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Cyril Brun è il nuovo responsabile enologo di Ferrari Trento

Cyril Brun è il nuovo responsabile enologo di Ferrari TrentoRoma, 15 giu. (askanews) – Dopo una esperienza di anni in Veuve Cliquot e Heidsiack, in Champagne, Cyril Brun approda in Trentino dove sarà il nuovo Chf de Cave (responsabile enologo) di Ferrari Trento (Gruppo Lunelli). Brun succederà a Ruben Larentis, che, dopo 37 anni, andrà in pensione.

Cyril Brun nasce nel 1969 ad Aÿ, nel cuore della Champagne. Dopo un’esperienza nella cantina di famiglia, nel 2000 arriva in Veuve Clicquot, dove, per 15 anni, coordina il programma dedicato al Pinot Nero e guida il team di Innovazione e Sviluppo. Nel 2015 è nominato Chef de Cave da Charles Heidsieck. Nel 2019 e nel 2022, conquista il titolo di Sparkling Winemaker of the Year, in occasione della International Wine Challenge. Viene celebrato a livello internazionale anche per aver ricreato la famosa cuvée chiamata Champagne Charlie. Brun sarà alla guida di una squadra tecnica preparata, in azienda da diversi anni. “A nome della mia famiglia e di tutti i collaboratori di Ferrari Trento, esprimo i nostri più sentiti ringraziamenti e congratulazioni a Ruben per gli straordinari risultati raggiunti – commenta in una nota il presidente e CEO di Ferrari Trento, Matteo Lunelli – Siamo entusiasti di accogliere Cyril nel nostro team, certi che, da fuoriclasse quale è, porterà un importante contributo e saprà interpretare al meglio la viticoltura di montagna del Trentino. Abbiamo piena fiducia nel fatto che creerà dei magnifici Trentodoc, fedeli al nostro stile e alla tradizione del territorio, ma introducendo una nuova prospettiva”.

Petizione Cia per salvare grano italiano a quota 50.000 firme

Petizione Cia per salvare grano italiano a quota 50.000 firmeRoma, 15 giu. (askanews) – Raggiunta quota 50mila firme per la petizione nazionale “salva grano Made in Italy”, organizzata da Cia-Agricoltori Italiani sulla piattaforma change.org, che ha raccolto l’adesione di cittadini, produttori ed enti pubblici uniti nella difesa del settore dalla crisi dei prezzi e dai ripetuti attacchi speculativi. La petizione è pronta ad arrivare sul tavolo delle istituzioni per chiedere interventi immediati e concreti a tutela del grano e della pasta tricolore.

E situazione non accenna a migliorare, con il prezzo del grano sceso del 40% nelle ultime settimane, mentre quello della pasta sullo scaffale è aumentato in media del 30%. Per coltivare il grano duro, argomenta la Cia, ci vogliono circa 1.400 euro per ettaro. Con le quotazioni attuali, i produttori non riescono nemmeno a coprire le spese perché sono costretti a vendere a 1.100 euro per ettaro (-300 euro). L’Italia è il primo produttore di grano duro in Europa con circa 1,2 milioni di ettari impegnati e per Cia “non si può, assolutamente, rischiare di mettere a repentaglio le produzioni nazionali, tanto più che il Paese resta, comunque, il secondo importatore al mondo.

“La nostra petizione è più di una battaglia per il grano -commenta il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini – è un’azione nazionale, a difesa di un prodotto cardine dell’agroalimentare italiano, che interpreta quella che è la più grande sfida per il futuro di tutta la nostra agricoltura. Questo perché affronta tre questioni cruciali: lo squilibrio lungo la catena del valore che penalizza gli agricoltori, il conseguente abbandono delle coltivazioni, a causa degli alti costi di produzione, e il rischio per la sicurezza e la sovranità alimentare”.

Consorzio Chianti: vendite giù e costi su, riduciamo rese del 10%

Consorzio Chianti: vendite giù e costi su, riduciamo rese del 10%Roma, 15 giu. (askanews) – Una riduzione delle rese pari al 10% per far fronte al calo di vendite e all’aumento dei costi. A deciderlo è stata l’assemblea del Consorzio Vino Chianti, riunita oggi nella sede di Confartigianato Firenze.

