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Un calcolatore misura l’impronta di carbonio degli influencer

Un calcolatore misura l’impronta di carbonio degli influencerMilano, 13 feb. (askanews) – Quante emissioni di carbonio vengono rilasciate dagli influencer? Ora è possibile calcolarlo grazie a Carbon Footprint Calculator. Si tratta di un calcolatore ed è stato rilasciato oggi in tutta Europa, Italia compresa, da Kolsquare, azienda francese specializzata in Influencer Marketing e B Corp certificata, per promuovere attivamente la riduzione delle emissioni degli operatori del settore. Sviluppato con la piattaforma di verifica dell’impronta di carbonio Sami, è a disposizione gratuitamente per chi intende contribuire a divulgare messaggi positivi, anche attraverso azioni tangibili.


“Il nostro settore si basa sulla crescita e sulla scalabilità, quindi è ancora più importante crescere in modo responsabile. Non si può migliorare ciò che non si può misurare: ecco perché quantificare l’impatto delle nostre azioni è il primo passo per capire da dove provengono le emissioni e cosa si può fare per ridurle”ha detto Quentin Bordage, CEO e fondatore di Kolsquare. Secondo recenti dati pubblicati dalle Nazioni Unite, l’economia digitale, che comprende dispositivi, data center, content delivery networks, server e infrastrutture varie, rappresenta attualmente circa il 12% del consumo energetico globale. L’intero ecosistema digitale, inoltre, si stima che contribuisca tra il 2 il 4% delle emissioni totali di CO2. Con un valore di mercato che ha superato i 24 miliardi di dollari nel 2024 e oltre il 54% degli influencer marketer che prevede di espandere ulteriormente le attività nel 2025, il settore dei creator impatterà sempre di più sulle emissioni globali di CO2. Uno studio condotto dall’agenzia di ottimizzazione della sostenibilità digitale Footsprint ha rilevato che l’impatto di carbonio delle pubblicazioni digitali di un influencer con 3 milioni di follower tra le diverse piattaforme è di 1072 tonnellate di carbonio all’anno, l’equivalente di 481 viaggi andata e ritorno tra Parigi e New York.


I social network che si distinguono maggiormente per consumo energetico, sono: TikTok, il più energivoro, con 0,98 grammi di CO2 emessi per ogni minuto di fruizione di un utente, pari a 56,7 grammi ogni ora, ovvero l’equivalente della ricarica di uno smartphone per 7 volte; Reddit con 0,92 grammi al minuto; Instagram e Youtube, alla pari, con 0,87 grammi; Pinterest con 0,66 grammi; LinedIn, con 0,47. Sul piano degli influencer e dei marchi che ricorrono a collaborazioni, gli aspetti più impattanti sono la creazione contenuti, gli eventi e la spedizione di prodotti, in omaggio e non. La misurazione delle emissioni delle campagne di influencer marketing, infatti, prende in considerazione: i mezzi di trasporto scelti per gli spostamenti, la frequenza e la distanza degli stessi; le scelte alimentari condivise con il pubblico durante un’attività, quali le materie prime impiegate, le lavorazioni e la quantità di scarti; produzione, consegna e imballaggio dei prodotti; le apparecchiature elettroniche utilizzate per la produzione dei contenuti. Anche la lunghezza dei video, la loro definizione e la quantità delle interazioni, visualizzazioni incluse, contribuiscono all’impronta di carbonio complessiva di una campagna.


Il calcolatore di Kolsquare, gratuito e open source, raccoglie e incrocia i dati delle campagne, in tutte le fasi, attraverso questionari dettagliati per restituire una valutazione finale il più possibile accurata delle emissioni totali, tenendo in considerazione anche i valori di consumo energetico delle varie piattaforme e delle interazioni ottenute. In quest’ottica, trasparenza e responsabilità di chi dà vita alla campagna vengono messe al centro dell’iniziativa, unitamente all’impegno nell’acquisire consapevolezza, ridurre i propri impatti dopo averli misurati e intraprendere, dove possibile, la strada della compensazione delle emissioni. “Ci sono certamente delle limitazioni nel valutare il proprio impatto e non si potrà avere una precisione del 100%. Tuttavia, misurarlo e calcolarlo ci permette di individuare dove possiamo apportare modifiche per ridurlo e compensarlo piantando alberi o realizzando altre attività simili. Più sappiamo sull’impatto delle nostre attività, più possiamo fare per ridurlo” ha aggiunto Michella Saliby, Chief Product Officer di Kolsquare.


