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Imprese agricole: scelte gestionali fanno differenza più della dimensione

Imprese agricole: scelte gestionali fanno differenza più della dimensioneMilano, 18 mag. (askanews) – “Sono numerose le informazioni disponibili e puntuali sull’andamento dell’agricoltura italiana in termini di volumi di produzione e valore aggiunto, ma sono anche poche le fonti informative veramente affidabili, che riportino le informazioni economico-finaziarie delle imprese agricole italiane”. In questa frase del direttore dell’Agri Lab Sda Bocconi, Vitaliano Fiorillo, c’è, seppur implicitamente, la sintesi di molte delle caratteristiche strutturali del comparto agricolo italiano, spesso all’origine di alcuni dei limiti al suo sviluppo. Proprio nel tentativo di approfondire la conoscenza del settore, dalla collaborazione tra Crédit Agricole Italia e l’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of management, è nato il primo libro “Agricoltura tra sostenibilità e innovazione”. Grazie ai dati raccolti in forma anonima da Credit Agricole e all’analisi da parte dell’Agri Lab dei dati aggregati di oltre 2.000 aziende agricole, lo studio restituisce un report sulla performance economico-finanziaria del settore, colmando un vuoto.

La storica assenza di dati economico-finanziari è riconducibile alla natura societaria delle imprese agricole stesse, per oltre il 90% costituita da ditte individuali o società di persone, che non avendo l’obbligo di pubblicare un bilancio non lo redigono proprio. Ma la struttura societaria rivela anche l’estrema frammentazione del tessuto imprenditoriale, fatto di medie, piccole e piccolissime imprese dove la managerializzazione è ancora un passaggio lontano dal compiersi, dove la concentrazione è difficile e dove l’età media degli agricoltori è tutt’altro che bassa. Vitaliano su questo punto smonta un’altro mito recentemente affermatosi, quello secondo cui l’agricoltura sarebbe sempre più in mano ai giovani. “Secondo l’Istat c’è una decrescita delle imprese agricole guidate da under 35, sono solo il 10% del totale” ha spiegato sottolineando come questo sia in forte correlazione inversa con l’innovazione. “Dai numeri vediamo tanti investimenti su macchine e terreni, ma l’innovazione non è solo macchine e terreni, è nuovi modo di lavorare e nuove tecnologie. Il ricambio generazionale c’è stato in parte sulla carta ma poi non si è tradotto nei fatti e questo rallenta la transizione tecnologica”. Proprio sul fronte dell’innovazione i “32 miliardi di euro investiti nel 2021 nell’agritech ci dicono che c’è qualcuno che vede un’opportunità in questo settore perchè è uno di quelli a maggior potenziale di sviluppo ma ci sono molti ostacoli come la frammentazione eccessiva, il fatto che sia esclusa la possibilità di un ingresso di nuovi soci nel capitale”. Non solo: oggi chi investe vuole informazioni sulla sostenibilità che spesso mancano. “C’è l’idea che il settore agricolo sia sostenibile per definizione ma in realtà è tra i primi otto comparti più inquinanti e se si aggiungono le attività di deforestazione per convertire territori all’agricoltura diventa il primo”. Per favorire la transizione ecologica e tecnologica del comparto il controllo dei numeri diventa improcrastinabile. E questo studio mette un punto fermo su questo fronte, perchè grazie ai dati raccolti permette di valutare la redditività operativa, la solidità e la liquidità delle imprese con risultati che in alcuni casi contraddicono le aspettative. Per esempio la redditività risulta maggiore nelle imprese più piccole, quelle fino a 30 ettari. All’aumentare della superficie coltivata, infatti, aumenta il fatturato e si riducono i costi di produzione e del personale per ettaro ma questo non si traduce in maggiore reddittività. “Ma questo – avverte Luca Ghezzi, docente di Management e control system Sda Bocconi – non vuol dire che piccolo è bello. In realtà noi siamo giunti alla conclusione che il piccolo è più che altro controllabile e quindi dal punto di vista della efficienza e della produttività è più facile da gestire. Nel piccolo non c’è un vero e proprio passaggio manageriale ma la ridotta dimensione permette di mettere un po’ più di attenzione e di controllo, sul grande serve più managerializzazione”.

