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Pediatri e Associazioni pazienti a Schillaci: e-cig rischiose per ragazzi

Pediatri e Associazioni pazienti a Schillaci: e-cig rischiose per ragazziRoma, 1 feb. (askanews) – Il crescente uso di sigarette elettroniche tra i ragazzi e le ragazze già nelle scuole secondarie di primo grado preoccupa i pediatri e alcune associazioni di pazienti che di recente hanno indirizzato una lettera al ministro della Salute Orazio Schillaci sottolineando che “il fenomeno solleva una serie di criticità” e richiede “una risposta da parte delle autorità sanitarie”. Assicurare maggiori controlli nella vendita di dispositivi contenenti tabacco e nicotina ai minori, regolamentare le aromatizzazioni che incentivano il loro utilizzo tra i giovani e mettere in campo campagne di sensibilizzazione sul tema: sono alcune delle richieste contenute nella lettera firmata dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), dalla Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI), dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP), da Federasma e Allergie – Federazione Italiana Pazienti OdV e dall’Associazione nazionale pazienti Respiriamo insieme – APS. A motivare la presa di posizione dei pediatri “è l’età sempre più precoce in cui si iniziano a usare questi dispositivi, con il 20% dei ragazzi tra i 13 e 15 anni che usa abitualmente la sigaretta elettronica e il 14% che usa prodotti a tabacco riscaldato. Tra questi fumatori abituali il 51% dichiara di avere voglia di fumare come prima cosa al mattino o che, dopo aver fumato, sente un forte desiderio di fumare nuovamente, segni questi di dipendenza da nicotina. A ciò si aggiungono la scarsa consapevolezza dei rischi per la salute, il marketing occulto e sempre più aggressivo sui social media rivolto agli adolescenti che sta contribuendo alla crescita esponenziale del loro uso e, non da ultimo, il mancato controllo sulle vendite ai minori con il 75% dei ragazzi tra 13 e 15 anni che dichiara di non avere ricevuto un rifiuto dal venditore a causa dell’età”.

“Il mondo delle sigarette elettroniche include una vasta gamma di dispositivi che erogano nicotina, simulando l’esperienza del fumo tradizionale senza la combustione del tabacco. Questi sono disponibili principalmente in due forme: i sistemi “heat-not-burn” (a tabacco riscaldato non bruciato) e le sigarette elettroniche vere e proprie, di cui i modelli “podmod” hanno quasi del tutto sostituito i vecchi sistemi a ricarica “liquida”, indirizzando il mercato verso il consumo “usa e getta. Questi dispositivi e il vapore da essi generato contengono, oltre alla nicotina, anche solventi, aromi e spesso sostanze nocive non dichiarate come dimostrato da studi scientifici sull’argomento”, si legge nella lettera. Dalla dipendenza da nicotina agli effetti irritativi per l’apparato respiratorio, “la Commissione europea su ambiente, salute, rischi ambientali ed emergenti – prosegue la lettera – si è espressa sui rischi per la salute associati all’uso di dispositivi che dispensano nicotina. Oltre alla dipendenza da nicotina sono stati sottolineati anche gli effetti di tipo irritativo a carico del tratto respiratorio anche con sintomi asmatici acuti a causa dell’esposizione ai polioli, aldeidi e nicotina. Poco noti sono gli effetti a lungo termine sul sistema cardiovascolare e respiratorio per l’esposizione a nitrosamine, acetaldeide e formaldeide. È importante anche segnalare, benché rari, gli effetti acuti da intossicazione per l’ingestione accidentale dei liquidi contenuti nei dispositivi da parte dei bambini, a causa di un packaging spesso accattivante e colorato, nonché i danni da ustioni per esplosioni accidentali legati al malfunzionamento dei device o a un loro errato utilizzo”. “Negli adolescenti, inoltre, le sigarette elettroniche predispongono all’uso della sigaretta tradizionale, come dimostra uno studio di meta-analisi che riassume dati europei e nord-americani”, sottolineano gli esperti. Le proposte dei pediatri: prima tra tutte quella di assicurare “un rigoroso controllo della vendita dei dispositivi contenenti tabacco e nicotina ai minori, contribuendo così alla iniziativa della Commissione Europea di avere entro il 2028 la prima generazione ‘tobacco-free’”. Pediatri e associazioni dei pazienti chiedono inoltre al Ministro della Salute “di regolamentare il confezionamento, per evitare che abbia come target indiretto i bambini. Importante è poi vietare la cessione a titolo gratuito ai minori non solo dei dispositivi, ma anche delle ricariche, di cui nella gran parte dei casi vengono omaggiati e programmare iniziative per garantire il divieto di marketing, anche occulto, diretto ai ragazzi sulle piattaforme digitali. In più, occorre equiparare la regolamentazione sulle aromatizzazioni che favoriscono l’uso tra i ragazzi a quella delle sigarette tradizionali, proibendo le vendite di prodotti contenenti mentolo o frutta associati a tabacco e nicotina. Infine, serve programmare una campagna di sensibilizzazione nazionale per personale sanitario, genitori, adolescenti e – con un accordo interministeriale – personale della scuola con modalità atte a poterla diffondere agli adolescenti e sui media”.

