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Cina, stretta anticorruzione: nel mirino progetti Belt and Road

Cina, stretta anticorruzione: nel mirino progetti Belt and RoadRoma, 26 feb. (askanews) – La lotta alle tangenti nei progetti legati all’Iniziativa Belt and Road, per l’apertura delle nuove Vie della Seta, e alla rivitalizzazione rurale della Cina saranno le priorità di quest’anno per l’onnipotente Commissione centrale per l’ispezione di disciplina (CCDI), il braccio della campagna anti-corruzione a cui Xi Jinping ha dato particolare enfasi a partire dal suo arrivo al potere.


La CCDI ha reso pubblico il suo rapporto di lavoro, integralmente rilanciato dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, due mesi dopo che questo è stato presentato dal capo della commissione, Li Xi. Il rapporto afferma che quest’anno il CCDI coordinerà le misure repressive sia in patria che all’estero. Ha affermato che la lotta alla corruzione approfondirà una campagna mirata a eliminare “pratiche malsane e corruzione” nella rivitalizzazione rurale e cercherà una migliore integrità nei progetti Belt and Road, un programma di investimenti per la connettività fisica e digitale euro-asiatica da migliaia di miliardi di euro con un forte richiamo geopolitico.


Li, alla fine dell’anno passato, aveva già chiarito che la Cina ha messo nel mirino la corruzione nei progetti Belt and Road, per una “Via della Seta pulita”, secondo quanto riferisce il South China Morning Post. Accanto a questo, la CCDI intende agire nell’ambito dei progetti volti alla rivitalizzazione rurale, che sono uno dei cardini della strategia per la riduzione della povertà che è uno dei tratti distintivi dell’azione di Xi Jinping. Mira a rendere l’agricoltura più efficiente, a rendere le aree rurali più vivibili e i loro residenti a stare meglio. Per fare ciò, Pechino ha investito miliardi di yuan nella costruzione di infrastrutture per migliorare l’accesso al mercato dell’agricoltura e dei servizi pubblici e per risolvere problemi come l’inquinamento.


La CCDI ha ordinato un giro di vite sui progetti di rivitalizzazione rurale un anno fa, dopo le segnalazioni che accusavano funzionari regionali di aver messo in campo progetti falsi per intascare finanziamenti da Pechinoi. Nel rapporto di lavoro di quest’anno, CCDI ha anche chiarito che sarà attiva sulla sicurezza politica, “non mostrando alcuna pietà verso coloro che formano bande politiche, cricche e gruppi di interesse” all’interno del Partito comunista al potere.


Recentemente sono stati condannati all’ergastolo una serie di alti funzionari sulla base di un’accusa simile. Tra questi l’ex vice capo della sicurezza Sun Lijun e l’ex ministro della Giustizia Fu Zhenghua.

Think tank nato da McKinsey suggerì a Cina politiche indigeste a Usa

Think tank nato da McKinsey suggerì a Cina politiche indigeste a UsaRoma, 23 feb. (askanews) – Un think-tank legato a McKinsey consigliò in un rapporto commissionato dal governo di Pechino nel 2015 di approfondire la cooperazione tra imprese e militari e spingere le aziende straniere fuori dai settori sensibili. Lo rivela oggi il Financial Times.


Le raccomandazioni, contenute in un libro della Urban China Initiative commissionato dall’agenzia di pianificazione centrale del governo cinese, erano tra politiche proposte alla Cina per aumentare l’abilità tecnologica del paese. Il libro dell’UCI – con una prefazione di uno dei partner più anziani di McKinsey in Cina e attingendo al lavoro del braccio di ricerca in-house di McKinsey – ha fatto parte della ricerca del governo cinese per il suo 13mo piano quinquennale che ha coperto il 2016-20. Il piano quinquennale includeva la politica “Made in China 2025”, che aumentava le tensioni tra Pechino e Washington.


McKinsey ha chiuso l’UCI nel 2021 e ha minimizzato il suo rapporto con il governo cinese da quando è stata messa sotto pressione politica negli Stati uniti, dove i legislatori si sono chiesti se la consulenza in Cina sia in conflitto con il lavoro dell’azienda per il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. In un’udienza del Congresso questo mese, Bob Sternfels, managing partner globale di McKinsey, ha dichiarato: “Non lavoriamo, e per quanto ne so mai lo abbiamo fatto, per il partito comunista cinese o per il governo centrale in Cina. La stragrande maggioranza del lavoro che facciamo in Cina è per aziende multinazionali. Molte di queste sono aziende statunitensi e aziende cinesi del settore privato”.


