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Nippon Tv compra la città incantata di Miyazaki: lo Studio Ghibli

Nippon Tv compra la città incantata di Miyazaki: lo Studio GhibliRoma, 22 set. (askanews) – E’ una di quelle operazioni economiche in cui, più che per i miliardi coinvolti, a far rumore è soprattutto il valore sentimentale e reputazionale del “brand” coinvolto: in questo caso è il mitico Studio Ghibli del genio dell’animazione Hayao Miyazaki – autore di successi come “La città incantata” e “Porco rosso” e da poco tornato nei cinema con “Il ragazzo e l’airone” – a essere stato acquistato per una quota rilevante dal network televisivo Nippon Television Holdings.

Nippon TV non ha rivelato a quanto ammontava l’offerta che le ha permesso di entrare in possesso del 42,3% dei mitici studi d’animazione. Nel suo comunicato, ha dato una motivazione “sentimentale” e di valorizzazione del brand, più ancora che industriale, per l’operazione. “Da quando nel 1985 ha trasmesso in TV “Nausicaä della valle del vento” (1984, regia di Hayao Miyazaki), Nippon TV ha mostrato i lavori dello Studio Ghibli nel suo programma cinematografico Friday Road Show. Nippon TV ha una lunga storia di collaborazione con lo Studio Ghibli, incluso il finanziamento alla produzione cinematografica della Ghibli a partire da “Kiki’s Delivery Service” (1989, regia di Hayao Miyazaki) e il sostegno all’apertura del Museo Ghibli, a Mitaka”, ha premesso il network nel suo comunicato. “Nippon TV ha deciso di acquisire le azioni di Studio Ghibli perché ritiene che sostenere questo studio di livello mondiale più che mai contribuirà a migliorare il valore aziendale dell’intero gruppo Nippon TV”. Secondo il comunicato, mentre Miyazaki manterrà il titolo di presidente onorario, a guidare lo studio sarà come presidente Hiroyuki Fukuda, un alto dirigente operativo di Nippon TV..

“Ghibli è diventato troppo grande perché una sola persona possa trasportarne il carico”, ha detto ai giornalisti il presidente dello Studio Ghibli Toshio Suzuki in una conferenza stampa giovedì. “Credo che le cose non funzionerebbero senza l’aiuto di una grande azienda, piuttosto che di un individuo”. Un’ammissione sensata, quella di Suzuki, alla luce del fatto che Miyazaki ha 82 anni e lo stesso Suzuki 75. Da tempo, in effetti, a Studio Ghibli si ragionava di successione, come se si trattassi di una famiglia imperiale e, in effetti, parliamo dell’imperatore dell’”anime”. Tra l’altro il figlio del grande regista, Goro Miyazaki, anche lui affermato regista di anime, ha in precedenza rifiutato il ruolo, dicendo che è difficile gestire Studio Ghibli da solo. Sarà amministratore delegato, invece, con Suzuki presidente del Consiglio d’amministrazione. Nippon TV, oltre al presidente, avrà un revisore dei conti e tre direttori (uno dei quali sarà lo stesso Fukuda).

La formalizzazione della decisione verrà dall’assemblea straordinaria degli azionisti il 30 ottobre.

Giapponese Mitsui lancerà maxi progetto eolico offshore a Taiwan

Giapponese Mitsui lancerà maxi progetto eolico offshore a TaiwanRoma, 22 set. (askanews) – Il conglomerato giapponese Mitsui & Co. insieme a Northland Power, una società energetica globale indipendente con sede in Canada, hanno preso oggi la decisione finale di investire sul progetto di energia eolica offshore Hai Long a Taiwan, che dovrebbe partire entro quest’anno dopo l’adempimento delle varie condizioni sospensive. Si tratta di un progetto da 960 miliardi di yen (6,1 miliardi di euro), al quale Mitsui partecipera con 260 miliardi di yen (1,65 miliardi euro).