Malattie rare, partita da Ministero Salute la campagna #UNIAMOleforze

Malattie rare, partita da Ministero Salute la campagna #UNIAMOleforzeRoma, 1 feb. (askanews) – Al via stamani a Roma le iniziative di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare, nell’ambito del mese dedicato alle malattie rare, che si concluderà il 29 febbraio, il giorno più raro del calendario, quando si celebrerà in tutto il mondo il “Rare Disease Day”. Il lancio della campagna di sensibilizzazione si è tenuto presso l’Auditorium del Ministero della Salute, in un evento con focus sulle patologie rare in età pediatrica. All’evento, svoltosi, in collaborazione con il Ministero della Salute, è stato presentato lo spot realizzato con il contributo del maestro Beppe Vessicchio.

Ad aprire i lavori il sottosegretario alla Salute con delega alle malattie rare, Marcello Gemmato: “Abbiamo licenziato il Testo unico delle malattie rare e poi il Piano operativo. Il governo – ha spiegato – ha finanziato con 50 milioni di euro in due anni l’attuazione. Le risorse sono divise per le Regioni e ci consegnano tutti gli strumenti anche per le diagnosi precoci e per la successiva presa in carico”. Il 70% delle malattie rare è di origine genetica e un malato su 5 ha meno di 18 anni: “La diagnosi precoce – ha proseguito Gemmato – può essere risolutiva per far emergere nei tempi la malattia e dare ai bambini una prospettiva di vita migliore”. L’evento di oggi al Ministero apre un mese importante per le malattie rare che faranno tappa nelle prossime settimane con eventi e manifestazioni in altri capoluoghi italiani. “Molte volte – ha affermato Paola Facchin, Coordinatore Interregionale Malattie Rare, Conferenza Regioni e Province Autonome – viene sottolineato il fatto di sanità diverse da regione e regione, ma la differenza deriva dai Lea, che vanno aggiornati perché non corrispondono all’esigenza dei malati rari, in quanto rispondono all’esigenza dei gruppi più frequenti e non ai bisogni dei pazienti rari. Finalmente – ha chiosato Facchin – è stato però individuato nel piano un gruppo di lavoro misto per individuare un elenco nazionale convidiso e trovare una soluzione”.

Insieme ad una campagna out-of-home, con la brandizzazione di autobus, tram e pensiline in quattro città italiane (Roma, Milano, Bologna e Venezia), per tutto il mese di febbraio verranno organizzati eventi di sensibilizzazione con la presenza delle più alte cariche politiche e istituzionali. La campagna social coinvolgerà influencer, persone con malattia rara, associazioni e cittadini, con una grafica coordinata e momenti focali sul racconto delle “storie” dei pazienti. Le tematiche affrontate durante il mese di febbraio sono quelle scaturite dai tavoli di lavoro promossi dalla Federazione, dalla presentazione di MonitoRare – il Rapporto sulla condizione delle persone con malattia rara – fino agli Stati generali delle malattie rare. Condensate nelle “Effemeridi”, le pubblicazioni di UNIAMO dovrebbero orientare la politica e le istituzioni nei prossimi mesi. Per l’edizione 2024 del Rare Disease Day, la diciassettesima, UNIAMO ha deciso di raggiungere con la sua campagna di sensibilizzazione un pubblico più giovane, stringendo una partnership con il FantaSanremo, il fantasy game basato sul Festival della canzone italiana che l’anno scorso ha coinvolto oltre un milione e mezzo di partecipanti. Sul sito fantasaremo.com si potrà comporre la propria squadra fatta da 5 artisti, acquistati con 100 baudi – la valuta del gioco -, e iscriverla alla Lega UNIAMO.

