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Consumo critico: la fiera “Fa’ la cosa giusta!” compie venti anni

Consumo critico: la fiera “Fa’ la cosa giusta!” compie venti anniMilano, 12 mar. (askanews) – “Rendere visibile l’essenziale” è il filo rosso di “Fa’ la cosa giusta!” la Fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili – organizzata dalla casa editrice Terre di mezzo nei padiglioni di Allianz MiCo dal 22 al 24 marzo – giunta, nel 2024, alla sua ventesima edizione.


Ispirato ad un bellissimo passo de il Piccolo Principe – nell’incontro con la volpe: “…l’essenziale è invisibile agli occhi!” – il tema della ventesima edizione di “Fa’ la cosa giusta!” è stato declinato, oltre che nelle iniziative espositive e culturali della manifestazione, anche in glossario di 80 parole essenziali per comprendere come sono cambiate le idee e le prassi dal 2004 a oggi in fatto di sostenibilità ambientale e sociale. Uno strumento – messo a disposizione di tutti sul sito dell’organizzazione – per scoprire come sia possibile rendere visibile “un altro mondo”, più equo e sostenibile. Anche le immagini che accompagnano la campagna promozionale e che “vestono” la fiera sono ispirate al Piccolo Principe, in particolare sono tratte dalla edizione italiana del di Saint-Exupéry ad ad opera dell’illustratrice Valeria Docampo e di Terre di mezzo Editore.


“Fa’ la cosa giusta!” 2024 è articolata in otto sezioni tematiche, distribuite in due padiglioni per un totale di 32mila quadri con 475 realtà espositive: Turismo consapevole, grandi cammini e outdoor; Critical fashion; Mangia come parli; Abitare green; Il pianeta dei piccoli; Cosmesi naturale; Area vegan; Pace e partecipazione. Parallelo alle iniziative espositive, si svolge un articolato programma culturale di incontri, laboratori, mostre fotografiche, degustazioni e spettacoli: oltre 350 appuntamenti da scegliere in base ai propri gusti e interessi. L’incontro di apertura – appuntamento venerdì 22 marzo, alle ore 11 – vedrà la partecipazione di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, oltre che inviato speciale del Papa per la pace in Ucraina. Con lui si parlerà del perdono come possibile strumento per costruire la storia.


Un importante spazio in fiera è dedicato alla scuola: la giornata del venerdì prevede come di consueto attività pensate ad hoc per gli studenti delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado, con l’obiettivo di stimolare la loro curiosità e accrescere le competenze sui temi della sostenibilità ambientale e sociale. Al mondo di insegnanti e studenti è anche dedicato il palinsesto di “SFIDE – La scuola di tutti”: oltre 70 gli appuntamenti che offrono formazione certificata a docenti e personale scolastico, ma aperto anche a genitori. “Presenti! Insegnare insieme” è il titolo dell’edizione di quest’anno, per cui si conferma la collaborazione con Edizioni Centro Studi Erickson e MCE (Movimento di Cooperazione Educativa). Tra i temi affrontati: i grandi maestri dell’educazione con le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Alberto Manzi e Danilo Dolci; l’uso dell’intelligenza artificiale a scuola; la formazione e il benessere degli insegnanti che iniziano il loro percorso professionale; libri illustrati, web radio, coding e robotica: gli strumenti didattici innovativi; disabilità, violenza di genere, inclusione: come combattere gli stereotipi in classe. Per partecipare agli eventi di SFIDE è necessario iscriversi e acquistare il biglietto d’ingresso sull’apposito sito sfide-lascuoladitutti.it.


Un altro evento nell’evento è l’ormai famosa “Fiera dei Grandi Cammini”: 3 giorni di incontri e un’ampia esposizione di stand dedicati alle proposte di cammini, cicloviaggi e turismo consapevole che valorizzano le comunità, i patrimoni territoriali, culturali, naturali ed enogastronomici. La Fiera dei Grandi Cammini è l’occasione per raccontare per esempio i nuovi cammini per raggiungere Santiago de Compostela, come il Cammino d’Inverno e quelli del Primitivo e del Salvador, oppure novità assolute nell’ambito dei pellegrinaggi italiani, come il marchigiano Cammino dei Cappuccini e il calabrese Cammino di San Francesco di Paola, e ancora le strategie per affrontare percorsi impegnativi come l’epica competizione valdostana del Tor de Géants. Venerdì 22 alle 12 interverrà la ministra del Turismo Daniela Santanchè per presentare gli investimenti del governo sui cammini italiani, anche in vista del Giubileo del 2025, e firmare un protocollo di intesa con l’Associazione Europea delle Vie Francigene. Numerose sono le Regioni che hanno scelto di essere presenti per raccontare la sostenibilità del viaggiare lento: Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana Promozione Turistica, Umbria, Piemonte, Abruzzo, Lazio, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna. Anche quest’anno sarà presente il Club alpino italiano, che presenterà il nuovo portale per l’escursionista, con il quale sarà possibile prenotare nei rifugi del Cai e nei principali punti tappa dei Cammini italiani, e “Acqua sorgente”, progetto di “citizen science” per identificare e monitorare le sorgenti d’acqua che si trovano lungo i sentieri. Nello stand di 150 mq allestito nel Padiglione 3, i visitatori troveranno una parete di arrampicata a disposizione di bambini e ragazzi, il prototipo del nuovo bivacco eco-sostenibile del Cai e uno spazio incontri nel quale si terrà un fitto programma di appuntamenti incentrati su un approccio alla montagna rispettoso dell’ambiente, responsabile, inclusivo e consapevole dei mutamenti conseguenza della crisi climatica. Il Cai è una delle realtà che partecipa alla presentazione in fiera di “Cammini Aperti”, iniziativa nazionale del 13-14 aprile, promossa congiuntamente dalle Regioni italiane in collaborazione con il Ministero del Turismo e facente parte del progetto “Scopri l’Italia che non sapevi – Viaggio italiano”: 42 escursioni, 2 per ogni Regione e Provincia autonoma, a cui potranno prendere parte, previa iscrizione gratuita su www.italia.it/it/viaggio-italiano, oltre 2.000 partecipanti. All’interno della fiera si inseriscono i Social Cohesion Days, festival nato nel 2014 da un’idea di Fondazione Easycare, organizzazione non profit italiana che da 15 anni si occupa di studiare i mutamenti sociali in atto nella società, disegnare modelli di policy e di welfare e promuovere il dibattito sui temi dell’attualità sociale. L’obiettivo di Social Cohesion Days è aprire e nutrire il dibattito sulla coesione sociale e delineare nuovi modelli e azioni per il benessere sociale in Italia. Dal 2023 i Social Cohesion Days sono ospiti e partner di Fa’ la cosa giusta! e sono alla loro quinta edizione. Tra gli appuntamenti dedicati si segnalano il convegno sulla Riforma della non autosufficienza e l’approfondimento sulla sfida ecologica e digitale per le organizzazioni complesse. L’area dei Social Cohesion Days ospita l’incontro con l’attore e scrittore Marco Paolini che, con il suo Cantiere Fabbrica del Mondo, racconta storie sulla terra che si è inceppata; sulla biosfera che è anche un’antroposfera di animali, piante, pietre, dighe, plastiche, bombe, rigassificatori, barconi, treni e ferri da calza; sulle interconnessioni che fingiamo di non vedere; sui problemi e sulle soluzioni, senza purismi e moralismi. Altro volto noto in fiera è Giovanni Storti, per il quale “fare la cosa giusta è ridurre al minimo gli sprechi e i propri desideri”. Il noto attore comico, oltre che appassionato ortista, regala al pubblico il dialogo “Chiedimi se la mia terra è felice!” con Miharisoa Rakotovao, referente dell’associazione TsiryParma in Madagascar, impegnata nella tutela della foresta di Vohidahy con il progetto “Custodi della foresta” sostenuto dalla fiera. In questa edizione sono protagoniste anche diverse mostre, partendo da “100 Afriche”, che raccoglie centro immagini pubblicate da Africa Rivista per raccontare storie, di luci e di ombre, ignorate dalla stampa mainstream, invitando a guardare il “continente vero” con occhi nuovi. Tra le mostre segnaliamo “Wild City. Storie di natura urbana”, esposizione interattiva organizzata dal MUSE, Museo delle Scienze di Trento, un viaggio negli ecosistemi urbani tra minacce, opportunità, adattamenti e nuove forme di coesistenza, raccontate anche grazie ad attività ludiche pensate per grandi e piccoli. Ad accompagnare i bambini di tutte le età alla scoperta del mondo marino c’è lo Spazio Marea curato dall’Area Marina protetta di Miramare dove è allestita la mostra “Dentro e fuori l’acqua”. Attraverso le fotografie, i piccoli visitatori possono esplorare l’ambiente di marea, diviso tra mondo terrestre e marino, e scoprire le sfide che ogni giorno gli abitanti di questo ambiente “estremo” devono affrontare per sopravvivere. I bambini inoltre, per la prima volta, avranno uno spazio dedicato in esclusiva per loro anche all’interno della sezione Turismo: è lo Spazio Foresta, dove vestire i panni di piccoli falegnami per costruire un rifugio per ospitare piccoli insetti partendo da materiali del bosco e scarti di falegnameria. Dalla natura alla città: sono molti gli incontri dedicati a guardare con nuovi occhi i luoghi che abitiamo. Nel nuovo spazio ideato per gli editori, viene presentato il volume “Mamme ribelli. Le donne che in Italia lottano per la salute dei figli di tutti”, che racconta l’impegno delle mamme contro l’inquinamento dei territori e il saccheggio ambientale. Vengono da tutta Italia, come le Mamme No Pfas del vicentino, le Mamme Volanti di Brescia, i Genitori Antismog di Milano, le donne di Taranto. Si passa al “Femminismo di periferia” con la scienziata ambientale Martina Miccichè, che esplora la periferia in tutte le sue sfaccettature: come oggetto e soggetto, ambiente sociale, costruzione, spazio di espulsione e identità; riflettendo sul concetto di centro (geografico e di potere), sugli stereotipi di genere, sulla crisi climatica. Con l’ingegnere ambientale ed energetico Giovanni Mori si può assistere alla conferenza-spettacolo “Le città invivibili”: un viaggio ironico che in una sola ora fa ripensare al modo in cui vivere gli spazi urbani, per rimettere le persone al centro e salvare il pianeta. “I Migranti mappano l’Europa” è una mostra che sposta il punto di vista sulle città europee, guardandole dalla prospettiva di chi sta cercando di abitarle. Milano, Napoli, Bologna, Parigi e tante altre: 200 mappe in tutto rappresentate attraverso lo sguardo dei migranti, che tratteggiano i luoghi più significativi, i percorsi più frequenti, gli spazi abitati, i punti scelti come riferimenti e quelli considerati inaccessibili. Un invito all’accoglienza e uno spunto per ricostruire. Rimanendo fedeli al tema delle “città da vivere”, si può dare uno sguardo a “Fa’ la cosa giusta OFF”, che indica gli eventi collaterali alla fiera organizzati in altri luoghi, come “Urbanismo tattico in via Graff”: nella mattinata di domenica 24 chiunque desideri può unirsi ai volontari di WAU! Milano per un progetto partecipato di riconversione degli spazi. L’obiettivo è colorare tutta la via e trasformarla così in una “strada scolastica”, per garantire più sicurezza in entrata e uscita dalla scuola, creare nuovi spazi di aggregazione sociale, rispondere ai desideri degli studenti. Programma completo e tutte le informazioni su “Fa’ la cosa giusta!” sono reperibili sul sito : www.falacosagiusta.org