“Si è reso necessario – ha spiegato il presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi – diminuire la produzione per non far aumentare il vino accumulato nei magazzini. La fotografia attuale è questa e parla di un -14% di vendite nel 2022 rispetto al 2021 per cui dobbiamo prendere le giuste contromisure. Se parliamo del rapporto prezzi-costi si nota un pesante squilibrio a causa dell’inflazione”. “È vero – ha aggiunto Busi – che i prezzi sono aumentati mediamente del 4-6%, ma è altrettanto vero che i costi sono aumentati molto di più: si va dall’incremento del prezzo del gasolio per i trattori passando per i concimi. Tutto questo per le nostre aziende rappresenta una grande difficoltà. In pratica non abbiamo vissuto un anno ‘normale’ dal 2017: l’allarme suona da tempo per tutto il settore”.

“Per i primi 5 mesi del 2023 – spiega Busi – il comparto Vino Chianti sta ripercorrendo i risultati del 2022, ma purtroppo il raffronto è su una annata 2022 che ha visto perdere 14 milioni di bottiglie rispetto all’anno 2021. La diminuzione delle vendite 2022 si accompagna ad una vendemmia 2022 che ha visto risalire la produzione di circa il 20%, con conseguente riaccendersi l’aumento delle scorte di magazzino ed una fibrillazione nel mercato che ha fatto scendere nuovamente i prezzi sotto i costi di produzione. Inutile negarlo: un po’ di preoccupazione per l’intero settore c’è”.

Dal 25 al 26 giugno a Forte dei Marmi torna VinoVip

Dal 25 al 26 giugno a Forte dei Marmi torna VinoVipRoma, 15 giu. (askanews) – Torna a Forte dei Forte dei Marmi il 25-26 giugno VinoVip, la manifestazione firmata dalla rivista Civiltà del bere, giunta alla seconda edizione. L’appuntamento porterà sul litorale toscano oltre 50 delle più importanti aziende vitivinicole d’Italia, coinvolte in talk-show, degustazioni e incontri.

VinoVip al Forte trasformerà la Versilia in un epicentro di riflessione sul mondo del vino con il dibattito in programma per domenica dalle 15 alle 18 dal titolo “Il futuro delle Doc”, che sarà preceduto dalla presentazione della prima inchiesta giornalistica indipendente sulle Fiere internazionali di settore. Protagonisti del talk “Il futuro delle Doc” saranno Attilio Scienza, presidente del Comitato Vini Dop e Igp, Eugenio Pomarici, professore all’Università di Padova, Davide Gaeta, professore all’Università di Verona. Al loro fianco interverranno autorità ed esperti che si confrontano quotidianamente con il mondo delle Denominazioni, come Riccardo Ricci Curbastro, presidente Equalitas e già presidente di Federdoc e Lamberto Frescobaldi per Confagricoltura.

Salvi (Fruitimprese): ci aspettavamo aumento budget promozionale da Ue

Salvi (Fruitimprese): ci aspettavamo aumento budget promozionale da UeRoma, 14 giu. (askanews) – Dall’Unione Europea “ci attendevamo un incremento del budget promozionale. Invece la proposta per il 2024, resa nota nei giorni scorsi, va nella direzione opposta con un calo di 1 milione di euro per i programmi multinazionali del settore ortofrutta”. Così il presidente di Fruitimprese, Marco Salvi, a commento dei positivi dati sull’export del primo trimestre per l’ortofrutta italiana.

“Il rilancio dei consumi rimane l’obiettivo principale per i prossimi mesi – ha aggiunto – intento che purtroppo non sembra essere raccolto dalla Unione Europea. Si conferma – prosegue Salvi – un comportamento incomprensibile se non schizofrenico della Commissione che proclama, con la strategia Farm to Fork, di voler incentivare il consumo dei prodotti freschi, ma non fa nulla di concreto in questa direzione, anzi ci propone soluzioni irricevibili come il regolamento sui fitofarmaci e sugli imballaggi”.

