cambiare normeRoma, 15 feb. (askanews) – Le Infezioni Correlate all’Assistenza provocate da germi multiresistenti agli antibiotici rappresentano un problema prioritario di sanità pubblica in tutto il mondo. L’Italia non fa eccezione e, anzi, presenta dati particolarmente preoccupanti. La Società di Malattie Infettive e Tropicali propone una serie di iniziative con gli obiettivi di acquisire consapevolezza, usare correttamente gli antibiotici, cambiare l’attuale assetto in maniera costante, uniformare l’applicazione delle norme sul territorio nazionale. A questo si rivolgono i progetti “Insieme” e “Resistimit” presentati alla Camera dei Deputati con una larga rappresentanza di parlamentari e dirigenti del Ministero della Salute assieme alle società scientifiche e a rappresentanti delle associazioni del territorio. I temi sono stati approfonditi nel successivo Convegno promosso dalla SIMIT “Insieme contro le Infezioni Correlate all’Assistenza”. Strategica la proposta di legge presentata a febbraio 2023 in collaborazione con l’Associazione culturale Fülop per dare seguito a questi scopi.


Antibiotico-resistenza e Infezioni Correlate all’Assistenza – ICA sono fenomeni in crescita in tutta Europa, con l’Italia che è tra i Paesi con le peggiori performance. Tra le principali cause vi è l’eccessivo uso di antibiotici, sia a livello umano che nel mondo animale, ma anche la scarsa conoscenza del tema e la mancanza di buone pratiche come l’igiene delle mani. Per questo occorrono programmi e strategie mirate che favoriscano un uso corretto degli antibiotici (Antimicrobial Stewardship) e un efficace piano di controllo e prevenzione delle ICA. “Nel mondo si stimano 5 milioni di morti associate all’antibiotico resistenza, di cui 1 milione 300mila direttamente attribuibili ad essa. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stimano nel 2050 una mortalità per germi multiresistenti agli antibiotici superiori alle patologie oncologiche, con 10 milioni di decessi a livello globale – sottolinea Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT -. In Italia si calcolano 11mila morti l’anno, record europeo, un terzo di tutti i decessi. Le ICA hanno un impatto enorme sul SSN, con 2,7 milioni di posti letto l’anno occupati. Il conto economico contempla costi diretti che ammontano a circa 2,4 miliardi di euro. Circa l’8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione di questo tipo. Tuttavia, è possibile inaugurare un nuovo percorso che permetterebbe di ridurre di almeno il 30% l’impatto di queste infezioni”. Il controllo delle ICA deve essere affrontato in ogni ambito dove queste si verificano: per questo è fondamentale un approccio multidisciplinare, che coinvolga non solo l’infettivologo ma anche ogni altro specialista ospedaliero. La prevenzione delle infezioni rappresenta una componente complementare alla corretta somministrazione degli antibiotici. Il problema principale è che nel nostro Paese spesso abbiamo usato gli antibiotici come sostituto del controllo delle infezioni mentre solo attraverso l’integrazione di queste componenti possiamo vincere questa battaglia contro l’antibiotico-resistenza. Per questo è importante creare una collaborazione con tutti gli attori coinvolti. “Per rendere operative le strategie di contrasto alle Infezioni Correlate all’Assistenza occorrono un coordinamento tra istituzioni, direzioni sanitarie e clinici; un inquadramento in progetti nazionali; un monitoraggio continuativo e un sistema permanente, poiché si tratta di fenomeni in continua evoluzione – sottolinea Cristina Mussini, Vicepresidente SIMIT -. Da queste esigenze nasce Insieme, un progetto con cui SIMIT si propone come braccio operativo nell’applicazione del PNCAR, uniformando a livello nazionale le politiche di controllo delle infezioni ospedaliere. Proprio per evitare applicazioni eterogenee abbiamo costituito un gruppo di esperti che possano promuovere la formazione, organizzare controlli negli ospedali e audit che raccolgono le criticità. Nel primo workshop, a Modena, che ha coinvolto 14 ospedali distribuiti su tutto il territorio nazionale, abbiamo formato e addestrato il gruppo di progetto e creato una survey allo scopo di evidenziare le criticità principali per l’implementazione dei programmi di contrasto alle infezioni nosocomiali negli ospedali. Questo questionario lanciato e diffuso dalla SIMIT ha visto la partecipazione di oltre 40 ospedali. Dalle risposte abbiamo rilevato la difficoltà di interazione tra i diversi gruppi di lavoro, la mancanza di personale dedicato e di sistemi integrati di sorveglianza nei laboratori, la necessità di diffondere ulteriormente pratiche standard come, ad esempio, l’igiene delle mani del personale sanitario, che deve essere rafforzata in almeno la metà degli ospedali. Più della metà degli ospedali non ha un sistema integrato di monitoraggio delle principali infezioni diffuse nelle chirurgie, legate agli accessi vascolari, alle infezioni del tratto urinario, alle polmoniti, alle protesi articolari con difficoltà nell’attuare interventi di prevenzione specifici (bundle) degli stessi. Migliorare la situazione è possibile, basti pensare che con l’applicazione di strategie adeguate possono prevenire fino al 50% delle ICA. Serve dunque sia un’azione culturale che generi consapevolezza, sia una strategia operativa che realizzi un’inversione di rotta che acquisti continuità”. L’altro progetto avviato dagli infettivologi è la piattaforma clinica Resistimit, finalizzata a combattere i microrganismi multiresistenti agli antibiotici con due strumenti: la realizzazione di un registro dinamico nazionale inquadrato in un solido sistema di sorveglianza; un software per la messa in rete di questi dati, che tramite intelligenza artificiale diventeranno utile strumento anche per definire futuri scenari.

