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CATL aprirà fabbrica batterie a Pechino per Li Auto e Xiaomi

CATL aprirà fabbrica batterie a Pechino per Li Auto e XiaomiRoma, 15 gen. (askanews) – Contemporary Amperex Technology (CATL), il più grande produttore mondiale di batterie per veicoli elettrici, costruirà il suo primo stabilimento a Pechino per soddisfare la crescente domanda di auto alimentate a batteria nella Cina. Lo segnala oggi il South China Morning Post.

L’impianto di CATL aiuterà la capitale cinese a formare una catena di fornitura completa per la produzione di veicoli elettrici. Poiché Li Auto, la principale start-up di auto elettriche del paese, e il produttore di smartphone Xiaomi, entrambi con sede a Pechino, intensificheranno lo sviluppo di nuovi modelli. CATL inizierà la costruzione dell’impianto quest’anno, secondo una dichiarazione della Commissione per lo sviluppo e la riforma di Pechino, l’agenzia di pianificazione economica della città, che non ha fornito dettagli sulla capacità dell’impianto o sulla data di lancio.

L’agenzia di pianificazione economica di Pechino ha affermato che Li Auto sta valutando la possibilità di creare una base di produzione per componenti di automobili, senza rivelare dettagli. Li Auto è il rivale più vicino a Tesla nel segmento premium dei veicoli elettrici in Cina, con 376.030 veicoli intelligenti venduti nel 2023, con un incremento del 182,2% su base annua.

Lo scorso anno Tesla ha consegnato 603.664 unità prodotte nella sua Gigafactory di Shanghai a clienti cinesi, con un aumento del 37,3% su base annua. Xiaomi ha presentato il suo primo modello, SU7, alla fine del 2023. L’azienda prevede di iniziare la produzione di prova della berlina elettrica nei prossimi mesi. Il CEO Lei Jun ha affermato che Xiaomi s’impegnerà a diventare una delle prime cinque case automobilistiche globali nei prossimi 15-20 anni.

In Cina, il tasso di penetrazione dei veicoli elettrici ha superato il 40% alla fine del 2023. La Cina continentale è oggi il più grande mercato automobilistico ed elettrico del mondo, con le vendite di auto alimentate a batteria che rappresentano circa il 60% del totale globale.

Fondi sovrani paesi del Golfo nel 2024 più impegnati in Cina

Fondi sovrani paesi del Golfo nel 2024 più impegnati in CinaRoma, 15 gen. (askanews) – I fondi sovrani di Arabia saudita e negli Emirati arabi uniti (EAU) si stanno preparando a investire di più in società cinesi nel 2024, in un tentativo di diversificazione dei portafogli d’investimento globali da parte delle economie del Golfo. Lo ha affermato Kees Hoving, capo di Deutsche Bank per Medio Oriente e Africa, secondo quanto riporta il South China Morning Post.

Gli investitori statali in Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia saudita ed Emirati arabi uniti hanno investito più di 2,3 miliardi di dollari nella Grande Cina nel 2023, rispetto a circa 100 milioni di dollari nel 2022, secondo Global SWF, un database che tiene traccia delle attività dei fondi sovrani nelle economie mondiali. Ciò è avvenuto nel contesto della spinta di Pechino a rafforzare i legami con il Medio Oriente, in seguito alla visita del presidente cinese Xi Jinping a Riyad nel dicembre 2022. “Le aziende dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti stanno rivolgendo la loro attenzione alla Cina perché vogliono diversificare, oltre gli Stati Uniti o l’Europa occidentale, e questo è in parte guidato anche dalla loro fiducia nella forza dell’economia cinese”, ha affermato Kees Hoving, CEO regionale Deutsche Bank.