Il progetto prevede la costruzione di 73 grandi turbine eoliche nell’area offshore 45-70 km al largo della contea di Changhua, Taiwan, e si compone di tre sezioni, vale a dire HL2A (capacità di generazione: 294 MW), HL2B (224 MW) e HL3 (504 MW) (totale: 1.022 MW). HL2A venderà elettricità alla Taiwan Power Company nell’ambito di un contratto di acquisto di energia di 20 anni, mentre HL2B e HL3 venderanno elettricità a un utente privato di energia elettrica a Taiwan nell’ambito di un PPA di 30 anni. Questi inizieranno in sequenza dalla fine del 2025. Al progetto prenderanno parte con circa 540 miliardi di yen (3,4 miliardi di euro) le agenzie di credito all’esportazione, tra cui la Japan Bank for International Cooperation, Nippon Export e Investment Insurance e altre istituzioni finanziarie in tutto il mondo.

Taiwan mira a raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050 e si è posta l’obiettivo di installare da 40 a 55 GW di capacità di generazione di energia eolica offshore. Il Progetto contribuirà al raggiungimento di questo obiettivo e fornirà l’equivalente dell’elettricità consumata ogni anno da oltre un milione di famiglie a Taiwan.

Gigante chip Usa Qualcomm taglia posti di lavoro in Cina e Taiwan

Gigante chip Usa Qualcomm taglia posti di lavoro in Cina e TaiwanRoma, 22 set. (askanews) – Il gigante statunitense dei chip Qualcomm, i cui prodotti sono particolarmente presenti sugli smartphone sta tagliando centinaia di dipendenti sia in Cina che a Taiwan, alla luce della contrazione del mercato dei cellulari. Lo scrive oggi Nikkei Asia.

Qualcomm sta riducendo significativamente la forza lavoro nel suo centro di ricerca a Shanghai, secondo diversi post dei dipendenti sui social media locali. Il produttore di chip mira inoltre a tagliare centinaia di dipendenti a Taiwan, coinvolgendo posizioni nei settori del test dei chip, del controllo qualità e dell’ingegneria. Secondo un documento visionato da Nikkei Asia, l’azienda ha detto ad alcuni dipendenti che possono accettare offerte di ferie “volontarie” o di essere licenziati in seguito.

Qualcomm è alle prese con una domanda debole in un contesto di prolungata crisi del mercato globale degli smartphone. La società ha registrato un calo dei ricavi del 23% nel suo ultimo rapporto finanziario trimestrale a 8,45 miliardi di dollari, mentre l’utile netto è crollato del 52% a 1,8 miliardi di dollari. Anche MediaTek, il principale sviluppatore di chip di Taiwan e rivale di Qualcomm, ha sofferto della scarsa domanda, registrando un calo delle entrate di oltre il 30% su base annua per il periodo gennaio-agosto.

Si prevede che il mercato globale degli smartphone subirà un calo annuo delle spedizioni del 4,7% nel 2023 fino a 1,15 miliardi di unità, il volume più basso in un decennio e il secondo calo consecutivo, secondo la società di ricerche di mercato IDC. La mossa di Qualcomm di tagliare posti di lavoro segue il rilascio da parte di Huawei – soggetta a restrizioni Usa – di nuovi smartphone 5G in Cina, che utilizzano chip propri. Lo sviluppo potrebbe avere un impatto sulle vendite di Qualcomm in Cina.

Qualcomm ha dichiarato a Nikkei Asia che i tagli ai posti di lavoro sono in linea con gli annunci precedenti. Qualcomm ha perso la sua posizione di principale progettista di chip al mondo in termini di fatturato a favore di Nvidia, il re dei chip AI, nel secondo trimestre del 2023, secondo la società di ricerche di mercato Trendforce. In un settore dei semiconduttori altrimenti lento, la domanda di prodotti IA è stata solida. Qualcomm ha uffici a Pechino, Shanghai, Shenzhen e Xi’an. L’azienda ha creato centri di ricerca e sviluppo a Pechino e Shanghai e il suo primo centro di innovazione globale a Shenzhen.

