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Ayden: I consumatori sono registrati in media a 2 abbonamenti

Ayden: I consumatori sono registrati in media a 2 abbonamentiRoma, 23 ott. (askanews) – La nuova ricerca pubblicata oggi da Adyen, piattaforma tecnologico finanziaria scelta da molte aziende leader a livello mondiale, rivela che il 39% dei consumatori italiani ha già disdetto, o sta pianificando di cancellare, l’abbonamento a servizi e prodotti per i quali ha impostato pagamenti ricorrenti nei prossimi 12 mesi. I dati pubblicati nel primo Global Digital Report di Adyen, informa una nota, confermano che i consumatori continuano a risentire dell’elevato costo della vita. Inoltre, sottolineano il bisogno delle aziende di offrire servizi personalizzati affinché gli abbonamenti continuino a costituire una spesa mensile fondamentale.


I consumatori italiani sono registrati in media a 2 servizi di abbonamento, spendendo 13,28 euro per ciascuno al mese. La maggior parte (74%) risulta iscritta ad un abbonamento. Tuttavia, la ricerca di Adyen mostra quali sono gli abbonamenti digitali che le persone hanno deciso o stanno pensando di disdire: film/TV (19%), musica (15%), servizi prioritari (15%), food delivery (14%), abbonamenti a palestre (14%) e abbonamenti settimanali a negozi di alimentari (12%). Tuttavia, nonostante il report dimostri che i consumatori italiani desiderano risparmiare annullando il proprio abbonamento, la maggior parte (66%) delle aziende ha dichiarato che investirà in modelli di acquisto ripetuto nel corso del prossimo anno. Quasi la metà (48%) ha affermato di voler ampliare la propria offerta includendo nuove linee di prodotti o servizi, dimostrando l’importanza del flusso di entrate derivante dagli abbonamenti.


“Per favorire la client retention e cogliere nuove opportunità investendo in un modello di abbonamento, le aziende digitali devono ripensare i pagamenti in un’ottica strategica, quale elemento fondamentale per garantire la soddisfazione dei clienti e incrementare le conversioni e i ricavi. Gli acquisti ripetuti presuppongono, infatti, la creazione di una relazione di lungo periodo, in cui i consumatori si aspettano la massima praticità e personalizzazione in ogni fase”, afferma Gabriele Bellezze, Country Manager di Adyen Italia. “Dal momento in cui i clienti scelgono di abbonarsi fino all’esecuzione del pagamento nei tempi previsti, ogni step deve essere semplice e senza interruzioni”, aggiunge Bellezze. “Occorre, quindi, ottimizzare anche il processo di pagamento, offrendo non solo i metodi di pagamento locali più diffusi, ma assicurando anche un’autenticazione fluida e sicura e una riduzione del numero di transazioni rifiutate”.


Il report di Adyen ha rilevato la richiesta dei consumatori di fruire di servizi di abbonamento più efficienti in tre aree principali: 1. Esperienza personalizzata Sebbene il 42% dei consumatori italiani apprezzi la comodità offerta dalle aziende online, la personalizzazione è ormai d’obbligo. Un abbonamento è un investimento e un impegno, quindi ci si aspetta dei riconoscimenti. Infatti, il 19% ha dichiarato di apprezzare la possibilità di ricevere offerte su misura e il 12% rimarrebbe fedele a un’azienda online se l’esperienza fosse personalizzata per loro. 2. Rafforzamento della fidelizzazione Con così tante imprese online, può essere difficile differenziarsi. In Italia, il 41% dei consumatori ha affermato che la possibilità di ricevere sconti personalizzati li renderebbe più fedeli a un brand online, seguito dalla facilità di cancellazione e rimborso e da un ottimo servizio clienti, indicati rispettivamente dal 33% e dal 32% degli intervistati. 3. Opzioni di pagamento diverse Mentre le opzioni di pagamento più diffuse in Italia sono la carta prepagata (42%) e la carta di credito (38%), il 21% dei consumatori desidera pagare con un portafoglio digitale come Apple Pay o Google Wallet. Quasi un quarto (24%) dei consumatori sarebbe maggiormente fidelizzato a un brand in grado di garantire un processo di pagamento semplice.

Concordato preventivo, le linee guida secondo Partner d’Impresa

Concordato preventivo, le linee guida secondo Partner d’ImpresaMilano, 22 ott. (askanews) – Con la fine di ottobre scade la possibilità di aderire al concordato preventivo biennale, nonostante il recente appello al MEF da parte dell’Ordine nazionale dei commercialisti per richiedere una proroga dei tempi considerati troppo stretti per gestire la richiesta da parte di una potenziale platea di quasi 5mila contribuenti aventi diritto. Tra questi, le PMI italiane (con ricavi non superiori a 5 milioni di euro), liberi professionisti e partite Iva a regime forfettario. Il network Partner d’Impresa, rete nazionale di professionisti specializzati in diverse aree economiche e fiscali, presenta numeri e un’analisi del contesto.