Il Jafal Fund of Funds, di proprietà del Fondo di investimento pubblico (PIF) da 800 miliardi di dollari dell’Arabia Saudita, a dicembre ha aumentato la sua partecipazione in eWTP Arabia Capital, un fondo di joint venture con il gigante tecnologico cinese Alibaba Group Holding nel tentativo di sfruttare le società tecnologiche cinesi con il potenziale di espandersi in Medio Oriente. Inoltre Mubadala Investment Company, l’investitore sovrano di Abu Dhabi, ha aperto un ufficio a Pechino a settembre. “I fondi sovrani mediorientali vedono opportunità in Cina al momento, e a medio e lungo termine sono molto rialzisti sulla Cina e vogliono rafforzare i legami con il paese attraverso gli investimenti”, ha segnalato Hoving.

Particolarmente interessante per loro è il settore della transizione energetica e delle auto elettriche. Per l’Arabia Saudita, la transizione energetica è una priorità assoluta nell’ambito di Saudi Vision 2030, un ambizioso programma guidato dal governo per diversificare l’economia locale e ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, investire in Cina comporta una serie di sfide, a partire dall’incertezza sulle normetive di mercato e sulle possibilità di una exit-strategy. “Quando il Medio Oriente investe in Cina, gli investitori vogliono sapere quali potrebbero essere le loro strategie di uscita tra cinque o sette anni, e ci sono alcuni che dicono che devono abituarsi a come potrebbe funzionare in Cina”, ha detto Hoving. Inoltre è richiesta maggiore reciprocità.

Giappnese KDDI partecipa a costruzione prima metro di Manila

Giappnese KDDI partecipa a costruzione prima metro di ManilaRoma, 15 gen. (askanews) – La società di telecomunicazioni giapponese KDDI ha annunciato oggi che parteciperà allo sviluppo della prima metropolitana di Manila, costruendo sistemi di telecomunicazioni e di riscossione delle tariffe come parte di un progetto nazionale per alleviare la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico nell’area metropolitana della capitale filippina.

KDDI Filippine, una filiale di KDDI, parteciperòà al progetto di sviluppo della prima metropolitana nelle Filippine, che collega la città settentrionale di Valenzuela e la città meridionale di Parañaque, nell’area metropolitana di Manila. Il 6 dicembre 2023, KDDI Filippine ha firmato un contratto con Thales, società francese che fornisce sistemi di trasporto per questo progetto.

L’area di partecipazione di KDDI Filippine è di circa 30 km in totale, coprendo quindici stazioni dalla stazione di East Valenzuela alla stazione Terminal 3 di NAIA (Aeroporto Internazionale Ninoy Aquino), nonché il deposito e il centro di controllo operativo. Si prevede che l’apertura di questa metropolitana ridurrà il tempo di percorrenza di oltre un’ora rispetto a quello attuale in auto. Il completamento è previsto per il 2029.

Il progetto mira a migliorare le questioni sociali come la congestione del traffico e l’inquinamento atmosferico nella capitale delle Filippine e viene portato avanti come parte dell’ODA (aiuto ufficiale allo sviluppo) del Giappone sotto forma di aiuti in prestito. Manila è una megalopoli con un’estensione di 620 km2 e una popolazione che è salita dai quasi 8 milioni del 1990 a quasi 13,5 milioni di oggi.

Giappone, think tank stima Pil a novembre -1,4%

Giappone, think tank stima Pil a novembre -1,4%Roma, 15 gen. (askanews) – Una stima pubblicata lunedì dal Centro giapponese per la ricerca economica (JCER), un think tank governativo, a novembre il prodotto interno lordo (Pil) del Giappone sarebbe diminuito dell’1,4% annualizzato rispetto al mese precedente, segnando il primo calo in due mesi.

Il think tank ha affermato che il calo è dovuto principalmente alla flessione delle esportazioni di servizi, che erano temporaneamente aumentate in ottobre, aggiungendo che c’è stata anche una tendenza al ribasso nelle esportazioni di beni, comprese le spedizioni di automobili. Secondo il JCER, le esportazioni di beni e servizi sono diminuite del 9,1%, invertendo l’espansione dell’8,6% del mese precedente. “Le esportazioni di prodotti automobilistici e di beni strumentali sono state deboli”, ha osservato il centro di ricerca.