Kim visita fabbrica aerei nell’Estremo oriente della Russia

Kim visita fabbrica aerei nell’Estremo oriente della RussiaRoma, 15 set. (askanews) – Il leader nordcoreano Kim Jong Un ha ispezionato gli stabilimenti di produzione di aerei russi nella città dell’Estremo Oriente di Komsomolsk-on-Amur, ha annunciato in una nota il governo russo. A Kim, accompagnato dal vice primo ministro russo e dal ministro dell’Industria e del Commercio Denis Manturov, è stato mostrato in particolare il laboratorio di assemblaggio finale degli aerei Su-35 e SJ-100, ha riferito il governo.

Nel corso della visita, il leader nordcoreano ha anche assistito ad un volo dimostrativo del caccia multiruolo russo Su-35, scrive Ria novosti. “Kim Jong Un continua la sua visita ufficiale nella Federazione Russa a Komsomolsk-on-Amur… Al termine del programma, il leader della RPDC e il vice primo ministro russo… hanno valutato un volo dimostrativo del multiruolo Su-35 combattente”, ha detto il governo russo. “Abbiamo mostrato al leader della Repubblica popolare democratica di Corea uno dei nostri principali impianti di produzione di aerei. Vediamo un potenziale di cooperazione sia nella costruzione di aerei che in altri settori – questo è particolarmente importante per raggiungere gli obiettivi che i nostri paesi devono affrontare per ottenere livelli tecnologici sovranità”, ha detto il governo russo citando Manturov.

Banca centrale cinese taglia coefficiente riserva obbligatoria banche

Banca centrale cinese taglia coefficiente riserva obbligatoria bancheRoma, 14 set. (askanews) – La banca centrale cinese ha annunciato oggi un nuovo taglio alla quantità di contante che le banche devono detenere come riserva. Si tratta di un’ulteriore mossa di Pechino per cercare di sostenere la crescita.

La Banca popolare di Cina (Bpoc) ha dichiarato che taglierà il coefficiente di riserva obbligatoria per i depositi in yuan di 0,25 punti percentuali, al 7,4%, a partire da venerdì. Così l’istituto di emissione punta a “consolidare le basi della ripresa economica e mantenere ampia liquidità”. L’annuncio del taglio è arrivato poco prima che la Cina pubblicasse gli indicatori economici di agosto venerdì.

Lo scandalo del “Jimmy Savile giapponese” che uccide il J-pop

Lo scandalo del “Jimmy Savile giapponese” che uccide il J-popRoma, 14 set. (askanews) – L’industria dell’intrattenimento giapponese si trova di fronte a uno scandalo che rischia di affossarla, in un momento in cui il J-pop è stato ampiamente sopravanzato dalla versione sudcoreana K-pop: Johnny & Associates, la più grande agenzia di talent nipponici, ha dovuto ammettere che il fondatore – Johnny Kitagawa – ha abusato sessualmente di ex dipendenti per qualcosa come 50 anni, spesso da quando questi performer erano ancora dei ragazzini.

L’effetto è stato devastante sul business della compagnia. Le scuse tra le lacrime e le dimissioni della presidente Julie Keiko Fujishima – nipote di Johnny e di fatto ancora proprietaria dell’agenzia – non sono riuscite a calmare le acque e nei giorni scorsi una serie di sponsor – a partire dai produttori di birra Asahi Group, Kirin Holdings, passando per la Japan Airlines – hanno annunciato il ritiro dai contratti. Altri – come l’assicuratore Tokyo Marine, la Suntory e la birra Sapporo – sono in via di riconsiderazione. Johnny & Associates ha annunciato che per un anno intende rinunciare alle sue commissioni per le pubblicità e per le apparizioni televisive dei performer che fanno parte della sua scuderia. “Faremo il possibile per riconquistare la fiducia che abbiamo perduto”, recita in un comunicato sul sito internet l’agenzia, che ha creato un comitato formato da tre ex giudici per determinare i risarcimenti da offrire alle vittime degli abusi.