Secondo i più recenti dati del Ministero delle imprese e del Made in Italy, relativi al primo trimestre del 2024, le startup innovative in Italia sono 12.954, un numero lievemente in calo rispetto all’anno precedente giustificato però da un consistente aumento di PMI innovative, che rappresentano lo stadio successivo di evoluzione economica delle startup innovative (+12,7% nel 2023 rispetto all’anno precedente e +400 unità nel 2024 rispetto all’ultima rilevazione di fine 2023). Va segnalato inoltre che i trend positivi e in aumento della capitalizzazione totale e media delle startup rilevati nella ricerca rappresentano dati confortanti rispetto alla solidità del settore. “Si tratta di un’opportunità per pianificare con maggiore precisione il proprio futuro fiscale; tuttavia, come ogni scelta strategica, richiede una valutazione attenta e un’analisi finanziaria organizzata per non incorrere in potenziali rischi” spiega Maria Grazia Tumolo, commercialista del network. Le sei considerazioni da fare prima di aderire al Concordato, a cura di Maria Grazia Tumolo del network nazionale Partner d’Impresa: Valutare il Potenziale di Crescita: un’occasione per tech, digitale e forfettari, attenzione alle fluttuazioni del mercato: agricoltura e turismo settori a rischio; opportunità di ridurre i controlli fiscali; pianificazione a lungo termine; tendenze del Fisco per gli anni a venire “Premesso che occorre fare una verifica puntuale dei requisiti di accesso e valutazioni soggettive caso per caso, potremmo individuare dei pro e contro che devono guidare le scelte degli imprenditori” spiega Tumolo.


Sono da considerare diversi vantaggi dell’aderire al Concordato, tra cui l’esenzione sulle eccedenze di incassi: se il reddito supera quello concordato l’azienda non pagherà ulteriori imposte; di contro però, se il reddito effettivo dovesse risultare inferiore, l’imposta da pagare resterà sarà quella definita, al di là delle potenziali perdite. La riduzione dei controlli fiscali è un’altra delle voci positive ma a riguardo c’è ancora incertezza normativa: l’Agenzia delle Entrate è ovvio che potrà sempre sanzionare violazioni gravi e far scattare accertamenti in caso di attività non dichiarate per importi superiori al 30% dei ricavi. La prevedibilità delle imposte è un valore positivo perché consente di pianificare con anticipo il carico fiscale che viene inoltre ridotto dalla normativa. È E’ previsto infatti che vi sia un risparmio di imposta sui redditi concordati mediante il pagamento di tasse ridotte sugli incrementi di reddito, tramite una flat tax definita. Allo stesso tempo però si va incontro a una perdita di flessibilità, venendo meno la possibilità di effettuare operazioni straordinarie come fusioni, vendita di quote e scissioni societarie. Con il Concordato Preventivo Biennale (CPB), il Fisco propone al contribuente di impegnarsi a pagare fin da ora un certo ammontare di imposte per gli anni 2024 e 2025, a prescindere dall’effettivo reddito che andrà a conseguire per detti anni. La proposta unilaterale formulata dal Fisco viene elaborata tenendo conto del reddito dichiarato per il 2023 e del punteggio ISA (indici sintetici di affidabilità – ex Studi di settore) presente all’interno del Modello Unico. Il reddito proposto per il biennio 2024 e 2025 risulterà tanto più alto rispetto a quello del 2023 quanto più basso è il punteggio ISA. L’obiettivo del Legislatore è quello di indurre il maggior numero di contribuenti a raggiungere il punteggio massimo ISA che è pari a 10. E per dare maggiore appeal alla proposta, ha inserito, in seconda battuta rispetto alla prima formulazione della norma, un incentivo consistente: l’applicazione di una flat tax più bassa rispetto a quella ordinaria da applicare solo sul maggior reddito 2024 e 2025 rispetto al 2023. L’intento di questa iniziativa del Governo è di poter ridurre la pressione fiscale e soprattutto le aliquote Irpef grazie alle eventuali maggiori entrate incassate con le adesioni al concordato.

FIMAA, il mercato riprende quota grazie alle case green

FIMAA, il mercato riprende quota grazie alle case greenRoma, 22 ott. (askanews) – Il numero delle compravendite immobiliari riprende quota nella parte centrale del 2024 e chiuderà l’anno praticamente agli stessi livelli del precedente, con 710mila transazioni. In positivo anche l’andamento dei prezzi (+2,6%), su cui incide in parte il trend delle case nuove. Le locazioni invece caleranno di 2,5% a causa della scarsa offerta, ma questo fattore determinerà anche un aumento dell’importo dei canoni. Sono le previsioni che effettua la Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari (FIMAA) nell’ultima indagine sul mercato immobiliare residenziale sull’andamento registrato nel secondo quadrimestre del 2024 e sulle previsioni per l’ultima parte dell’anno.