A Parma due giorni di alta formazione per anestesisti e operatori TI

A Parma due giorni di alta formazione per anestesisti e operatori TIRoma, 15 feb. (askanews) – Dopo il successo della prima edizione, ritorna a Parma l’evento internazionale ‘Keep Calm and Control Pressure’, dedicato agli scompensi pressori. Anestesisti e operatori di terapia intensiva da Italia, Germania, Austria e per la prima volta dal Sud Africa, parteciperanno alla seconda edizione dell’evento che si tiene il 15 e 16 febbraio presso il Simula Hub – Il Centro di alta formazione realizzato da Accurate, azienda italiana con ricerca e sviluppo completamente incentrata sulla simulazione in medicina.


Il corso di formazione vedrà simulata, in un ambiente altamente specializzato e realistico, la gestione di 6 casi clinici complessi associati ad alterazioni del controllo pressorio: scompenso cardiaco, shock emorragico, shock settico, gestione ECMO, tamponamento cardiaco e fibrillazione atriale post- operatoria. Gli scenari di simulazione, associati a lezioni frontali di alto livello tenute da esperti internazionali, hanno lo scopo di fornire agli anestesisti e agli operatori di terapia intensiva mezzi pratici per ampliare le conoscenze e le competenze necessarie a gestire le crisi di pressione perioperatoria, che possono mettere a rischio la vita del paziente. L’evento è organizzato da Accurate, società del gruppo Digit’Ed, e promosso con il contributo non condizionante di Chiesi Farmaceutici, gruppo biofarmaceutico internazionale orientato alla ricerca che sviluppa e commercializza soluzioni terapeutiche innovative nel campo della salute respiratoria, delle malattie rare e delle cure specialistiche.

Neurologi Sin ad agricoltori: uso pesticidi sia responsabile

Neurologi Sin ad agricoltori: uso pesticidi sia responsabileRoma, 15 feb. (askanews) – La Presidenza della Società Italiana di Neurologia appoggia i principi di una transizione ecologica sostenibile per un corretto recupero della sostenibilità e della biodiversità che hanno spinto gli agricoltori di tutta Italia e di mezza Europa a salire sui trattori per manifestare le loro necessità di lavoro. Il Presidente della SIN, Alessandro Padovani, lancia però un monito agli agricoltori per un oculato utilizzo delle innovazioni messe a disposizione dal Green Deal, prime fra tutte quelle su un uso responsabile dei pesticidi affinché essi non siano impiegati in maniera indiscriminata e acritica, per garantire un normale sviluppo del sistema nervoso cerebrale nei bambini senza aumentare il rischio di malattie neurologiche negli adulti e negli anziani.