Parlando sempre di redditività è interessante notare come quest’ultima premi le aziende bio (158 quelle inserite nel campione dello studio): “E’ nettamente superiore a quella delle imprese agricole convenzionali ma non è il margine maggiore a premiarle – spiega Ghezzi – ma la produttività del capitale, il rapporto tra ricavi e capitale investito”. Ecco quindi che a fare la differenza sono proprio le scelte gestionali, come emerge anche dalla scelta delle coltivazioni, con le legnose e gli ortaggi più premianti rispettoalle altre. Altre rilevazioni riguardano poi l’impatto dei contributi della PAC e la solvibilità delle aziende agricole. Su questo ultimo punto lo studio conferma che le aziende agricole sono riescono a soddisfare le obbligazioni creditizie contratte coprendo in poco tempo la loro posizione finanziaria. E questo è un indicatore utile per gli operatori finanziari, che possono contare su un ulteriore strumento per contestualizzare il settore in cui si muovono le aziende

“Crédit Agricole Italia vanta un’esperienza storica nel settore agri-agro, comparto di eccellenza per il nostro Paese – ha detto Vittorio Ratto, vicedirettore generale retail e gigital di Crédit Agricole Italia – Siamo sicuri che il nostro impegno e gli strumenti messi a disposizione dall’evoluzione digitale unitamente ad iniziative come questa, possibili grazie alla collaborazione con una grande Università come la Bocconi, ci permetteranno di realizzare indagini prospettiche decisive per comprendere e delineare l’evoluzione delle aziende del settore in termini di ottimizzazione delle risorse e sostenibilità”.

Bresaola Igp: troppo cara per metà degli italiani, a marzo consumi -14%

Bresaola Igp: troppo cara per metà degli italiani, a marzo consumi -14%Milano, 18 mag. (askanews) – È conosciuta per la praticità e il suo profilo nutrizionale, ma la Bresaola della Valtellina Igp perde terreno nella classifica dei salumi preferiti dagli italiani, passando dal terzo al quinto posto, dopo prosciutto (crudo e cotto), salame e mortadella. Un arretramento che va di pari passo alla flessione nei consumi: solo nel marzo 2023 è calata del 14%, ma ormai da mesi si parla di perdita a due cifre. Il prezzo è la ragione principale di questa riduzione dei consumi: un italiano su due afferma che oggi costa troppo per le proprie disponibilità economiche, soprattutto a confronto con altri salumi, orientandosi verso altri prodotti e insaccati come il prosciutto crudo (43%), il prosciutto cotto (39%) la mortadella (26%) e il salame (20%). Tra le ragioni di questa scelta, per il 43% del campione incide il miglior rapporto qualità/prezzo. Mentre solo per due italiani su 10 la causa della disaffezione va cercata nel cambiamento dello stile di vita (vegetariano/vegano) o in ragioni etiche. È quanto emerge dalla ricerca Doxa “Gli italiani e la Bresaola della Valtellina Igp” commissionata dal Consorzio di tutela bresaola della Valtellina su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1000 persone tra i 18 e i 74 anni.

“Sono calati i consumi ma l’immagine della Bresaola della Valtellina Igp resta alta – commenta Mario Francesco Moro, presidente del Consorzio di Tutela – C’è dunque da sperare che nei prossimi mesi la tendenza possa essere invertita, proprio perché il passaggio a prodotti percepiti come meno salutari, alla lunga, può diventare un problema per il consumatore. Lo diciamo da mesi: spendere qualcosa in più per un prodotto di qualità diventa una scelta vincente, anche se complessa per l’economia familiare. Ed è forse arrivato il momento di ragionare attentamente, anche con la Gdo, sul ruolo di rilancio dei consumi, che potrebbe avere una rinnovata attenzione alle politiche promozionali. Il fattore prezzo frena un consumatore affezionato”. Il fatto che gli italiani abbiano difficoltà ad acquistare il salume tipico valtellinese, per l’assottigliarsi del potere d’acquisto, non significa che sia cambiata la percezione del prodotto. Tra i motivi del consumo, a pari merito si piazzano proprio la praticità/velocità di preparazione (51%) e il suo essere leggera e proteica con un buon rapporto qualità/quantità proteine/prezzo (50%) a cui fa seguito il suo essere sinonimo dell’eccellenza made in Italy, garantita da una certificazione Igp (37%).