Ai creator la piattaforma suggerisce di ridurre il più possibile i viaggi e di operare sul proprio territorio, di scegliere sempre i mezzi di trasporto meno inquinanti, di impiegare materiali riciclati e riutilizzabili, di ottimizzare attrezzature di ripresa, di produrre più contenuti in meno sessioni, di utilizzare reti wi-fi al posto delle connessioni dati del telefono. Per ridurre l’impronta di carbonio, è fondamentale inoltre prediligere formati di contenuto brevi e incisivi e di riutilizzare i contenuti esistenti oppure gli UGC (User Generated Content). Optare per siti web dal design pulito e minimalista implica l’impiego di meno risorse per caricarli. Quanto ai video, si raccomanda di comprimerli utilizzando un software appropriato, senza compromettere la qualità del contenuto. I brand, invece, oltre a concentrarsi su partnership strategiche e trasparenti senza “sparare nel mucchio”, potrebbero evitare la pratica dei regali a sorpresa per gli influencer, gli imballaggi inutili o non riciclabili e gli eventi in presenza non necessari. “Non siamo solo un’azienda basata sui dati, ma siamo anche guidati da uno scopo e sappiamo che la trasparenza è essenziale per prendere decisioni consapevoli. Oltre alle singole campagne, questa iniziativa mira anche a quantificare nel tempo l’impronta del nostro settore nel suo complesso, così da poter incoraggiare e generare un cambiamento positivo per il futuro. Non dimentichiamo che gli influencer hanno un enorme potere nel sensibilizzare su temi importanti come la sostenibilità. Ogni passo, ogni dato e ogni individuo contano. In questo senso far conoscere il proprio impegno è importante quanto l’impegno stesso” ha concluso Bordage.

Rifiuti, Ue avvia infrazione contro Italia su direttiva discariche

Rifiuti, Ue avvia infrazione contro Italia su direttiva discaricheRoma, 12 feb. (askanews) – La commissione europea ha annunciato l’avvio di una procedura di infrazione a carico di Italia e Francia per mancata trasposizione nelle normative nazionali della direttiva europea sulle discariche, aggiornata nel 2018.


Con un comunicato, Bruxelles rileva che l’Italia non ha ottemperato una una serie di aspetti delle normative e che ha inviato comunicazione di addebiti ai due paesi, che ora hanno due mesi per rispondere e intervenire sulle carenze rilevate. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrebbe decidere un nuovo passo formale con l’invio di un parere motivato.

Rinnovabili, parere formale Ue a Italia su infrazione direttiva 2023

Rinnovabili, parere formale Ue a Italia su infrazione direttiva 2023Roma, 12 feb. (askanews) – La Commissione europea ha intrapreso un nuovo passo formale nella procedura di infrazione sulle normative per accelerare i progetti sulle energie rinnovabili a carico di Italia e altri sette paesi Ue. L’esecutivo comunitario ha infatti inviato pareri formali ai paesi coinvolti (che includono anche Spagna, Francia, Cipro, Olanda, Slovacchia e Svezia) per la mancata trasposizione nelle leggi nazionali di una direttiva del 2023.


Con un comunicato, la Commissione avverte gli 8 Stati “hanno due mesi di tempo per rispondere ed assumere le misure necessarie”. Altrimenti potrà decidere di deferire i casi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Bce, Elderson: avanti con impegno strategico sui rischi climatici

Bce, Elderson: avanti con impegno strategico sui rischi climaticiRoma, 12 feb. (askanews) – La Banca centrale europea tira dritto sul suo “impegno strategico” di tenere conto dei rischi climatici e naturali nelle sue attività. Lo ha ribadito l’olandese Frank Ederson, componente del comitato esecutivo della Bce, che decide la politica monetaria, e vicepresidente del ramo che si occupa della vigilanza bancaria, durante una teleconferenza organizzata da Market News International.


“È inevitabile che i rischi correlati al clima e quelli naturali aumentino – ha sostenuto -. Ignorarli non li farà sparire, né li renderà meno dannosi per la politica monetaria e la vigilanza bancaria”. Ederson ha aggiunto che la Bce procederà su queste politiche “resistendo a qualsiasi cambiamento di venti o di correnti”. (Fonte immagine: ECB 2024)

Bce, Lagarde: più incertezza sull’inflazione per frizioni sui dazi

Bce, Lagarde: più incertezza sull’inflazione per frizioni sui daziRoma, 10 feb. (askanews) – L’accresciuta incertezza che circonda le prospettive di inflazione e economia è l’elemento su cui la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha maggiormente insistito davanti alla plenaria del Parlamento europeo, a Strasburgo. Un intervento a meno di due settimane dall’ultimo taglio dei tassi operato dall’istituzione monetaria, che in quella occasione aveva particolarmente insistito sulla debolezza dell’economia.