Visa, i pagamenti contactless possono semplificare l’accesso al trasporto pubblico

Visa, i pagamenti contactless possono semplificare l’accesso al trasporto pubblicoRoma, 8 mar. (askanews) – La ricerca Visa “I pagamenti digitali in mobilità” rivela che già uno su tre fra gli Italiani intervistati (28%) paga digitalmente i trasporti pubblici, utilizzando una carta fisica o virtualizzata (digital wallet). Nel campione intervistato, si legge in una nota, i vantaggi riconosciuti da coloro che si affidano al pagamento contactless sono, in primis, la comodità dell’acquisto del biglietto senza contanti (46%), seguito dalla facilità d’uso (45%), dalla velocità del pagamento (41%) e dalla salvaguardia dell’ambiente (33%).


Semplificando l’accesso ai servizi di mobilità urbana, il contactless consente ai viaggiatori di utilizzare carta di credito, di debito, prepagata, portafoglio mobile o wearable per pagare una corsa in un istante. Considerato che il 72% degli italiani intervistati si è detto aperto alle innovazioni tecnologiche che semplificano l’esperienza di pagamento nei trasporti, la percentuale di adozione è potenzialmente destinata a crescere, tenuto conto che solo il 20% ritiene che il contante rimarrà la forma di pagamento preferita. Tra i fattori principali che ne incrementeranno la diffusione rientrano la disponibilità di maggiori informazioni sulle modalità di funzionamento e sui costi del servizio.


Dall’altro lato, i fattori che ne limitano maggiormente l’utilizzo sono legati alla scarsa informazione: 7 italiani su 10 che attualmente non utilizzano il servizio vorrebbero conoscerne meglio i vari aspetti e i soggetti che riconoscono come più autorevoli da cui ricevere questa tipologia di informazioni sono l’azienda di trasporto locale (54%) e il Comune (28%), tramite campagne di comunicazione sui mezzi di trasporto. “Il pagamento contactless sta diventando un processo universale che semplifica l’esperienza di trasporto pubblico in tutto il mondo” – sottolinea Stefano M. Stoppani, Country Manager di Visa in Italia. “Sarà possibile accedere alle varie aree urbane con la garanzia della miglior tariffa anche quando non si conosce il sistema o non si parla la lingua locale: il contactless offre essenzialmente la stessa esperienza d’uso, semplice, veloce, intelligente e sicura, ovunque si vada, creando un modo di spostarsi sulla rete di trasporto pubblica conveniente, facile e amico dell’ambiente. Ma perché il più ampio numero di utenti possa beneficiarne, bisogna collaborare a livello di ecosistema per colmare il gap di informazione e far conoscere a tutti questo servizio.”


Milano, Napoli e Torino le città in cui i mezzi pubblici sono utilizzati con maggiore frequenza. Secondo lo studio Visa, la frequenza di utilizzo dei mezzi pubblici in Italia è piuttosto elevata. A guidare la classifica dei più assidui frequentatori sono gli abitanti di Milano, Torino e Napoli con rispettivamente il 58%, il 48% e il 47% degli intervistati che li utilizzano almeno 1 volta a settimana, con punte di 3-4 volte alla settimana o tutti i giorni. La metropolitana è il mezzo preferito per gli spostamenti nel capoluogo lombardo (secondo l’80% degli intervistati) e a Napoli (75%) e, in generale, in queste città, così come per Roma e Torino, si nota un utilizzo più diversificato dei mezzi, mentre a Bari (71%), nelle altre città del Nord (56%) e a Torino (71%) il mezzo più utilizzato è l’autobus, coerentemente con le effettive disponibilità sul territorio. “Il pagamento contactless elimina il problema delle code alle biglietterie o ai distributori automatici per acquistare o ricaricare i biglietti di viaggio – continua Stoppani – tutti vantaggi apprezzati non solo dai cittadini ma anche dai turisti, soprattutto se pensiamo a grandi eventi che si terranno nel nostro Paese quali il Giubileo o le Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Milano Cortina 2026 in cui la mobilità intelligente rappresenterà un fattore rilevante per l’accoglienza turistica”.