Nel 2022 – ricorda la società scientifica in una nota – è stato messo a punto il SUR, acronimo di «Sustainable use regulation of Plant Protection Products» cioè un regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi per un dimezzamento del loro impiego nell’Unione entro il 2030. I pesticidi chimici sono fra le principali fonti di inquinamento dell’acqua e del suolo, dell’aumento della resistenza ai parassiti, nonché di varie malattie croniche dell’uomo, dai tumori alla malattia di Parkinson. Secondo il rapporto WWF 22 ‘Pesticidi: una pandemia silenziosa’ l’Italia risultava il sesto Paese al mondo per il loro utilizzo con quasi 400 diverse sostanze per un totale di 114mila tonnellate all’anno. . L’anno scorso l’Italia e altri 9 Paesi (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Rep. Ceca, Slovacchia e Ungheria) hanno costituito un Comitato per chiedere una riduzione delle restrizioni SUR della UE. Non essendo però mai stata raggiunta una maggioranza né a favore né contro l’abrogazione del SUR, in base al regolamento che obbliga la UE all’esecuzione in assenza una maggioranza fra Stati membri, il 28 novembre 2023 la norma è stata rinnovata per altri 10 anni, cioè fino al 2033. Era quindi in vigore quando a gennaio la presidente Ursula Von Der Leyen ha annunciato di abrogare il regolamento SUR sui pesticidi. Fra questi – spiegano ancora gli esperti – ce n’è però uno che ha sempre destato polemiche da parte degli scienziati e delle associazioni ambientaliste: il glifosato. Il Ministero della Salute italiano ne aveva già revocata l’autorizzazione dal 22 febbraio 2017, ma la recente dichiarazione d’intenti della Von Der Leyen rischia di creare nuove confusioni e polemiche. Pochi giorni fa 6 ONG e cioè la PAN Europe, la ClientEarth (UE), la Générations Futures (Francia), la GLOBAL 2000 (Austria), la PAN Germania e la PAN Paesi Bassi, hanno proposto un ufficiale ricorso legale contro la decisione di riapprovare l’uso anche di questo pesticida, passato a loro giudizio attraverso le maglie troppo larghe di un miope sistema burocratico di valutazione interna della Commissione Europea che va rinnovato perché non al passo coi tempi e con i dati della letteratura scientifica che indicano come il glifosato sia implicato nella patogenesi di malattie neurodegenerative come quella di Alzheimer. Per quanto riguarda, poi, i liposaccaridi, l’ultimo studio – sottolinea la nota Sin – è stato appena pubblicato su Neural Regeneration Research dai ricercatori della Washington University School of Medicine di Saint Louis che hanno evidenziato l’azione proinfiammatoria diretta e/o indiretta di tale sostanza. E su modello murino un’azione diretta con inibizione del potenziamento della traccia mnesica a lungo termine, simile a quella che si verifica con esposizione cronica a lipopolisaccaridi. L’azione indiretta attiva una cascata pro-infiammatoria determinando al contempo una situazione simile a quella che si verifica nel diabete, patologia notoriamente connessa allo sviluppo a lungo termine di alterazioni della cognitività. “Altri dati confermerebbero l’azione pro-infiammatoria dei glifosati a supporto del rischio che un utilizzo indiscriminato e irresponsabile dei pesticidi che – afferma Alessandro Padovani – potrebbero incrementare il rischio di sviluppare non solo patologie neoplastiche e cerebrovascolari, ma soprattutto malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer, il Parkinson e la Sclerosi Laterale Amiotrofica”.

Salute, Gaetano Biallo nominato Direttore generale dell’AIL

Salute, Gaetano Biallo nominato Direttore generale dell’AILRoma, 15 feb. (askanews) – L’Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma annuncia la nomina di Gaetano Biallo a nuovo Direttore Generale.