I consumi privati, che rappresentano oltre la metà del Pil totale, sono cresciuti dello 0,2%, mentre gli investimenti aziendali sono diminuiti dello 0,7%. Sulla base del ritmo di crescita medio di ottobre e novembre, il think tank stima ora un’espansione annualizzata del 3,1% per il quarto trimestre del 2023 rispetto ai tre mesi precedenti.

Tokyo, Kishida in difficoltà e c’è chi parla di futuro premier donna

Tokyo, Kishida in difficoltà e c’è chi parla di futuro premier donnaRoma, 11 gen. (askanews) – Il Giappone non ha ancora mai avuto un primo ministro donna, ma questo momento potrebbe essere vicino: lo scandalo dei fondi illegali del Partito liberaldemocratico al potere sta mettendo a rischio la poltrona di un sempre meno popolare Fumio Kishida mentre, tra le personalità di vaglia della formazione che nel dopoguerra ha quasi ininterrottamente detenuto il potere, una delle poche in auge è l’attuale ministra degli Esteri Yoko Kamikawa.

Nel sistema giapponese è il partito di maggioranza che colloca il proprio leader a capo del governo. Ma ci sono momenti in cui le cose si muovono e le correnti (“habatsu”) cominciano un lavorìo sotterraneo per modificare gli assetti. Tendenzialmente, quando un primo ministro scende nei sondaggi a livelli di consenso inferiori al 30%, suona una campanella d’allarme. E Kishida a metà dicembre era sceso a poco più del 20%. A vulnerare ulteriormente l’immagine del primo ministro, l’ennesimo scandalo che ha riguardato l’esecutivo nipponico. Decine di membri del partito si sono trovati in una tempesta per non aver dichiarato fondi raccolti durante eventi politici. Sostanzialmente avrebbero semplicemente intascato il denaro. E oggi ci troviamo probabilmente al picco di questo scandalo, con l’arresto domenica di Yoshitaka Ikeda, un esponente del partito che è sospettato di aver messo in tasca 48,2 milioni di yen (oltre 300mila euro) tra il 2017 e il 2022 senza averli denunciati.

In particolare, al centro dello scandalo c’è la fazione che era guidata dall’ex primo ministro Shinzo Abe, ucciso nel luglio 2022 da un uomo infuriato per le supposte relazioni dell’esponente politico con la Chiesa dell’Unificazione, un gruppo religioso che a suo dire avrebbe rovinato finanziariamente la sua famiglia. E anche l’uccisione di Abe ha aperto un’altra crepa nel consenso a Kishida, visto che molti esponenti del partito si sono rivelati collegati alla chiesa fondata dal sudcoreano Reverendo Moon. “C’è una possibilità che Kishida venga sostituito, anche se non è molto alta, soprattutto per carenza di sfidanti”, ha spiegato ad askanews Ken Endo, professore di politica e legge presso l’Università di Tokyo.

Tra i pochi possibili sfidanti alla guida del Partito liberaldemocratico, ultimamente un nome che sta girando è quello di Yoko Kamikawa, l’attuale ministra degli Esteri, che gode di una certa popolarità, anche dopo che questa settimana è stata in Ucraina per una difficile missione. Lì ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky. Kamikawa è la prima responsabile donna della politica estera nipponica dopo un ventennio. Si tratta di un ruolo che la mette a contatto con alcuni dei dossier più sfidanti che un politico giapponese si trova ad affrontare: la crescente assertività della Cina con i rischi connessi alla questione di Taiwan, la questione della Corea del Nord, i rapporti con gli Stati uniti.