Il servizio contactless è valutato positivamente dal 75% di coloro che ne fanno uso. Dallo studio emergono ulteriori aree di miglioramento suggerite dagli utenti stessi, tra queste la disponibilità di lettori contactless su tutti i mezzi di superficie (indicata dal 35% degli intervistati) e su più tornelli della metropolitana (25%), l’abilitazione di funzionalità multi-passeggero (32%), l’accettazione di tutte le tipologie di carte sul tornello (32%), oltre che la presenza di un lettore sempre funzionante per l’accettazione dei pagamenti contactless sui mezzi pubblici (34%). Tra le leve che potrebbero incentivare l’utilizzo del contactless, il 45% dei non utilizzatori del servizio ha indicato il cash back sui biglietti acquistati, il 43% una maggiore informazione sulla sicurezza e le modalità di fruizione, mentre il 38% la gratuità sul primo biglietto. “Il passo successivo – conclude Stoppani – sarà la possibilità, attraverso un unico strumento di pagamento, di accedere a una mobilità integrata che comprenda servizi di trasporto pubblico e privato in modalità Mobility as a Service (es: treni, bus, taxi, car/scooter/bike sharing, etc.). Ancora una volta il coordinamento a livello di ecosistema politico e industriale è cruciale per la realizzazione di questo obiettivo”. In questo contesto, più della metà degli intervistati (63%) si è dimostrata aperta all’opportunità, con una propensione più alta tra coloro che già utilizzano il servizio contactless (80%). Gli interessati all’abilitazione di una tariffa unica vorrebbero, insieme ai servizi di trasporto pubblico, il pagamento dei parcheggi di auto, moto o scooter (55%), il servizio di car sharing (38%) e di bike sharing (36%), oltre che le corse dei taxi (34%).

8 marzo, UN Global Compact Network Italia: formazione e investimenti

8 marzo, UN Global Compact Network Italia: formazione e investimentiRoma, 8 mar. (askanews) – Includere l’uguaglianza di genere nei piani aziendali e responsabilizzare il management, prevedere incentivi di performance al raggiungimento di determinati risultati, investire in formazione. Sono queste alcune azioni concrete che il settore privato può mettere in campo per garantire la parità di genere in ambito lavorativo. A presentare queste proposte è stato il Network italiano del Global Compact delle Nazioni Unite (UNGCN Italia) durante Ring the Bell for Gender Equality, l’annuale evento che si è svolto oggi alla Borsa di Milano in occasione della Giornata internazionale della donna.


Ring the Bell for Gender Equality, recita un comunicato, è la tradizionale cerimonia del suono della campanella per dedicare l’apertura dei mercati finanziari al tema della parità di genere e del women empowerment. L’iniziativa è stata promossa da UN Global Compact Network Italia, Borsa Italiana e Women in ETFs ed è stata trasmessa in diretta streaming anche sul canale YouTube di UNGCN Italia. Secondo il Rapporto annuale del World Economic Forum 2023, l’Italia si trova al 79esimo posto su 146 Stati per disparità di genere. Il Gender Equality Index 2023 evidenzia poi che sul tema ci troviamo alla quattordicesima posizione sui 27 Paesi dell’Unione Europea, ma all’ultimo posto nell’area work. L’Italia è infatti fanalino di coda per tasso di occupazione femminile, con il 52,2% di donne tra i 18 e i 54 anni impiegate (contro il 69% della media europea), mentre il pay gap cresce dall’11 al 46,7% con il progressivo spostamento verso funzioni apicali (contro il dato medio europeo del 12,7%). Lo stesso studio evidenzia inoltre che nel nostro Paese una donna su tre lascia il lavoro dopo la maternità per assenza di servizi di welfare e che l’Italia registra solo il 19% di competenze digitali per le donne, contro il 32% della media europea.


“Sono numeri allarmanti, che obbligano il settore privato a recuperare il tempo perduto, tanto più che il World Economic Forum calcola che ci vorranno più di 169 anni perché le donne raggiungano la piena emancipazione economica”, ha dichiarato Daniela Bernacchi, Executive Director dell’UN Global Compact Network Italia. “Un dato confortante arriva dalle oltre 1.200 certificazioni di parità di genere rilasciate alle aziende italiane dal Ministero delle Pari Opportunità al termine del 2023. Un risultato che ci ha permesso di superare con ampio anticipo il target di 800 certificazioni da raggiungere entro il 2026”. “Il mondo delle imprese può contribuire a colmare il gender gap. Per alzare l’ambizione del settore privato verso questo aspetto della dimensione sociale della sostenibilità, l’UN Global Compact Network Italia ha proposto oggi un approfondimento in chiave gender del suo “Manifesto Imprese per le Persone e la Società”, lanciato lo scorso giugno e firmato sino ad oggi dai CEO di più di 70 aziende italiane. Con questa rilettura, abbiamo evidenziato numerose azioni concrete a cui le aziende possono dare implementazione per sostenere la partecipazione delle donne all’economia e ai mercati, come – ad esempio – la creazione di un sistema di incentivi annuali per il management connesso al raggiungimento dei KPIs di genere, l’attuazione di una politica di formazione continua sull’inclusività, la non discriminazione e l’uguaglianza, e lo stanziamento di personale e fondi specificamente dedicati all’implementazione di iniziative per le pari opportunità e l’empowerment femminile.” ha concluso Bernacchi.


Ring the Bell for Gender Equality è un cerimoniale organizzato ogni anno da oltre 100 Borse in tutto il mondo per dedicare l’apertura dei mercati finanziari al tema della Gender Equality. Al livello globale, l’iniziativa è promossa da UN Global Compact, World Federation of Exchanges, International Finance Corporation, UN Women e Sustainable Stock Exchange Initiative.

SI Campus 2024: oltre 12.500 partecipanti in presenza e on line

SI Campus 2024: oltre 12.500 partecipanti in presenza e on lineMilano, 7 mar. (askanews) – Oltre 12.500 partecipanti hanno seguito in presenza e online le 151 iniziative del Social Innovation Campus 2024, l’iniziativa di Fondazione Triulza che si è svolta in Mind, il distretto dell’innovazione di Milano il 28 e il 29 febbraio. “Skills 4 Social Innovation. I talenti di tutti per costruire il futuro” è stato il tema declinato in questa quinta edizione dell’iniziativa. La partecipazione registrata nella due giorni di lavori ha confermato che il Social Innovation Campus è l’evento italiano dei giovani sull’innovazione sociale: degli oltre 12.500 partecipanti, 10.723, pari all’86 per cento, sono stati giovani e giovanissimi con un incremento di quasi il 70% rispetto al 2023. Sono loro i protagonisti del Campus che sperimentano e toccano con mano tecnologie e innovazione, ascoltano e interagiscono con mentor e relatori e, soprattutto, co-progettano e propongono soluzioni concrete a partire da sfide reali.


Nel corso del Campus i ragazzi delle scuole secondarie di II grado di 26 Comuni di Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Sicilia e Veneto hanno partecipato a laboratori tematici e di orientamento al lavoro e a due percorsi di co-progettazione, hackathon, in presenza e online attraverso i quali hanno presentato le loro visioni, valori e proposte tecnologiche e innovative per migliorare l’ambiente, la vita delle persone e delle comunità. E oltre 30 ricercatori, cooperatori e startup innovative di tutta Italia, durante diversi eventi e nel Contest annuale Social Tech hanno presentato progetti e soluzioni ad impatto sociale e ambientale. “Dopo cinque edizioni del Social Innovation Campus abbiamo constatato come stia crescendo la qualità progettuale, l’attenzione e la consapevolezza dei giovani sull’impatto, non solo ambientale ma anche sociale. Di fatto, le loro proposte e i loro progetti sono sempre più complessi, concreti e ‘intransigenti’ nei confronti del rispetto per l’ambiente e dell’inclusione sociale, due aspetti da cui non si può più prescindere, secondo i giovani – afferma Massimo Minelli, presidente di Fondazione Triulza – Un ruolo fondamentale nelle progettazioni hanno le tecnologie, che sono uno strumento per raggiungere obiettivi ad impatto. In tutti i progetti però vi sono i luoghi fisici al centro a indicare la voglia di stare insieme”.


