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A Trevi al via le Giornate dell’Energia e dell’Economia Circolare

A Trevi al via le Giornate dell’Energia e dell’Economia CircolareRoma, 17 set. (askanews) – Nuovo quadro europeo, transizione energetica, riuso e riciclo, Africa e sfide geopolitiche, con uno sguardo alla Cop29 di Baku: sono tra i temi al centro delle Giornate dell’Energia e dell’Economia Circolare, che dal 18 al 21 settembre tornano a Trevi (PG), promosse da Globe Italia e WEC Italia in collaborazione con Luiss School of Government, AICP – Associazione Italiana dei Collaboratori Parlamentari e Askanews.


L’iniziativa, giunta all’8a edizione, anche quest’anno porterà nel borgo umbro politici, istituzioni, professori e studenti universitari, imprese energetiche e della filiera del riciclo, collaboratori parlamentari, giovani e giornalisti specializzati, per discutere insieme i temi chiave della transizione ecologica. L’edizione 2024 si concentrerà in particolar modo sul ruolo dell’Italia nel nuovo contesto europeo e mediterraneo di fronte alle sfide del nostro tempo: decarbonizzazione, riduzione dei rifiuti e riuso dei materiali, mobilità a basse emissioni, buona economia. I dibattiti partecipativi intendono dare un contributo di proposte alla costruzione di un futuro più giusto, rispettoso dell’ambiente e capace di valorizzare i talenti italiani e le esperienze virtuose che arrivano dai territori. Perché la transizione energetica e l’economia circolare non sono solo i pilastri di uno sviluppo compatibile con gli obiettivi climatici internazionali, ma rappresentano anche fattori strategici per rendere il nostro sistema produttivo più innovativo, resiliente e competitivo. I quattro giorni di lavori dell’edizione 2024 si svilupperanno come un’esperienza immersiva di talk, workshop e momenti di networking, con ospiti nazionali ed internazionali pronti ad offrire un inquadramento di scenario e dibattiti partecipativi, in cui sviluppare obiettivi e strategie da commentare insieme.


Appuntamento di riferimento per il dialogo sulla transizione ecologica, le Giornate sono state insignite sin dalla loro prima edizione dalla Medaglia dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Skuola.net: 60% studenti si promuove in attenzione all’ambiente

Skuola.net: 60% studenti si promuove in attenzione all’ambienteMilano, 17 set. (askanews) – Cammina, condividi, ricicla, ripara e riusa. Queste le cinque regole d’oro, secondo le nuove generazioni, per avere uno stile di vita amico del Pianeta. Il punto di partenza è la mobilità sostenibile: il 60% si “promuove” in termini di attenzione quotidiana alla riduzione delle proprie emissioni carboniche quando si muove da un luogo all’altro. Questo aspetto risulta quello più importante da curare – secondo il 39% – per ridurre il proprio impatto ambientale, seguito dalla raccolta differenziata (24%) e dal recupero/riuso degli oggetti (23%). Non manca, poi, chi pone più attenzione a comportamenti virtuosi come usare meno risorse – acqua ed energia in primis – per il benessere personale (8%) o prodotti cosmetici meno inquinanti (7%). È questo il messaggio lanciato alla comunità dai 2.500 studenti – di età compresa tra i 15 e i 35 anni – che hanno partecipato all’indagine “I giovani e la mobilità sostenibile” condotta nelle scorse settimane da Skuola.net per ECO Festival della Mobilità Sostenibile e delle Città Intelligenti – Roma, 17-18 settembre – l’evento che espone lo stato dell’arte della transizione ecologica nei trasporti di persone e merci in Italia.


Ma c’è di più. Perché l’impegno delle Generazioni Y e Z non si limita alle parole. Si traduce nei comportamenti di tutti i giorni. Oltre 2 su 3, infatti, sostengono di aver pressoché abbandonato i mezzi di trasporto più inquinanti: il 33% preferisce, laddove possibile, sfruttare il servizio pubblico (bus, tram, metropolitane, treni locali, ecc.), il 13% si divide tra biciclette e monopattini, il 4% sta già sperimentando altre forme di micromobilità elettrica (come, ad esempio, hoverboard, monowheel e dintorni), il 19% quando ha modo va direttamente a piedi. Solo il 31%, dunque, continua a prediligere i classici veicoli a motore (automobili, moto e motocicli), da ospite o guidatore. Anche il ricorso allo shopping online – che secondo alcuni studi può ridurre le emissioni di C02 di quasi tre volte rispetto a un acquisto nel canale fisico – rappresenta uno dei contributi alla causa, seppur inconsapevole: solo il 16% è a conoscenza di questo aspetto mentre l’8% pensa che l’e-commerce abbia addirittura impatti ambientali negativi.


Quali sono le mosse che, secondo i giovani, potrebbero agevolare la transizione? Innanzitutto un riassetto del trasporto pubblico, ovvero i mezzi che conoscono meglio in quanto più utilizzati. Per quasi la metà di loro (45%) potrebbe bastare un potenziamento della frequenza delle corse, il 26% punterebbe piuttosto sull’allargamento della rete al maggior numero possibile di aree cittadine, il 21% pensa che il contenimento dei prezzi di biglietti e abbonamenti sarebbe la soluzione ottimale, solo l’8% in via prioritaria agirebbe sulla sicurezza e sul comfort dei veicoli. Perché allo stato attuale è innegabile che l’automobile, specie in alcuni contesti (per esigenze lavorative, logistiche, famigliari, ecc.), rimane un mezzo indispensabile o quasi. Gli stessi ragazzi, proiettandosi al domani, prevedono comunque di acquistarne una: per il 61% è praticamente certo, il 23% potrebbe rinunciarvi solo se dovessero crescere e affermarsi definitivamente i servizi di car sharing o di noleggio. Appena il 16% lo esclude a priori. Un dato apparentemente in controtendenza rispetto ai numerosi studi che vedono la Generazione Z lontana dall’auto di proprietà quale status symbol, ma che risente della sfiducia dei ragazzi rispetto a quanto il Paese sta facendo per la transizione ecologica. Solo il 30% delle ragazze e dei ragazzi pensa, infatti, che in Italia si stia lavorando efficacemente verso questo obiettivo, sia dal punto di vista economico che culturale e chiedono perciò uno sforzo anche agli adulti, specialmente a quelli “che contano”, per prendere decisioni e mettere in campo azioni che accelerino il cambiamento. Alla fine, oltre 1 su 2 prevede tempi molto lunghi per il suo raggiungimento e 1 su 4 ritiene che in Italia smart cities e mobilità sostenibile siano un’utopia irrealizzabile.


