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Offerta Kishida a santuario nazionalista, protesta di Pechino

Offerta Kishida a santuario nazionalista, protesta di PechinoRoma, 21 apr. (askanews) – La Cina ha protestato oggi per l’offerta rituale del primo ministro giapponese Fumio Kishida al controverso santuario nazionale Yasukuni-jinja: l’ ha detto venerdì il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin.

Kishida ha inviato l’offerta rituale del “masakaki”, un oggetto votivo shinto, in occasione del festival di primavera del santuario Yasukuni, dove sono venerate le anime di 2,4 milioni di soldati morti in guerra per il Giappone, compresi 14 criminali di classe A condannati per crimini contro la pace dal Tribunale per i crimini di guerra nell’Estremo oriente di Tokyo alla fine della seconda guerra mondiale. “La Cina si oppone risolutamente alle azioni negative del Giappone relative al santuario Yasukuni e ha già presentato una forte protesta alla parte giapponese”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, nella quotidiana conferenza stampa a Pechino.

La Cina esorta il Giappone a rompere i legami con il suo passato militarista e guadagnarsi la fiducia dei vicini paesi asiatici e della comunità mondiale con passi concreti, ha aggiunto Wang. Situato nel centro di Tokyo, lo Yasukuni è un santuario shinto fondato nel 1869 per commemorare i caduti al servizio del Giappone.

Kishida ha fatto la sua offerta, secondo quanto ha precisato il governo giapponese, a titolo “privato”. Nel dicembre 2013, Abe ha fatto visita al santuario, scatenando un forte contraccolpo da parte di Pechino e Seoul. Anche gli Stati Uniti, il principale alleato del Giappone per la sicurezza, si dissero allora “delusi” dalle azioni di Abe e hanno affermato che la mossa “aggrava le tensioni con i vicini del Giappone”.

In un tentativo di evitare il conflitto, i primi ministri hanno solitamente inviano offerte al santuario per i festival semestrali durante la primavera e l’autunno, nonché per l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale il 15 agosto.

Cina: no a restrizioni Usa su investimenti IA e chip

Cina: no a restrizioni Usa su investimenti IA e chipRoma, 21 apr. (askanews) – La Cina si “oppone fermamente” alla possibilità che gli Stati uniti impongano restrizioni agli investimenti da parte delle imprese Usa in Cina per quanto riguarda i semiconduttori, l’intelligenza artificiale e il computer quantistico. L’ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin.

“Gli Stati Uniti sono abituati a politicizzare, strumentalizzare e usare come un’arma le questioni economiche, commerciali e tecnologiche con il pretesto della sicurezza nazionale”, ha affermato Wang nella quotidiana conferenza stampa a Pechino, rispondendo a una domanda sulla possibilità – preannunciata da diversi media Usa – che il presidente americano Joe Biden firmi un ordine esecutivo per attivare un blocco senza precedenti degli investimenti da parte di imprese americane nei settori hi-tech cinesi. “Il vero scopo degli Stati Uniti è quello di privare la Cina del suo diritto allo sviluppo e di salvaguardare la propria egemonia e il proprio interesse: è pura coercizione economica e prepotenza tecnologica, che viola gravemente i principi dell’economia di mercato e concorrenza leale, sconvolge gravemente l’ordine economico e commerciale internazionale e le catene industriali e di approvvigionamento globali”.

Pechino, ha detto ancora Wang, “presterà molta attenzione agli sviluppi della questione e salvaguarderà risolutamente i propri diritti e interessi”.

Qin Gang: lo scopo dello sviluppo della Cina non è l’egemonia

Qin Gang: lo scopo dello sviluppo della Cina non è l’egemoniaRoma, 21 apr. (askanews) – Lo scopo dello sviluppo e della modernizzazione della Cina “non è cercare l’egemonia” mondiale. L’ha sostenuto oggi il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, intervenendo a Shanghai al Lanting Forum con un discorso incentrato sul tema della “Modernizzazione in stile cinese”.