In gara, al Contest Social Tech, 20 cooperative e startup sociali innovative di tutta Italia selezionate con i loro progetti di innovazione e impatto. Una giuria di 40 esperti ha valutato le loro proposte e ha assegnato il primo premio di 5.000 euro alla startup innovativa CoffeeFrom di Milano che trasforma i fondi di caffè esausti, normalmente smaltiti in discarica, in nuovi materiali termoplastici. Secondo e terzo premio, (la partecipazione alla prossima edizione del Master in Europrogettazione BEEurope) sono stati assegnati, rispettivamente, a: Human Maple, startup innovativa di Castelfranco Emilia che attraverso posacenere interattivi promuove la raccolta e il riciclo delle cicche di sigaretta; e alla Cooperativa di Fermo CoosMarche per Intellica, una piattaforma web di stimolazione cognitiva digitale a beneficio di fragilità come la disabilità cognitiva, i disturbi dello spettro autistico e le demenze. Dagli studenti dei 20 team hackathon, sono soluzioni e proposte per tutelare l’ambiente attraverso una gestione efficace dei rifiuti, migliorare la fruizione degli spazi pubblici, rendere il mondo della moda e i servizi di mobilità più sostenibili, ideare il supermercato del futuro e piattaforme cooperative di servizi. Il tutto utilizzando l’Intelligenza Artificiale e cloud computing in modo innovativo e considerando l’impatto. Quindici team hanno lavorato per 36 ore consecutive in presenza in Mind. Cinque team hanno seguito un percorso online iniziato a gennaio con webinar di approfondimento sulle sfide condotti da esperti delle aziende partner. Nella seconda giornata del Campus tutti hanno presentato alle giurie le loro proposte.


Il primo premio dell’Hackathon in presenza (1.500 euro) è stato vinto dai “Green Titans” (Liceo Veronica Gambara di Brescia) che con il progetto “Maaaxi- Da fermata a mini hub” hanno proposto la riqualificazione delle fermate degli autobus per trasformarle in mini hub ricchi di servizi collegati con app MaaS (Mobility as a Service). L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in questo rinnovato sistema di mobilità ha valso ai Green Titans anche il premio speciale Microsoft di 500 euro. Il secondo premio (500 euro) è andato ai Lorem Ipsum (Liceo Artistico Preziosissimo Sangue di Monza) che con il loro progetto “RePlace” hanno portato un nuovo concetto di spazio pubblico urbano, dedicato ai giovani e alla comunità, costruito con materiali di scarto e con una app per vendere prodotti sostenibili e promuovere business ideati dai giovani. I progetti dei team premiati dal terzo al sesto posto hanno vinto una stampante Epson e sono stati: Eco-laboriamo (ITCG Primo Levi di Seregno), Idrocacciuoli (Liceo delle Scienze Umane Preziosissimo Sangue di Milano), Zootropolis (ITET Bassi di Lodi) e The Crusoes (Liceo Muratori San Carlo di Modena).


Il primo classificato per l’Hackathon online (premiato con 1.500 euro) è stato il team “I Riciclanti” (Istituto Tito Acerbo di Pescara) per la proposta di ReGreen Hub, una cooperativa di piattaforma nata per fronteggiare il problema degli elevati rifiuti prodotti dal settore dell’industria tessile. Secondo classificato (500 euro) il Liceo Scientifico D’Ascanio di Montesilvano per Reshame, una app per scambiare i propri capi di abbigliamento in un luogo fisico in cui sarà possibile accedere a diverse attività di aggregazione e servizi gratuiti. Punto di forza del Social Innovation Campus è la “community” di partner ed esperti che cresce ogni anno e con cui Fondazione Triulza costruisce in modo partecipato il programma culturale e il programma di attività dedicate alle scuole e ai giovani. Una community verticale sui temi dell’innovazione ma estremamente trasversale in termini di contenuti proposti e di provenienza dei soggetti e realtà coinvolte: stakeholder Mind, imprese tech, finanza, startup a impatto, terzo settore, cooperazione, enti filantropici, università, ricerca e istituzioni. Il Campus è organizzato dalla prima edizione in collaborazione con le ancore di Mind: Arexpo, Lendlease, Human Technopole, IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio, Università degli Studi di Milano e Politecnico di Milano. L’edizione 2024 è realizzata con il supporto di Microsoft e UnipolSai, in partnership come main sponsor con Coopfond, Fondo Sviluppo, General Fond, Umana, UniCredit. E di A2A Life Company, CMB Carpi, Gruppo CAP, CVING, UNES – il Viaggiator Goloso e Valore Italia come sponsor. Il Campus ha ottenuto il contributo di Regione Lombardia e il patrocinio di ASviS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Città Metropolitana di Milano e Comune di Milano. Il programma culturale è organizzato e promosso in collaborazione di: AVIS Regionale Lombardia, BEEurope, Cariplo Factory, Cesvip Lombardia, Consorzio Nazionale CGM, CSVnet Lombardia, CSV Milano, Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale, Drimlab, Enaip Lombardia, Europe Direct, European Commission’s Joint Research Centre, Finlombarda, Fondazione Cariplo, Fratello Sole Scarl, Fondazione Social Venture GDA, ITS Angelo Rizzoli Academy, ITS Meccatronica Lombardia, ITS Move Academy, Legambiente Lombardia, Manageritalia Lombardia, Net, Rold Academy, Scuola di Restauro di Botticino, Università degli Studi di Milano Bicocca. Il Campus è reso possibile anche grazie al supporto tecnico di Epson, Il Portico Cooperativa Sociale, Mimesi – Media Intelligence, Mondovisione Soc Coop Soc Onlus, Planeat.eco, Smacrent, Stripes Coop Sociale Onlus e Zero Impack. Media partner sono Askanews, Nòva-Il Sole 24 Ore, Vita non profit.

Banca Etica compie 25 anni, Fasano: è il successo dell’economia sociale

Banca Etica compie 25 anni, Fasano: è il successo dell’economia socialeMilano, 7 mar. (askanews) – Utilizzare gli strumenti bancari e finanziari per perseguire una maggiore giustizia sociale e ambientale. E’ la scelta che Banca Etica sta concretizzando con le sue attività dimostrando così che fare banca e finanza in modo etico e sostenibili è possibile. Due indicatori possono spiegare su cosa si poggia questa visione: il 23 per cento di chi ha ottenuto un credito da Banca Etica aveva visto un rifiuto da un altro istituto tradizionale. E per quanto riguarda il dato sulle sofferenze, per Banca Etica sono stabilmente molto al di sotto rispetto alla media del sistema bancario: nel 2023 le sofferenze nette per Banca Etica si sono attestate sullo 0,23% contro una media del sistema bancario italiano di 1,05%. Sostenere chi escluso dagli istituti tradizionali perché non rientra nei parametri di opportunità business, e non perché non meritevole di fiducia, vuol dire dare credito a chi ha una visione del lavoro, e del capitale necessario a sostenerlo, distante da quella speculativa; contribuendo così a costruire un cambiamento del modello economico della società.