Gaetano Biallo, nato a Bari, vanta una formazione giuridica sfociata, dopo la laurea, in un’esperienza professionale durata cinque anni per una delle più importanti società di consulenza al mondo dove si è occupato di tematiche ambientali. Successivamente ha prestato la sua attività per un Concessionario dello Stato impegnato nel settore del gioco legale nel cui ambito opera principalmente nell’area delle Relazioni Istituzionali per oltre vent’anni anni. Dal 2020 al 2022 assume l’incarico di Amministratore Delegato di una società di servizi controllata da Confesercenti e, di recente, prima di arrivare in AIL ha intrapreso un percorso di consulenza nell’ambito di operazioni di M&A, ha acquisito una specializzazione in management degli eventi sostenibili ed assunto l’incarico di Direttore Sviluppo Business e Relazioni Istituzionali per il più importante evento in Italia nel settore della Football Industry. Gaetano Biallo, in qualità di Direttore Generale di AIL, si occuperà dell’attuazione dei piani e dell’indirizzo degli Organi dell’Associazione, della programmazione e gestione economico-finanziaria e della promozione di accordi e collaborazioni con Enti di livello istituzionale comunitario, nazionale e locale, nonché con aziende private e commerciali, del supporto per la definizione e l’attuazione degli obiettivi strategici pluriennali e operativi annuali dell’Organizzazione.


“É con grande soddisfazione ed entusiasmo che intraprendo questo nuovo significativo cammino insieme ad AIL, punto di riferimento nazionale nella lotta contro i tumori del sangue – dichiara Gaetano Biallo, nuovo Direttore Generale dell’Ente – e ringrazio tutta l’Associazione per il caloroso benvenuto e per la grande dedizione profusa ogni giorno al fianco dei pazienti ematologici e delle loro famiglie. La carica che ricopro chiama ad un’importante responsabilità che assumo con impegno affinché AIL possa continuare nella sua missione e fornire risposte sempre più adeguate ai bisogni specifici delle persone di cui si prende cura”. Al neoeletto Direttore Generale spetterà, inoltre, il compito di mantenere i contatti con le sezioni AIL presenti sul territorio in modo da sostenerle nella gestione dei rapporti con la sede nazionale e di affiancare il Presidente nei rapporti con le organizzazioni pubbliche e private di donatori e di Ricerca Scientifica, con gli organi di stampa, con le società scientifiche e farmaceutiche, con le associazioni di volontariato e con le Amministrazioni dello Stato.

Malattie rare, OMaR: via a Campagna “Basta essere pazienti”

Malattie rare, OMaR: via a Campagna “Basta essere pazienti”Roma, 14 feb. (askanews) – “Basta essere pazienti – Persone rare, diritti universali” è il claim della campagna di sensibilizzazione ideata da OMaR – Osservatorio Malattie Rare in occasione della Giornata Mondiale Malattie Rare 2024. L’iniziativa, che prende il via oggi e andrà avanti fino a dopo il 29 febbraio, data ufficiale della Giornata Mondiale, è stata presentata in un convegno a Roma organizzato in collaborazione con AMR – Alleanza Malattie Rare e che ha visto il coinvolgimento di tutti gli stakeholders: le associazioni di pazienti, i clinici e ricercatori, le società scientifiche, le istituzioni e il mondo dell’industria. La campagna si articola in diverse attività: un convegno in presenza, per dare voce a tutti gli attori del sistema, l’elaborazione condivisa di una petizione che mira a divenire una mozione parlamentare, attività di media relations con diverse testate giornalistiche per portare il tema delle malattie rare all’attenzione di tutta la popolazione e una campagna social condotta attraverso 4 video-testimonianze. I protagonisti – Veronica, Alessandro, Roberta e Gabriella – sono volti e storie reali che raccontano la vita quotidiana, gli ostacoli, le sfide e i desideri comuni e legittimi di persone troppo spesso costrette nelle etichette di “malato” e “paziente”. Ed è anche prendendo spunto dalle loro storie e dai temi dibattuti nel corso del convegno che nasce una azione collettiva, una petizione di 10 punti, 10 richieste chiare per andare verso un effettivo riconoscimento dei diritti universali e una nuova consapevolezza dell’opinione pubblica: Necessità di sviluppare una cultura della consapevolezza, prevenzione e considerazione del rischio nell’ambito della salute riproduttiva; Diritto a una diagnosi il più precoce possibile; Necessità di garantire dei PDTA uniformi sul territorio nazionale; Accesso equo e uniforme alle terapie disponibili; Necessità di un aggiornamento della lista delle malattie rare presenti nei LEA e presa in carico delle persone con malattia rara senza diagnosi; Garantire una soddisfazione dei bisogni assistenziali adeguata alle esigenze delle persone e delle famiglie, in maniera uniforme sul territorio nazionale; Riconoscimento e supporto al caregiver familiare; Politiche adeguate a far fronte ai casi di carenza dei farmaci; Garantire l’esercizio dei diritti in ambiente di vita sociale, scolastica lavorativa e affettiva, attraverso il pieno riconoscimento del diritto all’inclusione; Sostegno alla ricerca e implementazione della comunicazione anche in tema di trial clinici.