Bene export ortofrutta I trim. 2023: volumi +6,5% e valore +10,7%

Bene export ortofrutta I trim. 2023: volumi +6,5% e valore +10,7%Roma, 14 giu. (askanews) – Export in decisa ripresa per l’ortofrutta italiano nel primo trimestre 2023. In un quadro che vede i volumi segnare un +6,5% ed i valori in crescita del 10,7% rispetto allo stesso periodo del 2022, spiccano le performance in valore di ortaggi e legumi (+20,8%) e agrumi (+15,6%). Bene anche la frutta fresca (+4%, mentre per la frutta secca non ci sono segnali incoraggianti. Sono i dati resi noti da Fruitimprese.

Il saldo positivo della bilancia commerciale (354,4 milioni di euro) è circa il doppio di quello del 2022 e quasi si azzera il divario tra le quantità esportate e quelle importate che calano visibilmente (-3,9%), in declino anche il valore importato (-1,8%). L’export dei nostri prodotti principali segna numeri sostanzialmente costanti per le mele (+1,56% in valore), i kiwi vedono aumentare le quantità (+15,81%) ma non nella stessa misura i valori (+2,1%), esattamente in controtendenza le arance che segnano un ottimo +13,69% in valore a fronte di quantità esportate quasi identiche a quelle del 2022.

Capitolo a parte per le pere, con segni molto positivi (+101,88% in quantità, +61,52% in valore), ma a confronto con un’annata disastrosa come quella del 2021. I numeri del primo trimestre 2023 ricalcano quasi esattamente quelli del 2020, mentre sono molto peggiori di quelli del 2021 quando esportavamo 35.000 tons per un valore di 47 milioni di euro. Molto bene le esportazioni di limoni (+18,4% in volume, + 20,71% in valore), come quelle dei mandarini e delle clementine (+7,35% le quantità, +17,79% i valori) a conferma di un primo trimestre sugli scudi per i nostri agrumi che segnano anche un calo significativo delle quantità importate (-12,6%).

Segnali non incoraggianti, invece, dal comparto frutta secca che aumenta i volumi (+10,8%) ma vede ridurre i valori in esportazione (-14,2%), calano visibilmente anche le importazioni (-19,3% in volume, -16,5% in valore), segnali di un mercato che in Europa si sta contraendo a causa dell’inflazione e delle difficoltà economiche delle famiglie che tagliano le spese ritenute, a torto, meno necessarie, viste le comprovate qualità benefiche di questi prodotti. Indicazioni simili dall’import della frutta tropicale che cala vistosamente in volume (-10,1%) ma mantiene alti i valori (+2,2%) seguendo un trend avviato lo scorso anno che risente molto dell’impennata dei costi e dell’inflazione.

Le banane confermano il trend generale della frutta tropicale con volumi in calo e valori in leggera crescita, senza scossoni l’import di ananas.

Confagricoltura Donna: affrontare insieme cambiamenti climatici

Confagricoltura Donna: affrontare insieme cambiamenti climaticiRoma, 14 giu. (askanews) – Un documento unitario da presentare alle istituzioni per affrontare insieme il problema dei cambiamenti climatici, perché siccità e alluvioni sono facce della stessa medaglia. Lo ha annunciato Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, all’evento “Le donne unite per l’acqua”, che si è tenuto a Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura, a Roma.

“Vogliamo sancire la volontà delle associazioni femminili di quattro settori agricoli cardine: vino, olio, ortofrutta e riso di unirsi per fare quadrato e affrontare il problema dei cambiamenti climatici. Ci siamo riunite proprio per proporre, seguendo esigenze dei territori e produttive, un documento unitario che presenteremo alle Istituzioni”. Le imprese femminili attive in agricoltura sono 256.815. Dieci anni fa erano meno della metà, rappresentavano il 14% del totale. Il 31,5 % dei capi d’azienda agricola è donna, la percentuale più alta (40%) di imprenditrici agricole è in Molise, nel 2000 rappresentavano il 25,8% del totale. Nell’agricoltura italiana, secondo gli ultimi dati Censis, le donne a capo di aziende agricole coltivano il 21% della SAU (Superficie agricola utilizzata), ma producono il 28% del PIL agricolo.