Come fare, ad esempio, a imprimere una spinta decisiva verso un approccio ecologico al settore delle auto? Secondo gli intervistati, si dovrebbe agire su un doppio binario. Da un lato incrementando la presenza di colonnine di ricarica nelle nostre città: per 1 su 3 non si può prescindere da ciò. Dall’altro incentivando il passaggio tramite bonus e incentivi: li mette al primo posto il 31%. Solo in secondo piano vengono, invece, le campagne sulla conoscenza dei benefici dell’elettrico per il Pianeta e dei benefit che si possono avere grazie a questi veicoli (parcheggi gratuiti, accesso ai centri storici, ecc.): a considerarle prioritarie è, in entrambi i casi, il 18%. Il contesto urbano è, in ogni caso, il fulcro del discorso. Ma le città potrebbero essere sempre più a emissioni zero, non solo ricorrendo all’elettrico ma anche grazie alla ciclabilità. Per incentivare i cittadini a inforcare le due ruote per la mobilità quotidiana, sempre secondo i giovani, bisogna lavorare essenzialmente su due aspetti: il 47% degli intervistati ritiene che sia fondamentale aumentare le infrastrutture dedicate (piste ciclabili, bike station, ecc.), mentre il 27% crede sia fondamentale ripensare gli spazi urbani con più attenzione a ciclisti e pedoni.


Oltre a questo, le città del futuro dovrebbero poi per poter contare su una riduzione dei limiti di velocità – il 71% sarebbe ben disposto ad accettarli in cambio di una riduzione della mortalità dovuta agli incidenti stradali (prima causa di morte per i giovani italiani sotto i 30 anni) – e su una maggiore riforestazione, per assorbire le emissioni di CO2 inevitabili: per 2 intervistati su 3, anche su questo punto ancora non si sta facendo abbastanza. “I giovani sono disposti ad abbracciare il cambiamento, a muoversi con i mezzi pubblici o in maniera sostenibile. Ma sono anche consapevoli che, allo stato attuale, le nostre città non sono ancora pronte. Quindi se per oggi la maggior parte lascia parcheggiate auto e moto private, un domani l’auto di proprietà sarà un must per molti di loro, per gestire la vita da adulti”, commenta così i dati dell’indagine Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.

A Ferrara dal 18 settembre RemTech Expo su tecnologia e ambiente

A Ferrara dal 18 settembre RemTech Expo su tecnologia e ambienteMilano, 11 set. (askanews) – Inizia mercoledì 18 settembre a Ferrara Expo, per concludersi venerdì 20 settembre, la diciottesima edizione di RemTech Expo, un evento emerito per il secondo anno consecutivo, con la medaglia del presidente della Repubblica, un riconoscimento che viene attribuito dal Capo dello Stato a iniziative ritenute di particolare interesse culturale e scientifico. Hub tecnologico ambientale, RemTech sarà luogo di condivisione e di cooperazione sulle policy dell’agenda politica nazionale ed internazionale, in cui esperti, decision maker, imprenditori e professionisti del settore discuteranno le sfide del terzo millennio.


A darne annuncio, in conferenza stampa questa mattina nella sala Nassirya del Senato, il consigliere delegato di Ferrara Expo e General Manager RemTech Expo Silvia Paparella, il senatore e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega al coordinamento della politica economica e di programmazione degli investimenti pubblici, Alessandro Morelli, il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, il delegato della rete delle Professioni tecniche italiane nonché presidente del consiglio nazionale dei geologi, Arcangelo Francesco Violo, il Capo gabinetto del Ministro dell’Ambiente, Mario Antonio Scino, presidente di Ferrara Expo, Andrea Moretti. L’appuntamento si caratterizza per essere non solo un momento di rappresentazione dello stato attuale e di condivisione delle prospettive future, ma di incontro di una comunità di esperti, nazionali ed internazionali, che opera in forma permanente e in cui il comparto pubblico ed il settore privato hanno la straordinaria opportunità di confrontarsi in maniera costruttiva ed efficace, sviluppando pensieri e progettualità a supporto del Paese, dell’Europa e del Pianeta tutto. Al RemTechExpo2024 sarà infatti presentata l’ultima relazione del commissario unico alle bonifiche delle discariche abusive, sullo stato attuale in cui versa l’Italia a causa di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ue dal 2014. Oggi va evidenziato lo straordinario lavoro della struttura commissariale, che ha quasi azzerato l’infrazione passando dagli oltre 85.2 milioni annui che l’Italia versava nelle casse dell’Ue, ai 5.2 milioni annui.