Il ministro ha preso atto che la narrativa internazionale sulla Cina è ancora monopolizzata dall’Occidente. “Nonostante la costante ripresa dell’economia interna e l’impennata degli scambi con l’estero, è necessario rendersi chiaramente conto che il modello dell’opinione pubblica internazionale dominato dall’Occidente non è stato ancora spezzato e il peso specifico del nostro Paese nell’opinione pubblica internazionale deve essere migliorato”, ha osservato il capo della diplomazia cinese. Qin Gang ha affermato che “lo scopo dello sviluppo della Cina non è cercare l’egemonia, non c’è la parola egemonia nel dizionario della cultura cinese e la forza della diplomazia cinese è non aver paura dell’egemonia”.

Finora, “la Cina è l’unico Paese al mondo che ha aderito alla via dello sviluppo pacifico sancita dalla sua Costituzione, è il membro permanente del Consiglio di sicurezza che invia il maggior numero di Caschi blu nel mondo ed è l’unica tra le cinque potenze nucleari nucleari a essersi impegnata a non usare mai per prima le armi nucleari”. Inoltre, ha ricordato il ministro, la Cina ha “aderito a più di 20 trattati multilaterali sul controllo degli armamenti e promosso l’idea di una dichiarazione congiunta delle cinque potenze nucleari sulla prevenzione della guerra nucleare”. Inoltre Pechino, ha detto ancora Qin, “sostiene la necessità di soluzioni pacifiche attraverso la consultazione e il dialogo”.

Qin Gang ha inoltre sottolineato che la “modernizzazione è un diritto inalienabile di ogni paese, non un privilegio monopolistico esclusivo di cui godono pochi paesi” e ha detto che il fatto di aver raggiunto “l’altra sponda della modernizzazione” non dovrebbe spingere a “demolire ponti e creare blocchi stradali affinché altri paesi non la raggiungano”, o anche “sopprimere e bloccare altri paesi perché stanno prendendo percorsi di modernizzazione diversi”. La Cina, insomma, “non si impegna in alcuna competizione tra le maggiori potenze: ciò che salvaguardiamo risolutamente sono i nostri interessi di sviluppo e il diritto del popolo cinese a perseguire una vita migliore”. Con la ripresa degli scambi tra Pechino e gli altri paesi, anche la diplomazia cinese ha premuto il “pulsante dell’acceleratore”, ha assicurato il ministro, ricordando come il presidente Xi Jinping abbia visitato la Russia a marzo, mentre negli ultime settimane i leader di Spagna, Singapore, Malesia, Francia, Unione europea, Brasile e altri hanno visitato la Cina. Inoltre, ha segnalato come sotto l’attiva mediazione della Cina, l’Arabia saudita e l’Iran hanno concordato di riprendere le relazioni diplomatiche il 10 marzo e questo rappresenta un importante punto di svolta nella diplomazia cinese.

Qin Gang ha affermato che l’iniziativa di sicurezza globale proposta da Xi Jinping indica “la giusta direzione nella sicurezza comune e della sicurezza globale”. Una ricetta che sarebbe utile anche per il conflitto in Ucraina. La Cina – ha detto Qin – su questo fronte “non getta benzina sul fuoco e non approfitta delle opportunità, ma difende la giustizia, cerca di convincere ad assumere un approccio di pace e promuove colloqui, decomprimendo la crisi e raffreddando la situazione”.

Pechino: su Taiwan chi gioca col fuoco si scotterà

Pechino: su Taiwan chi gioca col fuoco si scotteràRoma, 21 apr. (askanews) – Chi “gioca con il fuoco sulla questione di Taiwan, si scotterà”. L’ha affermato oggi il ministro degli Esteri cinese Qin Gang, intervenendo a Shanghai al Lanting Forum con un discorso incentrato sul tema della “Modernizzazione in stile cinese”.