Manutenzione dei bacini e risposte programmatiche in grado di introdurre misure stabili di resilienza e adattamento, monitorando il territorio per calcolare le diverse esigenze, coinvolgendo le associazioni imprenditoriali, a partire da quelle del comparto agricolo. Queste, in sintesi, le richieste alle Istituzioni delle imprenditrici, che evidenziano come la carenza nella gestione delle acque coinvolga anche le aziende femminili, che proprio oggi hanno dimostrato di riuscire a fare fronte comune su questi temi. “Proprio in quest’ottica – ha concluso la presidente di Confagricoltura Donna – chiediamo alle Istituzioni di ascoltare le loro proposte anche nei luoghi in cui si programmeranno le soluzioni. A provvedimenti e misure di emergenza e piani di intervento a lungo termine occorre puntare a incentivare l’innovazione, affiancando anche soluzioni che la natura stessa può darci, come intercettare le acque provenienti dagli eventi atmosferici”.

Export vino, Del Bravo (Ismea): congiuntura penalizza la Francia

Export vino, Del Bravo (Ismea): congiuntura penalizza la FranciaRoma, 14 giu. (askanews) – “Il mercato mondiale del vino sta mandando segnali di cambiamento che sembrano favorire al momento i vini di fascia più bassa”: una dinamica, con importanti conseguenze sull’export di vino italiano del primo trimestre, che a livello europeo penalizza la Francia e favorisce la Spagna, nostri diretti competitor. E’ l’analisi fatta da Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea, nel report sulle vendite di vino italiano all’estero fatto dall’Osservatorio Uiv-Ismea-Vinitaly, che ha elaborato gli ultimi dati Istat sul commercio estero.

Guardando alle dinamiche dell’export dei nostri principali competitor, infatti, la Francia appare particolarmente penalizzata dall’attuale orientamento del mercato, e registra una riduzione dei flussi in quantità del 7,5% (+3,4% gli incassi). I vini spagnoli, al contrario, sono favoriti da un prezzo più competitivo e spuntano delle progressioni sia in volume (+3,8%) che in valore (+11,4%). “Per quanto riguarda il nostro export – ricorda Del Bravo – siamo lontani dai tassi di crescita a cui settore ci aveva abituati negli ultimi anni. A complicare il quadro anche l’evidente rallentamento delle vendite alla distribuzione sul mercato interno e i quasi 53 milioni di ettolitri di vino stoccati negli stabilimenti che, sebbene in riduzione sui valori record dei mesi scorsi, fanno registrare una crescita di oltre il 4% sullo scorso anno”.

Sul fronte dei mercati, cresce in volume la piazza Ue (+7,3%) e si contrae quella extra-Ue (-7,7%); tra i top buyer gli Usa rimangono in terreno positivo (+0,4% volume, +10,8% valore) cresce, grazie agli sfusi, la Germania (+6,2% in volume e +5,6 in valore) mentre il Regno Unito cede il 13,5% (-7% il valore). In contrazione, nei volumi, mercati di sbocco ed emergenti come Canada (-24%), Svizzera (-8,4%), Giappone (-22,9%) e si conferma in caduta libera il mercato cinese (-43,7%). Volano gli ordini dalla Russia: +33,0%. Tra le regioni, rallentano i valori export per le top 3, con il Veneto a +3%, il Piemonte a +0,2% e la Toscana a +0,6%. Sopra la media gli incrementi di importanti regioni produttrici, come il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna, la Lombardia.

Assitol: clima, guerra Ucraina e rincari minacciano il 2023

Assitol: clima, guerra Ucraina e rincari minacciano il 2023Roma, 14 giu. (askanews) – Dopo un 2022 difficile, anche il 2023 non sembra in discesa, a causa del conflitto russo-ucraino, dei rincari e del cambiamento climatico. E nonostante le aziende abbiano dimostrato una grande capacità di resilienza nell’affrontare le sfide del mercato interno e dell’export, ora è necessario accelerare su digitale e ricerca per sostenerle. E’ l’analisi fatta da Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, aderente a Federalimentare e Confindustria, nel corso dell’Assemblea annuale, durante la quale è stata annunciata anche la nascita di Ailma, associazione italiana lavorazione mais alimentare, che rappresenta le aziende specializzate nella produzione di farine proteiche vegetali.