C’è consapevolezza sul fatto che rinunciare a consumare Bresaola della Valtellina Igp significhi orientarsi verso salumi meno cari (37%), meno leggeri (37%) e con un minor apporto proteico (22%). Interrogati sui plus nutrizionali della Bresaola, in generale gli italiani sono molto bene informati: più di uno su due riconosce che è adatta prima e dopo l’attività fisica (54%), che è conveniente perché a fronte di un alto introito proteico non ha scarti, solo l’1% finisce nel cestino, la confezione (52% degli intervistati), e che contiene importanti sali minerali, tanto da essere considerata al pari di un “integratore naturale” (58%). Addirittura, sei italiani su 10 (59%) le riconoscono di essere un alimento prezioso grazie al contenuto di vitamine e per il 56% è alleata del buonumore grazie al Triptofano. Tra gli asset vincenti della Bresaola della Valtellina Igp, il gusto balza al primo posto per il 56% degli italiani, a cui fa seguito la leggerezza (53%) e la praticità (42%). Tra i pregi della Bresaola della Valtellina IGP, il 36% degli italiani oggi indica prima di ogni altra cosa la praticità. Fanno seguito, a pari merito (35%), il gusto e la leggerezza.  L’indicazione geografica protetta ha conferito più valore al salume, secondo il consumatore: infatti otto italiani su 10 scelgono quella certificata. Tra i motivi di questa scelta, per il 53% c’è proprio la garanzia della certificazione Igp, a cui fa seguito con poco stacco (48%) la qualità della materia prima (solo carni selezionate e di prima scelta) e la garanzia di sicurezza fatta di controlli a tutti i livelli (43%). Tra i motivi di scelta della Bresaola non certificata, per 8 italiani su 10 dipende dal fatto che il salume non certificato costa meno. Oggi la Bresaola della Valtellina IGP è il salume preferito per 3 italiani su 10 (30%) soprattutto per i Millennials (35%) e interrogati sulla frequenza di consumo della Bresaola della Valtellina IGP, più della metà degli italiani (53%) la mangia almeno una volta alla settimana (tra questi, 2 su 5 la mangiano più volte a settimana). Mentre quasi 1 italiano su 2 (47%) la consuma meno di una volta a settimana.

Consorzio Grana Padano: nasce l’albo dei fornitori di foraggi e mangimi

Consorzio Grana Padano: nasce l’albo dei fornitori di foraggi e mangimiMilano, 18 mag. (askanews) – Il Consorzio di tutela del Grana Padano Dop istituisce un albo con i fornitori di foraggi e mangimi per le mucche che producono il latte destinato a essere trasformato nella Dop.

“Grazie ai compiti e alle funzioni istituzionali che le normative europee e nazionali assegnano al Consorzio di Tutela – dice il presidente del Consorzio, Renato Zaghini – abbiamo deciso di istituire l’Albo dei fornitori di foraggi e mangimi per le bovine da latte destinato alla trasformazione in Grana Padano Dop”. L’obiettivo di tutta la filiera produttiva, a cominciare dai circa 4mila allevatori che conferiscono il latte ai caseifici, è “garantire l’intero sistema partendo dall’alimentazione delle bovine produttrici di latte destinato a Grana Padano – sottolinea Zaghini – Assicuriamo così il rispetto delle rigorose norme vigenti che impongono la provenienza dal territorio di almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi, garantendo così il mantenimento del forte legame con la zona di produzione anche nei momenti più difficili come quello della carenza idrica”.

Nonostante i controlli in sorveglianza gestiti dall’organismo di Ccntrollo, il Csqa, si registrano periodicamente errori imputabili alla razione alimentare, che costituiscono una Non Conformità in materia di alimentazione e possono comportare l’esclusione del produttore latte per 180 giorni e quella del formaggio prodotto dalla Dop Grana Padano mediante retinatura. Per evitare questi problemi, l’Albo dei fornitori di foraggi e mangimi punta a precisi obiettivi, partendo dall’azzeramento delle non conformità inerenti all’alimentazione degli allevamenti iscritti alla Dop, compresi gli errori nella formulazione dei mangimi, dalla rintracciabilità dell’origine di foraggi e mangimi e dal recupero delle informazioni necessarie a garantire quanto richiesto dal disciplinare e dalla normativa con riferimento alla sostanza secca della razione alimentare delle bovine. L’elaborazione dei dati acquisiti diffonderà tra i produttori di latte informazioni utili a ridurre lo spreco alimentare e ad aumentare la sostenibilità ambientale e il benessere animale. Inoltre sarà fornita assistenza ai produttori di latte per la valutazione e l’utilizzo di foraggi, materie prime e additivi per mangimi conformi all’articolo 4 del disciplinare di produzione della Dop.