Ora, secondo Lagarde, le “frizioni” nel commercio internazionale – e parlava dopo che l’amministrazione Trump ha appena annunciato dazi al 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio, a cui l’Ue ha replicato parlando di misure “illegali” alle quali è pronta a reagire – rendono le prospettive “più incerte”, anche per il futuro dei prezzi. Ad ogni modo l’aspettativa è che nell’area euro “l’inflazione sia orientata a tornare al nostro obiettivo del 2% sul medio termine nel corso di quest’anno”, ma “con rischi sia al rialzo che al ribasso”. Generalmente gli analisti si attendono che la Bce tagli nuovamente i tassi di riferimento dell’area euro il mese prossimo e che continui a ridurli fino a fine primavera o inizio estate. Le attese sul punto di caduta spaziano dal 2,25 all’1,75% (in riferimento al tasso sui depositi).


Alla Bce “siamo determinati ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi in maniera sostenibile al nostro obiettivo di medio termine del 2%. Seguiremo un approccio (decisionale) legato ai dati in cui, volta per volta, determineremo l’appropriata linea monetaria. Non ci vincoliamo – ha ribadito Lagarde – a un percorso particolare sui tassi”. E anche nell’ambito della nuova revisione alla strategia sulla politica monetaria, “ci stiamo preparando per il rischio di un futuro sempre più instabile”. Nella molteplicità di interventi che, come di consueto, hanno cercato di richiamare l’istituzione su istanze a volte contrapposte, non pochi interventi di eurodeputati hanno rimarcato la necessità di assicurare l’indipendenza della Bce dalle influenze politiche. Ma in questa occasione intendevano soprattutto lamentarsi dell’eccessivo attivismo dell’istituzione sui temi del cambiamento climatico, di cui la stessa Lagarde è una aperta sostenitrice.


Mettendo in rilievo le molteplici svolte operate negli Stati Uniti dall’amministrazione Trump, alcuni parlamentari hanno poi espresso contrarietà anche alle politiche su “diversità e inclusione” portate avanti dalla Bce su carriere e assunzioni del suo personale. Altri europarlamentari, tuttavia, hanno sostenuto che la Bce faccia troppo poco su questi versanti, e hanno espresso supporto in generale per la linea di condotta monetaria della Bce. Sul clima Lagarde ha replicato ribadendo che “sappiamo, a tutti i livelli, che in base ai Trattati europei il nostro obiettivo primario è la stabilità dei prezzi. Non si discute. Sappiamo anche che c’è un secondo paragrafo che si riferisce agli obiettivi secondari, su come li possiamo supportare, ma questo articolo è molto specifico e inizia dicendo, ‘senza pregiudizio per l’obiettivo primario’. La stabilità dei prezzi è quello che si guida”, ha detto.


Lagarde ha anche ribadito il parere della Bce sulla necessità di procedere all’adozione di un euro digitale, ritenuto necessario per preservare la “sovranità Ue”, e su cui i lavori al Parlamento europeo non procedono spediti come i banchieri centrali vorrebbero. All’opposto negli Usa il presidente Donald Trump, che preferisce puntare sui criptoasset, ha esplicitamente vietato alla Federal Reserve, e a tutte le agenzie governative, di effettuare qualsivoglia attività per creare una valuta digitale della banca centrale (Cbdc). Questi progetti, studiati da molte banche centrali nel mondo, hanno avuto accelerazioni nei recenti anni delle restrizioni sanitarie imposte a motivo della Covid. Ma diversi esponenti della maggioranza repubblicana Usa vedono le Cbdc come insidiosi strumenti per esercitare il controllo sociale sulla popolazione da parte dello Stato. Intanto, l’economia dell’area è cresciuta “in maniera modesta” e nel quarto trimestre la produzione è rimasta piatta, ha proseguito Lagarde. “Le indagini segnalano che il manifatturiero continua a contrarsi, mentre l’attività dei servizi è in espansione. La fiducia dei consumatori è fragile e, nonostante l’aumento dei redditi reali, le famiglie sono titubanti a spendere”. Tuttavia, secondo la presidente dell’istituzione le condizioni per una ripresa ci sono ancora. “Un solido mercato del lavoro e redditi più elevati dovrebbero rafforzare la fiducia dei consumatori e consentire un aumento della spesa. Un credito più accessibile dovrebbe stimolare consumi e investimenti nel tempo. Anche le esportazioni – ha aggiunto Lagarde – dovrebbero sostenere la ripresa, sebbene questo sia anche legato agli sviluppi nelle politiche commerciali internazionali”. (di Roberto Vozzi). (fonte immagine: European Parliament).

Commissario Ue al clima vuole esenzione da Cbam per 80% imprese Ue

Commissario Ue al clima vuole esenzione da Cbam per 80% imprese UeRoma, 6 feb. (askanews) – Il commissario europeo responsabile delle politiche sul clima, Wopke Hoekstra, intende proporre una revisione alle normative comunitarie sulla tassazione della CO2 alle frontiere (Cbam) che esonerebbe l’80% delle imprese Ue da questo onere.