Qin ha fatto cenno al “transito” della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli Usa, dove avrebbe – a suo dire – “propagato apertamente le idee separatiste sulla cosiddetta ‘indipendenza di Taiwan’, cercando sostegno di forze anti-cinesi negli Stati uniti”. Qin ha inoltre negato che sia la Cina a voler “unilateralmente cambiare lo status quo nello Stretto di Taiwan attraverso la forza”, come affermato recentemente da “alcuni paesi”. “La questione di Taiwan è il fulcro degli interessi fondamentali della Cina e non saremo mai ambigui con chiunque voglia mettere in discussione il principio dell’Unica Cina, non ci tireremo mai indietro rispetto a chi voglia mettere in discussione la sovranità e la sicurezza della Cina: chiunque giochi con il fuoco sulla questione di Taiwan si scotterà”.

Qin ha affermato che il riassorbimento di Taiwan nella Cina è “parte integrante dell’ordine internazionale del secondo dopoguerra”. Oggi, ha continuato, “non è la Cina che mette in discussione le regole internazionali, cambia unilateralmente lo status quo e mina la stabilità nello Stretto di Taiwan, ma le forze separatiste per la cosiddetta ‘indipendenza di Taiwan’ e alcuni paesi che tentano di strumentalizzare l”indipendenza di Taiwan’. Si tratta, ha proseguiti, di tentativi per “per svuotare la Cina e ‘dividerla pacificamente’, per manomettere la storia della seconda guerra mondiale, per sovvertire l’ordine del dopoguerra e calpestare la sovranità cinese”. Ma – ha detto ancora il ministro – “gli 1,4 miliardi di cinesi non sono d’accordo: una volta recuperata la terra della Cina, non sarà mai più persa. Una volta ristabilito l’ordine internazionale del dopoguerra, non sarà mai permesso che venga sovvertito.

Cina sta costruendo cyber-armi capaci di accecare satelliti Usa

Cina sta costruendo cyber-armi capaci di accecare satelliti UsaRoma, 21 apr. (askanews) – La Cina sta costruendo cyber-armi in grado di “prendere il controllo” di satellite nemici, accecandoli o costringendoli a inviare segnali inutili o sbagliati a terra. Lo sostiene un documento fuoriuscito dall’intelligence statunitense, secondo quanto riporta oggi il Financial Times.

La valutazione dei servizi americani è che Pechino stia sviluppando capacità di “negazione, sfruttamento e hackeraggio” dei satelliti nemici, come parte importante del suo sforzo di controllo delle informazioni in campo di guerra. Il documento – che è classificato come materiale CIA – è datato quest’anno e non era stato precedentemente comunicato all’esterno. E’ uno dei tanti che sono stati condivisi sui social network da un aviere 21enne, Jack Teixeira, dopo averli fotografati presso una struttura del Pentagono.

Queste capacità, secondo quanto scrive il FT, surclasserebbero quelle in possesso, per esempio, della Russia e rappresentano un ambizioso tentativo di mettere in scacco le capacità spaziali statunitensi rendendo inoffensivo l’apporto dai satelliti. La Cina sta lavorando molto sulle sue capacità cyber in vista anche del rischio di conflitto nella regione connesso alla crisi di Taiwan.

Taipei, dal canto suo, si sta impegnando nella costruzione di sistemi di comunicazione che possano sopravvivere ai cyberattacchi cinesi, anche alla luce di quanto è successo in Ucraina, dove un cyberattacco russo è riuscito ad accecare i satelliti Usa Viasat nelle ore precedenti il lancio della sua invasione su vasta scala il 24 febbraio dello scorso anno.

Nordcorea: il nostro status di potenza nucleare è irreversibile

Nordcorea: il nostro status di potenza nucleare è irreversibileRoma, 21 apr. (askanews) – La ministra degli Esteri della Corea del Nord Choe Sun Hui ha affermato oggi che gli Stati uniti e l’Occidente non hanno il diritto di discutere sullo status di potenza nucleare di Pyongyang, che è ormai “irreversibile”, attaccando la recente dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri del G7 come un’interferenza negli affari interni.