Per quanto riguarda le compravendite, informa una nota, si prevede che nel 2024 verranno scambiati 710mila abitazioni, con una lieve riduzione di mezzo punto percentuale rispetto al 2023. I dati dell’Agenzia delle Entrate hanno evidenziato una crescita del numero di scambi nel secondo trimestre del 2024, dopo la pesante battuta d’arresto nel primo trimestre. Per l’ultima parte dell’anno la maggioranza degli agenti immobiliari FIMAA prevede che la domanda e l’offerta rimarranno stabili rispetto al quadrimestre precedente, e di conseguenza il numero di scambi rimarrà su livelli rilevanti. Una parte consistente degli addetti (il 34,7%) tuttavia è più pessimista e si attende percentuali di variazioni calanti del numero di compravendite. I prezzi di compravendita, secondo le previsioni, manterranno lo stesso tasso di crescita del secondo quadrimestre, nell’arco dell’anno l’aumento sarà pari al 2,6%. I principali fattori che trainano il mercato sono la fiducia in un ulteriore calo dei tassi sui mutui (lo indica il 52,3% degli agenti FIMAA); le compravendite effettuate per investimento (33,2%); l’attesa di un rialzo dei prezzi (7,5%); il desiderio di acquistare una casa green, per ridurre le spese di gestione (6% circa); il miglioramento dei tempi ottenere la documentazione urbanistica e catastale e i grandi eventi come il Giubileo e le Olimpiadi (1,2%). Tra i fattori che invece rallentano gli scambi: gli elevati costi di ristrutturazione (34,2%); gli stipendi medi bassi (28,2%); il timore per i conflitti e gli scenari geo-politici internazionali (19,9%); gli aspetti regolamentativi e normativi (14,5%). Secondo lo 0,3% degli addetti i tassi di interesse dei mutui sono ancora troppo alti, a pregiudicare le compravendite poi pesano anche le alte richieste dei venditori, la scarsità di prodotto da vendere e la progressiva limitazione dei bonus edilizi.


“Il mercato immobiliare sta dimostrando capacità di resilienza e buona tenuta nonostante le tensioni geopolitiche e i conflitti in corso” afferma Santino Taverna, Presidente Nazionale di FIMAA. “L’ulteriore calo dei tassi sul costo del denaro e la crescente attenzione verso immobili riqualificati, nel rispetto della direttiva Europea Case Green, alimentano la domanda. L’aumento della richiesta per abitazioni nuove o ristrutturate – che rappresentano oltre il 17% delle transazioni – è un segnale positivo per il settore edilizio anche se il costante incremento dei prezzi, può limitare l’accesso a tali soluzioni per alcune fasce sociali”. In termini generali la domanda di immobili è in costante crescita. Il Presidente Taverna sottolinea che: “Si avverte comunque la necessità di continue attenzioni al processo di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare del Paese, da parte delle Istituzioni, per continuare a sostenere e supportare le fasce di popolazione economicamente più debole”. Per quanto riguarda il mercato delle locazioni, nell’arco del 2024 il numero di contratti si ridurrà del 2,5%, mentre i canoni cresceranno del 5,5%. Nel secondo quadrimestre infatti, la FIMAA ha rilevato che la domanda in locazione ha beneficiato di un ulteriore rafforzamento rispetto al primo quadrimestre, mentre l’offerta si è ridotta o è rimasta perlomeno stabile. Il numero di contratti di locazione nel primo semestre del 2024 è diminuito del 2,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre i canoni sono aumentati nello stesso periodo del 5,4% (elaborazioni su dati Agenzia delle Entrate). Per l’ultima parte dell’anno, una netta maggioranza degli agenti FIMAA ritiene che la domanda di immobili in affitto crescerà ulteriormente, ma allo stesso tempo si attende una riduzione dell’offerta. Sul fronte dei contratti conclusi, la maggioranza degli intervistati crede che il trend registrato nelle rilevazioni precedenti proseguirà anche nel terzo quadrimestre. In sensibile aumento però (si supera il 36%) la quota di coloro che temono una riduzione. Per quanto riguarda i canoni, quasi il 62% degli intervistati si attende una percentuale di incremento dei canoni di locazione in rapporto a quanto registrato nel secondo quadrimestre dell’anno. Si riducono, rispetto alle aspettative formulate nel quadrimestre scorso, i giudizi di stabilità, con il 37,8% delle risposte. Marginali i giudizi di riduzione (0,5%).


“Il mercato della locazione sta attraversando un periodo di cambiamenti significativi” afferma Andrea Oliva, Responsabile dell’Ufficio Studi di FIMAA. “Peraltro la forte espansione delle locazioni brevi turistiche, in aggiunta ad una disciplina locatizia poco incline alla tutela dei locatori nei casi di morosità dei conduttori, sta ulteriormente riducendo il numero di immobili da locare per uso abitativo. La domanda di abitazioni in locazione continua a crescere, sostenuta da vari fattori economici e sociali. Tuttavia, l’offerta non riesce a tenere il passo, determinando anche l’aumento dei canoni”.

Censis-Verisure: Presentato il terzo Rapporto dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa

Censis-Verisure: Presentato il terzo Rapporto dell’Osservatorio sulla Sicurezza della CasaRoma, 22 ott. (askanews) – La paura più grande, il furto in casa. La sicurezza domestica è sempre più una priorità per gli italiani: il 48,0% degli italiani dichiara infatti che il reato che ha più timore di subire è il furto in casa, evento già sperimentato dal 24,4% della popolazione. È quanto emerge dalla terza edizione dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa Censis-Verisure, realizzato con il contributo del Servizio analisi criminale del Ministero dell’Interno. Le preoccupazioni sulla sicurezza da parte degli italiani si riflettono in alcune abitudini quotidiane: il 9,3% della popolazione ha paura di stare a casa da solo di giorno, il 22,2% teme di rimanere da solo di notte, il 38,5% di uscire di casa lasciandola incustodita.


