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TSMC produrrà chip avanzati in secondo impianto in Giappone

TSMC produrrà chip avanzati in secondo impianto in GiapponeRoma, 12 ott. (askanews) – Il gigante taiwanese dei chip Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC) sta progettando di produrre chip da 6 nanometri nel suo secondo impianto di produzione in costruzione in Giappone. Lo scrive oggi il Nikkei.

I chip verranno prodotti in un nuovo stabilimento che TSMC sta costruendo nel suo sito di Kumamoto, nel sud-ovest del Giappone. L’investimento totale è stimato a 2mila miliardi di yen (12,6 miliardi di euro), con il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria giapponese che prende in considerazione la possibilità di finanziare l’operazione con una cifra fino a circa 900 miliardi di yen (5,7 miliardi di euro). Il governo giapponese dovrebbe finalizzare entro la fine del mese la definizione di un pacchetto di stimoli economici per favorire la produzione nel paese di semiconduttori.

Giappone, governo chiederà scioglimento Chiesa dell’Unificazione

Giappone, governo chiederà scioglimento Chiesa dell’UnificazioneRoma, 12 ott. (askanews) – Il governo giapponese ha deciso oggi di chiedere un’ordinanza al tribunale per privare la Chiesa dell’Unificazione del suo status di ente religioso, dopo un’indagine nata sull’onda delle conseguenze per l’assassinio dell’ex primo ministro Shinzo Abe a luglio dello scorso anno da parte di un uomo che accusava l’uomo politico di contiguità alla chiesa. L’ha detto oggi il ministro della Cultura Masahito Moriyama.

Un’istanza al tribunale potrebbe già essere presentata domani, dopo aver raccolto i pareri degli esperti in una riunione dell’Agenzia per gli affari culturali. Se la corte emettesse l’ordinanza di scioglimento richiesta dal governo, la Chiesa dell’Unificazione – fondata in Corea del Sud dal convinto anticomunista Moon Sun-myung nel 1954 – perderebbe i suoi benefici fiscali come ente religioso. Questo, pur non impedendo il proselitismo, renderebbe molto più difficile l’operatività della chiesa. L’agenzia, prima di emettere il suo parere, ha raccolto le testimonianze di più di 170 persone che hanno evidenziato come la chiesa sollecitasse massicce donazioni da parte dei seguaci, ha detto Moriyama. L’uomo che ha ucciso Abe, Tetsuya Yamagami, accusava la Chiesa dell’Unificazione di aver rovinato la sua famiglia spillando alla madre – una seguece del gruppo – denaro.

Yamagami ha sostenuto di aver preso di mira Abe, dopo aver verificato l’impossibilità di colpire i vertici della chiesa, per la contiguità della famiglia del politico con Moon e il suo movimento. Nobusuke Kishi, nonno di Shinzo Abe che fu a sua volta primo ministr, favorì in maniera concreta il radicamento in Giappone della chiesa. Dopo l’uccisione di Abe, sono emersi legami stretti tra diversi parlamentari del Partito liberaldemocratico, guidato dal primo ministro Fumio Kishida, e la Chiesa dell’Unificazione. Il premier ha così deciso di riconquistare consenso, calato in seguito a queste rivvelazioni, tenendo una posizione ferma contro la Chiesa che fu del reverendo Moon, nota per pratiche come i matrimoni di massa e per gli stretti rapporti con politici conservatori.

È probabile che la Corte distrettuale di Tokyo emetta una sentenza basata sulle prove presentate dal governo riguardo all’organizzazione, che è formalmente nota come “Federazione delle famiglie per la pace e l’unificazione mondiale”. Le autorità – in base a una legge approvata dopo gli attentati al gas nervino sarin alla metropolitana di Tokyo del 1995 da parte del movimento religioso Aum Shinri-kyo – possono chiedere ai tribunali di ordinare lo scioglimento nei casi in cui un ente religioso “commette un atto che è chiaramente ritenuto dannoso in modo sostanziale per il benessere pubblico”. Quando ciò accade, perde i benefici fiscali come ente religioso.

Dallo scorso novembre, l’Agenzia per gli affari culturali ha esercitato sette volte il suo diritto di interrogare l’organizzazione e ottenere documenti, raccogliendo anche dichiarazioni di vittime che sono state costrette a fare ingenti donazioni. La Chiesa dell’Unificazione ha affermato che il coinvolgimento in attività che violano il Codice civile giapponese non dovrebbe essere considerato motivo per ordinare il suo scioglimento e che l’interrogatorio di membri del gruppo da parte del governo è illegale. Finora solo due organizzazioni religiose hanno ricevuto un ordine di scioglimento da parte di un tribunale giapponese per violazioni legali. Uno è il culto Aum Shinrikyo.