“Il G7 non ha né l’autorità né la qualifica per dire nulla sull’esercizio della sovranità e dello status nazionale da parte della Repubblica democratica popolare di Corea”, ha affermato la ministra in una dichiarazione rilasciata dall’agenzia di stampa ufficiale KCNA. La posizione della Corea del Nord come “potenza nucleare di livello mondiale è definitiva e irreversibile” e rimarrà una “realtà innegabile e cruda”, anche se Washington non la riconoscerà per mille anni, ha aggiunto la ministra.

Choe ha inoltre avvertito che qualsiasi mossa dei membri del G7 per violare la sovranità e gli interessi fondamentali del Nord sarà “completamente scoraggiata da una forte reazione”. E ha aggiunto: “Ciò che dovrebbe cambiare ora non è la Corea del Nord ma gli Stati uniti, e gli Stati uniti dovrebbero tenere a mente che la loro sicurezza può essere garantita solo quando sradicano completamente la loro politica ostile nei confronti della Corea del Nord”. Choe ha inoltre chiarito che Pyongyang non cercherà “mai alcun riconoscimento e approvazione da parte di nessuno, poiché siamo soddisfatti del nostro accesso alla forza contro la minaccia nucleare degli Stati Uniti”. E ha precisato che la Corea del Nord è “libera da qualsiasi obbligo del TNP (Trattato di non proliferazione nucleare)” poiché si è ritirata dal trattato nel 2003.

“Continueremo ad adottare misure basate su tutti i diritti legali concessi a uno stato sovrano fino a quando la minaccia militare rappresentata dagli Stati Uniti e dalle sue forze alleate ostili nei nostri confronti non sarà completamente rimossa e finché l’ambiente circostante ostile metterà a rischio l’esistenza indipendente e lo sviluppo del nostro paese è posto a una fine definitiva”, ha aggiunto. A conclusione di un incontro di tre giorni in Giappone, martedì i ministri degli Esteri del G7 hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui invitano la Corea del Nord ad abbandonare le sue armi nucleari e a rispettare pienamente le salvaguardie del TNP.

Kishida manda offerta al controverso santuario nazionalista Yasukuni

Kishida manda offerta al controverso santuario nazionalista YasukuniRoma, 21 apr. (askanews) – Il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha inviato oggi un’offerta rituale al controverso santuario nazionale Yasukuni di Tokyo, provocando una reazione della Corea del Sud, che lo considera un simbolo del passato militarista del Giappone. Lo ha riferito oggi l’agenzia di stampa Kyodo.

Inoltre la ministra della Sicurezza economica Sanae Takaichi ha presentato preghiere al santuario shinto nel primo di due gironi del festival di primavera. Takaichi, nota per le sue opinioni da falco sulla politica di sicurezza, ha visitato Yasukuni in varie occasioni, in particolare nei suoi festival stagionali. Kishida ha inviato l’offerta di un “masakaki”, un oggetto cerimoniale shinto, al santuario. Non è atteso che il capo di governo si rechi in presenza al santuario.

Il santuario Yasukuni onora le anime degli oltre 2,4 milioni di morti in guerra del paese, ma vi sono custoditi anche i leader giapponesi in tempo di guerra, condannati come criminali di guerra nel tribunale internazionale del secondo dopoguerra. Le visite al santuario da parte di precedenti primi ministri, come l’assassinato ex premier Shinzo Abe, e altri politici hanno attirato aspre critiche dalla Cina e dalla Corea del Sud, dove i ricordi del militarismo giapponese prima e durante la guerra sono profondi.

Nonostante il clima di disgelo nelle relazioni che si è manifestato negli ultimi mesi tra Seoul e Tokyo, oggi il governo sudcoreano ha reagito in maniera secca, esprimendo “esprime profonda delusione e rammarico per il fatto che alcuni leader del Giappone abbiano nuovamente inviato offerte e reso omaggio al Santuario Yasukuni, che glorifica la guerra di aggressione del Giappone e custodisce i criminali di guerra”, ha dichiarato Lim Soo-suk, portavoce del ministero degli Esteri di Seoul. La Corea del Sud ha chiesto al Giappone ad “affrontare la storia con fermezza” e dimostrare un sincero rimorso per il suo passato, ha aggiunto.