Il background non le manca. Kamikawa ha 70 anni, è originaria di Shizuoka ed è laureata in legge alla prestigiosa Università di Tokyo, come deve essere ai cavalli di razza della politica nipponica. In più ha anche un dottorato in pubblica amministrazione conseguito presso la John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard. E’ in politica da circa un quarto di secolo e ha ricoperto diversi incarichi di governo, anche sotto Abe e Yasuo Fukuda. In particolare, tra il 2020 e il 2022 è stata ministra della Giustizia e, in questa funzione, ha dato il suo via libera a 16 esecuzioni capitali, 13 delle quali nei confronti di ex esponenti della setta millenarista Aum Shinri-kyo, responsabile dei mortali attentati al gas nervino nella metropolitana di Tokyo del 1995. Ma, se questo suo record sull’applicazione della pena di morte può far storcere il naso in Europa, in parte dell’opinione pubblica giapponese potrebbe essere considerato semplicemente un segnale della sua tempra forte. Kamikawa ha soprattutto il pregio di non essere stata neanche sfiorata dagli scandali e, in particolare, dall’ultimo. Il suo nome è spendibile, quindi, come possibile primo ministro al posto di Kishida. La possibilità che si proceda a un cambio, con Kamikawa in sella c’è, secondo Endo, “anche se la probabilità è più alta per un proseguimento dell’esperienza Kishida”. Inoltre, dal momento che un cambio di sella non nascerebbe da un conflitto interno al Partito liberaldemocratico che cambi gli equilibri di forza, per Endo “un governo Kamikawa non sarebbe molto stabile”.

Giappone, salari reali novembre calati del 3% su base annua

Giappone, salari reali novembre calati del 3% su base annuaRoma, 11 gen. (askanews) – I salari reali del Giappone a novembre sono scesi del 3% rispetto all’anno precedente, per il 20mo mese consecutivo di calo, poiché il ritmo di crescita dei salari non è riuscito a eguagliare l’aumento dei prezzi. Lo ha segnalato il ministero del Lavoro di Tokyo.

Aumenti salariali sono attesi dopo le imminenti trattative salariali annuali, che si terranno dopo che il primo ministro Fumio Kishida ha esortato le aziende ad aumentare i salari a un livello che superi l’inflazione. Secondo il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese, i salari nominali – il guadagno medio mensile totale in contanti per lavoratore, compresa la retribuzione base e gli straordinari – sono aumentati dello 0,2% a 288.741 yen (1.816 euro) mensili. Sono al 23mo mese consecutivo di segno più nella più lunga serie di aumenti registrata da oltre 30 anni a questa parte.

La retribuzione base media e gli altri salari programmati sono saliti dell’1,2% a 272.379 yen (1.713 euro), mentre la retribuzione per gli straordinari e gli altri salari non programmati è aumentata dello 0,9% a 19.788 yen (124,4 euro). Per settore, i lavoratori dell’elettricità e del gas hanno visto il maggiore aumento dei guadagni mensili con un aumento del 5,8%, seguiti da quelli del settore finanziario e assicurativo con un aumento del 4,9%. I lavoratori edili hanno registrato il calo maggiore, pari al 2,7%.

I salari nominali mensili medi per i lavoratori a tempo pieno sono aumentati dello 0,3% a 377.001 yen (2.371 euro), e quelli dei lavoratori part-time sono aumentati del 2,5% a 104.253 yen (655 euro). Secondo i dati, l’orario di lavoro totale mensile per lavoratore è rimasto invariato rispetto all’anno precedente a 138,8 ore.

Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023

Cina, vendite di auto aumentate del 12% nel 2023Roma, 11 gen. (askanews) – Le vendite di veicoli in Cina sono aumentate del 12% nel 2023, raggiungendo la cifra record di 30,09 milioni di unità nel 2023. L’ha reso noto oggi l’Associazione cinese dei produttori di automobili (CAAM) in una conferenza stampa, ripresa da Nikkei Asia.