Dopo un 2022 di siccità, il primo semestre del 2023 è invece caratterizzato dalle piogge alluvionali, che potrebbero riproporre il problema della mancanza di materie prime. “Abbiamo vissuto una stagione complicata, che non si è ancora conclusa – ha spiegato Riccardo Cassetta, presidente di Assitol – l’associazione intende continuare a sostenere le imprese in tutti i modi possibili, ma è indispensabile un cambio di passo. Diversamente, non saremo più in grado di fronteggiare gli effetti dell’instabilità geopolitica e le conseguenze periodiche del meteo estremo”.

A incidere sull’andamento delle aziende sono intervenuti fattori diversi, che hanno colpito tutte le componenti dell’associazione: dall’olio d’oliva agli oli da semi, dai semilavorati per pane, pizzeria e pasticceria, fino al lievito per panificazione e alle agroenergie. Il primo è la guerra in Ucraina, che ha scatenato rincari pesanti sulle materie prime, di cui sia la Russia sia la stessa Ucraina sono importanti fornitori. A questo primo contraccolpo si è unita una siccità inarrestabile, seguita in autunno da fenomeni di meteo estremo, che ha messo in profonda difficoltà non soltanto l’agricoltura nazionale ma quella dell’intero Mediterraneo. L’olio d’oliva, secondo i dati Ismea, ha perso quasi il 30% della produzione in Italia. La Spagna, primo produttore al mondo, ha visto dimezzare le sue quantità. Le imprese del settore hanno dovuto affrontare la mancanza di olio in parallelo all’aumento dell’energia e a quello del packaging.

Non è andata meglio con i cereali e le oleaginose, basilari per comparti diversi come gli oli da semi la panificazione e la pasticceria, le bioenergie. Oltre al girasole, ingrediente irrinunciabile dell’industria alimentare, rincari energetici e siccità hanno provocato il calo del 15% della produzione di grano, mentre quella di soia, che ci vede al primo posto in Europa, è riuscita a coprire a malapena il 35% del fabbisogno nazionale. Male anche il mais, che ha visto i suoi quantitativi ai minimi storici.

Export vino I trimestre, volumi piatti. Rossi ancora in discesa

Export vino I trimestre, volumi piatti. Rossi ancora in discesaRoma, 14 giu. (askanews) – Export di vino stabile nel primo trimestre dell’anno, con volumi piatti (+0,1%) e una performance tendenziale in valore a +3,8% (1,8 miliardi di euro). Ancora in calo i vini rossi, contrazione per Dop e Igp, e a tenere a galla il mercato sul fronte dei volumi commercializzati è la fascia dei vini low cost: la vendita del vino sfuso mette a segno un +13,4% e quella dei vini comuni +12,8%. Il quadro sulle vendite di vino italiano all’estero è fatto dall’Osservatorio Uiv-Ismea-Vinitaly, che ha elaborato gli ultimi dati Istat sul commercio estero.

Nonostante l’exploit di vendite, il vino sfuso registra però una forte contrazione dei listini (-9,2%). In sofferenza, sempre nei volumi, i prodotti bandiera del made in Italy, a partire dai vini fermi Dop imbottigliati, che si scendono del -5,3% (+2,5% il valore) con i rossi a -6,6%. Giù anche gli Igp (-2,5%), dove la crescita dei bianchi (+8,3%) non è bastata calmierare la perdita dei rossi (-7,5%) e dove il segno rosso si evidenzia anche nei valori. Tra le tipologie, si conferma l’avvio difficile per gli spumanti (-3,2% volume e +7,3% valore), complice la contrazione dei volumi esportati di Prosecco (-5,5%), mentre prosegue la buona stagione dell’Asti Spumante (+9,1%) e degli sparkling comuni (+4,4%). “In questo primo trimestre – spiega il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti – la coperta troppo corta è sempre più evidente: la crescita in valore è infatti insufficiente per far fronte al surplus di costi dettato da materie prime ed energetici, che influisce per circa il 12% su un prezzo medio aumentato di appena il 3,7%”.

Restano sul campo “le notevoli difficoltà dei rossi, in particolare quelli Dop e Igp – analizza Castelletti – a cui si aggiunge la battuta d’arresto dello spumante. Più in generale, l’attuale congiuntura impone alla domanda scelte low cost, e per questo in termini volumici fanno meglio prodotti base che hanno ritoccato poco i listini. Ma a che prezzo?”.