“Non diminuirebbe minimamente l’importanza degli obiettivi climatici, ma sarebbe un modo per rendere la vita più facile ad una ampia gamma di imprese”, afferma in una intervista al Financial Times, rilevando che “meno del 20% delle aziende sono responsabili di oltre il 95% delle emissioni”. Secondo il quotidiano con questo intervento tra 180.00 e 200.000 imprese risulterebbero esentate dalla nuova tassazione.


Hoekstra vuole proporre le modifiche nell’ambito del gigantesco pacchetto di semplificazione battezzato “omnibus”, che la Commissione europea dovrebbe presentare nel corso di febbraio. Richiederà l’approvazione da parte di una maggioranza degli Stati europei e del parlamento Ue.

Lavoratori da tutta Europa a Bruxelles: correggete il Green Deal

Lavoratori da tutta Europa a Bruxelles: correggete il Green DealBruxelles, 5 feb. (askanews) – Diverse migliaia di lavoratori dell’industria metalmeccanica e siderurgica, chimica e farmaceutica, tessile e dell’energia, hanno manifestato oggi a Bruxelles, in una piazza a poche centinaia di metri dal Parlamento europeo e dalla Commissione, per chiedere una correzione di rotta nel Green Deal che tenga più in conto le loro esigenze di conservare il lavoro, e che investa di più, anche con più fondi pubblici, per scongiurare la deindustrializzazione in Europa. E per esigere una vera e propria politica industriale europea che accompagni la transizione verde e digitale, prevenendone i possibili effetti negativi e ingiusti sul lavoro e sui ceti meno abbienti.    


La manifestazione era stata organizzata da IndustriALL-Europe, la Federazione Europea dei sindacati dell’industria. Tra le sigle sindacali italiane, hanno partecipato la Fiom e la Filctem della Cgil, Uilm e Uiltec della Uil, Femca e Fim della  Cisl. A sostegno dei dimostranti sono arrivate in piazza anche delegazioni degli europarlamentari italiani del Pd, del M5S e dell’Alleanza Verdi Sinistra. Diversi sindacalisti hanno parlato ai giornalisti presenti, per spiegare le ragioni della mobilitazione. “Oggi è una giornata importante: da questa piazza – ha detto Daniela Piras (Uiltec-Uil) – noi rivendichiamo la necessità di azioni immediate, forti, determinate e incisive affinché si intervenga per salvaguardarci dal rischio, che stiamo correndo, di deindustrializzazione dell’Europa. Siamo pronti a raggiungere gli obiettivi che sono stati posti dal Green Deal e tutti gli altri obiettivi per quanto riguarda la salvaguardia del nostro pianeta e la famosa transizione energetica”.


Ma, ha puntualizzato Piras, “riteniamo che questo debba avvenire attraverso la neutralità tecnologica”, tenendo conto “delle necessità di tutti i sistemi industriali di ogni singolo paese” e dando “l’opportunità fondamentale di salvaguardare le produzioni, e quindi i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, che rischiano – ha rilevato – di essere gli unici soggetti che pagheranno le scelte di un’Unione europea che non tiene conto delle necessità del sistema industriale e del sistema produttivo del nostro continente”. “Rispetto anche ai nuovi assetti geopolitici, occorre una logica più europeista, contro le suggestioni nazionaliste: fare fronte comune per riuscire a salvaguardare quello che è un grande patrimonio di tutta quanta l’Europa, dai settori metalmeccanico e chimico, a quello manifatturiero, alla moda e alla ceramica. Abbiamo ormai – ha lamentato Giovanni Rizzuto, (Femca-Cisl) – un processo di deindustrializzazione che sta facendo franare le fondamenta dell’industria europea. È il momento ora di intervenire e sostenere questa nostra grande tradizione. E quello che chiediamo è che tutto ciò che sarà fatto, che riguarda noi, non debba essere fatto senza di noi”.


“L’individuazione degli obiettivi importanti e sfidanti del Green Deal, che servono per rendere il Pianeta migliore per le future generazioni, non è stata accompagnata da politiche industriali che potessero consentire il raggiungimento di quegli obiettivi”, ha rilevato Marco Falcinelli (Filctem-Cgil). “Non si tratta di mettere in discussione gli obiettivi. Ma le transizioni bisogna governarle. Se non le governiamo le subiamo, e se le subiamo il prezzo lo pagheranno le lavoratrici e i lavoratori”. “Quindi – ha precisato – non c’è una contraddizione con le politiche fatte anche dalla Commissione europea precedente e dai governi anche di sinistra, progressisti. Il tema è mantenere quegli obiettivi; ma bisogna accompagnarli con politiche industriali, sostenerli con investimenti importanti, sia pubblici che privati. Il rapporto Draghi parla di investimenti per 500 miliardi di euro all’anno per dieci anni. Ecco, penso che sia anche una valutazione anche sottostimata rispetto alle condizioni dell’industria europea”.