McKinsey, dal canto suo, ha detto – secondo FT – che il progetto del 2015 per la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma del governo cinese “non è stato scritto da McKinsey e non è il lavoro di McKinsey”. “L’Urban China Initiative è stata un’iniziativa non-profit co-fondata nel 2011 con la Columbia University e la Tsinghua University. L’Urban China Initiative non è McKinsey e non ha svolto lavori per conto di McKinsey. Per quanto ne sappiamo, McKinsey non è stata compensata per alcuna ricerca o iniziativa relativa all’UCI”, ha detto la società di consulenza strategica, aggiungendo: “Come abbiamo affermato in precedenza, il governo centrale della Cina non è, e per quanto ne sappiamo non è mai stato, un cliente di McKinsey”.


McKinsey fondò l’UCI con i suoi partner universitari nel 2011, descrivendo l’iniziativa come un “vettore dei principali dialoghi nazionali, provinciali e locali della Cina sulle questioni urbane”. Le attività includevano la pubblicazione di un indice delle città sostenibili per “aiutare i leader urbani a prendere decisioni politiche informate” e lo svolgimento di conferenze regolari che hanno fornito a McKinsey l’accesso ai funzionari a più livelli di governo.

Turismo, il Giappone tornato ai livelli pre-pandemia

Turismo, il Giappone tornato ai livelli pre-pandemiaRoma, 21 feb. (askanews) – Il Giappone ha accolto più di 2 milioni di visitatori per l’ottavo mese consecutivo a gennaio, secondo i dati ufficiali diffusi dall’Organizzazione Nazionale del Turismo del Giappone (JNTO), riportando il paese in linea con i livelli pre-pandemia.


Il numero di visitatori stranieri per affari e piacere è stato di 2,69 milioni il mese scorso, leggermente in calo rispetto ai 2,73 milioni di dicembre. Gli arrivi a dicembre sono stati il massimo storico per quel mese e hanno coronato un anno di ripresa dalla pandemia. Il turismo in Giappone si è quasi fermato per più di due anni durante la pandemia di Covid-19. Ma lo scorso anno il settore ha avuto una forte crescita, grazie anche al deprezzamento dello yen che ha reso il paese appetibile per i turisti.


Il turismo in entrata è una parte sempre più importante dell’economia giapponese e l’anno scorso i visitatori hanno speso per la prima volta più di 5.000 miliardi di yen (30,8 miliardi di euro), superando l’obiettivo del governo. Gli arrivi di gennaio sono stati influenzati dal forte terremoto del primo gennaio nella prefettura occidentale di Ishikawa, ha affermato JNTO, anche se il numero è stato alla pari con il livello pre-pandemico del 2019, quando il Giappone ha accolto in tutto l’anno la cifra record di 39,9 milioni di turisti.


I viaggiatori provenienti da Corea del Sud, Taiwan e Australia hanno stabilito un record assoluto. Il turismo dalla Cina è invece ancora molto al di sotto dei livelli pre-pandemia, quando i viaggiatori dalla Cina continentale costituivano quasi un terzo di tutti i visitatori e il 40% della spesa turistica.

Cina, regolatore finanziario: aumentare trasparenza per investimenti

Cina, regolatore finanziario: aumentare trasparenza per investimentiRoma, 21 feb. (askanews) – Il nuovo regolatore finanziario cinese ha assunto nuovi impegni per aumentare la trasparenza, la stabilità e la prevedibilità della regolamentazione, in un tentativo di rafforzare la fiducia nei confronti di Pechino da parte degli investitori internazionali. Lo riferisce oggi il South China Morning Post.


Le misure restrittive verranno ridotte per rendere il mercato più aperto e integrato nel mercato globale, ha affermato la Commissione Finanziaria Centrale (CFC), appena creata dal Partito comunista cinese, in un articolo pubblicato dal Quotidiano del Popolo, l’organo di stampa del Pcc. “Rafforzeremo l’interconnessione dei mercati finanziari nazionali ed esteri e faciliteremo gli investimenti e i finanziamenti transfrontalieri”, ha affermato la Commissione nel suo articolo, che pone come obiettivo il rendere la Cina una “superpotenza finanziaria”. La seconda economia più grande del mondo ha ottenuto una crescita del Pil del 5,2% nel 2023, ma il mercato è rimasto a corto di fiducia a causa della prolungata crisi del settore immobiliare, di dati occupazionali in difficoltà e degli alti livelli di debito in pancia ai governi locali. Gli investimenti dretti in entrata nel paese sono risultati nel 2023 al livello più basso degli ultimi 30 anni.