Non sarà tuttavia semplice ricostruire la fiducia, in un paese in cui le relazioni sono determinate in maniera decisiva dalla reputazione. E, in sei mesi di scandalo, di ricostruzioni, di testimonianze, di articoli, rispetto ai quali la compagnia ha reagito con ritardo, le cose si sono molto ingarbugliate per l’agenzia. A partire da quel documentario diffuso il 7 marzo scorso dalla BBC e intitolato “Predator – The Secret Scandal of J-pop”, in cui si accusa Johnny Kitagawa di abusi sessuali, partendo anche da vecchie vicende che si erano chiuse nei tribunali con un nulla di fatto. Da allora si sono aperte le cascate. Si sono susseguite dolorose confessioni, accuse, che hanno distrutto l’immagine dell’uomo che ha dato un contributo fondamentale a costruire il fenomeno J-pop (e di conseguenza anche il modello su cui si basa oggi il K-pop). Johnny (Hiromu) Kitagawa, figlio di un monaco buddista giapponese trapiantato a Los Angeles e nato nel 1931, divenne famoso in Giappone negli anni ’50 come leader dei “Johnnies”, sostanzialmente la prima boy-band della storia nipponica. Ma il suo successo fu con la scoperta nel 1968 il lancio dei “Four Leaves”, anch’essa una boy-band. Nei decenni tutti alcuni dei più importanti successi nazionali e internazionali J-pop, a partire dai famosi SMAP, portano il suo marchio di fabbrica di Johnny & Associates, l’agenzia fondata nel 1962, che ha un giro d’affari attorno ai 20 milioni di euro annui.

In realtà, Johnny è stato a lungo chiacchierato. Nel 1999 la rivista Shukan Bunshun raccontò di abusi sessuali perpetrati nei confronti di alcuni dei suoi performer. Ne partì una causa civile per diffamazione contro il giornale, che fu assolto, di fatto con un’indiretta ammissione che in realtà la fama di predatore dell’ex cantante non fosse immeritata. La morte di Johnny nel 2019, però, silenziò per un po’ rumors. Lo scandalo partito da marzo, tuttavia, ha riportato con prepotenza in primo piano la questione degli abusi nel mondo dello spettacolo giapponese. Junya Hiramoto, un ex idol che si dichiara abusato da Johnny, ha fondato un’”Associazione delle vittime degli assalti sessuali di Johnny” e promette di fornire un rapporto sulle violenze e di presentare una class-action davanti alla giustizia statunitense. E’ intervenuta persino l’Onu, attraverso il Gruppo di lavoro sugli affari e i diritti umani, che da luglio ha avviato un’indagine e ha definito “profondamente disturbanti” le accuse di abusi piovute sull’agenzia.

A capo dell’agenzia, da alcuni giorni, è stato collocato come presidente Noriyuki Higashiyama, un attore famoso che lavora per l’agenzia dal 1979. Una mossa che non sembra destinata a imprimere una svolta positiva per l’agenzia. Ma, al di là del caso specifico, la vicenda di Johnny ha aperto uno squarcio su un mondo in cui l’omertà l’ha fatta a lungo da padrona. In un articolo per Newsweek Japan di diversi anni fa, all’epoca delle prime rivelazioni su Johnny, David McNeill si sentì rispondere da uno dei principali produttori della Tv giapponese: “Come produttore a me non interessa nulla di queste voci di scandali sessuali: cosa vuole che importi a noi che facciamo i programmi?” Una visione di corto respiro e che oggi ha come conseguenza una perdita di credibilità della televisione nipponica. Il Japan Times nel 2019 scisse, a corredo di un sondaggio che mostrava un declino della fedeltà al mezzo televisivo soprattutto tra i giovani, che “i media stanno tagliandosi da soli la gola”. E, non a caso, ormai il fenomeno J-pop è residuale: la rivoluzione K-pop ha ormai investito in pieno il Sol levante e le ragazze giapponesi pendono dalle labbra e dagli ancheggiamenti di efebici ragazzi sudcoreani, a partire dai globalmente noti BTS. Anche se, pure a Seoul, non è che le cose sul fronte dello sfruttamento sessuale, nell’ampio ambito del mondo dello spettacolo, vadano molto meglio.