“Quest’anno in particolare – ha dichiarato Annalisa Scopinaro – ci siamo voluti rivolgere ai giovani cercando degli strumenti anche di grande presa che possano far sentire i nostri ragazzi meno soli. L’intenzione è che i ragazzi senza patologie che si affacciano a questo mondo possano comprendere meglio le difficoltà di un ragazzo con malattia rara: sono loro i costruttori del mondo del futuro, e lo devono rendere sempre più giusto ed equo. La stesura del Piano nazionale per le malattie rare è partita quasi 5 anni fa con la partecipazione di UNIAMO al tavolo che l’ha scritto e implementato. I 25 anni di UNIAMO non sono 25 anni in cui abbiamo fatto solo azioni di sensibilizzazione, c’è un lavoro nascosto di lavoro a stretto contatto con le istituzioni per costruire consapevolezza dei bisogni e documenti che puntano alla risoluzione dei problemi. Questa giornata è il punto di arrivo dei percorsi fatti insieme per arrivare agli obiettivi che ci siamo prefissati”, ha concluso. All’evento sono anche intervenuti Sergio Iavicoli (Direttore Generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, Ministero della Salute), Americo Cicchetti (Direttore Generale della Programmazione sanitaria, Ministero della Salute), Marco Silano (Direttore Centro Nazionale Malattie Rare), Simone Boselli (Delegato Eurordis), Rita Treglia (segretario UNIAMO), Giuseppe Zampino (Direttore Unità Operativa Complessa Pediatria – Policlinico Gemelli), Maria Iascone (Responsabile f.f. SSD Laboratorio di Genetica Medica ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo), Franca Benini (Centro regionale Veneto terapia del dolore e cure palliative pediatriche – Dipartimento di Salute donna e bambino – Università di Padova). Ha moderato i lavori Vincenzo La Manna, vicedirettore dell’agenzia di stampa Askanews.

Iss: pubblicata la prima mappa delle risorse di sostegno per i padri

Iss: pubblicata la prima mappa delle risorse di sostegno per i padriRoma, 1 feb. (askanews) – E’ online la prima “Mappa delle risorse di sostegno per i padri”, che contiene informazioni sui diversi gruppi di sostegno ai padri/partner presenti sul territorio italiano, rendendo più visibili e facilmente accessibili le risorse disponibili, dai percorsi di accompagnamento alla nascita ai gruppi di ascolto. La mappa fa parte delle azioni del progetto 4E-Parent, che ha come obiettivo la promozione della paternità attiva come mezzo per la prevenzione della violenza di genere.

L’iniziativa intende fra le altre cose promuovere l’attenzione sull’importanza del ruolo paterno e genitoriale, stimolando le possibilità di confronto, la riproduzione e la diffusione di buone pratiche e rafforzando così i contatti e il lavoro di rete tra le diverse realtà nazionali che sostengono la paternità. Nella mappa sono incluse associazioni e istituzioni ispirate al principio dell’uguaglianza di genere e che rispondono ai seguenti standard: assenza di elementi misogini e omotransfobici, offerta di servizi e proposte a libero accesso o che, a fronte di iscrizioni o attività a pagamento, non abbiano natura e finalità commerciali, trasparenza in merito a possibili conflitti di interesse. Le risorse per il sostegno ai padri sono consultabili, a seconda delle proprie necessità, sia attraverso una mappa territoriale delle Regioni italiane, sia attraverso una suddivisione per ambiti tematici. Inoltre, per ogni risorsa indicata sulla mappa viene fornita una breve descrizione delle attività svolte, dei loro destinatari, indirizzi e numeri di telefono per prendere contatto. La mappa, creata grazie alle risposte fornite compilando un modulo specifico, è aggiornata periodicamente con il supporto dell’associazione “Maschile Plurale” e degli altri partner di progetto.