Tuttavia, Wang Chunying, portavoce dell’autorità di regolamentazione dei cambi, ha affermato che l’afflusso di investimenti in titoli in Cina è migliorato nel quarto trimestre del 2023.

Giappone, export cresciuto grazie a spedizioni in Cina

Giappone, export cresciuto grazie a spedizioni in CinaRoma, 21 feb. (askanews) – Le esportazioni del Giappone sono aumentate per il secondo mese consecutivo a gennaio, spinte dalla crescita dell’export verso la Cina. Lo dicono i dati preliminari diffusi oggi dal ministero delle Finanze di Tokyo.


L’export giapponese è aumentato dell’11,9% su base annua. Le importazioni sono diminuite del 9,6%, determinando un deficit commerciale mensile di 1.758 miliardi di yen (10,8 miliardi di euro). Nei giorni scorsi Tokyo ha diffuso i dati preliminari sul Pil, che mostrano come nell’ultimo trimestre del 2023 l’economia nipponica è finita in recessione tecnica, scivolando così al quarto posto tra le economie mondiali, superata dalla Germania (anch’essa, tuttavia, in recessione).


Le esportazioni di automobili sono aumentate del 31,6%, mentre quelle di attrezzature per la produzione di chip sono aumentate del 27,5%. Le spedizioni dirette in Cina sono cresciute del 29,2% a gennaio, segnando il secondo mese consecutivo di espansione. Anche le esportazioni verso gli Stati uniti e l’Unione europea sono aumentate rispettivamente del 15,6% e del 13,8%.

Rapporto Usa: in Cina l’apparato di censura più pervasivo al mondo

Rapporto Usa: in Cina l’apparato di censura più pervasivo al mondoRoma, 20 feb. (askanews) – La Cina mantiene “l’apparato di censura più elaborato e pervasivo del mondo”, utilizzato dal Partito comunista cinese (Pcc) per “mantenere il monopolio sulla legittimità politica e per modellare il comportamento dei cittadini cinesi”, ma anche “come strumento per portare avanti i propri obiettivi geostrategici revanscisti, come isolare Taiwan e gettare le basi per un’eventuale unificazione delle due sponde dello Stretto”. Lo ha scritto in un rapporto rilasciato oggi dalla commissione parlamentare US-China Economic and Security Commission e realizzato da Exovera, una compagnia che fornisce “soluzioni tecnologiche avanzate IA per l’intelligence e la sicurezza”.


“Il Pcc considera il controllo delle informazioni come la prima linea di difesa contro le minacce al sistema politico monopartitico della Repubblica popolare cinese, che il Partito considera essenziale per garantire la continua sicurezza e prosperità della Cina. Di conseguenza, la censura del Partito si concentra sulla repressione delle idee che ritiene minano l’ordine politico cinese, come il ‘contagio ideologico’ straniero della democrazia liberale, il separatismo etnico e le critiche agli alti dirigenti del Pcc”, si legge nel sommario dello studio. “Sotto il governo del segretario generale del PCC Xi Jinping, il partito ha notevolmente ampliato la portata e il rigore del suo apparato di censura, concentrandosi in particolare sul consolidamento del controllo sui contenuti Internet. A tal fine, il Partito ha ampliato e razionalizzato il proprio quadro giuridico e normativo che disciplina la censura di Internet, migliorando allo stesso tempo la propria capacità tecnica di supervisionare l’attività online. Questi sforzi hanno migliorato sia la capacità del Partito di supervisionare il discorso sul cyberspazio sia il suo controllo su mezzi che vanno dalle piattaforme di social media ai giochi online, fino alle società private che sviluppano e distribuiscono l’intelligenza artificiale generativa (AI)”, continua.


La censura non è attuata unilateralmente da nessuna entità, ma piuttosto è coordinata da una serie di istituzioni del Partito e dello Stato, spiega il rapporto. In questo quadro, “le linee guida per il lavoro ideologico e di pensiero vengono elaborate dal Comitato Centrale del Partito e trasmesse ai livelli inferiori”. Collettivamente, questo apparato di controllo comprende tre livelli: l’infrastruttura fisica utilizzata per diffondere le informazioni; le misure regolamentari che modulano il contenuto delle informazioni; e i fattori normativi che modellano la cultura, le credenze e la cognizione. Il Pcc – continua il rapporto – “ha dimostrato abilità nell’usare questo apparato per gestire crisi acute come le critiche alla sua risposta alla pandemia di Covid-19, nonché sfide endemiche come la lotta al ‘nichilismo storico’ (vale a dire, interpretazioni della storia che contraddicono la versione ufficiale del Partito della eventi). Allo stesso tempo, il Pcc consente discussioni limitate su argomenti delicati che non minacciano direttamente la sua presa sul potere, come il ruolo della Cina nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina”.