L’albo sarà chiuso, autorizzando quindi solo i soggetti iscritti a fornire foraggi e mangimi per produrre Grana Padano Dop e consentendo ai produttori latte della filiera di rifornirsi esclusivamente da loro. Ma al tempo stesso rimarrà aperto ad accogliere e ricevere le iscrizioni di tutte le aziende interessate e con i requisiti previsti per farne parte. Per questo sarà creata una sezione sul sito del Consorzio dove sarà possibile per i fornitori iscriversi all’Albo con costi annuali contenuti, destinati a controlli, gestione dei dati e attività. Per i mangimisti la validazione della formulazione dei mangimi sarà eseguita da uno specifico gestionale che respingerà quelli non conformi all’alimentazione delle bovine della Dop. L’albo nasce da un confronto e da una volontà di collaborazione tra il Consorzio e Assalzoo, la principale associazione di produttori di alimenti zootecnici. “Siamo convinti che l’albo contribuirà a migliorare la produzione di Grana Padano Dop e ad assicurare il rispetto delle regole – commenta Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Tutela Grana Padano – ed estenderà la tutela della Dop alla parte di filiera dell’alimentazione delle bovine che producono latte destinato alla trasformazione in Grana Padano Dop”.

Il sistema consente l’iscrizione all’albo in qualsiasi momento per le aziende, senza prevedere limiti diversi dai requisiti di legge già in vigore, e quindi non limita in alcun modo la libera concorrenza tra le aziende, né condiziona la scelta. “In collaborazione con Assalzoo stiamo per dar vita ad un percorso che risalterà ancora di più la tutela, il benessere e la sostenibilità della filiera della Dop Grana Padano a favore dei consumatori – conclude Berni – maggiormente tutelati e garantiti dalle innovazioni tecnologiche e dal miglioramento della qualità del prodotto”.

De Castro: 1 giugno Parlamento Ue voterà riforma Ig, in Gazzetta entro 2023

De Castro: 1 giugno Parlamento Ue voterà riforma Ig, in Gazzetta entro 2023Milano, 18 mag. (askanews) – La riforma delle Indicazioni geografiche, che diverrà il nuovo regolamento Ue per Dop e Igp, “il primo giugno andrà al voto in aula in Parlamento poi ci saranno i triloghi per avere la riforma in Gazzetta ufficiale entro l’anno, sotto la presidenza spagnola”. A dirlo l’europarlamentare italiano Paolo De Castro, intervenuto in videocollegamento alla presentazione, in Sda Bocconi, del primo libro “Agricoltura tra sostenibilità e innovazione”, frutto della collaborazione tra Crédit Agricole Italia e l’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of management.

De Castro, che ha firmato un contributo nel libro dedicato proprio alla riforma delle Indicazioni geografiche, ha ricordato che nel nostro Paese “la Dop economy vale 20 miliardi di euro, un quarto della Dop economy europea, un sistema che sta funzionando bene. Nel 1992 quando l’Europa inventò le Ig creò un link fortissimo tra prodotto e territorio”.

De Castro: Ue non può dare obiettivi lasciando che agricoltori si arrangino

De Castro: Ue non può dare obiettivi lasciando che agricoltori si arranginoMilano, 18 mag. (askanews) – “Questo è un pensiero a larghissima maggioranza nella Commissione Agricoltura: c’è assoluta condivisione degli obiettivi ma c’è una assoluta mancanza della strategia di attuazione di questi obiettivi”. Paolo De Castro, europarlamentare intervenuto in videocollegamento alla presentazione in Sda Bocconi, del primo libro “Agricoltura tra sostenibilità e innovazione”, frutto della collaborazione tra Crédit Agricole Italia e l’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of management, parla delle politiche europee che in maniera diretta e indiretta riguardano l’agricoltura, lamentando “la solitudine” in cui vengono lasciati gli agricoltori nella gestione dei cambiamenti che l’Europa decide. “Non posso darti degli obiettivi e dirti arrangiati”, ha sottolineato tornando su un tema emerso durante la presentazione del libro, quello della percezione vessatoria delle norma sulla sostenibilità nel mondo agricolo. “Non c’è contrapposizione sugli obiettivi – ha ribadito – ma una profonda solitudine degli agricoltori nella loro attuazione”. E qui ha fatto riferimento alla riduzione del ricorso alla chimica in agricoltura citando le Tea, nuove tecniche genomiche, che potrebbero aiutare in tal senso ma “oggi sono vietate perchè sono associate agli Ogm”. “Ci sono già oggi tecnologie per ridurre l’uso delle sostanze chimiche – ha concluso – ma tutto questo richiede una progettualità”.