Queste preoccupazioni, spiega una nota, sono più diffuse tra le donne e i giovani. Anatomia del furto in casa. Buio e case vuote sono i due ingredienti principali per tentare di compiere un furto: il 30,8% dei furti in abitazione denunciati alle Forze dell’Ordine nel 2023 sono avvenuti di pomeriggio prima delle 20. Il mese con più denunce è stato dicembre con 18.864 furti. Tra chi nella propria vita ha subito almeno un furto, il 68,9% dichiara che al momento del reato non c’era nessuno in casa; nel 52,8% dei casi i ladri sono entrati da finestre e porte finestre, nel 44,6% da una porta, principale (33,2%) o secondaria (11,4%). Il 41,3% delle vittime riferisce che il maltolto aveva un valore tra i 1.000 e i 10.000 euro. Le altre insidie della casa che non fanno stare tranquilli. Ma non è solo la criminalità a far paura, la casa è ricca di insidie che vengono dal suo interno e che i sistemi di protezione possono monitorare: il 25,5% degli italiani teme di rimanere vittima di incidenti domestici e il 37,7% di sentirsi male in casa e non essere soccorso. Nel 2023 si sono verificati 2.308.000 incidenti in luogo domestico, che nel 41,6% dei casi hanno avuto come vittime gli anziani e nel 62,2% le donne. Il ciclo ascendente della criminalità. Nel 2023 aumentano sia le rapine, che sono state 1.858, che i furti in abitazione, che sono stati 147.660 (+10,4% rispetto al 2022): come dire che ogni giorno vengono commessi 410 furti e rapine nelle case degli italiani. I grandi centri metropolitani sono catalizzatori di occasioni per i malintenzionati. Roma si colloca in cima alla graduatoria con 13.463 furti in abitazione commessi nel 2023 (9,1% del totale), seguita da Milano con 9.552 (6,5%) e Torino (5.795, pari al 3,9%). Un furto ogni cinque avviene in una di queste tre grandi aree metropolitane. Se si considera l’incidenza dei furti sulla popolazione residente, ai primi posti si trovano tre province toscane: Pisa con 48,1 furti in abitazione su 10.000 residenti, Firenze (43,3 per 10.000) e Lucca (42,7 per 10.000). Nell’ultimo anno le province dove i furti in casa aumentano di più sono Trieste (+ 57,5% dal 2022 al 2023), Pesaro Urbino (+56,8%) e l’Aquila (+55,6%).


La violenza di genere. L’abitazione può anche diventare il teatro di crimini commessi da famigliari, mariti, partner e padri. Si tratta dei cosiddetti reati di genere, perché hanno come vittime principalmente le donne. I più numerosi sono i maltrattamenti contro famigliari e conviventi, che nel 2023 sono stati 25.260, in aumento del 2,8% rispetto al 2022. Crescono sensibilmente anche gli atti persecutori, mentre calano leggermente nell’ultimo anno le violenze sessuali. La sicurezza che fa star bene. Essere sicuri è anche un modo per stare meglio con sé stessi e con gli altri e per combattere ansie e preoccupazioni. L’89,2% degli italiani considera la sicurezza domestica come una componente essenziale della qualità della vita; il 74,4% degli italiani dichiara che avere dei sistemi di sicurezza lo fa sentire più tranquillo e il 57,3% ritiene che aiutino a combattere l’ansia. Gli italiani sono convinti che sia necessario dotarsi di sistemi di sicurezza: l’85,5% della popolazione ha almeno un dispositivo di protezione a difesa dell’abitazione, il 45,3% pensa che ne adotterà almeno uno nei prossimi dodici mesi e il 50,1% dichiara che nei prossimi anni investirà più soldi per la sicurezza dell’abitazione, quota che raggiunge il 63,9% tra le coppie con figli.


Da dispositivo a sistema. Avere un dispositivo di protezione che difende singole parti della casa non è più sufficiente, e il 64,7% della popolazione è convinto che sia necessario avere un sistema d’allarme fatto di più componenti. L’84,9% degli italiani, inoltre, si aspetta che un sistema di sicurezza anticipi il pericolo, stroncando sul nascere il tentativo di furto e neutralizzandolo nel minor tempo possibile. Prossimo step serratura intelligente. La serratura smart è destinata ad entrare a far parte nel prossimo futuro dei sistemi di sicurezza più all’avanguardia. Il 50,3% degli italiani prenderebbe in considerazione l’acquisto di una app per gestire a distanza la serratura di casa, e il 31,9% è già pronto a adottare questa soluzione. Marche prima regione italiana per sicurezza domestica. L’indice Censis-Verisure ha misurato il grado di sicurezza, reale e percepita, delle diverse regioni italiane rispetto agli eventi pericolosi che possono accadere all’interno delle mura domestiche. Le Marche sono risultate in testa a questa classifica, davanti a Sardegna e Trentino-Alto Adige. All’ultimo posto, la regione in cui si ha meno sicurezza domestica è il Lazio, preceduto da Campania e Sicilia.


La ricerca “La casa sicura dove stare bene” è stata presentata a Roma da Anna Italia, Direttrice di ricerca del Censis e da Antonio Basilicata, Direttore Servizio Analisi criminale del Ministero dell’Interno, e discussa da Antonello Aurigemma, Presidente Consiglio regionale del Lazio, Mirella Battistoni, Consigliere regionale della Regione Marche, Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis, Anna Maria Domenici, Presidente Univ, Elisa Ercoli, Presidente Differenza Donna, Stefan Konrad, Managing Director Verisure Italia, Serafino Liberati, Presidente Osservatorio Sicurezza e Legalità Regione Lazio, Maria Paola Suppa, Viceprefetto di Roma, Andrea Tobia Zevi, Assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative del Comune di Roma.