Dopo 25 anni di attività, Banca Etica è oggi una realtà che conta oltre 48 mila persone e organizzazioni socie; crediti in corso per oltre un miliardo e 200 milioni; capitale sociale di oltre 92 milioni di euro a fine 2023 con una crescita media annua nell’ultimo decennio del +7,5% contro lo 0,4% del sistema bancario in generale. E registra livelli di solidità patrimoniale migliori rispetto alla media del sistema bancario tradizionale: con un un CET1 ratio del 20,8% e un Total Capital Ratio del 25,3% contro rispettivo dato medio del 16,98% e del 18,62% registrati a settembre 2023 dal sistema bancario italiano. I dati che descrivono la realtà di Banca Etica sono stati presentati nel corso di un incontro presso il Cnel in occasione dei 25 anni di attività di Banca Etica. Durante i lavori è stata presentata anche la ricerca “Azionisti del bene comune. 25 anni per la pace l’ambiente e l’inclusione” curata da Aiccon, il Centro Studi promosso dall’Università di Bologna,


Il patrimonio di Banca Etica è di oltre 180 milioni. Il capitale sociale, complessivamente, tra il 2007 al 2023 ha registrato un +375% contro il +29% del sistema bancario tradizionale. Il tasso di crescita dei depositi è aumentato mediamente nello stesso periodo del 13,8% annuo, contro l’8% medio annuo del sistema italiano. Con l’ampliamento del numero di clienti e la crescita del capitale, è aumentato anche il credito concesso a organizzazioni e persone, un valore, questo, in costante crescita negli ultimi 25 anni per un totale aggiornato al 2023 di 1.211 milioni di euro e con un tasso medio annuo del +9,7% mentre il volume dei crediti erogati dal sistema bancario nel suo insieme è rimasto praticamente invariato nello stesso periodo includendo anche periodi di vero credit crunch. Andamento positivo anche per titoli e altri investimenti finanziari che vanno ad aggiungersi per un totale di ulteriori 1.342 milioni di euro. Nonostante le norme che regolano l’accesso al credito siano sempre più rigide, l’analisi di Aiccon mostra come Banca Etica riesca ad attuare una politica inclusiva lavorando attivamente per ridurre l’esclusione creditizia. Tra coloro che hanno chiesto e ottenuto un finanziamento da Banca Etica, il 9% delle persone e il 10% delle organizzazioni si era già visto rifiutare prima una richiesta di finanziamento da un’altra banca, percentuale quest’ultima che nel caso di organizzazioni non socie della Banca e sale fino al 41,7%.


La ricerca dà dunque conto di una crescita eccezionale della finanza etica nel nostro Paese, un settore che soprattutto 25 anni fa scontava parecchi pregiudizi finanziari ed era considerato poco bancabile. L’attività e i risultati raggiunti da Banca Etica in questi anni dimostrano – soprattutto attraverso il parametro in costante crescita dei crediti erogati – come le imprese sociali siano un soggetto economico stabile e affidabile. “I risultati di Banca Etica possono essere letti come il successo di tutto il comparto dell’economia sociale italiana. Banca Etica è nata nel 1999 dall’impegno delle principali reti della società civile italiana, quelle stesse reti che tutt’oggi sono i nostri soci di riferimento. Venticinque anni fa in molti credevano che il terzo settore non fosse bancabile: abbiamo dimostrato che non è così. Intanto il mondo è cambiato e alla dicotomia tra imprese profit e nonprofit si è aggiunta la vasta sfera delle imprese sociali che coniugano i principi dell’efficienza di impresa con il perseguimento di obiettivi di interesse collettivo come la tutela dell’ambiente, la difesa dei diritti dei lavoratori e di tutte le persone e le comunità impattate dalle attività economiche. Lo stesso terzo settore è diventato più imprenditoriale senza perdere la sua vocazione. Banca Etica è stata un precursore e un acceleratore di queste trasformazioni, riuscendo a contagiare il resto del sistema economico, sociale e finanziario, e lo stesso sistema normativo, che oggi guarda con sempre maggiore attenzione agli impatti sociali e ambientali delle attività di impresa. Al netto dei rischi di greenwashing e social-washing che vanno gestiti e arginati, possiamo dire che il cambiamento è avviato. Ma ha ancora bisogno di molte energie per farsi sistema e per contrastare gli effetti più nefasti del capitalismo sfrenato. Gli attori che genuinamente mettono la giustizia socio-ambientale al centro del proprio agire devono sempre più fare rete e coinvolgere le nuove generazioni che sono sempre più attente a questi temi, ma che devono essere messe in condizione di partecipare attivamente alla costruzione e diffusione di nuovi modelli economici. A questo saranno dedicati i nostri sforzi per i prossimi anni, anche in un contesto normativo sempre più stringente”.


Non solo credito, negli ultimi 20 anni l’azione di Banca Etica si è estesa all’attività di investimento con la nascita della società di gestione del risparmio Etica Sgr e la creazione di un Gruppo Bancario. La nascita del nuovo ramo ha permesso di contaminare anche il settore degli investimenti con i valori, i principi e le finalità che distinguono e ispirano il modus operandi del Gruppo. Etica Sgr, infatti, propone una metodologia proprietaria – ESG EticApproach – che prevede un doppio screening volto ad individuare al contempo i Paesi e le aziende più virtuosi dal punto di vista socio-ambientale e più attente al benessere collettivo. La ricerca Aiccon mostra come, al pari della banca, anche Etica Sgr ha registrato un’importante crescita del patrimonio gestito che nel 2023 ha raggiunto 7,4 miliardi di euro, con un ritmo del +20% medio annuo. La ricerca evidenzia infine la capacità di Banca Etica di condividere la propria mission con i suoi soci: il 98% degli intervistati sostiene che la distintività del Gruppo Banca Etica emerga rispetto a quella degli altri gruppi bancari e il 96% afferma che l’azione condotta sia coerente, e dunque mantenga fede, ai principi e valori cui aderisce e che promuove. In particolare, però, gli stakeholder rilevano una funzione di capacity building svolta dalla Banca in materia di educazione finanziaria: più di 1 persona su 3 (38,79%) sostiene di conoscere i propri diritti come risparmiatori oggi meglio di quando non erano in relazione con Banca Etica e allo stesso modo quasi 1 organizzazione su 3 (30,88%) rileva di conoscere meglio i propri diritti come cliente di una banca. Oltre a ciò, più di 1 persona su 3 (34,88%) e 3 organizzazioni su 10 (29,03%) sentono di aver acquisito una miglior conoscenza degli strumenti e del linguaggio finanziario. Nel complesso 7 persone su 10 ritengono che il Gruppo Banca Etica in questi 25 anni sia stato realmente capace di contaminare in senso positivo l’intero sistema socio-economico mostrando sia con la sua azione economica sia con l’azione culturale, portata avanti in sintonia e sinergia con Fondazione Finanza Etica, che è possibile fare finanza mettendo al centro valori quali la protezione dell’ambiente e dei diritti delle persone in tutto il mondo. La ricerca è stata il punto di partenza per una mattinata di confronti e riflessioni sui grandi temi della finanza etica che ha visto, fra gli altri, gli interventi di suor Alessandra Smerilli, segretaria generale del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede, Renato Brunetta, presidente del Cnel, Antonio Patuelli, presidente di ABI e Gianfranco Torriero vice direttore vicario dell’ABI, e il professor Stefano Zamagni dell’Università di Bologna. Per Banca Etica sono intervenuti la presidente Anna Fasano e il direttore generale, Nazzareno Gabrielli. La ricerca – realizzata su un campione di 3.795 clienti fra persone fisiche e giuridiche – dà conto dei risultati raggiunti da Banca Etica, in Italia l’unico istituto che opera esclusivamente nel campo della finanza etica, e della sua capacità di generare una azione trasformativa positiva nei contesti in cui opera, nel senso di una maggiore giustizia economico, sociale e ambientale.