Papà che si prendono cura dei propri figli e figlie e lo fanno fin dai primi momenti dalla nascita, in maniera concreta ed empatica: sono i cardini del progetto europeo 4E-PARENT. Le quattro “E” riepilogano i presupposti del progetto: Early, per la partecipazione da subito, Equal a indicare un approccio paritario ed equo, Engaged che richiama la partecipazione attiva e Empathetic per la valenza empatica, accudente e responsiva. Il progetto, che si avvale di un finanziamento europeo, vede l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) capofila e la partecipazione di diversi partner: il Centro per la salute del bambino (CSB), l’associazione il Cerchio degli Uomini, l’agenzia di editoria scientifica Zadig, la società di consulenza Deep Blue, la Rete degli uomini Maschile Plurale, la rete per lo sviluppo delle bambine e dei bambini International Step by step Association (ISSA) e può contare inoltre sul supporto del Comitato Italiano per l’UNICEF, dell’Associazione culturale pediatri (ACP) e dell’Istituto Ricerca Intervento Salute (IRIS).

Alla mappa, tra le iniziative già realizzate, si aggiungono anche i tre corsi FAD “Il padre nei primi 1.000 giorni di vita” dedicati rispettivamente al personale sanitario, a quello educativo e al personale del volontariato e terzo settore a contatto con le famiglie sin dai primi momenti di vita. Infine, nella pagina dedicata ai materiali di comunicazione del progetto sono scaricabili le nuove schede informative dedicate a: occupazione femminile, offerta di asili nido, legislazione sui congedi, welfare aziendale. Il coinvolgimento da subito, pratico ed empatico, del padre nella genitorialità – afferma ormai da tempo la letteratura scientifica – ha esiti positivi per lo sviluppo cognitivo, sociale e affettivo dei bambini, crea fin dall’inizio un forte legame affettivo, migliora la salute psico-fisica della prole e della madre e contribuisce alla parità fra uomini e donne e al contrasto alla violenza domestica. Inoltre, per una donna avere accanto un compagno più informato, consapevole e partecipe (senza essere intrusivo o controllante) è un grande beneficio: per condividere responsabilità e lavoro di cura e domestico, per conciliare lavoro, famiglia e tempo libero con minore stress, per relazioni familiari più equilibrate e più ricche.