“Il claim scelto per la nostra campagna ha volutamente molteplici sfaccettature – ha spiegato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore di OMaR – ‘Basta essere pazienti’ è la consapevolezza di dover attendere che i tempi della ricerca facciano il loro corso, essere consapevoli delle specifiche difficoltà legate alla propria patologia, ma significa anche non chiudere gli occhi davanti a tutti quei diritti sanciti dalle norme ma difficilmente esigibili in maniera uniforme. Significa non voler più attendere la rimozione delle barriere, materiali o culturali. Questa campagna, e la petizione che verrà condivisa e sottoscritta, è un invito ad un impegno collettivo nel creare una società inclusiva che rispetti e valorizzi l’individualità di ciascuno”.

Dl anziani, Gimbe: grande passo ma mancano risorse aggiuntive

Dl anziani, Gimbe: grande passo ma mancano risorse aggiuntiveMilano, 14 feb. (askanews) – “Lo schema del Decreto anziani predisposto dal Governo rappresenta indubbiamente un grande passo per rispondere ai bisogni di oltre 14 milioni di persone anziane che, insieme a familiari e caregiver, ogni giorno affrontano difficoltà, disagi e fenomeni di impoverimento economico. Situazioni aggravate dalle enormi diseguaglianze nell’erogazione dei servizi socio-sanitari, sia tra le Regioni, in particolare tra Nord e Sud, sia tra aree urbane e rurali”. Lo ha detto Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, durante l’audizione davanti ai senatori della commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale dedicata all’esame del cosidetto “Decreto anziani”


La Fondazione Gimbe, ha spiegato Cartebellotta, ha “condotto alcune analisi su aspetti epidemiologici, spesa socio-sanitaria e diseguaglianze regionali sui servizi socio-sanitari previsti dal Decreto anziani”. A beneficiare delle misure previste dal provvedimento sarà il 24% della popolazione residente al 1 gennaio 2023, ovvero 14.181.297, di cui 9.674.627nella fascia 65-69 anni (cd. anziani) e 4.506.670 di over 80 (cd. grandi anziani). “Un numero – ha commentato Cartabellotta – che secondo le proiezioni demografiche aumenterà nei prossimi anni, generando un progressivo incremento dei costi socio-sanitari”. Infatti, secondo le proiezioni Istat al 2050 gli over 65 sfioreranno quota 18,8 milioni (pari al 34,5% della popolazione residente), circa 4,6 milioni in più rispetto al 2022. Quanto ai servizi socio-sanitari e alla spesa socio sanitaria, “sebbene formalmente inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza – ha spiegato Cartabellotta – le prestazioni di assistenza socio-sanitaria, residenziale, semi-residenziale, domiciliare e territoriale sono finanziate solo in parte dalla spesa sanitaria pubblica. Un’esigua parte viene erogata dai Comuni (in denaro o in natura), mentre la maggior parte è sostenuta tramite provvidenze in denaro erogate dall’Inps”. In dettaglio nel 2022, anno più recente per il quale sono disponibili tutti i dati, alla spesa socio-sanitaria è stato destinato un totale di 44.873,6 milioni di euro, “una cifra totale – ha precisato il presidente della Fondazione Gimbe – sulla cui precisione pesano vari fattori: differenti fonti informative con variabile livello di precisione e accuratezza, possibile sovrapposizione degli importi provenienti da fonti differenti”. In dettaglio: le prestazioni di assistenza sanitaria a lungo termine – Long Term Care (Ltc) – hanno assorbito una spesa sanitaria di 16.897 milioni, di cui 12.834 milioni (76%) finanziati con laspesa pubblica, 3.953 milioni (23,4%) a carico delle famiglie e € 110 milioni (0,7%) di spesa intermediata; l’Inps ha erogato complessivamente 25.332,4 milioni, di cui 14.500 milioni di indennità di accompagnamento, 3.900 milioni di pensioni di invalidità civile, 3.300 milioni di pensioni di invalidità e 2.432,4 milioni per permessi retribuiti secondo L. 104/92; i Comuni hanno erogato 1.822,2 milioni, di cui 1.200 milioni in denaro e 622,2 milioni in natura; il Fondo nazionale per le non-autosufficienze nel 2022 era pari a 822 milioni.