Fasano, Banca Etica: no investimenti su armi, la difesa non sono le bombe

Fasano, Banca Etica: no investimenti su armi, la difesa non sono le bombeMilano, 4 mar. (askanews) – Contrapposto al modello che vede negli arsenali e nelle strategie di guerra il pilastro centrale della difesa degli Stati, c’è quello che va alla sostanza del reale potere nelle relazioni internazionali: l’economia. La difesa non armata, ma sviluppata sui tavoli della diplomazia e dello sviluppo economico, è quella da perseguire, con trasparenza; la difesa basata sulle armi è invece, sostanzialmente, tragica speculazione a danno di persone e paesi. E’ in sintesi il pensiero di Anna Fasano, presidente di Banca Etica. A fine febbraio, Banca Etica insieme a Etica Sgr hanno ospitato a Padova e Milano i leader delle banche etiche di tutto il mondo per il “16° Meeting annuale della Global Alliance for Banking on Values – Gabv”, network di 72 istituti finanziari che gestiscono complessivamente asset per oltre 210 miliardi di euro.


“Ci viene detto che la guerra in questo momento si giochi solo sul fronte fisico delle armi, arma contro arma. Che la difesa è una questione di arsenali. Ma sottostante il perché nascono le guerre ci sono motivi politici, ma soprattutto ci sono motivi economici. E quelli sono i tavoli a cui va portata la discussione, lì vanno spese risorse, lì vanno spese energie, e non sulla minaccia e sulla paura che qualcuno possa privare un popolo dei suoi diritti, e aggredirlo – ha detto ad askanews la presidente di Banca Etica a margine di una sessione di lavoro della Gabv – La Storia ci dice che la guerra non porta ad alcun reale vincitore. I tavoli economici sono i tavoli del potere. La finanza dunque ha un ruolo importante, la finanza può operare scelte per cambiare prospettive e comportamenti. Noi pensiamo che il nostro appello debba essere di stimolo e di riflessione alle tante organizzazioni finanziarie: la finanza in poco tempo e con le grandi masse potrebbero veramente fare la differenza nei diversi scenari”. L’appello al quale si riferisce Anna Fasano è la “Dichiarazione per la pace” che condanna la violenza, sollecita le istituzioni finanziarie tradizionali a disinvestire dal settore delle armi, e rifiuta l’ipotesi che il finanziamento armamenti rientri nella definizione di finanziamento “sostenibile”. La Dichiarazione è stata diffusa nell’ambito dei lavori della Gabv.


“Con questa Dichiarzione 72 banche che provengono da 45 paesi dichiarano all’unanimità che non solo all’interno delle loro organizzazioni rifiutano finanziamenti ed investimenti nell’industria degli armi, ma che vogliono promuovere un’economia e una finanza di pace contaminando anche il resto del mercato finanziario – spiega Fasano – Possiamo farlo inserendo dei criteri chiari nel nostro operare. Non solo promuovendo un’economia di pace, quindi finanziando e aiutando a far crescere tutto ciò che non distrugge il pianeta e le comunità; ma anche escludendo da quelle che sono le attività inserite nei nostri portafogli il settore controverso, ovvero la produzione, l’esportazione e tutto ciò che attiene alla filiera degli armamenti: non si concede credito, non si investe nelle società che sono di questa filiera. Bisogna avere dei parametri, degli indicatori, dei criteri che possono far parte della ‘tassonomia sociale’. Ad esempio adesso in Europa ora si sta mettendo in discussione il fatto che ‘sociale’ possa voler dire anche ‘armi’”. Ma proprio in queste settimane si moltiplicano anche le prese di posizione e le istanze sia politiche sia istituzionali, e livello degli Stati come a livello Comunitario, che vanno in direzione opposta e chiedono più armi e più risorse economiche per la difesa. Come venirne a capo e come, anche il semplice cittadino e risparmiatore può capire e scegliere dove orientare le proprie risorse?


“Per capire che cosa è a favore di una finanza di pace cosa invece alimenta una finanza di guerra bisogna distinguere quella che è la volontà della difesa pacifica dalla volontà della difesa armata – risponde la presidente di Banca Etica – La difesa non è solo armata, e questo è che noi cerchiamo di mettere al centro anche della nostra Dichiarazione. La difesa armata alimenta quell’industria bellica che ha fatto più profitti in questi ultimi due o tre anni che negli ultimi 15 anni. Questo alimenta solo la speculazione dei prezzi delle armi. C’è un’economia della distruzione poi, dopo, ci sarà una economia della ricostruzione: ci si guadagna due volte dalle guerre. Peccato che però dalle guerre nessuno esca veramente vincitore. Dopo aver distrutto paesi e ucciso persone l’unica indicazione che la storia ci riconsegna è che le guerre si sanano ai tavoli della diplomazia e non certo con le armi”.

Industria armi finanziata con 1.000 mld di dollari in due anni

Industria armi finanziata con 1.000 mld di dollari in due anniMilano, 28 feb. (askanews) – “Stop a finanziamenti e investimenti nel settore delle armi”: è l’appello lanciato alle banche tradizionali di tutto il mondo dalla Global Alliance for Banking on Values, Gabv, la rete di oltre 70 banche inclusive e sostenibili attive in 45 Paesi e che si oppongono fermamente al finanziamento della produzione o del commercio di armi. L’appello è contenuto in una “Dichiarazione per la pace” che condanna la violenza e sollecita le istituzioni finanziarie tradizionali a disinvestire dal settore delle armi e rifiuta l’ipotesi che il finanziamento di armi e armamenti rientri nella definizione di finanziamento sostenibile.


La chiamata di responsabilità rivolta ai colleghi degli istituti tradizionali è stata fatta a Milano in occasione del vertice annuale della Gabv che si è svolto per la prima volta in Italia ed è stato organizzato da Banca Etica e Etica Sgr. Nel corso del summit è stato presentato anche il nuovo Rapporto “Finance for War. Finance for Peace” che ricostruisce ed evidenzia il ruolo critico del settore finanziario globale nel facilitare i conflitti militari.


Tra il 2020 e il 2022 – si evidenzia nel Rapporto – il settore finanziario globale ha investito almeno 1.000 miliardi di dollari per sostenere l’industria delle armi; una cifra per altro sottostimata a causa della mancanza di trasparenza nel settore. Più della metà dell’investimento totale, è apportato dagli Stati Uniti, mentre altri 79 miliardi di dollari provengono dai primi 10 investitori europei. Le 15 maggiori banche europee, da sole, investono in aziende produttrici di armi 87,72 miliardi. “Questo rapporto vuole analizzare il coinvolgimento del settore finanziario nella produzione e nel commercio di armi utilizzate nei conflitti su larga scala, confrontando le politiche e le pratiche delle banche tradizionali con quelle delle banche etiche basate sui valori”, ha detto Mauro Meggiolaro di Merian Research, società di consulenza berlinese che ha realizzato il Rapporto commissionato da Fondazione Finanza Etica e Gabv.


I numeri forniti nel rapporto sono una stima prudente del finanziamento globale totale delle armi. Le informazioni sono state reperite da fonti affidabili e conosciute, ma il Rapporto sottolinea le difficoltà nell’ottenere dati completi a causa della mancanza di trasparenza in questo campo: non esiste un database ufficiale che raccolga tutti gli investimenti, i prestiti e i servizi delle istituzioni finanziarie globali nell’industria delle armi. I dati evidenziano l’impennata delle quote dei produttori di armi in seguito ai conflitti in Ucraina nel 2022 e in Palestina nel 2023, e mostrano gli incentivi finanziari che stanno dietro ai conflitti generando una economia della distruzione. Per avere una idea di quanto pesi l’economia della guerra l’International Peace Bureau ha “tradotto” il costo di specifici armamenti in beni e servizi sanitari, dimostrando i potenziali usi alternativi dei fondi destinati alle armi. Ad esempio, una fregata europea multiruolo (FREMM) vale lo stipendio di 10.662 medici all’anno (media dei Paesi OCSE), un aereo da combattimento F-35 equivale a 3.244 letti di terapia intensiva e un sottomarino nucleare classe Virginia costa quanto 9.180 ambulanze. La metà dei fondi stanziati dai governi a livello globale per le forze armate (oltre 2 miliardi) sarebbe sufficiente a fornire l’assistenza sanitaria di base a tutti gli abitanti del pianeta e a ridurre significativamente le emissioni di gas serra.