Tanti, trasversali ed attuali i temi che caratterizzeranno RemTechExpo2024, intorno ai quali si svilupperanno l’area narrativa ed espositiva e il ricco programma di appuntamenti e conferenze: Stati Generali del Risanamento, Rigenerazione e Sviluppo sostenibile dei territori per la Transizione Giusta; Stati Generali del Mondo del lavoro; Smart Ports, Le Autorità di Sistema portuale quali Hub di Innovazione; Progettazione e Gestione delle Infrastrutture in aree esposte a rischi naturali; Stati Generali del pronto intervento, della manutenzione e del monitoraggio; Disegno di Legge sul Codice della Ricostruzione; Le esperienze dei Commissari di Governo, evento a cura di Sogesid; La tutela della risorsa acquifera sotterranea, evento a cura del Consiglio Nazionale dei Geologi; Gestione della risorsa idrica ai fini delle filiere produttive, a cura di Anbi inoltre Stati Generali delle Discariche; Conferenza Nazionale sulle tecnologie di bonifica e Stati Generali del Monitoraggio della Terra dallo Spazio, prima edizione, in collaborazione con Thales Alenia Space, società del gruppo Leonardo e, per il primo anno, Stati Generali delle Miniere.

Amazzonia, Wwf: da inizio anno 30.000 roghi, a rischio biodiversità

Amazzonia, Wwf: da inizio anno 30.000 roghi, a rischio biodiversitàRoma, 5 set. (askanews) – In Amazzonia il 2024 è un anno di nuovi tristi record. Il Brasile ha registrato oltre 110.000 incendi dall’inizio del 2024, segnando il numero più alto dal 2010 e un drammatico aumento del 76% rispetto allo stesso periodo nel 2023, secondo l’Istituto brasiliano di Ricerche Spaziali (INPE). Oltre un terzo di questi incendi si è verificato proprio nella foresta amazzonica, spesso definita il “polmone verde del Pianeta”: questo numero è il più alto dal 2005 e ben il doppio di quello registrato nel 2023. Vista la gravità della situazione, un giudice della Corte Suprema brasiliana ha ordinato il governo brasiliano a mobilitare un “contingente maggiore” di forze militari per combattere gli incendi. A puntare i riflettori sulla situazione in cui versa polmone verde è il Wff, in occasione della Giornata mondiale d’azione per l’Amazzonia che coincide con il 5 settembre.


L’Amazzonia è la più grande foresta tropicale sulla Terra: oltre 550 milioni di ettari che ospitano il 10% della biodiversità globale, tra cui oltre 40.000 specie di piante e migliaia di specie animali. Inoltre, la capacità dell’Amazzonia di immagazzinare oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio è cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. Il degrado di questa foresta metterebbe a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi globali di limitare il riscaldamento a 1,5°C, rendendo urgente la necessità di proteggere e preservare questo prezioso ecosistema. Il collasso dell’ecosistema amazzonico – prosegue il Wwf – è accelerato anche dalla siccità estrema dovuta alla crisi climatica che prosegue dal 2023: in 13 dei 20 bacini pluviali brasiliani le precipitazioni sono state molto inferiori della media, rendendo così la vegetazione più secca e infiammabile e quindi rafforzando l’intensità degli incendi e anticipando il loro picco, solitamente atteso a settembre, mese nel quale la situazione potrebbe, infatti, ancora peggiorare. Il 99% dei roghi sarebbe comunque stato innescato dall’uomo. Negli ultimi 50 anni, circa il 17% della superficie della foresta amazzonica – equivalente a una superficie grande due volte l’Italia – è stato distrutto: se questa tendenza raggiungerà il 20-25% della foresta, l’Amazzonia potrebbe trasformarsi in una savana arbustiva nel giro di pochi decenni.


Una situazione estremamente critica che richiede un’azione immediata e coordinata a livello globale. La distruzione di una delle risorse naturali più vitali del pianeta come l’Amazzonia avrebbe conseguenze devastanti per la biodiversità, per le popolazioni indigene che vi vivono nonché comprometterebbe irrimediabilmente la lotta contro il cambiamento climatico. Purtroppo, poi, l’allarme non scatta solo per l’Amazzonia: sia in Cerrado che in Pantanal -la zona umida più vasta del mondo che ospita migliaia di specie di cui alcune a rischio estinzione- è stata registrata una delle più gravi stagioni degli incendi che ha colpito circa il 15% della sua superficie totale, causando la morte di migliaia di animali e minacciando l’habitat di specie cruciali come giaguari, ocelotti, tapiri sudamericani, alligatori, scimmie, ara giacinto e anaconda. Il Wwf è coinvolto in diversi progetti per preservare la foresta amazzonica in Brasile, Perù e Guyana, ad esempio sviluppando la rete di aree protette nella regione amazzonica, monitorando lo stato di conservazione di specie chiave e minacciate come il giaguaro e il delfino rosa del Rio delle Amazzoni e favorendo una produzione sostenibile di prodotti quali la gomma per portare benefici socioeconomici alle comunità locali e i popoli indigeni e per contrastare la deforestazione causata solitamente dalla produzione di commodities come appunto gomma, caffè, olio di palma, cacao e soia.


(Credit: Andre Dib WWF-Brazil)

Wwf, Vele del Panda: già avvistati oltre 100 cetacei nel Tirreno

Wwf, Vele del Panda: già avvistati oltre 100 cetacei nel TirrenoRoma, 23 ago. (askanews) – Sono trascorsi appena 100 giorni di avvistamenti a bordo delle Vele del Panda e già i numeri confermano una ricchezza di biodiversità in tutto il Tirreno, compreso il Santuario Pelagos: 164 i turisti coinvolti grazie ad una flotta di 8 imbarcazioni a vela, compresa la leggendaria Adriatica e l’ambasciatrice del progetto, il veliero Mahyana e 126 gli avvistamenti di megafauna marina di cui 100 cetacei tra cui tursiopi, stenelle striate, grampi, i rarissimi zifi fino ai mastodontici capodogli e le balenottere comuni. Gli avvistamenti sono stati effettuati tra Mar Ligure, isole Pontine, Arcipelago Toscano, Corsica del Nord tra acque costiere e acque pelagiche, quelle maggiormente frequentate dai cetacei. Ma il bilancio è destinato a crescere poiché l’attività prosegue fino all’autunno.