“E c’è anche – ha ricordato Falcinelli – un problema legato al costo dell’energia, che rende l’industria europea molto meno competitiva. E’ un tema che riguarda tutti i paesi, ma in modo particolare l’Italia, perché è un paese manifatturiero che non ha materie prime. L’industria italiana è fortemente energivora, e tutte le industrie del nostro paese soffrono di questa condizione. Noi abbiamo fatto delle proposte, abbiamo sostenuto da tempo che per evitare le speculazioni finanziarie sul mercato dell’energia bisognerebbe intanto provare a disallineare il prezzo dell’energia elettrica del costo del gas. Sarebbe un primo passo”. “Come metalmeccanici – ha detto Ferdinando Uliano, (Fim-Cisl) -, noi siamo presenti in questa piazza insieme ai lavoratori della siderurgia, del settore dell’auto, degli elettrodomestici; sono interi settori in cui nel nostro paese stiamo macinando cassa integrazione, licenziamenti, tentativi e operazioni di chiusure di stabilimenti. Questi sono i prezzi che stiamo pagando rispetto a un’assenza di politica industriale. E nell’Unione europea, dove l’austerità sta ritornando con le logiche del Patto di stabilità, per noi diventa fondamentale invece una politica di investimenti, di rilancio dei settori industriali”. “In un mondo che crea competizione tra i paesi, da soli non ce la si fa. Chiediamo ai politici – ha continuato Uliano – di agire dentro una logica che non è la vecchia logica in cui governano i capitali, la concorrenza spietata. Dobbiamo fare sistema, dobbiamo fare in modo che l’Europa reagisca a una competizione che rischia di spazzare via il sistema industriale, consentendo di avere una tenuta sociale e democratica dei paesi membri. E ci aspettiamo una risposta concreta da parte della politica, anche dalla politica di Bruxelles, insieme a quella italiana: che ascoltino le organizzazioni sindacali e i lavoratori”. “Oggi – ha detto Michele Palma, della Fiom-Cgil – i lavoratori dell’industria da tutti i paesi europei si sono uniti mentre invece in Europa crescono i nazionalismi, i corporativismi e gli aziendalismi delle imprese. Loro si dividono e quando si dividono e lottano tra di loro a pagarne le conseguenze sono spesso le lavoratrici e i lavoratori”. “Noi siamo qui oggi – ha sottolineato – per dire che la transizione non si può fare contro le lavoratrici e i lavoratori, la transizione si può fare solo con loro, quindi bisogna bloccare i licenziamenti in Europa, garantire l’occupazione, realizzare gli investimenti e una redistribuzione in termini di salario e di riduzione di orario per la vita delle persone. Siamo qui da tutta Europa per dire che se c’è un futuro per questa Europa democratica deve fondarsi sul lavoro, e sul lavoro dei metalmeccanici e dei lavoratori chimici”. L’intervento più duro contro il modo in cui si sta attuando il Green Deal in Europa è stato quello di Rocco Palombella, segretario generale Uilm. “Siamo qui per dire al Parlamento europeo: fermatevi, siete ancora in tempo, non potete continuare così. Questa è l’Europa contro l’Europa, una divisione impossibile. Dobbiamo immediatamente fermarci e riconsiderare la transizione, perché così distrugge posti di lavoro, distrugge socialità, distrugge gli Stati, distrugge un’industria manifatturiera in grado di poter garantire diritti e prospettiva occupazionali e dignità. Lo vogliono capire, sì o no? Noi veniamo qua per dirgli basta. Siamo diventati la barzelletta del mondo”. “Tutti gli Stati ci vedono come quelli che fanno Harakiri. Non possiamo essere i soli a salvare il Pianeta. Noi vogliamo salvare il Pianeta, e soprattutto le persone, i posti di lavoro e la dignità. Lo diciamo alla destra, alla sinistra a tutto il Parlamento europeo e a tutti gli Stati: così non si può andare avanti. O lo capiscono o glielo faremo capire in tutti i modi”, ha concluso Palombella.

Green Deal, Timmermans: è la nostra politica industriale Ue

Green Deal, Timmermans: è la nostra politica industriale UeBruxelles, 5 feb. (askanews) – Parla, a tutto campo, Frans Timmermans, l’ex vicepresidente esecutivo della prima Commissione von der Leyen, in cui era primo responsabile del Green Deal, che dopo le sue dimissioni nell’agosto 2023 è stato considerato dal Ppe e dalle destre nel Parlamento europeo come capro espiatorio, unico autore delle ‘folli politiche green’ e ‘ideologiche’ dell’Ue negli anni scorsi.