Un fenomeno particolarmente allarmate viene inoltre sottolineato ne Rapporto “Finance for War. Finance for Peace”: mentre l’esclusione del settore degli armamenti è comune a molti fondi di investimento che si dichiarano “sostenibili”, alcune istituzioni finanziarie stanno ora riconsiderando le loro politiche di investimento a seguito della guerra in Ucraina. Nel novembre 2023, inoltre, i ministri della Difesa dell’UE hanno approvato una dichiarazione congiunta a favore dell’inclusione dell’industria degli armamenti nei quadri di investimento ESG. Al contrario, la visione di una banca basata sui valori, rappresentata dal Gabv, si oppone fermamente al finanziamento della produzione o del commercio di armi. Le 71 banche aderenti al Gabv non hanno alcuna esposizione materiale all’industria delle armi e la maggior parte di esse (73%) adotta politiche esplicite per escludere armi di qualsiasi tipo da prestiti e investimenti. “La pace è una condizione preliminare per finanziare cambiamenti sociali e ambientali positivi – ha detto Martin Rohner, direttore esecutivo del Gabv – Ecco perché il finanziamento dell’industria delle armi è in contrasto con qualsiasi definizione di finanza sostenibile. Ed è per questo che il movimento bancario basato sui valori ha scelto di non finanziare le armi. Chiediamo all’industria finanziaria di smettere di alimentare la produzione e il commercio di armi. E iniziamo a trarre profitto dalla pace, non dalla guerra”. Con questa dichiarazione, la Gabv “si impegna a continuare e intensificare i suoi sforzi per promuovere la pace, in tutte le sue forme, e invita le istituzioni finanziarie di tutto il mondo a seguire il suo esempio e a disinvestire dall’industria delle armi che propaga i conflitti in tutto il mondo”.

Welfare aziendale, le piccole e medie imprese venete ci credono

Welfare aziendale, le piccole e medie imprese venete ci credonoMogliano Veneto, 28 feb. (askanews) – Ha fatto tappa nella storica sede di Generali a Mogliano Veneto il roadshow dedicato al territorio per promuovere la cultura del welfare aziendale tra le aziende di piccole e medie dimensioni, con la presentazione del Rapporto Welfare Index PMI Veneto 2024. Welfare Index PMI è l’indice che valuta il livello di welfare aziendale nelle piccole e medie imprese ed è promosso da Generali con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.


“Il welfare aziendale – ha detto ad askanews Barbara Lucini, responsabile Country Sustainability & Social Responsibility di Generali Italia – fa bene all’impresa e fa crescere il Paese. Infatti, le piccole e medie imprese venete monitorate in questo rapporto sono virtuose quando fanno della leva del welfare una leva strategica, utile per il proprio conto economico, ma utile anche per il benessere dei propri lavoratori, delle famiglie e delle comunità in cui spesso si trovano a operare. Quindi il welfare aziendale è come leva competitiva, ma anche come azione di sostenibilità quando l’impresa sa esercitare a pieno il proprio ruolo sociale”. Sono venete il 16% delle best practice italiane di welfare aziendale: vengono infatti da questa regione 17 delle 121 imprese classificate nel 2022 come Welfare Champion, il livello più elevato secondo l’Indice. Il sistema produttivo regionale genera il 7,8% del PIL italiano, con circa 470.000 imprese, 96 ogni mille abitanti. Una capillarità che rappresenta anche un valore sociale di rilievo, perché le aziende agiscono come soggetti non solo produttivi e si assumono responsabilità verso l’ecosistema in cui operano.


“Noi come Generali – ha aggiunto Francesco Bardelli, Chief Health & Welfare and Connected Business Development Officer di Generali Italia e CEO di Generali Welion – crediamo molto nel Welfare tanto che abbiamo creato una nuova business unit, oggi celebriamo tra qualche giorno il primo anno della business unit Health and Welfare che ho l’onore e il privilegio di guidare, è una unit che mette insieme malattia e infortuni, quindi tutte le coperture assicurative che entrano in questo contesto sia per quanto riguarda le aziende quindi gli employ benefits dipendenti delle aziende, ma anche il mondo retail e le famiglie e in questo noi ci inseriamo anche tutta la parte di servizi salute”. Entrando nel merito del rapporto si capisce quanto, a livello territoriale, la consapevolezza del ruolo del welfare aziendale sia radicata. “Più del 25% delle imprese venete – ha concluso Enea Dallaglio, di Innovation Team, che ha curato lo studio – hanno raggiunto livelli alti o molto alti di welfare aziendale. Questo è un patrimonio straordinario che arricchisce e innova i welfare, anche pubblico e privato, di un territorio pur ricco di iniziative sociali come il Veneto”.


E questo consente di immaginare un futuro basato su un’alleanza tra welfare pubblico e welfare aziendale, per innovare profondamente i servizi rivolti a cittadini e famiglie.

Sodalitas: imprese consapevoli del ruolo giuda nella transizione sociale

Sodalitas: imprese consapevoli del ruolo giuda nella transizione socialeMilano, 27 feb. (askanews) – Le imprese si mostrano consopevoli della gravità e urgenza delle sfide ambientali e sociali che emergono nei contesti in cui operano; consapevoli anche del ruolo decisivo che sono chiamate a svolgere per favorire una societl più equa e sostenibile. Ma esprimono anche un giudizio di parziale inadeguatezza su quanto fatto fino ad ora e accompagnato da una assunzione di impegno a ad incrementare l’impatto “sociale” delle propre azioni, in particolare per quanto riguarda il controllo della catena di fornitura, la parità di genere, la riduzione delle diseguaglianze, la formazione e l’inserimento lavorativo degli immigrati.


Sono alcune delle indicazioni che emergono dal “2° Rapporto dell’Osservatorio Sodalitas sulla Sostenibilità Sociale d’Impresa”, presentato a Milano.”Attraverso i dati raccolti dall’Osservatorio, le imprese ci confermano che la rilevanza della Sostenibilità Sociale è aumentata rispetto al passato – ha detto Alberto Pirelli, presidente di Fondazione Sodalitas – I temi sociali sono sempre più centrali e le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo primario nella promozione di azioni finalizzate a contrastare i molteplici aspetti della crisi sociale in atto. Investire in sostenibilità sociale significa realizzare con credibilità, capacità finanziaria, innovazione e visione nel tempo una strategia multistakeholder necessaria per la crescita dell’azienda e lo sviluppo della società”. “Sulla base delle conoscenze e buone pratiche rilevate attraverso l’Osservatorio – ha concluso Pirelli – Fondazione Sodalitas intende affiancare e supportare le imprese nel perseguire una strategia di sostenibilità sociale aprendo una nuova prospettiva che veda l’impresa come protagonista dello sviluppo della coesione sociale del Paese”.


L’Osservatorio – che nasce come un programma di ricerca permanente, unico nel panorama nazionale – si impegna a tracciare di anno in anno il quadro aggiornato della sostenibilità sociale d’impresa in termini di strumenti e metodi di intervento distintivi, benchmark di riferimento, trend evolutivi e confronto con le esperienze europee. Questa seconda edizione del rapporto centro del percorso di ricerca l’impegno delle imprese, le loro priorità sui temi sociali e le strategie messe in campo per amplificare l’impatto sui propri stakeholder di riferimento. Le imprese sono state coinvolte attraverso una serie di focus group, un’indagine quantitativa su un campione di 127 aziende italiane, e la raccolta di 21 case histories di imprese associate a Fondazione Sodalitas che presentano casi pratici di iniziative di sostenibilità sociale. Va detto che il campione consultato è rappresentativo non dell’universo delle imprese italiane, ma del segmento di imprese più sensibili ai temi della sostenibilità e più impegnate a integrarla nelle proprie strategie di business. I risultati del Rapporto relativi “all’ambito sociale” evidenziano che le imprese considerano il “fronte interno” come impegno principale: i dipendenti e i collaboratori vengono indicati come lo stakeholder primario e le iniziative rivolte al loro benessere considerate prioritarie.