Uniqlo, Fast Retailing annuncia utile operativo record

Uniqlo, Fast Retailing annuncia utile operativo recordRoma, 12 ott. (askanews) – Fast Retailing, proprietaria del marchio Uniqlo, ha annunciato oggi un utile operativo record di 381 miliardi di yen (2,4 miliardi di euro) per il 2023 fino ad agosto, in crescita del 28% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’azienda giapponese di abbigliamento casual ha registrato un fatturato di 2.700 miliardi di yen (17,1 miliardi di euro), in crescita del 20% rispetto all’anno fiscale precedente, e un utile netto di 296 miliardi di yen (1,8 miliardi di euro), in crescita dell’8%. L’azienda si sta giovando del ritorno alla normalità dopo il periodo pandemico, con i clienti che affluiscono nei suoi punti vendita sia in Cina che in Giappone.

Uniqlo gestisce o opera in franchising qualcosa come 2.400 punti vendita in tutto il mondo. Nei giorni scorsi ha annunciato un’apertura a Mumbai e il secondo negozio in Italia: dopo Milano Piazza Cordusio, nella primavera del prossimo anno aprirà anche nella Galleria Alberto Sordi a Roma.

Toyota s’accorda con Idemitsu per produzione batterie ed elettroliti

Toyota s’accorda con Idemitsu per produzione batterie ed elettrolitiRoma, 12 ott. (askanews) – Idemitsu Kosan e Toyota Motor hanno annunciato oggi di aver stipulato un accordo per lavorare insieme allo sviluppo di una tecnologia di produzione di massa di elettroliti solidi volti al miglioramento della produttività e alla creazione di una filiera di fornitura per raggiungere la produzione di massa di elettroliti solidi e batterie per veicoli elettrici.

“Idemitsu Kosan e Toyota Motor hanno concordato di collaborare alla produzione di massa di batterie allo stato solido”, ha annunciato in una conferenza stampa online il presidente e amministratore delegato di Toyota Koji Sato. “Nello specifico, le nostre due società – ha continuato – uniranno i loro sforzi per produrre in serie nuovi materiali e stabilire una catena di approvvigionamento per gli elettroliti solidi, che rappresentano la chiave per la commercializzazione delle batterie allo stato solido”. Attraverso questa collaborazione, le due compagnie puntano a commercializzare batterie nel 2027-28.

Idemitsu ha sviluppato tecnologie di produzione del solfuro di litio, un materiale intermedio per elettroliti solidi, utilizzando sottoprodotti generati nel corso della raffinazione del petrolio. E, in seguito, ha lavorato a una tecnologia di produzione di massa di elettroliti solidi solforati con l’obiettivo di stabilire un sistema di fornitura stabile. Attraverso la combinazione delle tecnologie di sviluppo dei materiali di entrambe le società, delle tecnologie di produzione dei materiali di Idemitsu e delle tecnologie di lavorazione e assemblaggio delle batterie di Toyota, le società mireranno a realizzare la produzione di massa sia di elettroliti solidi che di batterie allo stato solido adatte per il mercato globale. Entrambe le società, lavorando insieme in tutti i settori, contribuiranno alla neutralità globale delle emissioni di carbonio con tecnologie create in Giappone.

Cina, Fondo governativo compra azioni in banche per sostenerle

Cina, Fondo governativo compra azioni in banche per sostenerleRoma, 12 ott. (askanews) – Un fondo statale di Pechino ha acquistato azioni nel mercato aperto di quattro banche statali cinesi, in una mossa che punta a mostrare sostegno per il sistema finanziario in un momento difficile caratterizzato da una pesante crisi immobiliare che rischia di contagiare anche il sistema creditizio. Lo segnalano i media cinesi.

I quattro grandi istituti di credito statali cinesi – Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), China Construction Bank (CCB), Agricultural Bank of China (ABC) e Bank of China (BOC) – hanno comunicato che il fondo Huijin ha acquistato proprie azioni quotate a Shanghai e “intende continuare ad aumentare” le proprie partecipazioni nei prossimi sei mesi. Secondo le comunicazioni, al cambio attuale l’operazione ha avuto un valore di 477 milioni di yuan (61,6 milioni di euro). L’operazione ha avuto come conseguenza immediata un balzo in avanti nel valore delle azioni delle quattro banche tra il 3 e il 4% sulle piazze di Shanghai e Hong Kong.