Sebbene l’apparato di censura sia orientato al mantenimento della stabilità interna, negli ultimi dieci anni la Cina “ha intensificato gli sforzi per combattere la diffusione internazionale di idee e narrazioni che ritiene possano minacciare gli interessi fondamentali” di Pechino, dice ancora il rapporto. “Questa iniziativa è proseguita lungo molteplici linee di impegno, tra cui la punizione delle società private statunitensi e degli individui che esprimono posizioni che il Pcc ritiene discutibili, la limitazione dell’accesso degli Stati uniti ai dati economici e la conduzione di campagne di disinformazione volte a seminare divisione all’interno della società statunitense”. Allo stesso tempo Pechino, secondo il rapporto, “ha esportato strumenti di censura ad altri stati autoritari, portando avanti la sua visione di ‘sovranità informatica’, azioni che minano le norme e gli accordi esistenti sostenuti dagli Stati uniti che hanno finora facilitato il libero flusso globale di informazioni”. Infine, la Cina “utilizza la censura come strumento per portare avanti i propri obiettivi geostrategici revanscisti, come isolare Taiwan e gettare le basi per un’eventuale unificazione delle due sponde dello Stretto”.

Xi Jinping: abbattere ostacoli a modernizzazione del Paese

Xi Jinping: abbattere ostacoli a modernizzazione del PaeseRoma, 20 feb. (askanews) -Il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un invito a procedere sulla via dell’abbattimento degli ostacoli istituzionali alla modernizzazione a livello nazionale. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua.


Xi ha parlato ieri alla Commissione centrale per l’approfondimento della riforma, dichiarando che il 2024 sarà un “anno fondamentale” per la modernizzazione del paese. La riunione di ieri potrebbe essere un’anticipazione dell’atteso 20mo Plenum del Comitato centrale del Pcc, un’assise rimandata lo scorso anno e la cui data non è stata ancora resa pubblica da Pechino.


“La priorità di quest’anno è pianificare ulteriori riforme per promuovere la modernizzazione in stile cinese. Dobbiamo persistere nell’utilizzare le riforme come parte di una strategia globale per risolvere i rischi e le sfide e aumentare la fiducia, con un focus chiave sugli ostacoli istituzionali”, ha detto il presidente, secondo il resoconto fornito dall’agenzia ufficiale cinese. Nel 2023 la crescita cinese è stata formalmente del 5,2%, ma una serie di parametri mostrano come la seconda economia del mondo sia in una fase di rallentamento. Problemi strutturali, come la curva demografica sfavorevole, e contingenti come la pesante crisi immobiliare, spingono gli investitori a non avere fiducia nei confronti di Pechino

Auto elettrica, in Cina è partita la guerra dei prezzi

Auto elettrica, in Cina è partita la guerra dei prezziRoma, 20 feb. (askanews) – In Cina è partita la guerra dei prezzi per le auto elettriche: i principali produttori hanno cominciato a produrre auto sempre economiche e ora la gara tra loro è quella per tenere le vetture elettriche al di sotto dei 100.000 yuan (13.000 euro).


Tre case automobilistiche, tra cui un’impresa della General Motor (GM), hanno fissato – secondo quanto scrive il South China Morning Post – i prezzi dei loro veicoli elettrici al di sotto dei 100.000 yuan. SAIC-GM-Wuling – una joint venture a tre tra la statunitense GM con le cinesi SAIC Motor e Wuling Motors -, Changan Automobile e Hozon New Energy Automobile questa settimana hanno tagliato i prezzi dei loro modelli economici al di sotto di questa soglia psicologica, accelerando così il passaggio ai veicoli elettrici pur in un contesto economico che, per la Cina, è quello di un rallentamento come non si vedeva da decenni.


“Il 2024 sarà un anno critico per le aziende produttrici di veicoli a nuova energia a causa della dura concorrenza – ha affermato Cui Dongshu, segretario generale della China Passenger Car Association (CPCA), secondo il SCMP -. La maggior parte degli assemblatori di automobili sono pronti a offrire sconti e impegnarsi in guerre sui prezzi per mantenere la quota di mercato”. Lunedì, SAIC-GM-Wuling ha abbassato il prezzo della sua berlina ibrida Xingguang di 6.000 yuan (774 euro), portandolo a 99.800 yuan (12.874 euro); Changan ha tagliato il prezzo del suo SUV Qiyuan Q05 di 12.000 yuan (1.584 euro), portandolo a 73.900 yuan (9.533 euro); mentre Hozon ha scontato il suo Neta X SUV di 22.000 yuan (2.840 euro) a 99.800 yuan (12.874 euro).