Dai risultati emerge inoltre come la concezione di “benessere” si sia ampliata: oggi è richiesta attenzione, oltre che alle dimensioni tradizionali (benessere fisico, benessere economico), anche a dimensioni “nuove” (benessere psicologico e soprattutto relazionale). Ciò implica un forte impegno da parte delle imprese su una molteplicità di aspetti della vita in azienda: qualità del lavoro, welfare aziendale, parità di genere, diversità e inclusione, formazione. Risulta oggi necessario per dare piena credibilità all’impegno “sociale” delle imprese l’impegno diretto a favorire l’inserimento lavorativo dei giovani rispondendo alle loro aspettative di conciliazione vita-lavoro e di maggiore flessibilità e a realizzare iniziative sociali, culturali, ambientali rivolte al miglioramento della qualità della vita delle comunità di appartenenza. Decisiva, su ognuno di questi fronti, è la capacità delle imprese di realizzare alleanze finalizzate a rendere più efficaci le iniziative messe in campo: innanzitutto con le organizzazioni non profit ma anche con le amministrazioni locali e le istituzioni formative (scuole e Università).


Infine, due le aree in cui appare opportuno un miglioramento: la messa a punto di validi modelli per la valutazione/misurazione dei risultati ottenuti e la capacità di programmare più efficaci strategie di comunicazione, soprattutto verso l’esterno, delle iniziative realizzate. Al convegno di presentazione del “2° Rapporto dell’Osservatorio Sodalitas sulla Sostenibilità Sociale d’Impresa” tenutosi in Assolombarda, oltre al presidente di Fondazione Sodalitas Alberto Pirelli, sono intervenuti, Giulia Castoldi, vice presidente Assolombarda, Paolo Anselmi, presidente WaldenLab, Marco Frey, membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio SSI e Presidente Global Compact Network Italia, Cristina Bombassei, chief Sustainability officer Brembo e presidente Gruppo Tecnico Responsabilità Sociale d’Impresa Confindustria, Paolo Bonassi, responsabile Direzione Centrale Strategic Initiatives and Social Impact Intesa Sanpaolo, Francesco Baroni, amministratore delegato Gi Group, Francesca Magliulo, direttrice Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale e Alessandro Beda, consigliere delegato Fondazione Sodalitas. Alle attività dell’Osservatorio promosso da Fondazione Sodalitas hanno collaborato Walden Lab, come Research Partner, Omnicom PR Group, in qualità di Communication Partner e CSR Europe, che ha portato la visione delle imprese europee rispetto al ruolo fondamentale che la sostenibilità sociale dovrà ricoprire all’interno della strategia della nuova Commissione Europea. (nella foto: Alberto Pirelli, presidente di Fondazione Sodalitas)

Solo il 60,7% adotta almeno 4 attività digitali su 12

Solo il 60,7% adotta almeno 4 attività digitali su 12Roma, 23 feb. (askanews) – Nel 2023, secondo i dati del Report Istat Imprese e Ict, il processo di digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane non è decollato: solo il 60,7% adotta almeno 4 attività su 12 che compongono il Digital Intensity Index, l’indice che misura l’utilizzo da parte delle imprese di 12 tecnologie digitali (solo per citarne alcune, quelle che hanno internet per almeno il 50% di persone occupate, che hanno un sito web, che usano pacchetti software per Enterprise Resource Planning, che usano il Customer Relationship Management, che vendono sul web oltre l’1% del totale fatturato e che vendono sul web business-to-consumer oltre il 10% di vendite web totali).


Tra gli indicatori maggiormente utilizzati nelle società con almeno 10 dipendenti, informa una nota, il cloud computing (61,4% rispetto ad una media Ue27 del 45,2%) e la fatturazione elettronica (97,5% contro un 38,6% Ue27), obbligatoria per legge. Il 47,9% delle attività utilizza un software gestionale, avvicinandosi al dato europeo (48,7%), ma solo il 13,6% condivide elettronicamente i dati con clienti e fornitori. Per molte attività anche l’adozione di tecnologie basate sull’intelligenza artificiale rappresenta un problema per la mancanza di competenze (è un ostacolo per il 55,1%), ovvero di capitale umano in grado di gestire le tecnologie digitali di cui si sono dotate. Da questi dati emerge un quadro poco rassicurante: il cammino verso la digitalizzazione e l’adozione responsabile delle tecnologie, specialmente quelle più innovative, si presenta come una sfida assai complessa per la maggior parte delle pmi italiane. “Il passaggio da una pmi analogica ad una realtà digitale e al passo con i tempi deve avvenire con una logica diversa da quella delle grandi aziende – spiega Federico Faloci – Co-Fondatore insieme a Danilo Di Corato di WaveMarketing, società di consulenza specializzata in strategie digitali per imprese, anche piccole – Ad un negozio di vicinato, infatti, la visibilità sui social network può essere utile per fare conoscere l’attività sul territorio, ma questa notorietà difficilmente si trasformerà in un’acquisizione di nuovi clienti. Un like su FB o l’elevato numero di follower su IG purtroppo non hanno nulla a che vedere con un aumento di vendite, fatturato e margini”.


Dunque, il processo di digitalizzazione è più che mai cruciale per le imprese, ma va ben oltre la mera conoscenza degli strumenti digitali. La vera chiave di volta risiede nella capacità di utilizzarli in modo produttivo. “Il percorso di alfabetizzazione digitale di un’azienda è un processo lento che va fatto passo dopo passo – prosegue Faloci. “Come nel nostro caso, grazie ad un team interamente under 35, diamo sostegno al business di oltre 750 attività locali distribuite in più di 50 settori, facendo leva sulla qualità delle relazioni a lungo termine con i titolari delle piccole realtà di vicinato per accompagnarle, passo passo, nel processo di digitalizzazione, con strategie di marketing misurabili e, al tempo stesso, diverse per ciascuna categoria merceologica”.


In un mercato in continua crescita e sempre più esigente, l’approccio che combina l’esperienza pratica sul campo con un programma di formazione approfondito sta emergendo come un potente strumento nello sviluppo delle competenze dei giovani professionisti. Un recente studio condotto da Capterra, comparatore di software online, ha rivelato che ben il 95% degli intervistati, giovani in cerca di lavoro, considera cruciale che le aziende offrano programmi di formazione ai propri dipendenti. “L’immersione lavorativa diretta unita a un percorso formativo intensivo sono molto efficaci nello sviluppo delle abilità lavorative dei giovani. Questa metodologia offre equilibrio tra l’energia dei nuovi collaboratori e l’esperienza più matura, attraverso un sistema di mentorship e responsabilità condivise. WaveMarketing ha infatti inaugurato una Academy interna di formazione continua con workshop, retreat aziendali e modalità retributive meritocratiche.” spiega Faloci. “Il settore del marketing e della vendita in cui operiamo richiede agilità e freschezza di idee e il nostro team, per la sua caratteristica anagrafica, risponde alla perfezione a queste esigenze. La giovane età in Wave non è una barriera ma un valore aggiunto, così come l’adattabilità, la capacità di iniziativa, la creatività, più che l’esperienza pregressa, inoltre, la predisposizione al lavoro di squadra e la condivisione dei valori aziendali, quali trasparenza e passione, caratterizzano il nostro approccio alla selezione del personale. Proprio in questa fase, vogliamo incontrare giovani talenti per posizioni che spaziano dal marketing operativo alla formazione, sia in sede che da remoto, e continuare così a costruire un team innovativo e competitivo” .