Huijin, controllato dal Ministero delle Finanze cinese, ha acquistato tra i 18 ei 37 milioni di azioni delle quattro banche. E’ raro che in Cina vengano messe in campo operazioni di mercato aperto da parte di un fondo statale. L’ultima volta che Huijin ha fatto una mossa simile è stato nel 2015.

Huijin era già uno dei principali azionisti delle quattro banche, l’ultima aggiunta ha aumentato la propria partecipazione in ciascuna solo di 0,01 punti percentuali, ottenendo il 34,72% di ICBC, il 57,12% di CCB, il 40,04% di ABC e il 64,03% di BOC. L’intervento sembra voler in qualche modo far fronte alla fuga degli investitori stranieri. Dall’inizio di agosto questi hanno venduto azioni per oltre 140 miliardi di yuan (18 miliardi di euro), secondo quanto segnala Nikkei Asia.

Huijin è stata fondata nel 2003 ed è specializzata nelle partecipazioni in grandi banche. I membri del consiglio di amministrazione sono nominati dal governo centrale, ed è considerato uno dei protagonisti della “squadra nazionale” che viene in soccorso del mercato in tempi di turbolenze.

La Cina presenta il summit Belt and Road, si terrà il 17-18 ottobre

La Cina presenta il summit Belt and Road, si terrà il 17-18 ottobreRoma, 11 ott. (askanews) – Pechino l’ha presentato come “il più grande evento nei 10 anni dell’Iniziativa Belt and Road”, il piano per le “nuove Vie della Seta” voluto dal presidente Xi Jinping e considerato una leva economico-geopolitica della Cina per far presa su diversi paesi in via di sviluppo e non, ma in realtà sembra che il Summit annuale di Belt and Road sia in tono più dimesso: non è stata annunciata una tavola rotonda tra i leader dei paesi aderenti, l’incontro durerà soli due giorni (all’ultimo summit, nel 2019, furono tre) e il numero di tavoli dovrebbe essere minore.

Sarà lo stesso Xi, come sempre, a ospitare il summit e ad aprirlo il 17 ottobre con un discorso. Secondo quanto ha detto oggi il ministero degli Esteri saranno presenti rappresentanti di almeno 130 paesi e 30 organizzazioni globali. Si concluderà il 18 ottobre. Il South China Morning Post, che ha potuto vedere l’elenco dei leader invitati, scrive che dovrebbe essere presente anche il presidente russo Vladimir Putin, che ormai raramente si reca all’estero dopo l’invasione russa dell’Ucraina. A marzo la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin per presunti crimini di guerra in Ucraina.

Li Kexin, capo del Dipartimento per gli affari economici internazionali del ministero degli Esteri oggi ha annunciato che summit sarà “non solo il più grande evento nei 10 anni dell’Iniziativa Belt and Road, ma anche un’importante piattaforma per tutte le parti per sviluppare collaborazioni e iniziative di alto livello”. All’ultimo summit, nel 2019, presero parte 37 capi di stato e sette rappresentanti di alto livello di organizzazioni internazionali. I delegati in tutto erano oltre 5mila.

Oltre a essere solo di due giorni, ci saranno solo 9 tavoli tematici, rispetto ai 12 dell’ultimo forum. E’ confermato anche il vertice dei CEO, al quale l’ultima volta hanno partecipato circa 800 amministratori delegati. L’annuncio del summit viene all’indomani del rilascio da parte di Pechino di un libro bianco intitolato “L’Iniziativa Belt and Road: un pilastro-chiave della comunità globale di un futuro condiviso”. In questo documento – rilasciato dall’Ufficio stampa del Consiglio di Stato (governo) – è precisato che Belt and Road continuerà a essere parte della strategia generale di Pechino e che “la Cina è pronta ad aumentare il suo apporto di risorse nella cooperazione globale”.

Aziende giapponesi investiranno 2 mld euro in parchi solari in Ue

Aziende giapponesi investiranno 2 mld euro in parchi solari in UeRoma, 10 ott. (askanews) – Lo sviluppatore immobiliare giapponese Tokyu Land e la società di energia solare Renewable Japan (RJ) entreranno congiuntamente nel business delle energie rinnovabili in Europa, investendo da 200 a 300 miliardi di yen (1,2-1,9 miliardi di euro) nei prossimi cinque anni acquistando e sviluppando centrali elettriche rinnovabili nel continente. Lo scrive oggi il Nikkei.