“Con il mercato dei veicoli elettrici in rapida crescita, è diventato una forza importante nel guidare la trasformazione dell’industria automobilistica globale”, ha affermato Chen Shihua, portavoce dell’Associazione cinese dei produttori di automobili. Con 30,09 milioni di unità vendute nel 2023, la Cina ha mantenuto la sua posizione di maggiore venditore di automobili al mondo. Quel numero includeva le esportazioni, che sono cresciute del 58% a 4,9 milioni di unità. In attesa del rilascio effettivo dei dati, la Cina potrebbe spodestare il principale esportatore globale, il Giappone, che si prevede abbia venduto all’estero 4,3 milioni di vetture.

I dati di giovedì mostrano anche una massiccia transizione dei consumatori cinesi dal motore a combustione interna ai veicoli elettrici. Le vendite di veicoli elettrici sono aumentate del 38% a 9,49 milioni di unità, pari a una quota di mercato del 31%. La domanda di ibridi plug-in è aumentata dell’85% a 2,8 milioni di unità, stimolando la crescita complessiva dei veicoli elettrici. In confronto, i veicoli puramente alimentati a batteria sono cresciuti del 25% raggiungendo 6,68 milioni di unità.

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli Usa

Commercio, la Cina non è più il primo fornitore degli UsaRoma, 11 gen. (askanews) – La Cina non è più il principale esportatore degli Stati uniti. O, almeno, non lo sarebbe stata nel 2023 per la prima volta dal 2006, superata dal Messico. Lo si evince dai dati diffusi dal Dipartimento al Commercio Usa, analizzati dal Nikkei Asia.

Secondo i dati del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, le importazioni di beni americani dalla Cina sono diminuite di oltre il 20% su base annua nel periodo gennaio-novembre. La Cina rappresentava il 13,9% del totale delle importazioni statunitensi, la quota più piccola dal 2004, dopo aver raggiunto un picco di oltre il 21% intorno al 2017. Le esportazioni statunitensi verso la Cina sono rimaste sostanzialmente invariate nel corso dell’anno. Il Messico è destinato a prendere la testa per l’intero anno per la prima volta dal 2000. Le importazioni statunitensi dal paese centro-americano sono sulla buona strada per stabilire un livello record nel 2023, e la sua quota sul totale ha superato il 15% per i primi 11 mesi del 2023.

Anche le importazioni dall’Unione europea hanno raggiunto il massimo storico per quel periodo. Anche se le spedizioni dall’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico sono diminuite nel corso dell’anno, il conteggio è stato ancora il secondo più alto mai registrato, e la quota del blocco sul totale è raddoppiata rispetto a dieci anni fa. La fetta del Giappone nella torta delle importazioni statunitensi rimane al di sotto del 5%, anche se l’apprezzamento del dollaro ha aumentato il valore delle sue esportazioni in termini di yen lo scorso anno. La quota del Giappone è diminuita di oltre la metà dal 2000 a causa di un lungo calo dovuto all’incremento della produzione negli Usa da parte dei produttori giapponesi.

Le importazioni di smartphone dalla Cina, ad esempio, sono diminuite del 10% circa, mentre le importazioni dall’India sono quintuplicate. I computer portatili hanno registrato un calo di circa il 30% in Cina, ma sono quadruplicati rispetto al Vietnam. Questa tendenza è stata rafforzata dalla spinta dell’amministrazione del presidente Joe Biden verso il “friendshoring”, cioè la tendenza a mantenere le catene di approvvigionamento all’interno della cerchia dei paesi alleati e partner. La Casa bianca di Biden ha inoltre mantenuto le tariffe sui prodotti cinesi per un valore di 370 miliardi di dollari imposte dal predecessore Donald Trump.