Allarme in Cina: mancano talenti per sviluppare l’IA

Allarme in Cina: mancano talenti per sviluppare l’IARoma, 14 set. (askanews) – Nella grande corsa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA), la Cina, che pure sta facendo passi da gigante, si trova ad affrontare una carenza di milioni di talenti. Lo racconta oggi Nikkei Asia in un ampio resoconto.

“Insieme alle grandi aziende tecnologiche, startup, società finanziarie e altri sono alla ricerca di talenti superiori nell’intelligenza artificiale”, ha affermato a Nikkei Angus Chen, capo del personale AI presso la società di reclutamento ManGo Associates con sede a Shanghai. “Molti candidati ricevono offerte da più aziende e alcuni hanno deciso di rivolgersi a un’altra azienda anche dopo che abbiamo trascorso mesi a prepararci per metterli in contatto con una particolare azienda”. In questa situazione di mercato, a giovarsene sono prevalentemente titolari di master o dottorati sulla trentina, i cui curriculum includono periodi presso aziende specializzate in modelli linguistici di grandi dimensioni, che sono alla base dell’intelligenza artificiale generativa. I lavoratori qualificati nel settore dell’IA possono guadagnare molto e Chen ha affermato che alcune “reclute” hanno ricevuto offerte per oltre 3 milioni di yuan (383mila euro) all’anno.

Dopo che, il mese scorso, le autorità cinesi hanno emesso le normative e rilasciato le prime autorizzazioni alla commercializzazione di piattaforme IA, è partita una grande gara dei giganti tech a mettere a disposizione i propri modelli linguistici di grandi dimensioni. Baidu ha reso disponibile il 31 agosto il suo Ernie Bot, SenseTimes il suo SenseChat. Poi sono arrivati anche Tencent e Alibaba. Mentre, invece, i concorrenti Usa, a partire da ChatGPT di OpenAI e Bard di Google, sono ancora bloccati nella Repubblica popolare. Questa corsa a rilasciare chatbot, però sta surriscaldando il mondo del lavoro specializzato del settore. Secondo la piattaforma di ricerca di lavoro Liepin, consultata da Nikkei Asia, le offerte di lavoro nella categoria di generazione di contenuti AI, compresi quelli per ingegneri di algoritmi, sono aumentate di 2,3 volte nella prima metà del 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La retribuzione media annua per tali offerte di lavoro ha superato i 400.000 yuan, quasi raddoppiando la media di 220.000 yuan osservata nel settore dei veicoli a nuova energia. “La generazione di contenuti basati sull’intelligenza artificiale – ha spiegato Liepin – si sta espandendo rapidamente e la domanda di talenti continuerà a crescere in futuro”. La carenza di personale non viene però come un fulmine a ciel sereno. Già nel 2020 il ministero delle Risorse umane del governo di Pechino aveva quantificato il deficit di personale nel settore dell’IA in 5 milioni di unità. Sostanzialmente, l’offerta di professionisti qualificati nell’IA soddisfarrebbe solo il 10% della domanda. E, se non si intensificheranno gli sforzi di formazione, il deficit potrebbe superare i 10 milioni nel 2025.

Qualcosa tuttavia si muove. Wang Haifeng, responsabile tecnologico di Baidu, ha dichiarato a gennaio che negli ultimi anni si è verificata una carenza di talenti nell’intelligenza artificiale compresa tra 5 e 8 milioni, ma l’azienda ne ha formati oltre 3 milioni attraverso vari sforzi di cooperazione. Secondo un rapporto pubblicato a maggio da McKinsey & Co, però, la Cina è si potrebbe ritrovare a corto di 4 milioni di talenti nel campo dell’intelligenza artificiale nel 2030. “Oltre il 2030, la nostra ricerca – ha scritto ancora la società di consulenza – suggerisce che il calo del tasso di natalità ridurrà ulteriormente la disponibilità di talenti nell’intelligenza artificiale, poiché meno studenti entreranno nei programmi universitari”.