Il programma di monitoraggio e citizen science di Wwf Italia e Wwf Travel, quest’anno giunto alla quinta edizione, si conferma così uno strumento essenziale per lo studio della megafauna nel Mediterraneo. I dati sono stati raccolti grazie al coinvolgimento dei turisti e la competenza di ricercatori Wwf: le 13 guide whale watching sono state formate dal Wwf grazie al corso di formazione “Professione Whale Watcher” sviluppato con EIIS (European Institute of Innovation for Sustainability), e consentiranno di approfondire la biologia e conoscere le possibili minacce per le 8 diverse specie di cetacei residenti nel Mediterraneo. Il progetto fa parte della più vasta iniziativa Wwf GenerAzioneMare per la campagna Our Nature. “Il Mar Mediterraneo è la casa di otto specie di cetacei regolari che purtroppo risentono quotidianamente degli impatti delle attività antropiche (inquinamento chimico, acustico, da plastica, eccessivo traffico nautico, sovrapesca e bycatch) e quindi necessitano di tutela e protezione. Tuttavia, ci sono ancora molte aree del bacino per le quali non abbiamo dati aggiornati sullo stato di salute e la distribuzione di tali specie. Per colmare questa lacuna conoscitiva e sostenere la conservazione dei cetacei nel Mare Nostrum, il Wwf Italia, in collaborazione con Wwf Travel e Sailsquare, ha lanciato nel 2020 il progetto Le Vele del Panda”, ha dichiarato Giulia Prato, Responsabile Mare Wwf Italia.


“L’esperienza di quest’anno ci conferma il ruolo fondamentale del coinvolgimento dei turisti. Senza di loro non sarebbe possibile raccogliere la gran mole di dati che possiamo inserire in un data base a disposizione della comunità scientifica, un elemento fondamentale per esplorare nuove aree e scoprire quali siano quelle più importanti per i cetacei. Conoscere significa proteggere ed è questo il principale scopo del nostro progetto” ha dichiarato Laura Pintore, responsabile megafauna marina di Wwf Italia. (Credit: Laura Pintore WWF Italia)

Cnr-Iia determina “firma” inquinamento da mercurio su consumo pesce

Cnr-Iia determina “firma” inquinamento da mercurio su consumo pesceMilano, 2 ago. (askanews) – Uno studio condotto dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia) di Rende (Cosenza) ha determinato, per la prima volta, la “firma” dell’inquinamento antropogenico da mercurio – in termini di settori di emissione e regioni geografiche di provenienza – sul consumo di pesce proveniente dalle diverse zone di pesca dell’Organizzazione delle Nazioni unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao).


La ricerca, pubblicata sulla rivista Environment International, ha incrociato modelli numerici e informazioni reperite in banche dati rese disponibili da istituzioni internazionali, tra cui i dati riferiti all’inventario globale delle emissioni di mercurio Amap/Unep 2013, e ha quantificato il mercurio antropogenico emesso nel 2012 e depositato nel corso dello stesso anno nelle diverse zone di pesca. I ricercatori hanno, quindi, valutato la persistenza di tale inquinante tramite l’analisi del pesce consumato negli anni successivi (anni 2012-2021, il mercurio, infatti, è un inquinante persistente che ha effetti a lungo termine negli ecosistemi), e stimato la sua firma in percentuale, sul pesce proveniente dalle varie “zone di pesca” consumato nel mondo. Se nel Mar Mediterraneo – ovvero la zona di pesca 37 – l’impatto maggiore è dato dalle emissioni di mercurio dagli impianti di produzione di energia presenti in Europa, a livello globale emerge che il settore produttivo che ha maggiore impatto in tutte le zone di pesca è quello delle miniere d’oro artigianali e su piccola scala (Asgm), mentre l’area geografica in cui sono maggiori le emissioni che favoriscono la contaminazione da mercurio è l’Asia Orientale.


Per quanto riguarda il Mar Mediterraneo, tra gli impianti di produzione di energia, quelli alimentati a carbone contribuiscono in modo quasi totalitario (oltre il 95%) all’inquinamento da mercurio. La maggior parte di queste emissioni provengono dall’Europa centrale e orientale (quasi il 40%) e dalla Germania (il 25%), mentre l’Italia contribuisce solo per il 2%. Altri settori individuati come fonti di emissioni sono -oltre alle miniere d’oro artigianali e su piccola scala – la produzione industriale di oro, la produzione di cloro-alcali; la combustione per la produzione di energia nell’industria; la combustione residenziale; la produzione di cemento; la produzione di vetro; le industrie non ferrose; le industrie del ferro e dell’acciaio; l’attività di incenerimento dei rifiuti; e il trasporto su strada. Le regioni scelte per tracciare la provenienza delle emissioni sono invece Stati Uniti e Canada (NAM); Europa e Turchia (EUR); Asia meridionale (SAS); Asia orientale (EAS); Asia sudorientale (SEA); Australia e Nuova Zelanda (PAN); Africa settentrionale (NAF); Africa subsahariana (SAF); Medio Oriente (MDE); America centrale (MCA); America meridionale (SAM); Russia e Asia centrale (CIS); Circolo polare artico (ARC).

Overshoot Day, Wwf: da domani il mondo in debito con il Pianeta

Overshoot Day, Wwf: da domani il mondo in debito con il PianetaRoma, 31 lug. (askanews) – Il primo agosto scatta l’Earth Overshoot Day 2024, il giorno del sovrasfruttamento della Terra calcolato ogni anno dal Global Footprint Network, che indica come in soli 7 mesi l’umanità abbia già utilizzato ciò che la Terra impiega 12 mesi per rigenerare. A livello globale – evidenzia il Wwf – stiamo consumando l’equivalente di 1,7 Pianeti all’anno, cifra drammatica che potrebbe arrivare nel 2030 a due pianeti sulla base delle tendenze attuali.