Endometriosi per 15% italiane in età fertile ma solo 50% donne la conosce

Endometriosi per 15% italiane in età fertile ma solo 50% donne la conosceRoma, 1 feb. (askanews) – Una patologia che riguarda il 15% delle donne italiane (pari a circa 3 milioni), e che può avere un forte impatto sulla qualità della vita, sia dal punto di vista fisico che psicologico, anche perché può causare infertilità, ma che non sempre viene diagnosticata e trattata in modo adeguato e soprattutto è conosciuta solo da 1 donna su 2″. Sono i dati diffusi oggi in occasione dell’evento “Dare voce al silenzio: Prevenire ed affrontare l’endometriosi” promosso da Carrefour Italia su iniziativa del Senatore De Priamo, con l’obiettivo di sensibilizzare istituzioni, associazioni e cittadini sulla patologia. La ricerca commissionata da Carrefour Italia e realizzata da SWG, ha evidenziato che solo 1 donna su 4, tra i 35 e i 55 anni, parla di aiuti economici e di azioni di sensibilizzazione all’interno delle aziende, che permettano di evitare pregiudizi sul posto di lavoro. A questo si aggiunge che il 51% delle intervistate individua nello smart working una delle principali soluzioni da adottare per favorire l’inclusione lavorativa, mentre il 33% chiede più giorni di congedo retribuito e il 32% chiede azioni di informazione finalizzate a promuovere un accesso più tempestivo e appropriato ai percorsi specifici di diagnosi e cura. Il 24%, vorrebbe avere un aiuto economico per sostenere le spese mediche e il 23% richiede azioni di sensibilizzazione interna per evitare pregiudizi. Questo perché per il 76% delle intervistate l’endometriosi incide sulla stabilità psicologica ed emotiva e per il 61% sulle performance lavorative, per il 47% sulle possibilità di carriera e per il 41% sui rapporti con colleghi e colleghe. La situazione di forte disinformazione e confusione sul tema si riflette anche sulle abitudini e sulle scelte delle donne in materia di prevenzione e cura: solo una piccola parte delle intervistate (meno del 4%), è in grado di riconoscere correttamente tutti i sintomi, le cause, le conseguenze e le possibili terapie. Quasi una donna su 2 pensa che per alleviare i dolori basti assumere farmaci antidolorifici, mentre il 35% crede che sia facile da diagnosticare, già alla comparsa dei primi sintomi. Quasi il 60% delle donne che ha il dubbio di essere affetta da endometriosi non ha mai effettuato una visita di controllo: un dato allarmante se pensiamo che si tratta di donne in età fertile, che pur essendo consapevoli delle caratteristiche e delle implicazioni dell’endometriosi, non hanno ancora trovato il coraggio o l’opportunità di verificare le proprie preoccupazioni. La percentuale di donne che non si sottopone a controlli aumenta tra le over 45 e tra chi non conosce la malattia. In generale, le donne più informate sono le under 45 e quelle con una scolarità più elevata, mentre le intervistate con una scolarità più bassa sono anche quelle che dichiarano di non averne mai sentito parlare (il 21%). Tra le donne intervistate, solo il 4% afferma di soffrire di endometriosi, 1 su 3 conosce almeno una persona che ne è colpita mentre l’11% non esclude di poter essere affetta. Le donne affette da endometriosi e/o che conoscono donne con questa patologia e le donne che hanno il dubbio di soffrirne dimostrano una maggiore conoscenza delle sue conseguenze nella quotidianità: l’82% sa che deve seguire precise terapie farmacologiche e il 62% che dovrà assentarsi dal lavoro/scuola nei giorni nel periodo mestruale. Il 35% è consapevole che potrebbe far ricorso alla procreazione medicalmente assistita e il 27% sa che potrebbe essere sottoposta a interventi chirurgici di isterectomia per risolvere la situazione.

Università Padova in Etiopia per due Blended Intensive Course

Università Padova in Etiopia per due Blended Intensive CourseRoma, 1 feb. (askanews) – Si sono svolti dal 22 al 26 gennaio ad Addis Abeba e a Bishoftu (Oromia) due dei cinque Blended Intensive Course promossi e finanziati nel 2023-2024 da Fondazione IHEA – Italian Higher Education with Africa di cui l’Università di Padova è socio fondatore insieme a Università di Bologna, Università di Firenze, Politecnico di Milano, Università di Napoli “Federico II” e Università di Roma “Sapienza”.

Le attività in loco dei due corsi che si sono svolti in Etiopia – informa una nota dell’Università di Padova – sono state precedute in dicembre da lezioni svolte in videoconferenza. Il primo Blended Intensive Course in “Sustainability and health aspects in the development of selected value chains of the agri-food sector in Ethiopia” è stato organizzato dal Politecnico di Milano in collaborazione con il Dipartimento MAPS dell’Università di Padova e dal College of Veterinary Medicine and Agriculture della Addis Ababa University e ha approfondito la sostenibilità delle filiere della carne bovina, avicola e del latte, settori in grande trasformazione nel contesto etiope, puntando a formare una ventina di professioniste e professionisti etiopi nella promozione di queste filiere.

Si è trattato di un corso che si è svolto online e in presenza, che ha saputo mescolare persone e discipline diverse (la sanità animale e la sicurezza alimentare con lo sviluppo con gli aspetti economici e organizzativi delle filiere alimentari), mettendo a confronto contesti e culture diversi. Un Corso ‘intensive’ sia per la settimana in presenza, sia per le numerose attività, sia per l’immersione in una realtà e in una cultura lontana e affascinante, come quella etiope. Il secondo Blended Intensive Course con il tema focalizzato su ‘Intensive Care on Epidemics’, è stato proposto a diverse strutture sanitarie in Etiopia. Si è svolto in parte online e per un’intera settimana in presenza e ha visto la partecipazione attenta ed attiva di 23 medici, infermieri, ostetrici e personale sanitario da 4 ospedali etiopi. Le lezioni online sono state tenute tra novembre e dicembre 2023 dai docenti Gianluca Russo (La Sapienza) sulle malattie infettive a potenziale rischio epidemico, Paola Parronchi (Università di Firenze) sulle risposte dell’organismo alle infezioni, e dai docenti di Padova Jas Mantero (Epidemic Intelligence), Marco Fonzo (Non Pharmacological Interventions), Lucia Didonè, Matilde Giacomello ed Elisa Regazzi (Nursing management for patients with infectious diseases).