A Yokohama sorgerà super-parco a tema rivale di Tokyo Disneyland

A Yokohama sorgerà super-parco a tema rivale di Tokyo DisneylandRoma, 14 set. (askanews) – Lo sviluppatore immobiliare giapponese Mitsubishi Estate – parte dello storico conglomerato (“keiretsu”) Mitsubishi – costruirà un grande parco a tema, che supererà per dimensioni Tokyo Disneyland, nella città di Yokohama. Lo ha deliberato l’autorità municipale della città nipponica.

L’amministrazione di Yokohama ha annunciato di aver selezionato il colosso immobiliare per riqualificare parte di un pezzo di terreno nel distretto di Kamiseya della città, precedentemente utilizzato come sito militare statunitense. Il parco dovrebbe aprire i battenti 2031, con la prospettiva di ospitare all’inizio almeno 12 milioni di visitatori all’anno, fino ad arrivare a 15 milioni quando le strutture saranno a regime.

L’area interessata è di circa 706.500 m2, dei quali 514mila saranno dedicati al parco a tema vero e proprio e gli altri a strutture, al verde pubblico, ecc. Tokyo Disneyland è ampio poco più di 460mila m2. Il parco a tema conterrà “contenuti giapponesi, realizzati con tecnologia giapponese all’avanguardia” e sarà “di livello mondiale”, recita l’informativa divulgata dalla città di Yokohama. Nell’area sarà presente anche una zona che ospiterà GREENxEXPO 2027, dedicata alla sostenibilità e all’agricoltura biologica.

Nell’informativa di Yokohama non ci sono cenni ai costi dell’operazione, ma viste le dimensioni e i precedenti si parla certamente di miliardi di euro. La città, dal canto suo, per l’expo agricola del 2027 ha stanziato 76,6 miliardi di yen (484 milioni di euro). Il terreno che ospiterà il mega impianto è tornato nella disponibilità del comune di Yokohama da circa un decennio, dopo essere stato a lungo sede di una postazione radio militare statunitense.

Auto elettrica, Pechino accusa l’Ue di “concorrenza sleale”

Auto elettrica, Pechino accusa l’Ue di “concorrenza sleale”Roma, 14 set. (askanews) – Un nuovo fronte di conflitto commerciale è ormai aperto tra l’Europa e Pechino. Dopo che ieri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato, nella formale sede del discorso sullo stato dell’Unione di fronte all’Europarlamento, l’apertura di un’indagine sui veicoli elettrici cinesi, la Cina ha risposto oggi per le rime per bocca di un portavoce del ministero del Commercio, esprimendo “grande preoccupazione e insoddisfazione” e bollando come “atto protezionistico” e “concorrenza sleale” la mossa di Bruxelles.

“La Cina esprime grande preoccupazione e forte insoddisfazione e ritiene che le misure investigative proposte dall’Ue servano in realtà a proteggere la propria industria in nome di una forma di concorrenza leale. Si tratta di un puro atto protezionistico che interromperà e distorcerà gravemente la catena dell’industria automobilistica globale e la catena di fornitura, compresa l’Ue, e avrà un impatto negativo sulle relazioni economiche e commerciali tra Cina e Ue”, ha detto il portavoce del ministero. “Negli ultimi anni, l’industria cinese dei veicoli elettrici si è sviluppata rapidamente e la sua competitività ha continuato a migliorare. Questo è il risultato di un’incessante innovazione tecnologica e della costruzione di una catena industriale e di una catena di fornitura complete. E’ un vantaggio competitivo conquistato attraverso il duro lavoro e il suo impegno”, ha rivendicato il portavoce cinese. Questo lavoro – ha proseguito – “è stato apprezzato dai consumatori, inclusi quelli dell’Unione europea, e accolto favorevolmente dagli utenti globali, oltre a dare un grande contributo alla risposta globale al cambiamento climatico e alla trasformazione verde, inclusa quella dell’Unione europea”.