Invitato dal gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo, Timmermans ha sottolineato che il Green Deal non va politicizzato, come hanno fatto il Ppe e le destre per osteggiarlo, perché non è né di sinistra né di destra, ma costituisce necessaria visione di politica industriale per l’Unione europea, se non si vuole restare indietro nell’economia globale, se si vogliono salvare davvero l’industria e i posti di lavoro in Europa, se si vogliono diminuire i prezzi dell’energia, se si vuole essere protagonisti e non vittime della transizione verde. Ha ricordato che la storia insegna che, quando il centro insegue la destra, alla fine è la destra che vince. Ha ammonito i Verdi e le forze di sinistra a perseguire insieme e in parallelo politiche ambientali e politiche sociali, affinché la transizione sia giusta e non pesi sui redditi più bassi. ‘Questo, oggi – ha detto l’ex vicepresidente della Commissione in un punto stampa a margine della riunione del gruppo S&D, oggi a Bruxelles -, è il secondo punto di svolta per l’Europa che ho vissuto nella mia vita professionale. Il primo è stato nell’89, pieno di ottimismo, di cambiamenti radicali a cui l’Europa doveva adattarsi. E l’Europa lo ha fatto. Chi avrebbe pensato nel 1989 che nel 2004 avremmo allargato l’Ue a quei Paesi che fino ad allora erano nostri nemici? Quindi siamo capaci di miracoli. E credo che dobbiamo tenerlo a mente’.


‘Ora – ha continuato Timmermans – siamo in questa fase di tensione, le sfide sono più grandi. L’ottimismo non è il sentimento prevalente in tutto il mondo. Dobbiamo riaccendere l’ottimismo, perché possiamo farcela. Ma dobbiamo assicurarci di essere più uniti. Trovo stimolante che la premier della Danimarca (Mette Frederiksen, ndr), un paese che per molto tempo è stato piuttosto riluttante in termini di accelerazione dell’integrazione europea, e soprattutto di aumento del bilancio europeo, stia ora dicendo che in questi tempi difficili dobbiamo stare fianco a fianco come europei’. Come europei, ‘dobbiamo aumentare il nostro bilancio e io, che vengo da un paese ‘frugale’, sono disposto a farlo. Il primo ministro finlandese (Petteri Orpo, ndr) ha detto esattamente la stessa cosa. Questo è il nostro momento, se lo comprendiamo correttamente’.


‘La nostra industria e i nostri cittadini – ha notato Timmermans – hanno bisogno di prezzi dell’energia più bassi; e l’unico modo per abbassare i prezzi dell’energia è accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, l’unica energia a basso costo che l’Europa ha a disposizione. L’unico modo per riaccendere la fiducia nel futuro è fornire alloggi ai giovani di tutta l’Unione europea che oggi non riescono a trovare un alloggio a prezzi accessibili, o spendono una quota eccessiva del loro reddito per alloggi al di sotto degli standard normali. L’Unione europea deve quindi investire nella transizione energetica e nell’edilizia abitativa. E deve farlo collettivamente, ricreare una piattaforma per l’industria europea del futuro’. Noi europei ‘siamo intelligenti almeno quanto gli americani. Siamo bravi a inventare, migliori dei cinesi. Ma siamo pessimi nel commercializzarle con un’economia di scala. Ed è questo che dobbiamo fare nei prossimi anni’. La Commissione presenterà entro la fine del mese una sorta di seconda versione del Green Deal, riveduta e corretta, chiamata ‘Clean Industrial Deal’. ‘Il Green Deal – ha osservato l’ex vicepresidente esecutivo della Commissione -, è la nostra politica industriale. E se la nuova Commissione ritenesse utile rinominarlo, appunto, ‘politica industriale’, o ‘Inflation Reduction Act’ (come il provvedimento negli Usa che finanzia l’industria installata in territorio americano, ndr), o qualsiasi altro nome voglia dargli, ma attenendosi alle linee politiche che abbiamo concordato, penso che farebbe un buon servizio all’industria e ai nostri cittadini’.