Nel corso della settimana di attività in presenza, svolta presso l’Università Cattolica dell’Etiopia ECUSTA – Higher Learning Institute, si sono alternate lezioni teoriche e attività in simulazione, tenute dai docenti dell’Università di Padova Carla Mucignat (Pain in the critically ill patient), Gemma Rocco (Laboratory testing for epidemic diseases), Carlo Alberto Camuccio, Sara Marchiori e Mariateresa Rigato (Nursing management of epidemics). La sessione finale dei due corsi si è tenuta congiuntamente il 26 gennaio nell’Auditorium dell’Istituto Italiano di Cultura di Addis Abeba e ha visto interventi di autorità governative e accademiche, il saluto iniziale del direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, Semen Kumurzhi e gli interventi del Ministero per l’Agricoltura di Etiopia e dell’Organizzazione non governativa CUAMM.

I partecipanti ai corsi, infine, hanno presentato i lavori di gruppo e fornito un feedback sulla rilevanza delle attività svolte e le future aspettative accademiche e professionali di cooperazione. La mattinata di lavori si è conclusa con la consegna dei diplomi di partecipazione.

Malattie rare, Gemmato: con risorse a Regioni il Piano può partire

Malattie rare, Gemmato: con risorse a Regioni il Piano può partireRoma, 1 feb. (askanews) – Il Piano nazionale delle malattie rare “è un unicum del Sistema sanitario nazionale italiano. Rivendico con orgoglio il fatto che l’Italia sia il secondo Paese al mondo per approccio e cura delle malattie rare, primo in Europa e secondo solo agli Stati Uniti. A questo risultato hanno contributo tutti, anche il governo che ci ha preceduti perché il testo unico sulle malattie rare è stato licenziato all’unanimità nella passata legislatura, e questo governo ha impresso un’accelerazione nei processi che ha portato a licenziare il piano in pochissimo tempo dotandolo di 50 milioni di euro in due anni perché le Regioni possano attuarlo. I 25 milioni del 2023 sono stati ripartiti tra le Regioni che oggi hanno le risorse per mettere in campo l’azione profonda che il Piano prevede per il miglioramento dell’approccio, della presa in carico e della cura dei pazienti con malattie rare”. Lo ha detto il sottosegretario alla Salute con delega alle malattie rare Marcello Gemmato intervenendo al ministero della Salute all’evento “#Uniamoleforze – Rari, mai soli” organizzato da Uniamo, la Federazione italiana delle Malattie Rare, che ha dato l’avvio alle iniziative per l’edizione 2024 del Rare Disease Day che si celebra il 29 febbraio in tutto il mondo.

“Parallelamente – ha proseguito Gemmato – i nuovi Lea che entreranno in vigore ad aprile prevedono tutta una serie di misure, tra cui gli screening neonatali diffusi che purtroppo oggi vedono delle sperequazioni regionali che dovremo superare, per migliorare le performances del nostro sistema sanitario pubblico sul tema delle malattie rare”. “Tra gli eventi del G7 che si svolgerà in Puglia – ha aggiunto Gemmato – ci sarà anche il G7 Salute che si terrà ad Ancona e come evento satellite stiamo immaginando due tavoli: uno sull’antibiotico resistenza, che è una vera emergenza planetaria, e l’altro sulle malattie rare per aprire un focus su questo con gli altri Paesi del mondo. Ritengo – ha concluso – che questa sia un’occasione straordinaria per declinare un’eccellenza del nostro Ssn di cui siamo protagonisti siamo tutti noi insieme”.