L’Earth Overshoot Day si calcola dividendo la biocapacità del Pianeta (la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare in quell’anno) per l’impronta ecologica dell’umanità (la domanda delle nostre società per quello stesso anno) e moltiplicando tutto per 365, i giorni di un anno. Questo vuol dire che da giovedì 1° agosto 2024 l’umanità ha già “finito” tutte le risorse che la Natura produce in un intero anno e inizia ad andare a debito. L’umanità, con i suoi oltre 8 miliardi di abitanti, consuma in quantità eccessive, oltre le capacità di rigenerazione (e riassorbimento) del Pianeta. 50 anni fa, nel 1974 l’Overshoot day cadeva il 30 novembre: sforavamo di un mese il nostro budget annuale. Nel 2004, il 2 settembre, nel 2014 il 5 agosto. La data è sempre andata anticipandosi e il nostro il nostro debito ecologico è cresciuto. La persistenza per oltre mezzo secolo di questo stato di sovrasfruttamento della natura – prosegue il Wwf – ha portato una drastica perdita di biodiversità, un eccesso di gas serra di origine antropica nell’atmosfera, i cui effetti stanno diventando più evidenti con l’aumento della frequenza e dell’intensità di ondate di calore, incendi boschivi, siccità e inondazioni, rappresentando una minaccia per la nostra stessa sopravvivenza. Questa data si inserisce in un’estate da record, con il 21, 22 e 23 luglio che sono stati i tre giorni più caldi mai registrati al mondo dal 1940, secondo il Servizio europeo sul cambiamento climatico di Copernicus. Il 22 luglio è stato registrato un record assoluto con una temperatura media globale di 17,16 gradi, che supera precedenti record: 17,09°C del 21 luglio (il giorno prima) e 17,08°C di un anno fa, il 6 luglio 2023. Quel che desta però maggiore preoccupazione è la tendenza dell’ultimo anno: giugno 2024 è stato il 13° mese consecutivo in cui la temperatura globale è stata fuori scala rispetto ai rispettivi mesi precedentemente registrati e il 12° in cui ha raggiunto 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali.


Secondo il Wwf esistono molte soluzioni che possono essere adottate a livello di comunità o individualmente per avere un impatto significativo sul tipo di futuro in cui investiamo: per esempio se usassimo energia generata per il 75% da fonti rinnovabili (rispetto al 39% attuale) potremmo spostare in avanti l’Overshoot day di 26 giorni; il risparmio e l’uso di tecnologie di efficienza energetica esistenti per gli edifici, i processi industriali e la produzione di energia elettrica potrebbe far recuperare altri 21 giorni. “Se fino agli anni 60 l’umanità era più o meno in equilibrio con la Natura, di anno in anno la data si è spostata scalando il calendario, per arrivare oggi all’inizio di agosto. Ciò significa che l’umanità è in overshoot ecologico da oltre 50 anni. Vivere costantemente al di sopra delle possibilità fisiche del nostro Pianeta è una possibilità limitata nel tempo, rischiamo un disastro ecologico: i beni e i servizi che sono alla base delle nostre società ed economie sono tutti prodotti da ecosistemi sani e funzionanti. Abbiamo ormai molte soluzioni mirate per invertire il sovrasfruttamento delle risorse e sostenere la rigenerazione della biosfera nella quale viviamo. Le opportunità provengono da tutti i settori della società. Anche solo mettere mano ai sistemi alimentari potrebbe ridurre il nostro debito: dimezzare il consumo di carne farebbe guadagnare altri 17 giorni, eliminare perdite e sprechi alimentari che affliggono il pianeta altri 13 giorni. È indispensabile agire ora e non perdere più tempo prezioso”, afferma Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del Wwf Italia.


L’Italia è anche uno dei Paesi con il più elevato debito ecologico. L’Overshoot Day per il nostro Paese è arrivato già il 19 maggio: da quella data, se tutti consumassero come noi saremmo in debito di 226 giorni con il Pianeta rispetto alla fine dell’anno. In pratica se tutti vivessero come gli italiani servirebbero 2,6 pianeti Terra per soddisfare i bisogni collettivi. (Credit: Global Footprint Network www.footprintnetwork.org.)

Incendi, Ispra: 615 da gennaio, in linea con la media dal 2006

Incendi, Ispra: 615 da gennaio, in linea con la media dal 2006Roma, 31 lug. (askanews) – Dal 1° Gennaio 2024 all’ultimo aggiornamento disponibile da European Forest Fire Information System (EFFIS) del 30 luglio, a scala nazionale sono stati rilevati 615 incendi, per una superficie totale di 221 km2. Le stime prodotte da ISPRA evidenziano che le aree boschive percorse da incendio, per i primi 8 mesi del 2024, sono 40 km2di superficie forestale (cioè, il 18 % del totale). Questa superficie si suddivide in 18 km2di macchia mediterranea e boschi di leccio (46%), 13 km2 ricoperte da boschi di querce (33%) e 6 km2a di aree boschive di conifere (16%). L’andamento della superficie percorsa da incendio boschivo nel 2024, fino ad ora, non si discosta significativamente dall’andamento medio nel periodo 2006-2023.