‘Ma devo anche essere onesto: di molti dei sussidi e delle misure che dovevano aiutare le persone a passare a una mobilità a zero emissioni o a basse emissioni, a installare pannelli solari, ecc., hanno beneficiato – ha ammesso Timmermans – le parti più ricche dell’Europa, la parte più ricca della nostra società. Ora – ha sottolineato – dobbiamo assicurarci di ristrutturare questa politica, in un modo che siano avvantaggiate davvero le persone, quelle che da sole non possono permettersi di acquistare pannelli solari, che dipendono dai trasporti pubblici, che hanno bisogno di investimenti, e che hanno bisogno di avere accesso a veicoli a zero emissioni’. Insomma, ‘c’è molto da fare, e possiamo riuscirci solo se siamo uniti. Questa unità ha portato, anche nel Parlamento europeo e nella Commissione, a grandi decisioni in passato. A volte mi chiedo come mai la memoria delle persone sia così corta. Il Green Deal – ha ricordato – è stato possibile solo perché il Ppe ha partecipato a tutti i processi decisionali e ha votato positivamente. Il Green Deal è stato spesso rivendicato dal Partito popolare europeo come un loro progetto. Dov’è finito ora? Cosa è cambiato? È cambiato il progetto o è cambiato il Ppe?’ ‘Noi sappiamo – ha rilevato Timmermans -, e porto questa esperienza dal mio paese’, l’Olanda, ‘che se il centro-destra inizia a imitare la destra radicale, è la destra radicale che vince e il centro-destra che perde. E il centro-destra che perde viene trascinato nell’ambito della destra radicale, abbandona il centro. Il che rende poi molto più difficile, per altri partiti di centro-sinistra o di centro-destra, formare coalizioni che possano portare i nostri paesi e la nostra Europa nel futuro. Quindi spero che cambieranno approccio’ nel centro-destra. ‘Ho visto, ad esempio, il leader dei nazionalisti fiamminghi, che ora è primo ministro del Belgio (Bart De Wever, ndr), che ha capito questo quando ha assistito all’esperienza delle elezioni olandesi. E ora vedo Friedrich Merz (il leader della Cdu tedesca, candidato cancelliere alle imminenti elezioni ndr) commettere di nuovo questo tragico errore in Germania. Pensavo che il centro-destra in Germania avesse imparato dal passato a non farlo. Ma tragicamente, ora Merz lo ha fatto. Non posso controllare le conseguenze che questo avrà, ma mi preoccupano’. ‘Quindi se vogliamo essere forti a sinistra, dobbiamo essere più uniti; ma dobbiamo anche fare una proposta al centro, che attiri altri partiti dal centro per formare coalizioni con noi. Non vorrei che i movimenti di sinistra in Europa si trovassero ad avere sempre ragione, ma ad essere raramente rilevanti. E la nostra rilevanza dipende dalle nostre dimensioni, dalle nostre proposte, e dalla nostra volontà di cooperare con altri partiti democratici per portare cambiamenti’, h& spiegato Timmermans. Sempre riguardo al Green Deal, ha notato una giornalista, sembra che la Commissione, oltre a cambiandogli il nome, voglia anche andare in una direzione diversa da quella che era stata stabilita con il precedente Esecutivo Ue. Questo, ha replicato Timmermans, ‘resta da vedere. Penso che la Commissione sappia benissimo che per far passare la legislazione negli Stati membri ha bisogno del Parlamento europeo. Quindi dipenderà anche dalle possibilità del Parlamento europeo di creare abbastanza coalizioni con persone che si sono precedentemente impegnate nella transizione incorporata dal Green Deal, per continuare su quella strada’. ‘Con le elezioni che ci sono state e che ci saranno, l’Europa – ha constatato – si è spostata a destra, in particolare in certi Stati membri, e questo si rifletterà nel programma della Commissione; penso che sia ovvio. Ma quel programma dovrà anche ottenere supporto qui’ nel Parlamento europeo. ‘E al centro del programma – ha indicato – deve esserci un’idea di come portiamo posti di lavoro in Europa, di come rafforziamo la nostra base industriale, come ci assicuriamo di abbassare i prezzi dell’energia. Che si sia di sinistra o di destra, queste saranno le nostre priorità. E il Green Deal, a mia conoscenza, è il modo migliore per arrivarci’. ‘Insomma, – ha sintetizzato Timmermans – vedremo se si tratterà solo di un ‘rebranding’ o di qualche vero cambiamento di rotta. Ma penso che i piani del ‘Fit for 55′ (la legislazione già approvata affinché l’Ue possa conseguire la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, ndr) dovrebbero restare in vigore’. Questo obiettivo, ha avvertito, ‘è nell’interesse di tutti. E non va politicizzato. Ricordo i primi anni di lavoro in prima linea alla Commissione europea: allora il Green Deal non era una cosa di sinistra o di destra. Era la cosa giusta da fare, né di sinistra, né di destra’. Oggi, ha rilevato ancora, ‘in qualche modo il centro-destra è stato tentato dalla destra radicale di politicizzare l’idea stessa del Green Deal. Ma forse possiamo fare un passo indietro e guardare alle politiche di cui l’Europa ha bisogno per ricreare una solida base industriale perché è molto, molto urgente’. Comunque, ha ammonito Timmermans, che è favorevole a un’alleanza tra le forze politiche di sinistra e quelle verdi in Europa, come è già avvenuto nel suo paese, l’Olanda, ‘non si può fare una politica verde se non si è anche attenti al sociale. E non si può fare politica sociale se non si accelera la transizione verde. Perché più tempo ci vorrà’ per compiere questa transizione, ‘più sarà costosa. E il conto arriverà alle persone che non possono permetterselo’. A una domanda sul mancato decollo della domanda nel comparto dell’auto elettrica in Europa, che ha smentito le previsioni iniziali ottimistiche dei servizi della Commissione di cui lui era responsabile, l’ex vicepresidente esecutivo ha replicato: ‘Che cosa è andato storto? Prima di tutto, l’Europa è arrivata tardi nel gioco. L’industria automobilistica europea, e in particolare i grandi produttori di automobili in Germania, pensavano che il motore a combustione avesse un futuro senza fine. E allo stesso tempo abbiamo visto che, soprattutto in Asia, le auto elettriche non stavano solo diventando prodotti di massa, ma stavano anche diventando sempre più economiche’. ‘Quindi siamo arrivati ​​tardi alla festa. E ora dobbiamo supportare l’industria automobilistica per una transizione più rapida. Una transizione verso emissioni molto basse, verso una mobilità a zero emissioni’. In passato, ‘quando i motori a combustione stavano arrivando sul mercato, non si sarebbe aiutata l’industria europea sostenendo i motori a vapore. Si aiutò l’industria accelerando la transizione ai motori a combustione. Ora si deve aiutare l’industria automobilistica accelerando la transizione verso le emissioni zero’, ha concluso Timmermas.