Covid, Iss: variante JN.1 in aumento, prevalenza al 77%

Covid, Iss: variante JN.1 in aumento, prevalenza al 77%Milano, 1 feb. (askanews) – “La proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante d’interesse JN.1 (discendente di BA.2.86), si conferma in aumento, raggiungendo una prevalenza pari al 77%”. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dall’Iss nel periodo compreso tra il tra il 15 e il 21 gennaio.

“La diffusione di questa variante (che nell’indagine precedente dell’Iss aveva registrato una prevalenza del 38,1%), è in aumento a livello globale, rappresentando attualmente la variante dominante. In base alle evidenze attualmente disponibili, JN.1 non sembra porre rischi addizionali per la salute pubblica rispetto agli altri lignaggi co-circolanti. Inoltre, si osserva una co-circolazione di altre varianti virali, se pur con valori di prevalenza in netta diminuzione, riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata al 7,3% vs. 30,6% della precedente indagine)”, prosegue l’Iss. “Nell’attuale scenario – avverte l’Iss – è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la diffusione delle varianti virali, e in particolare di quelle a maggiore trasmissibilità e/o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria”.

Vaccini, Cartebellotta: clamoroso flop della campagna per over 60

Vaccini, Cartebellotta: clamoroso flop della campagna per over 60Milano, 1 feb. (askanews) – “L’analisi dei dati relativi alle coperture vaccinali in Italia per gli over 60 e i confronti con il resto dell’Europa documentano un clamoroso flop della campagna vaccinale anti-Covid nella stagione autunno-inverno 2023-2024, nonostante le raccomandazioni della Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre 2023 che ha fatto seguito a quella preliminare del 14 agosto 2023”. Così il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, commenta i dati che emergono dall’analisi indipendente condotta dalla stessa Fondazione sulle coperture vaccinali per gli over 60.

“Purtroppo, al fenomeno della ‘stanchezza vaccinale’ e alla continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi – osserva il presidente della Fondazione Gimbe -: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di famiglia, mancata chiamata attiva dei pazienti a rischio, criticità tecniche nei portali web di prenotazione. E se da un lato è evidente che molti di questi problemi dipendono dalle Regioni, come documentato dal gap Nord-Sud, il confronto con i paesi europei inclusi nel report dell’Ecdc dimostra che anche le Regioni italiane con i tassi di copertura più elevati sono molto indietro rispetto ai paesi europei dove la campagna vaccinale ha funzionato. Segnale evidente chedella campagna vaccinale anti-Covid le Istituzioni centrali hanno parlato poco e ‘a bassa voce’, peraltro disturbata dal rumore di fondo di quei politici che hanno alimentato la sfiducia nei vaccini per non perdere il consenso della frangia no-vax”, conclude Cartabellotta.

Vaccini, Gimbe: nel Mezzogiorno coperture irrisorie

Vaccini, Gimbe: nel Mezzogiorno coperture irrisorieMilano, 1 feb. (askanews) – Italia divisa in due sul fronte delle coperture vaccinali degli over 60 che risultano “irrisorie” nelle regioni del Mezzogiorno. E’ la fotografia che emerge da un’analisi indipendente condotta dalla Fondazione Gimbe.

In particolare, nella fascia 60-69 anni, a fronte di una copertura nazionale del 5,7%, 10 Regioni si collocano sopra la media nazionale (dal 5,9% del Piemonte all’11% della Toscana). Undici, invece, le regioni che si trovano sotto la media (dal 5,6% dell’Umbria allo 0,9% della Sicilia). Nella fascia 70-79 anni, a fronte di una copertura nazionale dell’11%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale: (dall’11,5 dell’Umbria al 21,4% della Toscana), mentre 12 Regioni si trovano sotto la media (dal 10,6% del Veneto all’1,8% della Sicilia). Quanto, infine, agli over 80, a fronte di una copertura nazionale del 14,4%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale (dal 14,6% dell’Umbria al 26,3% della Toscana), mentre 12 Regioni si trovano sotto la media (dal 14% di Veneto e Lazio, all’1,9% della Sicilia). “Le coperture vaccinali per le tre fasce di età nelle Regioni italiane – commenta Cartabellotta – ripropongono la ‘frattura strutturale’ Nord-Sud che caratterizza il nostro Servizio Sanitario Nazionale: le Regioni meridionali non solo si trovano al di sotto della media nazionale, ma sono tutte a fondo classifica con coperture vaccinali simili a quelle dei paesi dell’Europa orientale. Anche i risultati della Toscana, che raggiunge le percentuali più elevate di copertura vaccinale nelle tre fasce di età (rispettivamente 11%, 21,4% e 26,3%), rimangono molto lontani da quelli dei paesi del Nord Europa. Considerata l’efficacia dei vaccini nel prevenire la malattia grave e la mortalità negli anziani e nei fragili, è legittimo ipotizzare che una parte degli oltre 4 mila decessi riportati nel periodo considerato poteva essere evitato, in particolare tra gli over 80”.