Agricoltura, Martina: prezzi dovranno includere impatto cambiamento clima

Agricoltura, Martina: prezzi dovranno includere impatto cambiamento climaMilano, 18 mag. (askanews) – “Dobbiamo guardare bene l’impatto sulle produzioni dei cambiamenti climatici: su tante produzioni è inedito e fatemelo dire in queste ore drammatiche per l’Emilia Romagna questo deve essere considerato sempre di più nella definizione degli scenari di prezzo. Ecco perché servono una azione e una riflessione urgentissime”. A dirlo il vicedirettore generale della Fao, Maurizio Martina, intervenuto in videocollegamento alla presentazione, in Sda Bocconi, del primo libro “Agricoltura tra sostenibilità e innovazione”, frutto della collaborazione tra Crédit Agricole Italia e l’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of management.

Martina (Fao): rinnovo accordo grano consolida decrescita prezzi

Martina (Fao): rinnovo accordo grano consolida decrescita prezziMilano, 18 mag. (askanews) – “L’accordo sul grano è stato rinnovato per altri due mesi e questo è importante per alleggerire la pressione sui prezzi perché può contribuire a consolidare la curva di decrescita dei prezzi”. A dirlo Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, intervenuto questa mattina in videocollegamento alla presentazione in Sda Bocconi del primo libro “Agricoltura tra sostenibilità e innovazione”, frutto della collaborazione tra Crédit Agricole Italia e l’Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of management.

“L’anno scorso è stato un anno difficilissimo – ha sottolineato Martina, parlando dell’escalation dei prezzi del grano dopo lo scoppio della guerra in Ucraina – Da qualche mese però c’è un raffreddamento dei prezzi. Ovviamente non ci sono certezze ma possiamo guardare alle prospettive con un po’ di ottimismo in più. Speriamo di aver superato l’apice dell’aumento”.

Parmigiano Reggiano e Grana Padano insieme contro sottocosto non dichiarato

Parmigiano Reggiano e Grana Padano insieme contro sottocosto non dichiaratoMilano, 17 mag. (askanews) – I consorzi di tutela del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano si uniscono per contrastare la concorrenza sleale, alimentata con prezzi sottocosto. I consorzi di tutela delle due Dop hanno approvato la medesima delibera volta a garantire il riconoscimento del reale valore dei due formaggi Dop.

Nel corso di un collegamento a “camere congiunte”, i due consigli di amministrazione hanno deliberato all’unanimità che “la vendita al pubblico di Parmigiano Reggiano e/o Grana Padano a un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto in tutti gli eventuali passaggi commerciali intermedi fino al fornitore del prodotto in oggetto è considerata misura svalorizzante la Dop Parmigiano Reggiano / Grana Padano”. Ricordiamo che la normativa in materia di sottocosto tutela solamente l’ultimo passaggio, quello della fattura di acquisto del negozio con vendita al pubblico. Negli ultimi anni sono frequenti e in espansione pratiche commerciali nelle quali la dichiarazione del “sottocosto” viene a norma di legge elusa nel momento in cui la riduzione del prezzo rispetto a quella praticata dal fornitore del prodotto finito avviene nell’ambito di passaggi commerciali intermedi, spesso afferenti o riconducibili alla stessa organizzazione d’impresa. In tali situazioni, in particolare con riferimento alle due Dop casearie, si generano rischi di danni legati alla ingannevole percezione del prezzo trasmessa al consumatore, alla condizione di concorrenza sleale che si genera tra gli operatori al dettaglio nel mercato locale di riferimento, e ai riflessi speculativi che possono scaricarsi sul mercato all’offerta.