Campioni del mondo a confronto, il gotha del trading sale in cattedra

Campioni del mondo a confronto, il gotha del trading sale in cattedraRoma, 19 ott. (askanews) – A lezione con due campioni del mondo che sveleranno tutti i segreti del trading, un mondo che affascina oltre un milione e mezzo di italiani. L’appuntamento, informa una nota, sarà al Padova Hall dal 25 al 27 ottobre per assistere all’Unger Academy Summit Live 2024, il primo evento in presenza mai organizzato dalla Unger Academy. L’appuntamento rappresenta un’occasione unica per accrescere le proprie competenze di trading, esplorare nuove opportunità offerte dai mercati e socializzare con altri appassionati del settore.


I “professori” che saliranno sul palco saranno due campioni del mondo come il padrone di casa, Andrea Unger (l’unico ad aver vinto il titolo per ben 4 volte) e l’americano Kevin Davey, trader professionista e sviluppatore di sistemi di alto livello. Vincitore nel 2006, utilizzando sistemi di trading algoritmico, Davey darà preziosi consigli ai trader presenti in sala. Un’occasione importante per i nostri connazionali perché pur essendo tra coloro che investono meno denaro di tutto il Vecchio Continente – con una media di 1.117 euro per cliente (il 39% in meno rispetto alla media nello spazio economico europeo) – il loro numero è cresciuto di più nel corso dell’ultimo anno. Secondo Revolut, app finanziaria globale che conta oltre 35 milioni di clienti nel mondo (un milione e mezzo nel nostro Paese), l’Italia ha registrato un aumento del 282% dei clienti trading in Italia, dato più alto a livello continentale. I temi da approfondire saranno molti come, ad esempio, l’importanza di diversificare perché un ampio portafoglio può mitigare il rischio e migliorare le performance attraverso l’impiego di diversi mercati e strumenti finanziari. Ma ci sarà anche spazio per parlare di criptovalute. Verranno infatti analizzate le strategie ottimali per fare trading sulle Cripto e si discuterà dell’integrazione di questi asset altamente volatili, all’interno di un portafoglio di trading system. Senza dimenticare le strategie per utilizzare la volatilità dei mercati finanziari. Ovvero, verranno mostrate le tecniche per sfruttare efficacemente la volatilità del mercato e generare risultati applicando strategie avanzate basate su dati statistici ottenuti tramite backtest.


Insomma, un’occasione per accrescere la propria educazione finanziaria – in un ambito nel quale le truffe sono all’ordine del giorno – e per diventare degli investitori preparati e consapevoli.

ComoLake 2024-The Great Challenge: intermediare innovazione per mPMI

ComoLake 2024-The Great Challenge: intermediare innovazione per mPMIRoma, 17 ott. (askanews) – La complessità delle nuove tecnologie rappresenta una sfida significativa per le piccole imprese, molte delle quali restano bloccate in modelli produttivi tradizionali e faticano a comprendere e adottare soluzioni innovative. Sono questi alcuni dei temi emersi dalla seconda edizione dell’evento internazionale “Como Lake 2024 – The Great Challenge”, attraverso la partecipazione di Marco Travaglini e Antonio Bisci, rispettivamente CEO e Direttore Commerciale di Mama Industry, i quali hanno preso parte al tavolo di discussione insieme a Danilo Broggi, Presidente del Centro per la Cultura di Impresa (e Past President della Confapi), mettendo in evidenza il ruolo chiave dell’intermediazione per le micro, piccole e medie imprese nella transizione digitale.


“Il tema della tecnologia è molto complesso da mettere a terra – afferma Marco Travaglini -. Se per il consumatore finale possiamo trovare strumenti di intermediazione efficaci, per le imprese questo richiede una competenza mirata, che sappia anche essere amica del piccolo imprenditore, colmando un divario spesso enorme tra il loro mondo e quello dell’innovazione”. Le difficoltà riscontrate dai piccoli imprenditori nell’adozione di strumenti come l’intelligenza artificiale, la cyber security e le query avanzate sono evidenti. Secondo un’indagine di Confartigianato del 2022, oltre il 65% delle microimprese italiane ha dichiarato di non avere le competenze per integrare le nuove tecnologie nei propri processi produttivi. Inoltre, il rapporto DESI 2023 (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea colloca l’Italia al 18° posto tra i 27 Paesi membri per livello di digitalizzazione delle piccole e medie imprese, con solo il 17% delle PMI italiane che utilizza tecnologie avanzate come il cloud computing, contro una media europea del 41%. Questi dati confermano l’urgenza di una trasformazione digitale supportata da attori competenti e strutturati.