Tokyu Land e RJ hanno acquistato una centrale solare da 39,9 megawatt in Spagna per circa 10 miliardi di yen (63 milioni di euro). Tutta l’elettricità generata sarà venduta ai servizi pubblici europei attraverso le reti elettriche esistenti. Le società mirano ad espandere la loro capacità di produzione di energia rinnovabile in Europa fino a 1.000 MW, creando nei prossimi giorni una società di scopo per ciascun progetto. Per le compagnie giapponesi del settore energetico, oggi, investire in Europa è redditizio. Secondo l’ultimo Libro bianco sull’energia del Giappone, i prezzi dell’elettricità sono aumentati di circa il 50% nell’Unione europea nei tre anni fino a gennaio 2023, rispetto a un aumento del 30% in Giappone.

Tokyu Land gestisce già 70 parchi solari, parchi eolici e altri progetti di energie rinnovabili in tutto il Giappone. Lo scorso anno l’azienda ha convertito tutte le sue strutture nel Paese, compresi edifici per uffici e complessi commerciali, all’energia rinnovabile al 100%. Anche in Europa la domanda di energie rinnovabili è elevata. Il Parlamento europeo mira ad aumentare la quota di energie rinnovabili nel suo mix energetico complessivo al 45% del totale entro il 2030, raddoppiando la sua quota nel 2021. L’Europa rappresenta il 20% della capacità globale di produzione di energia elettrica rinnovabile.

Cina rilancia su Belt and Road, ma ci sono perplessità

Cina rilancia su Belt and Road, ma ci sono perplessitàRoma, 10 ott. (askanews) – La Cina rilancia sull’Iniziativa Belt and Road per le nuove “Vie della Seta”, a 10 anni dal suo lancio da parte del presidente Xi Jinping, rafforzando il suo impegno nei confronti dei paesi che hanno aderito all’iniziativa che, per gli osservatori internazionali, ha non solo dei connotati economici, ma anche geopolitici. Questo nonostante il rallentamento della crescita cinese e la più difficile situazione politica globale stia mettendo in dubbio la capacità di sostenere ancora il programma.

Un libro bianco intitolato “L’Iniziativa Belt and Road: un pilastro-chiave della comunità globale di un futuro condiviso” è stato diffuso oggi dall’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato di Pechino, che è l’esecutivo cinese, per sottolineare il decimo anniversario del lancio del programma. In questo documento è precisato che Belt and Road continuerà a essere parte della strategia generale di Pechino e che “la Cina è pronta ad aumentare il suo apporto di risorse nella cooperazione globale”. Lo sguardo cinese, in particolare, è volto al Sud globale. Pechino – spiega il documento – “lavorerà per ottenere una maggiore voce in capitolo per le economie emergenti e i paesi in via di sviluppo nella governance globale” e “sosterrà qualsiasi iniziativa che possa realmente aiutare i paesi in via di sviluppo a costruire infrastrutture e raggiungere progressi condivisi”.

Ha affermato che la Belt and Road Initiative ha fornito nuove soluzioni per migliorare la governance globale quando “alcuni paesi” hanno esagerato con il concetto di sicurezza nazionale e hanno cercato il “disaccoppiamento” in nome del “derisking”. Il libro bianco è stato presentato prima del terzo Forum Belt and Road per la cooperazione internazionale a Pechino. Il forum si svolgerà questo mese per celebrare il decimo anniversario della strategia globale di sviluppo delle infrastrutture.

Più di 130 paesi e 30 organizzazioni internazionali hanno confermato che invieranno rappresentanti a partecipare all’evento, secondo Li Kexin, un funzionario del ministero degli Esteri cinese, che martedì ha tenuto una conferenza stampa per presentare il Libro bianco. Secondo la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC), la principale agenzia di pianificazione economica del paese, a giugno la Cina aveva firmato più di 200 accordi di cooperazione con 152 nazioni e 32 istituzioni internazionali in cinque continenti nell’ambito dell’iniziativa.

Dal 2013 al 2022, gli investimenti cumulativi bilaterali tra la Cina e i paesi partner hanno raggiunto i 380 miliardi di dollari, di cui 240 miliardi di dollari provengono dalla Cina. Tuttavia, il rallentamento dell’economia cinese ha posto dubbi dulla capacità di Pechino di continuare ad alimentare il programma. Secondo i dati compilati dal Global Development Policy Center dell’Università di Boston, ripresi dal South China Morning Post, i prestiti cinesi all’Africa – uno degli obiettivi principali di Belt and Road – sono diminuiti in modo significativo e sono scesi al di sotto dei 2 miliardi di dollari nel 2021 e nel 2022. A questo vanno aggiunti i dubbi di diversi paesi che hanno aderito al programma, ma poi si sono interrogati sull’impatto che il debito nei confronti di Pechino può avere sulla loro sovranità e prospettive economiche future. Inoltre il contesto geopolitico maggiormente polarizzato ha messo in discussione le relazioni, tanto che paesi come l’Italia – unico membro del G7 ad aver firmato un memorandum d’intesa con Pechino per aderire all’iniziativa e che potrebbe non rinnovarlo alla sua scadenza a fine anno.