In considerazione della delibera, i consorzi porteranno avanti tre misure, a partire da un “protocollo di sorveglianza” per il monitoraggio dei possibili casi di “prezzi al consumo svalorizzanti”, affiancato da una “procedura di irrogazione di azioni correttive” dei casi riscontrati prevedendo, quale principio di base, la sospensione delle attività/collaborazioni di entrambe i Consorzi con la catena/gruppo coinvolto dalla pratica in oggetto (o dal rifiuto della verifica). Infine saranno definite le linee guida del protocollo di sorveglianza e della procedura, azioni correttive che dovranno essere preventivamente divulgate agli operatori del dettaglio, e agli operatori commerciali fornitori dei formaggi Dop in oggetto. I board, in considerazione degli elementi che emergeranno da questa attività di “sorveglianza”, attiveranno azioni ulteriori tese a tutelare le denominazioni coinvolte.

“Crediamo nel gioco di squadra. Già due anni fa siamo scesi in campo, insieme agli amici del Grana Padano, contro il sistema di etichettatura a semaforo. Ora affrontiamo insieme una nuova sfida che è quella di adottare provvedimenti volti a contrastare il ‘sottocosto non dichiarato’ che svalorizza l’immagine e il valore dei nostri formaggi. I consorzi dedicano importanti investimenti alle collaborazioni con gli operatori del retail al fine di perseguire gli obiettivi istituzionali di valorizzazione della denominazione, di promozione del prodotto e del suo consumo. Abbiamo pertanto ritenuto necessario definire linee guida e un protocollo di sorveglianza, monitorando i possibili casi di pratiche svalorizzanti e prevedendo azioni correttive che le scoraggino” ha affermato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. “Siamo convinti che questa delibera e l’impegno comune dei Consorzi Grana Padano e Parmigiano Reggiano vadano a beneficio dei consumatori, che potranno così finalmente trovare chiarezza sugli scaffali e scegliere in assoluta tranquillità – commenta Renato Zaghini, presidente del Consorzio Grana Padano – I risultati commerciali raccolti anche all’estero confermano che sono la qualità garantita e la genuinità del prodotto a convincere i consumatori a scegliere, ad un prezzo equo e in linea con i trend dei costi. Tutelare dei formaggi che qualificano l’agroalimentare italiano nel mondo distinguendolo dai prodotti civetta che tendono invece a sfruttare il nostro prestigio copiandoci malamente è il nostro impegno solenne. Con gli amici del Parmigiano Reggiano, i produttori di Grana Padano hanno la responsabilità di essere i capofila di un sistema trainante per l’export italiano che, insieme, ancora una volta, vogliamo sostenerlo e farlo crescere, cominciando da casa nostra”.

Divulga: con accordo Onu 54% prodotti agricoli partiti da porti ucraini

Divulga: con accordo Onu 54% prodotti agricoli partiti da porti ucrainiMilano, 17 mag. (askanews) – Il 54% dei prodotti agricoli esportati dall’Ucraina, negli ultimi dieci mesi, è salpato dai tre porti del Mar Nero inseriti nell’accordo Onu sul grano, portando una boccata d’ossigeno all’economia di Kiev e allentando il rischio di tensioni sul prezzo del pane che avrebbero potuto provocare instabilità nelle aree in via di sviluppo fortemente dipendenti dalle importazioni dalle aree di guerra. È quanto afferma il Centro studi Divulga che ha elaborato i dati Onu e del ministero dell’Agricoltura di Kiev delle rotte dei prodotti agricoli partiti dall’Ucraina da quando è stato siglato il “Black Sea grain initiative”.

Complessivamente sono 30,2 milioni le tonnellate di prodotti agricoli partiti dai tre porti ucraini inseriti nell’accordo (Odessa, Yuzhny e Chormoronsk): la metà è mais, mentre il 26,9% è grano tenero, il 5,5% è farina di girasole, il 5,1% olio di girasole. La Cina con 7 milioni di tonnellate di prodotti agricoli tra grano, mais e olio di girasole, pari al 23,2% sul totale partito dai tre porti ucraini, è il Paese che ha più beneficiato del Black Sea grain initiative. La Spagna con 5,4 milioni di tonnellate di prodotti, pari al 18%, e la Turchia (3,1 milioni di tonnellate di prodotti pari all’10,2%) si piazzano rispettivamente al secondo e terzo posto tra i Paesi che più hanno importato dall’Ucraina in questo periodo.