Antitrust, multa da 8 mln a Gls per piano sostenibilità ambientale

Antitrust, multa da 8 mln a Gls per piano sostenibilità ambientaleRoma, 4 feb. (askanews) – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato in solido alle società General Logistics Systems, a capo del Gruppo Gls in Europa, General Logistics Systems Italy S.p.A. e General Logistics Systems Enterprise S.r.l. una sanzione di 8 milioni di euro. Con un comunicato, l’Autorità spiega di aver accertato che l’iniziativa di sostenibilità ambientale “Climate Protect”, con cui Gls – gruppo importante e noto – ha costruito la propria immagine green è stata organizzata, finanziata e comunicata senza la trasparenza, il rigore e la diligenza richiesti ad operatori di un settore molto inquinante, quale quello della spedizione, trasporto e consegna di merci.


Tenuto conto che la crescente consapevolezza sulle problematiche ambientali influenza in maniera sempre più decisiva i comportamenti di acquisto e la reputazione delle imprese rispetto ai propri concorrenti, è stato appurato che, nell’ambito del programma di sostenibilità ambientale realizzato da Gls, le tre imprese hanno utilizzato Wdichiarazioni ambientali ambigue e/o presentate in modo non sufficientemente chiaro, specifico, accurato, inequivocabile e verificabile sul sito webW. Inoltre, “è emerso che ai clienti abbonati ai servizi veniva imposto di aderire a questo programma e di pagare un contributo economico così da ottenere un certificato, non richiesto, attestante l’avvenuta compensazione delle emissioni di CO2 relative alle rispettive spedizioni. Questo contributo – prosegue l’antitrust – è stato definito prescindendo da una previa verifica dei costi riconducibili al programma ‘Climate Protect’, esonerando dal pagamento i clienti di grandi dimensioni e lasciando intendere che le stesse società del gruppo avrebbero contribuito in modo significativo al suo finanziamento”.


Secondo l’Agcm è invece risultato che le società del gruppo Gls, oltre ad aver riversato tutti gli oneri economici legati al programma sui propri clienti abbonati e sulle imprese di spedizioni affiliate alla rete di General Logistics Systems Italy, “hanno incassato contributi maggiori dei costi sostenuti per attuare il programma”. Inoltre, le comunicazioni trasmesse ai clienti abbonati e alle imprese affiliate e le certificazioni sulle compensazioni delle emissioni di CO2 rilasciate a clienti e imprese per le proprie spedizioni sono risultate ingannevoli, ambigue e/o non veritiere. L’Autorità, conclude la nota, ha così accertato che queste condotte integrano una pratica commerciale scorretta in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 26, lett. f) del Codice del consumo.

Orsted, gigante pale eoliche nomina Rasmus Errboe nuovo Ad

Orsted, gigante pale eoliche nomina Rasmus Errboe nuovo AdRoma, 31 gen. (askanews) – La danese Ørsted, gigante globale delle pale eoliche ha annunciato la sostituzione con effetto immediato dell’amministratore delegato, Mads Nipper, con l’attuale numero due e direttore commerciale, Rasmus Errboe. Quest’ultimo subentrerà alla guida del gruppo già da domani, secondo quanto riporta un comunicato.


Nipper era in carica dal 2021 ma la sua posizione si è incrinata dopo le pesanti svalutazioni effettuate sulle attività del gruppo negli Stati Uniti, il cui quadro è stato esacerbato dagli ordini esecutivi del neo presidente Donald Trump di stop a tutti i sussidi sulle energie “verdi”. (fonte immagine: Ørsted).