Chip, Usa revocano restrizioni per export verso Samsung e SK hynix

Chip, Usa revocano restrizioni per export verso Samsung e SK hynixRoma, 9 ott. (askanews) – Gli Stati uniti hanno deciso di consentire l’esportazione delle proprie apparecchiature per la produzione di semiconduttori alle fabbriche dei conglomerati (chaebol) sudcoreani Samsung Electronics e SK Hynix in Cina, senza un processo di approvazione separato. L’ha riferito oggi oggi la presidenza sudcoreana, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Yonhap.

L’Amministrazione Biden ha designato le fabbriche di chip di Samsung Electronics e SK hynix in Cina come “utenti finali verificati (VEU)”, sottraendo così l’export di materiali e apparecchiature Usa a questi impianti dal regime di restrizioni nei confronti della Cina. “La decisione del governo degli Stati Uniti significa che la questione commerciale più significativa delle nostre aziende di semiconduttori è stata risolta”, ha detto durante un briefing Choi Sang-mok, segretario presidenziale senior per gli affari economici. Washington ha già notificato la sua decisione alle due società sudcoreane e, secondo Choi, questa avrà effetto immediato.

Nell’ottobre dello scorso anno, gli Stati Uniti hanno annunciato una serie di restrizioni per limitare le esportazioni di alcune apparecchiature e materiali per la produzione di semiconduttori alle aziende cinesi, nel tentativo di rallentare i progressi tecnologici di Pechino in questo settore strategico. Samsung Electronics e SK Hynix avevano ricevuto una deroga di un anno a causa dei timori che la mossa potesse interrompere le loro attività in Cina, ma l’ultima decisione cancella le incertezze. Alcuni componenti Usa sono insostituibili nella produzione dei chip.

Samsung, il più grande produttore di chip di memoria al mondo, gestisce uno stabilimento di produzione nella città cinese di Xian, che rappresenta circa il 40% della sua produzione globale di flash NAND. A Suzhou, inoltree opera una fabbrica di imballaggi per semiconduttori. Il suo rivale più piccolo SK Hynix attualmente è proprietario di diversi stabilimenti in Cina, incluso uno nella città orientale di Wuxi, dove produce circa la metà dei suoi chip DRAM globali.

Giappone, startup mette in vendita “robottone” a pilotaggio interno

Giappone, startup mette in vendita “robottone” a pilotaggio internoRoma, 9 ott. (askanews) – Volete coronare il sogno di guidare il vostro robottone umanoide “mecha” sul modello di un Goldrake o un Jeeg della vostra infanzia? In Giappone una startup – la Tsubame Industries – è arrivata sul mercato con ciò che fa per voi: si chiama Archax, pesa 3,5 tonnellate ed è alto quattro metri e mezzo.

Archax, come ogni robottone giapponese che si rispetti, ha una sua cabina di pilotaggio (senza aperture). Il robot si guida con due joystick, due pedali e un touchscreen con quattro display che mostrano l’esterno. Se acquisterete il robot, avrete anche accesso a corsi di pilotaggio del robot, onde non andare a sbattere o cadere in mare. Il robot Archax può viaggiare a 10 chilometri orari in modalità veicolo, un po’ più lentamente della velocità tipica di una bicicletta. Tsubame Industries prevede che venga utilizzato nel campo dell’intrattenimento e prevede di cercare partnership con aziende coinvolte in giochi e display.

I mercati nei quali Tsubame Industries punta a vendere più macchine sono quelli della Cina e del Medio Oriente. In Giappone i “mecha” – cioè i robottoni dei cartoni animati – sono già usciti dagli schermi per diventare reali in alcuni casi, come quello macroscopico del grande Gundam alto 18 metri che si trova a Yokohama e di cui anche Archax è “figlio”. Tuttavia è la prima volta che robot a pilotaggio diretto interno entrano direttamente sul mercato.

Tsubame Industries punta a produrre una versione di prossima generazione per l’intrattenimento nel 2025 e un prototipo per l’uso nello spazio nel 2028.