Al San Donato Milano si formano cardiochirurghi infantili dei Paesi poveri

Al San Donato Milano si formano cardiochirurghi infantili dei Paesi poveriRoma, 13 feb. (askanews) – Ogni anno nel mondo nascono 2 milioni di bambini malati di cuore, 1 milione e 500mila di loro non ha speranza di vita perché nasce in Paesi poveri o in guerra. A fare la differenza tra la vita e la morte per tanti piccoli cardiopatici è il luogo di nascita. Nei Paesi ricchi – Europa e Nord America – le cardiopatie congenite sono per lo più diagnosticate in gravidanza e trattate chirurgicamente già in età neonatale, nei Paesi in difficoltà manca l’assistenza sanitaria necessaria per curarli adeguatamente. La carenza di personale medico qualificato è una delle problematiche più gravi e complesse di questa emergenza sociale. La formazione di giovani medici è quindi un’assoluta priorità per i Paesi più poveri. Con questa consapevolezza, l’associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo – A.I.C.I Onlus, che opera dal 1993 per curare i piccoli nati nelle aree più difficili del pianeta e per formare medici e operatori sanitari, dall’11 febbraio al 3 marzo avvia la campagna di raccolta fondi #DONAUNCUORE con numero solidale: 45587. Il ricavato sostiene il Progetto Æsculapius di alta formazione cardiochirurgica, cardiologica ed ecocardiografica pediatrica, un training formativo tra i più all’avanguardia sia in Italia sia a livello internazionale. Nella cardiochirurgia e nella cardiologia interventistica, il training è lo strumento principale per imparare: il Progetto Æsculapius di alta formazione ha come finalità quella di preparare in due anni 120 giovani cardiochirurghi e cardiologi provenienti da Paesi emergenti e in via di sviluppo mediante l’organizzazione di innovativi corsi di tecnica chirurgica e di ecocardiografia pediatrica. Per concentrare i tempi di apprendimento, il professor Alessandro Frigiola – direttore dell’Area di Cardiochirurgia Pediatrica e del Congenito Adulto all’I.R.C.C.S. Policlinico San Donato e Presidente di Bambini Cardiopatici nel mondo – ha ideato, in particolare per i cardiochirurghi, un progetto pionieristico di training e simulazione con l’uso di cuori in stampa 3D delle varie patologie cardiache.