Vaccini, Gimbe: in Europa peggio di noi solo Grecia e paesi dell’Est

Vaccini, Gimbe: in Europa peggio di noi solo Grecia e paesi dell’EstMilano, 1 feb. (askanews) – L’Italia è tra i peggiori in Europa per lopertura vaccinale degli over 60. E’ l’allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe che ha condotto un’indagine indipendente sulla situazione italiana. Il nostro Paese è infatti tra quelli (insieme a Austria, Croazia, Germania, Italia, Lettonia e Svezia) che non hanno fornito i dati all’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), autore di un reporti pubblicato il 26 gennaio scorso sulla copertura vaccinale anti-Covid degli over 60 nei paesi europei. Il periodo considerato è compreso tra il 1 settembre 2023 e il 15 gennaio 2024.

“Considerato che, inspiegabilmente, il nostro Paese non ha trasmesso i dati richiesti – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – abbiamo realizzato un’analisi indipendente utilizzando i dati nazionali ufficiali sulle coperture per valutare il posizionamento dell’Italia rispetto ai paesi europei inclusi nel report dell’Ecdc, oltre che per effettuare un confronto tra le Regioni italiane”. I dati relativi all’Italia sono stati estratti dalla dashboard del Ministero della Salute che riporta le somministrazioni relative alla campagna vaccinale 2023-2024 effettuate a partire dal 26 settembre 2023, dopo l’introduzione dei nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5. L’ultimo aggiornamento della platea di riferimento è del 17 febbraio 2023. Nella fascia 60-69 anni, con una copertura nazionale del 5,7%, l’Italia si colloca al 14esimo posto in Europa. Tredici paesi hanno raggiunto coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 6,6% della Repubblica Ceca al 43,5% della Danimarca. Undici paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 5,4% di Cipro allo 0% della Romania (figura 1). Nella fascia 70-79 anni, con una copertura nazionale dell’11%, l’Italia è 15esima in Ue. Sono 14 i paesi che hanno raggiunta coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 13% del Lussemburgo all’80,4% della Danimarca. Dieci paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 6,9% del Liechtenstein allo 0% della Romania. Negli over 80, con una copertura nazionale del 14,4%,l’Italia si posiziona 14esima. Tredici paesi hanno raggiunto coperture superiori a quelle dell’Italia: dal 15,8% della Repubblica Ceca all’88,2% della Danimarca, 11 paesi hanno raggiunto invece coperture inferiori alle nostre: dal 13,5% dell’Estonia allo 0,01% della Romania .

“Le coperture raggiunte in Italia per tutte le fasce di età over 60 anni – commenta Cartabellotta – documentano un sostanziale fallimento della campagna nazionale di vaccinazione anti-Covid-19. I tassi di copertura del 5,7% per la fascia 60-69 anni, dell’11% per la fascia 70-79 anni e del 14,4% per gli over 80 ci collocano solo davanti ai paesi dell’Europa dell’Est (eccetto la Repubblica Ceca che ci precede in tutte le fasce d’età e l’Estonia per i 60-69 e i 70-79 anni), a Grecia, Malta, Liechtenstein e, solo per gli over 80, Cipro. Siamo molto lontani dai risultati raggiunti nei paesi dell’Europa settentrionale, ma anche da Spagna, Portogallo e Francia: paesi dove le coperture per le tre fasce di età documentano campagne vaccinali efficaci per tutti gli over 60, con percentuali di copertura crescenti con la fascia di età”.