Von der Leyen ieri ha attaccato Pechino per la sua politica di sovvenzioni all’industria dell’auto elettrica. Il settore dei veicoli elettrici, ha detto la numero uno dell’esecutivo europeo, “è essenziale per l’economia pulita, che racchiude un enorme potenziale per l’Europa. Ma i mercati globali sono ora inondati di auto elettriche cinesi a basso costo, il cui prezzo è mantenuto artificialmente basso da massicci sussidi pubblici. Questo – ha sottolineato – costituisce una distorsione del nostro mercato. E così come non le accettiamo al nostro interno, noi non accettiamo distorsioni che vengano dall’esterno. Oggi vi annuncio quindi che la Commissione avvierà un’indagine anti-sovvenzioni sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina”. E ha aggiunto: “L’Europa è aperta alla concorrenza, non a una corsa al ribasso. Dobbiamo difenderci dalle pratiche sleali”. La Commissione avrà fino a 13 mesi per valutare se imporre tariffe superiori a quella solita del 10% dell’Ue per le automobili. Si tratta del caso di più alto profilo contro la Cina, da quando un’indagine dell’Ue sui pannelli solari cinesi ha evitato per un soffio una guerra commerciale un decennio fa.

L’indagine riguarderà tutte le auto elettriche provenienti dalla Cina, inclusi marchi non cinesi prodotti nella Repubblica popolare come Tesla, Renault e BMW. E’ insolita la procedura annunciata da von der Leyen, perché è stata presentata d’iniziativa dalla stessa Commissione, piuttosto che in risposta a un reclamo dell’industria. I produttori cinesi di veicoli elettrici, dal leader di mercato BYD ai rivali più piccoli Xpeng e Nio, stanno intensificando gli sforzi per espandersi all’estero. Le esportazioni di auto cinesi sono aumentate del 31% ad agosto, secondo i dati della China Passenger Car Association (CPCA). La Commissione europea ha affermato che la quota cinese di veicoli elettrici venduti in Europa è salita all’8% e potrebbe raggiungere il 15% nel 2025, sottolineando che i prezzi sono in genere inferiori del 20% ai modelli fabbricati nell’Ue.

Un quadro pesante per l’industria dell’auto europea. Ma Pechino sostiene che, invece, possa esservi cooperazione piuttosto che conflitto nel settore dell’auto elettrica tra Europa e Cina. “L’industria automobilistica cinese ed europea dispongono di ampi spazi per la cooperazione e gli interessi comuni”, ha affermato il portavoce. “Le aziende automobilistiche dell’Ue – ha proseguito – investono e operano in Cina da molti anni e il mercato cinese è diventato il più grande mercato estero per molte aziende automobilistiche dell’Ue. La Cina ha sempre mantenuto un atteggiamento aperto e cooperativo e accoglie con favore le aziende automobilistiche dell’Ue affinché espandano ulteriormente gli investimenti in Cina, compresi gli investimenti nei veicoli elettrici”. Di fronte a un atteggiamento “peotezionistico”, però, Pechino minaccia di reagire. “La Cina – ha spiegato il portavoce – esorta l’Ue a partire dalla situazione generale di mantenimento della stabilità delle catene industriali e di fornitura globali e del partenariato strategico globale Cina-Ue; a condurre un dialogo e una consultazione; a creare un ambiente di mercato equo, non discriminatorio e prevedibile per il comune sviluppo dell’industria dei veicoli elettrici Cina-Ue; a opporsi congiuntamente alla dottrina della protezione commerciale e a impegnarsi congiuntamente negli sforzi globali per affrontare il cambiamento climatico e raggiungere la neutralità del carbonio. Ma la Cina presterà molta attenzione alle tendenze protezionistiche dell’Ue e alle azioni di follow-up e tutelerà fermamente i diritti e gli interessi legittimi delle aziende cinesi”.

SoftBank, IPO Arm per Masayoshi Son potrebbe essere una rivincita

SoftBank, IPO Arm per Masayoshi Son potrebbe essere una rivincitaRoma, 13 set. (askanews) – Masayoshi Son, il vulcanico fondatore di SoftBank, si frega le mani in attesa che l’offerta pubblica iniziale (IPO) del produttore di chip Arm – i cui prodotti sono praticamente in tutti gli smartphone del mondo – possa riportarlo ai tempi in cui era considerato un finanziere dal tocco magico.