È quanto emerge dalle attività ISPRA nell’ambito delle osservazioni e monitoraggi degli impatti degli incendi di medie e grandi dimensioni sugli ecosistemi. Lo scopo – informa Ispra – è quello di fornire ogni anno un dettaglio informativo a supporto delle politiche per il ripristino e la conservazione degli ecosistemi terrestri a scala nazionale e locale. I dati relativi agli incendi sono forniti dal sistema European Forest Fires Information System del programma europeo Copernicus Emergency, ed elaborati da ISPRA con applicazioni di intelligenza artificiale per il riconoscimento degli ecosistemi coinvolti negli incendi. Ultimo episodio a Vieste sul Gargano. Nella Baia San Felice a Vieste il 24 luglio un incendio all’interno del Parco nazionale del Gargano ha minacciato zone boschive di pregio. Il tempestivo intervento di uomini e mezzi antincendio dei Vigili del Fuoco, Protezione civile, Agenzia Regionale Attività Irrigue e Forestali, oltre che di volontari, ha evitato le conseguenze più serie per i boschi. Secondo le stime ISPRA, il fuoco ha coperto una superficie complessiva di 24 ettari; la copertura forestale coinvolta non sembra aver superato i 3 ettari, prevalentemente conifere.


Ad oggi, dodici regioni su venti presentano superfici percorse da incendio. Quelle più colpite sono Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia, che contribuiscono per circa l’ 85% delle aree totali bruciate a scala nazionale. In particolare, la Sicilia ha il 45% del totale, la Calabria il 20% e la Sardegna e la Puglia 10% ciascuna. La superficie forestale interessata da incendi per le suddette regioni è dell’80% del totale forestale nazionale incendiato. In particolare, il 34% del totale nazionale ricade in Sicilia, il 30% in Calabria e il 12% in Sardegna. Ad oggi la provincia di Agrigento risulta quella maggiormente interessata da incendi boschivi con 48 km2 di superficie percorsa da incendio, di cui solo il 3% sono di coperture forestali. A seguire le provincie di Cosenza (circa 19 km2, con il 24% di coperture forestali interessate), Reggio Calabria (15 km2, con il 31% di coperture forestali interessate) e Palermo (circa 11 km2 ha di cui il 4% di coperture forestali).


Altri episodi rilevanti tra il 19 ed il 30 luglio hanno coinvolto prevalentemente la regione Sicilia, la Sardegna e il Lazio. In Sicilia, nel comune di Enna tra le località di M.te Rossomanno, M.te Canalotto e M.te della Forma, al 30 luglio risulta colpita da diversi incendi una superficie complessiva di circa 2 km2, in prevalenza caratterizzata da boschi e boscaglie di specie arboree sempreverdi. In Sardegna, nel comune di Ortelli (NU), nella giornata del 22 luglio si è sviluppato un fronte di fiamma che ha interessato una superficie complessiva di circa 4 km2, che nel complesso risulta esser caratterizzata da boschi e boscaglie di leccio e sughera. Nel Lazio tra il 28 ed il 29 luglio la superficie complessiva percorsa da incendio era circa 3 km2, di cui quasi un terzo era coperto da boschi. Al momento – conclude Ispra – risulta in corso un nuovo importante incendio in Sardegna, nelle province di Sassari e Nuoro, Comuni di Benetutti, Orani e Nuoro. La superficie totale al momento è stimata in 2 km2, di cui la parte boschiva risulta oltre 1 km2. Essendo l’evento tuttora in corso, non è considerato nelle statistiche generali.

Slow Food Italia: l’1 agosto sarà l’Earth Overshoot Day del 2024

Slow Food Italia: l’1 agosto sarà l’Earth Overshoot Day del 2024Milano, 30 lug. (askanews) – Giovedì 1 agosto sarà l’Earth Overshoot Day del 2024, il giorno in cui – secondo le stime del Global Footprint Network – l’umanità avrà consumato tutte le risorse naturali che gli ecosistemi del pianeta sono in grado di rigenerare nel corso dell’intero anno. Lo ha segnalato con una nota Slow Food Italia. La data del primo agosto è il risultato di un’analisi che mette a confronto, da un lato, la biocapacità del pianeta (cioè la somma delle aree terrestri e marine biologicamente produttive) e, dall’altro, l’impronta ecologica dell’umanità (che viene misurata tenendo conto, tra le altre cose, della domanda di cibo, di legname, delle foreste necessarie ad assorbire l’anidride carbonica derivante dai combustibili fossili e dello spazio occupato dalle città).


Nel 1971, l’Earth Overshoot Day cadeva il giorno di Natale. In appena mezzo secolo, il giorno in cui l’umanità va a debito con il pianeta è stato anticipato di quasi centocinquanta giorni, venendo registrato ogni anno più presto. “Anche per il 2024 siamo arrivati alla fine delle risorse disponibili per l’intero anno – commenta in una nota la direttrice di Slow Food Italia, Serena Milano -. Abbiamo consumato tutto ciò che avevamo a disposizione. È il risultato, inevitabile, di modelli di vita fondati su una logica di estrazione e di accaparramento delle risorse naturali. Esaurire le risorse ecosistemiche di un determinato anno è un po’ come superare il plafond della carta di credito, ma con una differenza: non c’è un soggetto terzo, una banca, che possa impedire all’umanità di continuare a fare debiti. Spetta a noi stessi il compito di invertire la rotta, di abbandonare stili di consumo che ignorano il senso del limite e mortificano il concetto di sobrietà”.


Per Slow Fodd imboccare un’altra strada non soltanto è possibile, è anche un percorso di benessere, bellezza, gioia: la dimostrazione arriva dalla rete globale di Slow Food, che dal 26 al 30 settembre sarà Torino per Terra Madre Salone del Gusto 2024. La rete di contadine e pescatori, allevatrici e casari, ostesse e ristoratori, viticoltrici e castanicoltori che promuovono e praticano l’agroecologia.