Queste riduzioni fanno seguito alla mossa del principale produttore mondiale, BYD, che lo scorso fine settimana ha messo in offerta un’auto elettrica a un prezzo inferiore a 100.000 yuan per competere con le auto a benzina più vendute, come Lavida di Volkswagen e Corolla di Toyota. BYD con sede a Shenzhen, il più grande costruttore di veicoli elettrici al mondo, ha recentemente lanciato una nuova versione del suo modello ibrido plug-in – il Qin Plus DM-i – con prezzi a partire da 79.800 yuan (10.294 euro), il 20% in meno rispetto all’edizione precedente.

SoftBank crea joint venture con fondo saudita per robot industriali

SoftBank crea joint venture con fondo saudita per robot industrialiRoma, 20 feb. (askanews) – Il gruppo SoftBank, del vulcanico miliardario giapponese Masayoshi Son, ha annunciato che costituirà una joint venture nel settore della robotica con un’unità del fondo sovrano dell’Arabia Saudita per produrre robot industriali.


Secondo un comunicato stampa di SoftBank, l’accordo fa parte di una partnership strategica tra l’investitore tecnologico giapponese e Alat, una nuova unità del fondo sovrano saudita con una dotazione da 100 miliardi di dollari per sviluppare nuove tecnologie, che investirà fino a 150 milioni di dollari “per creare un polo di produzione e ingegneria completamente automatizzato a Riyadh che servirà la domanda locale e globale”. La JV costruirà robot industriali basati sulla proprietà intellettuale sviluppata dal Gruppo SoftBank e dalle sue affiliate. L’apertura della prima fabbrica è prevista per il mese di dicembre di quest’anno.


In una discussione online con il CEO di Alat Amit Midha, numero uno di SoftBank, Masayoshi Son, ha affermato che l’integrazione con l’intelligenza artificiale generativa renderà i robot “veramente intelligenti: non sarà più necessario programmare così tanto, il robot imparerà e si addestrerà da solo, comportandosi come un essere umano”, ha detto. Il rapporto tra il fondo sovrano saudita e SoftBank risale al 2016, quando questo è diventato il maggiore investitore nel primo Vision Fund di SoftBank, impegnando 45 miliardi di dollari. Il Vision Fund è diventato il più grande veicolo di investimento focalizzato sulla tecnologia al mondo e ha alimentato le scommesse aggressive di SoftBank sulle società private.

Fukushima, governo avverte la TEPCO dopo fuoriuscita acqua

Fukushima, governo avverte la TEPCO dopo fuoriuscita acquaRoma, 20 feb. (askanews) – Il governo giapponese ha ammonito la Tokyo Electric Power Co. (Tepco), società elettrica proprietaria della centrale nucleare Fukushima Daiichi teatro dell’incidente atomico del 2011, dopo che è stata riscontrata una fuoriuscita di acqua contaminata dall’impianto al centro di una complessa operazione di dismissione destinata a durare diversi decenni.


Ken Saito, ministro dell’Economia, del commercio e dell’industria del Giappone, ha dichiarato di aver dato indicazioni al presidente della TEPCO, Tomoaki Kobayakawa, di garantire la sicurezza del processo di smantellamento. “Anche un singolo errore potrebbe comportare una perdita di fiducia da parte della comunità locale e società”, ha detto Saito, secondo quanto riportail Nikkei. L’avvertimento arriva mesi dopo che il governo e la TEPCO hanno iniziato a rilasciare l’acqua trattata dall’impianto nell’Oceano Pacifico, attività che ha suscitato proteste e preoccupazioni per la sicurezza in altri paesi.


Il 7 febbraio Tepco ha dichiarato che 5,5 tonnellate di acqua, che si stima contenga 22 miliardi di becquerel di sostanze radioattive, sono fuoriuscite da un edificio per il trattamento dell’acqua contaminata, sollevando dubbi sulla capacità della TEPCO di smantellare in sicurezza l’impianto distrutto dal terremoto/tsunamiu dell’11 marzo 2011. TEPCO ha affermato che il recente incidente è stato causato dall’errore di un dipendente nel chiudere una valvola di una tubazione, ma ha aggiunto che non è stato rilevato alcun impatto sulla salute del personale o sull’ambiente esterno allo stabilimento.


L’autorità di regolamentazione nucleare giapponese ha dichiarato ieri che la TEPCO non è riuscita a gestire adeguatamente il lavoro poiché non ha chiarito quale dipartimento fosse responsabile della gestione della valvola. L’ente regolatore ha affermato che continuerà a esaminare la questione.