Tra i parlamentari di alto rango che hanno reso oggi omaggio allo Yasukuni, anche il ministro della salute Katsunobu Kato e Hidehisa Otsuji, presidente della Camera dei consiglieri, che hanno inviato offerte rituali al santuario. Nella quotidiana conferenza stampa, il capo di gabinetto Hirokazu Matsuno – portavoce del governo di Tokyo – ha rifiutato di commentare l’offerta rituale di Kishida a Yasukuni, precisando che questa è stata fatta “in veste privata” dal capo di governo.

Venerdì scorso, anche un gruppo interpartitico di circa 90 legislatori, tra cui alcuni viceministri, ha visitato il santuario, come fa regolarmente.

Il Giappone ha invaso un’enorme fascia della Cina prima della fine della seconda guerra mondiale e ha governato la penisola coreana dal 1910 al 1945.

Nel dicembre 2013, Abe ha fatto visita al santuario, scatenando un forte contraccolpo da parte di Pechino e Seoul. Anche gli Stati Uniti, il principale alleato del Giappone per la sicurezza, si dissero allora “delusi” dalle azioni di Abe e hanno affermato che la mossa “aggrava le tensioni con i vicini del Giappone”.

In un tentativo di evitare il conflitto, i primi ministri hanno solitamente inviano offerte al santuario per i festival semestrali durante la primavera e l’autunno, nonché per l’anniversario della fine della seconda guerra mondiale il 15 agosto.

Nel 1978, Yasukuni ha aggiunto 14 criminali di guerra di classe A, tra cui il primo ministro in tempo di guerra generale Hideki Tojo, che è stato giustiziato per crimini contro la pace, suscitando polemiche in patria e all’estero.

Biden riceverà il primo maggio presidente filippino Marcos Jr.

Biden riceverà il primo maggio presidente filippino Marcos Jr.Roma, 21 apr. (askanews) – Il presidente degli Stati uniti Joe Biden incontrerà il suo omologo filippino Ferdinando Marcos Jr. alla Casa Bianca il primo maggio per discutere dell’approfondimento della cooperazione economica e della regione Indo-pacifica. L’hanno comunicato oggi Manila e Washington.

I due leader discuteranno anche di ulteriore cooperazione economica, ha detto in una nota la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre. “Durante la visita, il presidente Biden ribadirà l’impegno ferreo degli Stati Uniti per la difesa delle Filippine, e i leader discuteranno degli sforzi per rafforzare la lunga alleanza USA-Filippine”, afferma la dichiarazione.

Marcos si recherà a Washington dal 30 aprile al 4 maggio per incontrare Biden e funzionari chiave del gabinetto. Stati uniti e Filippine hanno recentemente rafforzato il loro patto di cooperazione militare. Nelle Filippine sono presenti già cinque basi militari Usa. Con il nuovo accordo diventeranno nove, una delle quali sarà collocata sull’isola di Balabac, vicino alle barriere coralline di Mischief e Fiery Cross, arcipelago della Spratly, nel Mar cinese meridionale conteso con Pechino, che lì ha allestito delle isole artificiali e collocato installazioni militari, tra cui piste di atterraggio e sistemi radar.

Altre due nuove strutture Usa – una base navale e un aeroporto – saranno collocate a Cagayan, nel nord di Luzon, a 500 km dalla città taiwanese di Kaohsiung: si tratterà delle basi militari americane più vicine all’isola che Pechino considera parte integrante del suo territorio. Oltre 17mila soldati filippini e statunitensi sono attualmente impegnati nelle più grandi esercitazioni militari congiunte che si siano tenute nel paese del sud-est asiatico.

Ucraina, Sudcorea invierà munizioni alla Polonia

Ucraina, Sudcorea invierà munizioni alla PoloniaRoma, 21 apr. (askanews) – La Corea del Sud invierà munizioni alla Polonia, ha annunciato il ministero della Difesa di Seoul, dopo che un alto funzionario governativo ha suggerito che in futuro potrebbe esserci un’assistenza militare diretta all’Ucraina. Lo riferisce Nikkei Asia.