Presentate best practice italiane progetti fotovoltaici ed agrivoltaici

Presentate best practice italiane progetti fotovoltaici ed agrivoltaiciRoma, 9 lug. (askanews) – Sistemi e progetti fotovoltaici innovativi, integrati nella coltivazione di colture, per avere non solo la produzione diretta di energia da fonte rinnovabile ma anche per individuare sinergie tra biota e impianti, evitando spreco di suolo fertile, consentendo il normale svolgimento delle attività agricole, concorrendo alla creazione di migliori condizioni per le coltivazioni e gli agricoltori. L’agricoltura, settore primario e ambassador della qualità agroalimentare dell’Italia nel mondo, sempre più multifunzionale e in prima linea per favorire la transizione energetica e quella ecologica e la continuità di una produzione agroalimentare sempre più sicura.


Questo il focus del convegno “Agricoltura e fotovoltaico per una giusta transizione ecologica”, promosso da Fondazione UniVerde e Coldiretti con la main partnership di Renexia, che si è svolto oggi a Roma, presso la Sala delle Statue di Palazzo Rospigliosi e trasmesso in diretta streaming su Radio Radicale, con event partner NextEnergy Group. Media partners: Askanews, Italpress, TeleAmbiente, Opera2030, Canale Energia, SOS Terra Onlus. L’evento è stato aperto dai saluti introduttivi di Vincenzo Gesmundo (Segretario Generale di Coldiretti): “Crediamo nella convivenza tra agricoltura e produzione di energia davvero sostenibile, per questo siamo pronti al confronto e crediamo nello sviluppo dell’agrivoltaico sospeso da terra”.


Per Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde): “L’agrivoltaico va realizzato in accordo con il mondo agricolo e deve tenere il passo con la tecnologia, se l’Italia vorrà coglierne i benefici, anche per favorire lo sviluppo delle comunità energetiche rurali. Le best practice presentate oggi riconoscono la grande opportunità rappresentata dall’agrivoltaico per migliorare la competitività dell’agricoltura locale, tale da incrementare la resilienza della produzione agricola e, al contempo, la capacità di produrre energia rinnovabile. È importante realizzare le rinnovabili in modo sostenibile. Il rispetto dei suoli agricoli fertili è stata una priorità che mi sono posto, da Ministro dell’Ambiente, fin dal Secondo Conto Energia del 2007 e spetta anche alle Regioni di dettare linee adeguate”. A seguire, sono state presentate le best practice italiane di sistemi e progetti fotovoltaici ed agrivoltaici. Riccardo Toto (Direttore Generale di Renexia): “Siamo felici del nostro coinvolgimento in questa iniziativa perché è in linea con il modello Renexia che, nello sviluppo dei propri progetti, punta in ogni fase, alla condivisione con i soggetti interessati. Seguendo la nostra vocazione, crediamo che l’agrivoltaico sia una soluzione capace di sostenere l’agricoltura, anche quella relativa a coltivazioni più pregiate e a rischio, e di valorizzare al contempo quei terreni altrimenti difficilmente coltivabili. Il nostro modello imprenditoriale, in linea con la nostra presenza sui territori, contempla l’individuazione concorde di sinergie capaci di fornire supporto allo sviluppo dell’imprenditorialità agricola, soprattutto quella giovanile. In questo senso noi chiediamo a Coldiretti di indicare imprenditori agricoli, specialmente giovani, da coinvolgere per recuperare terreni pubblici, oggi abbandonati, spesso fonte di inquinamento, occupazioni abusive e poco trasparenti”.


Gianluca Boccanera (Global Managing Director Starlight, a NextEnergy Group Company): “Il Gruppo NextEnergy è attivo in Italia dal 2007 ed è oggi uno dei principali operatori a livello globale nel settore delle energie rinnovabili, con più di 3 GW di impianti operativi e oltre 10 GW di nuova capacità in sviluppo. Da sempre abbiamo posto molta attenzione al concepimento e alla realizzazione di progetti che potessero coniugare la produzione di energia elettrica pulita, pratiche agricole avanzate e biologiche e iniziative di incremento di biodiversità, oltre che il coinvolgimento attivo e fattivo delle comunità locali nelle varie fasi di ciascun intervento. Il progetto ‘Terra del Sole’ è una dimostrazione emblematica del nostro approccio peculiare e di come un’iniziativa, che si inserisce in un territorio con diverse criticità, possa rappresentare un’opportunità di riscatto e crescita economica, sociale e ambientale, con il pieno ed aperto supporto dei principali attori a livello nazionale in ambito agricolo e ambientale come Coldiretti e Legambiente”. Roberto Mazzei (Coordinatore PSR Innovazione Campania, partner tecnico del progetto “Terra del sole”): “Dalla ‘terra dei fuochi’ alla ‘Terra del sole’. Il progetto nato a Giugliano, e supportato agronomicamente da PSR Innovazione Campania, rappresenta un’eccezione positiva per Coldiretti nell’ambito dell’agrivoltaico che risana un’area fortemente degradata. Il progetto, sviluppato su 140 ha, pone realmente al centro il ruolo degli agricoltori e la biodiversità, creando condizioni ottimali per la coltivazione e favorendo una diversità dell’area con produzioni e modelli produttivi che riflettono in pieno l’identità territoriale e i principi di sostenibilità. Questa riqualificazione territoriale, urbana e sociale, rappresenta un passo avanti per l’immagine del Sud e della Campania che si avvarrà anche di tecnologie di agricoltura di precisione e di sistemi di misurazione della qualità e sicurezza delle produzioni”.