Marco Travaglini pone l’accento sulla necessità di un intermediario tra le imprese del mercato OFF e il mondo dell’innovazione, che permetta di adottare un approccio accessibile. “Il nostro compito è aiutare queste piccole imprese a colmare la distanza che le separa dalla tecnologia. Il grosso salto è quello di non considerare l’innovazione solo come una questione tecnica, ma anche come un fatto umano, iniziando dal concetto del cambiamento, perché portare subito la tecnologia a queste imprese le spaventerebbe” e continua sottolineando l’importanza di fare un lavoro di semplificazione per aiutare questi imprenditori a entrare nel futuro con gli strumenti giusti, senza essere sopraffatti dalla complessità attraverso una forma di intermediazione che deve basarsi su un supporto finalizzato ad attenuare le distanze e le reticenza tra il mondo della piccola imprenditoria e quello dell’innovazione. Un altro dato significativo, infatti, proviene da una ricerca condotta da Unioncamere e InfoCamere nel 2023, che evidenzia come solo il 29% delle imprese italiane con meno di 10 dipendenti abbia adottato strategie digitali avanzate. Questo conferma quanto sia fondamentale un approccio più scalabile per accompagnare le PMI nel processo di digitalizzazione. A seguire, anche Danilo Broggi evidenzia la difficoltà dei piccoli imprenditori nel fare innovazione, partendo da un dato che invita alla riflessione: “Sapete quante imprese italiane sono iscritte al Registro (su base volontaria) delle imprese ultracentenarie? Sono circa 2400: imprese che hanno superato la Prima e la Seconda guerra mondiale, che hanno superato la Spagnola (ben più mortale del Covid). Come ci sono riusciti? Hanno innovato sì, ma hanno usato quella che in economia si chiama “innovazione incrementale”. Che è cosa completamente diversa da quello che sta succedendo oggi, dove l’innovazione è sempre più “disruptive”.


Broggi sottolinea come, sebbene oggi la sfida richieda un approccio diverso, “non siamo pronti per affrontare il tema della “disruptive innovation”. Non siamo pronti culturalmente». Fa quindi riferimento alle nuove generazioni, che potrebbero essere i protagonisti di questo cambiamento, ma che, rispetto alle piccole realtà più “attempate”, «hanno un ecosistema e un contesto che parlano un’altra lingua”. Rimanda poi ai dati sulle PMI, che ci collocano agli ultimi posti in Europa, sottolineando come l’uso del digitale da parte di queste imprese non debba essere una risposta occasionale a un bisogno, ma una leva strategica di sviluppo.

Largo consumo: la sostenibilità è una questione di categorie merceologiche

Largo consumo: la sostenibilità è una questione di categorie merceologicheMilano, 14 ott. (askanews) – Tutte le aziende del largo consumo intraprendono azioni per la sostenibilità ma quante di queste sono realmente utili? Fare qualcosa per la sostenibilità ormai non è più sufficiente. Per ridurre l’impatto ambientale di prodotti che utilizziamo tutti i giorni occorre un approccio scientifico basato sulla collaborazione tra produttori, distributori e consumatori. E’ quello che ha messo in luce il progetto condotto da GS1 Italy, in ambito Ecr, con l’Istituto di management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e Adf Consulting: un progetto che parte dalle categorie di prodotto per analizzare la sostenibilità, e non dalla singola azienda, responsabile solo di una parte dell’impatto ambientale complessivo.


“La sostenibilità soprattutto intesa nella sua accezione ambientale è un tema di filiera – ci ha detto Silvia Scalia, Ecr & training director di GS1 Italy – Con il progetto che abbiamo condotto in ambito Ecr denominato ‘La sostenibilità delle categorie’ abbiamo voluto fornire alle aziende un set di strumenti azionabili semplici una cassetta degli attrezzi a cui attingere per ancorare questo dialogo ad una visione comune e quindi portare la sostenibilità nel dialogo tra industria e distribuzione fino al consumatore finale, ma anche portare le competenze di sostenibilità fuori dallo stretto alveo delle competenze dei tecnici della csr per contaminare l’intera azienda”. Il progetto ‘La sostenibilità nelle categorie’, presentato a Milano nell’ambito del Salone della Csr, ha analizzato 29 categorie merceologiche, alimentari e non, che rappresentano il 91,5% del totale a valore del largo consumo confezionato. E lo ha fatto utilizzando un metodo scientifico consolidato, quello del Life cycle assessment, che ha permesso di individuare per ogni categoria merceologica le fasi del ciclo di vita del prodotto a più elevato impatto ambientale, quelle su cui concentrare gli interventi.


“La scelta di operare per categorie merceologiche è quella giusta – ci ha detto Fabio Iraldo, professore ordinario di management Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – perché all’interno delle categorie merceologiche ci sono molti aspetti comuni dal punto di vista degli impatti ambientali e molte informazioni che riguardano l’impatto durante il ciclo di vita del prodotto che possono essere utilissime per le aziende che operano in quelle filiere. I risultati ci hanno confermato che ogni categoria di prodotto ha le proprie specificità e quindi i propri impatti ambientali da gestire, le proprie peculiarità, ma abbiamo anche trovato il modo di associare a ciascuno degli impatti ambientali dei suggerimenti su dove agire per poter ottenere dei miglioramenti ambientali significativi e siamo riusciti a misurare o almeno a stimare gli impatti ambientali e il miglioramento ottenibile”. Nell’analisi per categorie, che hanno insito il concetto stesso di filiera, punto di partenza per ogni valutazione è il consumatore finale, diretto responsabile di una parte dell’impatto ambientale soprattutto per alcune categorie: “Come per per esempio per i soft drinks – ha detto Iraldo – in quel caso abbiamo trovato che soluzioni che consentono al consumatore di restituire il vuoto della bibita, soprattutto quando è in vetro, e quindi riutilizzarlo, possono portare a dei miglioramenti ambientali che abbattono le diverse categorie di impatto fino al 42-43%. Oppure, per quanto riguarda i cosmetici come shampoo e altri prodotti a risciacquo, se vengono usati seguendo le istruzioni che consigliano di chiudere l’acqua durante l’applicazione o di utilizzare basse temperature per il lavaggio, si ottengono risparmi ambientali molto significativi, dell’ordine del 18-20%”.