L’Italia, invece, con 2 milioni di tonnellate (6,7%) è quarta in questa classifica, davanti a Paesi Bassi, Egitto, Bangladesh, Israele, Portogallo e Tunisia. In particolare, da agosto 2022, nel nostro Paese sono arrivate 1,3 milioni di tonnellate di mais, fondamentale per l’alimentazione animale, 427mila tonnellate di grano tenero, 127mila tonnellate di soia e 100mila tonnellate di olio di girasole. “I dati mostrano chiaramente come i porti siano un punto di partenza fondamentale per i prodotti agricoli ucraini ed è importante che l’accordo venga rinnovato e duri nel tempo sia per dare respiro all’economia ucraina fortemente provata dalla guerra sia per scongiurare tensioni nei Paesi in via di sviluppo fortemente dipendenti dalle importazioni dalle aree in guerra – spiega Felice Adinolfi, direttore del Centro studi Divulga – Si tratta di quantità importanti di prodotti agricoli, la cui assenza è motivo di forte squilibrio nei mercati, come sperimentato nei mesi che hanno preceduto l’accordo di luglio, questa forte movimentazione di grano, mais, olio di girasole in questi mesi ha scongiurato il rischio di una nuova primavera araba che, come ricorderemo, fu innescata dall’aumento dei prezzi del pane”.

Logistica sostenibile, Rovagnati: nel 2022 risparmiate 219 ton Co2

Logistica sostenibile, Rovagnati: nel 2022 risparmiate 219 ton Co2Milano, 17 mag. (askanews) – Rovagnati, storico marchio italiano di salumi, prosegue nell’impegno verso una logistica sempre più green: nel 2022 ha evitato l’emissione di 219 tonnellate di CO2 rispetto all’anno precedente, grazie a partnership strategiche e all’introduzione di green truck.

Nel primo caso, la collaborazione ha riguardato il gruppo Stef che permette di ridurre del 20% le emissioni per ogni tonnellata di prodotto trasportata. Stef è, inoltre, impegnato nel progetto Moving Green, un piano che prevede la riduzione complessiva del 30% delle emissioni di CO2 legate ai mezzi di trasporto entro il 2030, e il rifornimento del 100% degli impianti con energia a basse emissioni di carbonio entro il 2025. Attraverso la collaborazione con Gi.Ma.Trans, invece, è stata possibile l’introduzione nella flotta di Rovagnati di green truck, mezzi alimentati a gas naturale liquido (LNG) e dotati di tecnologie in grado di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale della logistica e che dispongono anche di una tecnologia Hybrid. Questa combinazione di tecnologie garantisce una resa frigorifera più che raddoppiata rispetto a un gruppo multi temperatura tradizionale e che, grazie al funzionamento 100% elettrico con la corrente prodotta dal generatore collegato al motore del veicolo, consente di avere zero emissioni. Disporre anche di gruppi frigoriferi installati su motrici alimentate a LNG ha il beneficio di ridurre l’impatto ambientale anche a livello di rumorosità dei veicoli.

Nel percorso verso una logistica sostenibile, inoltre, Rovagnati ha condiviso con i propri partner l’opportunità di avviare test sperimentali per l’utilizzo di veicoli elettrici per le consegne dell’ultimo miglio nei centri abitati. Il progetto prevede di testare alcuni mezzi impiegati in Toscana e in Piemonte, principalmente su aree urbane di grandi città che possono essere interamente coperte con l’autonomia del veicolo. “La logistica è un settore chiave non solo per Rovagnati e l’industria di cui l’azienda è leader, ma per tutto il Paese e la società nel suo complesso. Trovare soluzioni e tecnologie che permettano di ridurre gli impatti della logistica sull’ambiente sia a livello nazionale che internazionale è fondamentale per raggiungere una sostenibilità che sia realmente tale e abbia un impatto concreto sulla vita di tutti. Non è infatti possibile diventare sostenibili senza un piano che coinvolga anche la logistica – commenta Federica Ferrario, supply chain director di Rovagnati – Per riuscire in questo percorso di trasformazione è fondamentale individuare partner che condividano obiettivi e approccio verso la sostenibilità, puntando sull’innovazione tecnologica”.