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Rapporto Usa: in Cina l’apparato di censura più pervasivo al mondo

Rapporto Usa: in Cina l’apparato di censura più pervasivo al mondoRoma, 20 feb. (askanews) – La Cina mantiene “l’apparato di censura più elaborato e pervasivo del mondo”, utilizzato dal Partito comunista cinese (Pcc) per “mantenere il monopolio sulla legittimità politica e per modellare il comportamento dei cittadini cinesi”, ma anche “come strumento per portare avanti i propri obiettivi geostrategici revanscisti, come isolare Taiwan e gettare le basi per un’eventuale unificazione delle due sponde dello Stretto”. Lo ha scritto in un rapporto rilasciato oggi dalla commissione parlamentare US-China Economic and Security Commission e realizzato da Exovera, una compagnia che fornisce “soluzioni tecnologiche avanzate IA per l’intelligence e la sicurezza”.



“Il Pcc considera il controllo delle informazioni come la prima linea di difesa contro le minacce al sistema politico monopartitico della Repubblica popolare cinese, che il Partito considera essenziale per garantire la continua sicurezza e prosperità della Cina. Di conseguenza, la censura del Partito si concentra sulla repressione delle idee che ritiene minano l’ordine politico cinese, come il ‘contagio ideologico’ straniero della democrazia liberale, il separatismo etnico e le critiche agli alti dirigenti del Pcc”, si legge nel sommario dello studio. “Sotto il governo del segretario generale del PCC Xi Jinping, il partito ha notevolmente ampliato la portata e il rigore del suo apparato di censura, concentrandosi in particolare sul consolidamento del controllo sui contenuti Internet. A tal fine, il Partito ha ampliato e razionalizzato il proprio quadro giuridico e normativo che disciplina la censura di Internet, migliorando allo stesso tempo la propria capacità tecnica di supervisionare l’attività online. Questi sforzi hanno migliorato sia la capacità del Partito di supervisionare il discorso sul cyberspazio sia il suo controllo su mezzi che vanno dalle piattaforme di social media ai giochi online, fino alle società private che sviluppano e distribuiscono l’intelligenza artificiale generativa (AI)”, continua.


La censura non è attuata unilateralmente da nessuna entità, ma piuttosto è coordinata da una serie di istituzioni del Partito e dello Stato, spiega il rapporto. In questo quadro, “le linee guida per il lavoro ideologico e di pensiero vengono elaborate dal Comitato Centrale del Partito e trasmesse ai livelli inferiori”. Collettivamente, questo apparato di controllo comprende tre livelli: l’infrastruttura fisica utilizzata per diffondere le informazioni; le misure regolamentari che modulano il contenuto delle informazioni; e i fattori normativi che modellano la cultura, le credenze e la cognizione. Il Pcc – continua il rapporto – “ha dimostrato abilità nell’usare questo apparato per gestire crisi acute come le critiche alla sua risposta alla pandemia di Covid-19, nonché sfide endemiche come la lotta al ‘nichilismo storico’ (vale a dire, interpretazioni della storia che contraddicono la versione ufficiale del Partito della eventi). Allo stesso tempo, il Pcc consente discussioni limitate su argomenti delicati che non minacciano direttamente la sua presa sul potere, come il ruolo della Cina nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina”.


Sebbene l’apparato di censura sia orientato al mantenimento della stabilità interna, negli ultimi dieci anni la Cina “ha intensificato gli sforzi per combattere la diffusione internazionale di idee e narrazioni che ritiene possano minacciare gli interessi fondamentali” di Pechino, dice ancora il rapporto. “Questa iniziativa è proseguita lungo molteplici linee di impegno, tra cui la punizione delle società private statunitensi e degli individui che esprimono posizioni che il Pcc ritiene discutibili, la limitazione dell’accesso degli Stati uniti ai dati economici e la conduzione di campagne di disinformazione volte a seminare divisione all’interno della società statunitense”. Allo stesso tempo Pechino, secondo il rapporto, “ha esportato strumenti di censura ad altri stati autoritari, portando avanti la sua visione di ‘sovranità informatica’, azioni che minano le norme e gli accordi esistenti sostenuti dagli Stati uniti che hanno finora facilitato il libero flusso globale di informazioni”. Infine, la Cina “utilizza la censura come strumento per portare avanti i propri obiettivi geostrategici revanscisti, come isolare Taiwan e gettare le basi per un’eventuale unificazione delle due sponde dello Stretto”.