Lo studio, però, non è solo un approfondimento teorico ma ha visto la partecipazione attiva di 20 aziende, 12 del mondo dell’industria e otto della distribuzione, cinque delle quali, Carrefour, Coop, Ferrero, gruppo Lactalis e Procter & Gamble hanno portato la propria testimonianza durante il convegno. “In P&G per primi abbiamo lavorato in questa direzione avviando nel 2020, con Scuola Superiore Sant’Anna, Sda Bocconi, Wwf e l’European institute for innovation and sustainability, il Category management sostenibile, un metodo, basato sul modello standard di category management di Ecr Italia e sull’analisi Lca, – ha raccontato Mario Galietti, senior director di Procter & Gamble Italia – Una prima esperienza concreta è stata proprio la collaborazione tra Procter & Gamble e Crai per la gestione operativa e sostenibile della categoria detergenti per il bucato con i prodotti del nostro marchio Dash, fondata su 3 pilastri: l’approccio scientifico alla sostenibilità, la coniugazione di obiettivi di business e sostenibilità, l’educazione degli stakeholders per la promozione di scelte di acquisto e consumo più consapevoli. Il category management, infatti, può definirsi sostenibile quando anche i consumatori offrono il proprio contributo compiendo scelte di acquisto e di utilizzo dei prodotti più responsabili”. “In uno scenario caratterizzato da una complessità crescente, che porta con sé tante contraddizioni, il ruolo delle aziende nel favorire un futuro sostenibile, assume sempre maggiore importanza – ha aggiunto Gianmarco Tammaro, corporate communication & sustainability manager di Lactalis – Riguardo al packaging Lactalis lavora su tre direttrici per ridurre il suo impatto, in particolare sulla circolarità, sulla scelta del giusto pack e sulla promozione di una comunicazione che possa sensibilizzare la comunità in cui opera. Con la partecipazione alla pubblicazione ‘La sostenibilità nelle categorie’, il metodo del Life cycle assessment ci ha permesso di avere dei parametri affidabili e rendicontabili molto più facilmente veicolabili, come la quantità di acqua e di emissioni risparmiate in un processo di produzione. Tutto questo all’interno di una strategia che si è posta obiettivi di gruppo sempre più sfidanti, tra cui uno dei più rilevanti, la riciclabilità nella pratica entro il 2033”. L’analisi, come dimostrato dalle testimonianze portate dalle aziende, è quindi anche un manuale pratico per le aziende del largo consumo all’interno del quale i modelli di collaborazione partono dai consumatori come il category management insegna: “In questo modo è più facile per le aziende impattare sulla filiera perchè iniziano approcciando la csr internamente ma poi la mettono a fattor comune in una logica di filiera che arriva al consumatore finale – Antonella Altavilla, owner Adf Consulting e consulente category management per l’Academy GS1 Italy – che è quello che decide e per numerica impatta. Questo consente di avere tre vincitori: il category dice che sono tre i vincitori: il consumatore finale che è soddisfatto, industria e distribuzione perchè performano meglio e in questo caso anche l’ambiente è il quarto vincitore”.

IT, Seeweb a fianco dei giovani per colmare divario formazione-lavoro

IT, Seeweb a fianco dei giovani per colmare divario formazione-lavoroRoma, 11 ott. (askanews) – Colmare il divario tra il mondo della formazione e quello del lavoro nel settore dell’Information Technology. È l’obiettivo della proposta formativa e di recruiting rivolta a neodiplomati e ai giovani studenti universitari, promossa da Seeweb, azienda leader nel settore del Cloud Computing e dei servizi per Intelligenza Artificiale Machine Learning. Il progetto, informa una nota, è messo in campo dall’azienda parte del gruppo Dominion Hosting Holding, è mirato alla creazione di percorsi formativi pratici, finalizzati all’acquisizione di competenze immediatamente spendibili sul mercato. Il programma formativo, completamente gratuito, ha preso il via con un’introduzione al sistema operativo Linux (“Linux Essentials”) tenuta da Fabio Riscica, Responsabile Procedure IT/ISO – Compliance Seeweb. Si avvale inoltre della formazione intensiva erogata da IpCert Alta Formazione IT Online, azienda specializzata in corsi mirati al conseguimento delle principali certificazioni nel settore IT quali Cisco, Linux, VMware, e che consentono di “ottenere certificazioni informatiche riconosciute a livello internazionale”, come spiegato dal CEO, Claudio Palombi.