Sul ruolo strategico dell’agricoltura nella transizione energetica e sulla necessità di supportare il mondo agricolo che sceglie le tecnologie più sostenibili ed innovative, è intervenuto Ettore Prandini (Presidente di Coldiretti): “I fatti dimostrano che oggi è possibile produrre energia rinnovabile per sostenere la transizione green senza consumare un metro quadro di suolo agricolo fertile, mettendo al centro le imprese agricole attraverso le comunità energetiche, gli impianti solari sui tetti e l’agrivoltaico sostenibile e sospeso da terra. Soluzioni che consentono di integrare il reddito degli agricoltori con la produzione di energia rinnovabile, con una ricaduta positiva sulle colture e sul territorio. Importante, in tale ottica, lo stop al fotovoltaico selvaggio venuto dal Dl Agricoltura e fortemente sostenuto da Coldiretti, che blocca lo scempio di distese di ettari di moduli fotovoltaici a terra o di tecnologie industriali camuffate da parchi agrivoltaici che sottraggono il suolo alla sua vocazione originale”. Hanno fatto seguito gli interventi di: Francesco Lollobrigida (Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), che ha dichiarato: “Nell’ultimo DL Agricoltura abbiamo sancito il principio che se un terreno è agricolo deve produrre, altrimenti se fa altro deve essere definito e tassato in un altro modo. Siamo l’unico ministero che ha anticipato di 6 mesi i target del PNRR posti dalla Commissione europea per la realizzazione di impianti legati all’agrivoltaico sui tetti, non togliendo nemmeno un metro alla produzione agricola, e triplicando quella energetica”. Luca De Carlo (Presidente della Commissione permanente industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare, Senato della Repubblica): “L’iniziativa di oggi è fondamentale per l’importanza che il tema energia riveste nel mondo agricolo. Ci sono possibilità di sviluppo senza consumare suolo ed è questo il segnale che abbiamo lanciato in modo molto chiaro con il DL Agricoltura. L’agrivoltaico è una soluzione straordinaria che permette di coltivare e allevare il bestiame senza limitare la terra a disposizione dell’agricoltura”. Giancarlo Righini (Assessore con delega a bilancio, programmazione economica, agricoltura e sovranità alimentare, caccia e pesca, parchi e foreste, Regione Lazio) ha portato i saluti del Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, sottolineando: “Questo è un momento di svolta e la realizzazione dell’agrivoltaico garantisce la possibilità di coniugare le due esigenze, produzione agroalimentare e produzione energetica sostenibili. Il governo Rocca è coerente con le nuove linee guida del DL Agricoltura, che ci consente di guardare con rinnovato interesse alla produzione di energia da fonti rinnovabili senza abbandonare la possibilità di restituire terreni oggi incolti alla produzione agricola”. Fulvio Bonavitacola (Vicepresidente e Assessore all’ambiente, Regione Campania), intervenuto in videoconferenza, ha sottolineato: “Ritengo molto importante l’evento odierno su agricoltura e fotovoltaico. Per decenni si è diffuso un luogo comune che ha equiparato agricoltura e arretratezza, come contraltare del binomio industria – progresso. Oggi ragioniamo su una nuova modernità, in cui l’agricoltura incrocia le nuove e più avanzate tecnologie. Questo è ancor più importante perché tale nuovo connubio ci parla di energie alternative da fonti rinnovabili, esaltando un rapporto nuovo fra utilizzo delle risorse agricole e tutela ambientale. Adesso dobbiamo andare avanti con strategie chiare e risorse certe. Non solo agrivoltaico, ma anche comunità energetiche nelle realtà rurali delle nostre zone interne. Anche sul tema irriguo dobbiamo coniugare una nuova rete di piccoli invasi per fronteggiare il cambiamento climatico e utilizzo dell’idroelettrico come altra fonte rinnovabile. Agricoltura, energia e ambiente possono davvero viaggiare insieme verso nuovi traguardi di sviluppo dei nostri territori”. Dominga Cotarella (Presidente di Terranostra): “Come Terranostra e Campagna Amica vogliamo sottolineare il ruolo centrale della multifunzionalità in campo agricolo. Infatti oltre a tutelare paesaggio, custodire il territorio, garantire qualità e salubrità alimentare, nonché cura delle risorse idriche, la multifunzionalità agricola ha come missione anche quella della produzione di energie rinnovabili. A dimostrazione della vocazione naturale del comparto agricolo alla multifunzionalità, tendo a sottolineare il valore economico delle attività connesse, pari al 20% del pil agricolo. In particolare, il valore della produzione delle energie rinnovabili equivale a circa 2,5 miliardi. Con grande soddisfazione possiamo affermare che gli imprenditori agricoli che gestiscono le aziende multifunzionali sono sempre di più ambasciatori di un cambiamento epocale. Una ‘semina’ culturale che parte spesso dai più giovani e che si sviluppa in un processo di mentoring virtuoso nei confronti di chi da più tempo vive il nostro settore. Un esempio fantastico di un’agricoltura che fa ‘agricultura’. Al convegno, moderato da Gianni Todini (Direttore di Askanews), è inoltre intervenuto Alessandro Noce (Direttore Generale Mercati e infrastrutture energetiche, Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica). Le transizioni energetica ed eco-digitale, anche in agricoltura, sono una priorità assoluta per affrontare la crisi climatica e superare i combustibili fossili. I sistemi fotovoltaici ed agrivoltaici innovativi possono dare un importante contributo per una produzione agroalimentare più resiliente ai fenomeni climatici estremi e per una vera democrazia energetica dei territori, a vantaggio delle comunità rurali. Obiettivi che devono essere perseguiti con una visione sistemica, sfruttando appieno le potenzialità delle rinnovabili e sostenendo la diffusione partecipata sia dell’agrivoltaico, per le imprese del settore primario, a beneficio di una produzione agricola che continui a riconoscere nelle azioni di tutela degli ecosistemi naturali, delle biodiversità culturali e agroalimentari i suoi punti di forza, favorendo una sana transizione energetica ed ecologica nel rispetto delle tradizioni e del paesaggio; che, ad esempio, dell’eolico offshore, sempre più sostenibile e attento alla biodiversità marina, al rispetto delle rotte migratorie e fortemente sostenuto dalle politiche comunitarie, anche in considerazione delle opportunità che offre di creare zone protette in prossimità degli impianti a mare, lontano dalle coste, per il ripopolamento e il recupero degli habitat.