Arm, che quoterà questa settimana sul Nasdaq 95,5 milioni di azioni, è un’azienda britannica con quasi 6mila dipendenti che nel 2016 è stata acquisita dal gruppo di Son per 32 miliardi di dollari. SoftBank punta a rastrellare tra i 4,5 e i 5,2 miliardi di dollari. Sebbene la quotazione di Arm non raggingerà i livelli di euforia visti con l’IPO del concorrente Nvidia, si tratterebbe di un bel risultato, perché porterebbe il valore di mercato di Arm ai 52 miliardi di dollari, anche se solo un mese fa – quando SoftBank ha acquisito dal veicolo d’investimento consociato Vision Fund il 25 per cento – la stessa compagnia era stata valutata 64 miliardi di dollari.

Alcuni investitori tech di prima grandezza – come Apple, Google, Nvidia, Intel e TSMC – hanno concordato l’acquisto fino a 735 milioni di dollari di azioni Arm al prezzo di collocazione, secondo quanto ha riportato nei giorni scorsi il Financial Times. Son è un outsider nel mondo legato a grandi famiglie e strutture rigide (i conglomerati “keiretsu”) dell’economia giapponese. E’ nato in Giappone nel 1957, secondo di quattro figli di genitori di etnia coreana – come tradisce il suo cognome – che vivevano in una casa abusiva e dovevano sbarcare il lunario allevando polli e maiali.

Sottoposti alle odiose discriminazioni contro i cosiddetti coreani “zainichi”, però, i Son riuscirono a guadagnare bene (anche mettendo in piedi un commercio di sake) e questo consentì al giovane Masayoshi di fare buone scuole, fino a spostarsi a 16 anni in California, a San Francisco, e a frequentare la prestigiosa Università di California a Berkeley, dove studiò economia. Era il posto dove stare in quel momento. Il suo primo grande successo fu la realizzazione di un traduttore automatico che vendette alla compagnia giapponese Sharp per circa 1,5 milioni di dollari.

Quando tornò in Giappone, Son rinunciò all’utilizzo di un cognome giapponese (che i genitori gli avevano imposto per non incorrere in discriminazioni) e tornò a quello originario, in un atto di orgoglio che è considerato un modello da molti giovani zainichi. La fondazione della SoftBank risale al 1981, come software house, con uno spin-off come operatore di telefonia mobile, ancora operante. Oggi la casa d’investimento porta il nome di SoftBank Group Corp. Lo stile d’affari di Son è considerato spregiudicato, in linea con un carattere che non le manda a dire. Tra le grandi scommesse l’acquisto nel 1995 di una quota di Yahoo! (che lo portò temporaneamente a essere l’uomo più ricco del mondo) e nel 1999 di una parte di Alibaba, quando ancora la stella di Jack Ma era di là da sorgere (e oggi pare pure tramontata). Altre grandi scommesse di Son sono state l’acquisto dell’operatore telefonico Usa Sprint, l’ingresso in Deutsche Telekom, il fondo d’investimento Vision Fund da 100 miliardi di dollari per intervenire nei mercati a più elevato valore tecnologico. Ma proprio da questo settore sono venuti i principali dolori per Masayoshi Son, il cui Vision Fund nel 2022 ha dovuto dichiarare perdite per oltre 27 miliardi di dollari, con una valutazione del portafoglio in caduta. I flop più rumorosi sono stati probabilmente quelli legati agli investimenti in WeWork, in Wirecard (processore di pagamenti tedesco fallito), oltre che il crack della family bank Greensill Capital. “Non addurrò scuse, è stata una dura lezione”, ha commentato Son dopo il caso WeWork. L’IPO di Arm è considerata la più grande quotazione di quest’anno per il Nasdaq e si sta rivelando popolare, avendo ricevuto richieste 10 volte superiori e spingendo SoftBank a prendere in considerazione l’aumento del prezzo. Ma il responso finale sul fatto che Son sia tornato a essere la gallina dalle uova d’oro lo darà solo il mercato.