La formazione è stata progettata specificamente per preparare i partecipanti all’esame per la certificazione LPIC-1, con un forte focus su competenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro, in particolare nel ruolo di System Administrator, figura chiave nel settore IT dovendosi occupare degli aggiornamenti e della manutenzione ordinaria e straordinaria dei sistemi, garantendo la continuità del servizio attraverso l’individuazione e la risoluzione tempestiva di eventuali problemi tecnici. Il percorso di formazione offerto ai giovani studenti ha avuto, quindi, come obiettivo quello di offrire l’opportunità di un corso intensivo di qualità, con lezioni frontali – per aumentare efficacia e opportunità di confronto – e mirato a un recruiting innovativo in cui si parte dalla formazione e dal livello di motivazione per poi avviare una concreta esperienza di lavoro in azienda. L’iniziativa di Seeweb dimostra così come le aziende possano ricoprire un ruolo attivo nella costruzione del futuro professionale delle nuove generazioni, fornendo non solo competenze tecniche avanzate, ma anche strumenti per una carriera nel settore IT.


“In un contesto in cui le figure professionali in ambito ICT sono sempre più ambite ma dove è anche complesso valorizzare le reali competenze – spiega Roberto Baldassar, Head of Support Seeweb – abbiamo creato un percorso di formazione di livello, per i candidati completamente gratuito: un’opportunità unica per gli studenti e, per l’azienda, un approccio di talent attraction che investe nella formazione e punta al merito e alle competenze”.

A Barilla Premio Impatto per progetto sulla prevenzione del cancro al seno

A Barilla Premio Impatto per progetto sulla prevenzione del cancro al senoMilano, 10 ott. (askanews) – Il gruppo Barilla si è aggiudicato il Premio Impatto per la sua iniziativa dedicata all’informazione e alla prevenzione in azienda dei tumori al seno. Giunto alla terza edizione il riconoscimento, che è stato assegnato in occasione del Salone della Csr e dell’innovazione sociale in corso a Milano all’Università Bocconi, vuole evidenziare l’importanza crescente della valutazione dell’impatto generato dalle aziende.


Il progetto promosso da Barilla ha offerto ai dipendenti un programma di incontri presso la sede centrale del gruppo, a Pedrignano, nel Parmense, proprio nei luoghi in cui i dipendenti degli uffici, del pastificio e del molino passano gran parte del loro tempo. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con la Breast unit dell’Azienda ospedaliero universitaria di Parma. I medici dell’Ospedale Maggiore si sono resi disponibili a portare sui luoghi di lavoro dell’azienda le loro competenze e la cultura della prevenzione, con la possibilità di richiedere consulenze individuali. Inoltre, materiali informativi digitali sono disponibili sulla Intranet aziendale. Secondo l’OMS, la possibilità di prevenzione di tutti i casi di cancro sono tra il 30 e il 50%. Per alcune tipologie di tumore, come quello alla mammella, una diagnosi precoce aumenta notevolmente le aspettative di vita e la prevenzione e l’adozione di corretti stili di vita giocano un ruolo fondamentale. Per questo, Barilla ha dedicato alle sue persone anche questa iniziativa che mira a chiarire dubbi, approfondire la conoscenza di sé, spiegare quanto sia importante conoscere il proprio corpo e aderire ai programmi di prevenzione.

Tetra Pak Packaging Solutions, Roberto Mastri nominato Managing Director

Tetra Pak Packaging Solutions, Roberto Mastri nominato Managing DirectorRoma, 1 ott. (askanews) – Tetra Pak Packaging Solutions annuncia la nomina di Roberto Mastri come nuovo Managing Director. Già Vice President of Customer Issue Resolution dell’azienda, Mastri succede a Sara De Simoni, che ha assunto di recente la carica di Executive Vice President Development & Technology (D&T) di Tetra Pak. Grazie ad un’esperienza pluriennale nell’ambito B2B del settore Food & Beverage e una specializzazione in R&S, sales e assistenza post-vendita, Mastri ha guidato con successo il lancio da parte dell’azienda di nuovi prodotti e tecnologie sul mercato, ricoprendo diverse posizioni di leadership in varie sedi internazionali. In questi contesti, tra cui gli Stati Uniti e il Brasile, ha raggiunto importanti risultati, ottenendo una crescita significativa delle vendite e un incremento delle performance.


Dopo un percorso in campo engineering, informa una nota, Mastri ha conseguito un MBA presso l’Università di Tor Vergata di Roma e ottenuto una formazione manageriale avanzata presso la IMD Business School. In Tetra Pak da oltre 20 anni, Mastri ha acquisito una profonda conoscenza del mondo del packaging, seguendo progetti di sviluppo di nuovi prodotti e miglioramento della qualità degli imballaggi. Nel suo nuovo ruolo di Managing Director, sarà responsabile della definizione e implementazione della strategia aziendale del Centro di Sviluppo di Modena. “Sono onorato di assumere questo nuovo incarico e di poter dare un contributo ancora maggiore alla crescita dell’azienda”, dichiara Roberto Mastri, Managing Director di Tetra Pak Packaging Solutions. “L’innovazione sarà un fattore sempre più determinante per garantire la competitività a lungo termine delle imprese del F&B, un settore in evoluzione chiamato ad affrontare innumerevoli sfide. Per questo motivo, sono lieto di guidare il nostro team di esperti e di continuare a lavorare insieme per esplorare nuove opportunità e sviluppare soluzioni di confezionamento all’avanguardia e in grado di rispondere alle esigenze del mercato e dei nostri clienti”.