“La carenza di dottori e il basso livello professionale stanno rendendo sempre più fragili i sistemi sanitari – afferma Frigiola – oggi la tecnologia è fondamentale per curare e ottenere risultati e per poterla usare abbiamo bisogno di giovani dottori qualificati. Per diventare cardiochirurghi infantili ci vuole molto tempo e molta formazione, che di solito varia tra i 6 e i 18 anni. Per abbreviare queste tempistiche, possiamo avvalerci della formazione tramite simulazione. Essa permette di fare grandi progressi in breve tempo esercitandosi su modelli in cuori di stampa 3D come su pazienti veri. Solo avendo dottori e personale sanitario più preparati potremo davvero ridurre gli errori, le complicazioni e riusciremo a fare la differenza, salvando molti più bambini con cardiopatie congenite”. I cuori in 3D, stampati con un’innovativa materia plastica che riproduce nel modo più fedele possibile il tessuto cardiaco, consentono ai cardiochirurghi di esercitarsi un numero potenzialmente infinito di volte per migliorare la propria tecnica operatoria. Inoltre hanno il vantaggio di poter essere prodotti in grandezze differenti, a seconda dell’età dell’ipotetico paziente, ricreando le reali patologie che i cardiochirurghi dovranno curare nel corso della loro vita professionale. Oltre al training per i cardiochirurghi, il Progetto Æsculapius prevede anche sessioni dedicate a cardiologi pediatri per insegnare loro le tecniche più avanzate di ecocardiografia pediatrica e neonatale per la diagnosi corretta e precoce delle cardiopatie congenite. In questo caso la sessione pratica della formazione si avvale di un manichino di un neonato che serve per effettuare scansioni ecografiche ultra realistiche, accurate e ad alta fedeltà. La formazione rivolta ai giovani medici si svolge nell’arco di cinque giorni per i cardiochirurghi e di tre per i cardiologi pediatri all’interno del Training Center dell’I.R.C.C.S. Policlinico San Donato. Bambini Cardiopatici nel Mondo sostiene anche tutte le spese di vitto, alloggio e trasferimento dai Paesi di provenienza.

Studio: fumo passivo sigarette elettroniche può incidere su salute bambini

Studio: fumo passivo sigarette elettroniche può incidere su salute bambiniRoma, 13 feb. (askanews) – Il fumo passivo è considerato un fattore dannoso per la salute dei non fumatori, soprattutto bambini. Un concetto ben noto, ma fino ad oggi rimasto legato solo alle sigarette “tradizionali”. Ora una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Pollution ha evidenziato come anche le sigarette “heat-not-burn” (HNBC), quelle che riscaldano il tabacco senza bruciarlo, potrebbero influenzare negativamente la salute cardiovascolare dei bambini ed adolescenti esposti.


Lo studio, che ha visto la collaborazione tra Sapienza Università di Roma, I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) e Mediterranea Cardiocentro di Napoli, ha preso in esame tre gruppi di bambini e adolescenti di età compresa tra 2 e 18 anni, divisi in base all’esposizione al fumo che potevano avere in famiglia: non esposti ad alcun tipo di fumo, esposti a fumo tradizionale, esposti a fumo di tabacco riscaldato. Una serie di esami, eseguiti su prelievi ematici e prove strumentali, ha quindi misurato lo stress ossidativo, la funzione endoteliale (un indicatore chiave della salute dei vasi sanguigni) e l’attivazione delle piastrine (un fattore di rischio per la formazione di trombi). “Il dato più importante emerso dalla nostra ricerca – dicono gli autori, Lorenzo Loffredo e Anna Maria Zicari, Sapienza Università di Roma, e Roberto Carnevale, Sapienza Università di Roma e I.R.C.C.S. Neuromed – è che non ci sono differenze significative tra fumo di sigaretta tradizionale e fumo da tabacco riscaldato. In entrambi i casi, i bambini e gli adolescenti esaminati presentavano, rispetto a quelli non esposti ad alcun tipo di fumo, un più elevato stress ossidativo, una maggiore attivazione piastrinica ed una alterazione della funzione endoteliale e quindi un maggior rischio cardiovascolare”.


“Questi risultati – continuano gli Autori – mostrano che anche le sigarette di nuova generazione, universalmente considerate meno dannose rispetto alle sigarette tradizionali, possano configurarsi come un potenziale pericolo per la salute di chi è a fianco dei fumatori, soprattutto i più giovani. L’obiettivo finale deve quindi rimanere quello della incentivazione alla cessazione della pratica tabagica in tutte le sue forme ed i suoi surrogati compresa una tolleranza zero verso il fumo passivo, di qualsivoglia tipologia”.