L’amministrazione Biden sta valutando ulteriori aumenti delle tariffe sui veicoli elettrici, sulle apparecchiature per l’energia solare e sui semiconduttori meno avanzati, con una decisione prevista nella prima metà di quest’anno. Tuttavia la Federal Reserve ha espresso preoccupazione per l’impatto del calo del commercio Usa-Cina sull’inflazione. Alcuni analisti ritengono che il passaggio alla produzione interna di beni precedentemente acquistati a buon mercato dalla Cina spingerà al rialzo i prezzi inasprendo il mercato del lavoro. Alcune aziende cinesi, inoltre, stanno rispondendo alle restrizioni americane anche optando d’investire di più in Messico.

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990

Alla Borsa di Tokyo, indice Nikkei al punto più alto dal 1990Roma, 11 gen. (askanews) – Quella chiusa oggi è stata una seduta a suo modo storica per la Borsa di Tokyo: l’indice Nikkei, in salita per il quarto giorno consecutivo, ha superato la soglia di 35mila yen, arrivando al livello più alto da febbraio del 1990, un anno che ha un connotato simbolico per l’economia nipponica.

La crescita medcia 608 yen nel corso della giornata, chiudendo a 35.049 yen. Ad un certo punto il guadagno si è ampliato nel pomeriggio fino a superare i 700 punti. Secondo gli analisti, i fattori che hanno spinto a scommettere sui titoli del listino presente piazza giapponese sono stati lo yen particolarmente debole e i guadagni dei titoli hi-tech negli Usa. A spingere in particolare sono i titoli dei semiconduttori e, in generale, i titoli legati a compagnie che si basano sull’export che si avvantaggiano dell’indebolimento dello yen rispetto al dollaro. A favorire l’afflusso di nuovi fondi sul mercato, inoltre, è anche intervenuto il nuovo programma lanciato dal governo e chiamato Nippon Individual Savings Account, che punta a spingere gli investitori al dettaglio nipponici a mettere i loro risparmi in borsa attraverso un veicolo d’investimento esentasse.

La data del 1990, al di là del fatto in sé, ha per l’economia giapponese una particolare simbologia: rappresenta l’anno in cui scoppiò la “Baburu”, cioè la bolla economica che aveva portato negli anni ’80 del secolo scorso grande euforia nel Sol Levante, allora seconda potenza economica globale con velleità di intaccare la posizione preminente degli Stati uniti.

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondo

Cina nel 2024 avvierà viaggi di test treno più veloce del mondoRoma, 10 gen. (askanews) – Le ferrovie dello stato cinese ha dichiarato che entro l’anno completeranno la costruzione dei prototipi e testeranno il treno più veloce del mondom che avrà una velocità operativa commerciale di 400 km all’ora. Lo scrive oggi il South China Morning Post.

China State Railway Group, di proprietà statale, gestisce la più grande rete ferroviaria ad alta velocità del mondo. Il nuovo treno rappresenta lo sbocco del progetto CR450 lanciato dalla Cina tre anni fa. La versione più aggiornata del treno, Fuxing, sarà testato a una velocità fino a 450 km all’ora, ma avrà una velocit commerciale di 400 km all’ora. Al momento i treni in attività commerciale raggiungono al massimo i 350 km all’ora. Il progetto CR450 punta a ridurre il tempo di viaggio tra Pechino e Shanghai da oltre quattro ore a due ore e mezza.

Si prevede che il CR450 entrerà in servizio entro il 2025. A giugno 2023 sono stati completati i test di prestazione dei nuovi componenti hi-tech essenziali per CR450, stabilendo un record di 453 km/h durante una corsa di prova – ritenuta la più veloce al mondo – segnando una “pietra miliare significativa” in il suo sviluppo. Il test è stato effettuato sul ponte sul mare della baia di Meizhou, che è uno dei componenti principali della rete ferroviaria ad alta velocità tra Fuzhou e Xiamen nella provincia sud-orientale del Fujian.

La Cina prevede di potenziare la propria rete ferroviaria fino a 165mila km entro il 2025, compresi 50mila km di treni ad alta velocità. Alla fine dello scorso anno, la rete ferroviaria cinese copriva 159mila km, 45mila km AV.