La Corea del Sud ha finora evitato di fornire direttamente armi all’Ucraina per evitare attriti con la Russia per le preoccupazioni che Mosca avrebbe a sua volta fornito assistenza alla Corea del Nord. Ma con il permanere della guerra in Ucraina, per Seoul – stretto alleato degli Stati uniti – è diventato particolarmente difficile mantenere il punto. Un funzionario dell’ufficio presidenziale della Corea del Sud ha informato i giornalisti ieri sulla possibilità di fornire direttamente armi all’Ucraina.”Qualunque cosa accada in futuro dipende dalla Russia”, ha detto il funzionario.

Secondo l’emittente sudcoreana SBS, la Polonia riceverà 4,3 milioni di colpi di mitragliatrice e 50mila proiettili di carri armati. Un portavoce del ministero della Difesa ha sottolineato che la Polonia sarà l’utilizzatore finale delle munizioni. Lo scopo del trasferimento è quello di ricostituire le scorte di munizioni esaurite.

Italia s’avvicina a Taiwan, bivio nei rapporti con la Cina

Italia s’avvicina a Taiwan, bivio nei rapporti con la CinaRoma, 20 apr. (askanews) – L’Italia appare sempre più orientata a rafforzare i legami informali con Taiwan, rovesciando una politica che aveva visto in passato Roma piuttosto sbilanciata a favore di Pechino, tanto da diventare l’unico paese del G7 ad aderire formalmente all’Iniziativa Belt and Road voluta dal presidente cinese Xi Jinping. A mostrarlo sono segnali che si stanno moltiplicando, in un momento in cui la questione Taiwan rischia di essere dirimente per intrattenere relazioni solide con la seconda potenza economica del mondo, la Cina appunto.

Taiwan nei giorni scorsi ha annunciato che aprirà presto un nuovo ufficio di rappresentanza – una sede diplomatica informale, visto che l’Italia non riconosce ufficialmente Taipei – a Milano. “In vista dell’approfondimento della cooperazione e degli scambi tra Taiwan e l’Italia nei settori dell’economia, del commercio, della cultura, dell’istruzione, della scienza e della tecnologia e del turismo, il nostro Paese istituirà un ‘Ufficio di Taipei a Milano’”, ha spiegato il ministero degli Esteri taiwanese. Questa evoluzione appare essere in linea con la simpatia dimostrata dall’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, in campagna elettorale, ha incontrato il rappresentante diplomatico taiwanese a Roma di quel momento. In un’intervista all’agenzia di stampa taiwanese, Meloni inoltre ha espresso l’esigenza di un impegno europeo per evitare che la Cina usi la forza nei confronti di Taiwan, oltre ad aggiungere: “Ci piace pensare a una nuova e più intensa stagione di cooperazione: scambi culturali, turismo, prevenzione e gestione delle crisi sanitarie, ricerca scientifica e progetti nel settore chiave dei microchip, in cui Taiwan è leader mondiale”.

In effetti l’isola ospita alcuni dei più grandi produttori di chip avanzati del mondo, a partire dal titano del settore, la TSMC. Secondo quanto ha scritto ieri l’agenzia di stampa Bloomberg, “esponenti ufficiali” italiani avrebbero suggerito a Taipei che l’Italia sarebbe pronta a non rinnovare il patto sull’Iniziativa Belt and Road, in cambio di un’espansione della cooperazione sulla produzione ed esportazione dei semiconduttori, un bene improvvisamente diventato scarso a partire dalla pandemia Covid-19. Il protocollo d’intesa sulle Nuove Vie della Seta è stato sottoscritto nel 2019 dall’allora premier Giuseppe Conte in occasione della visita a Roma di Xi Jinping, provocando un certo disappunto a Washington. Per Pechino quell’accordo, l’unico del genere siglato con un paese del G7, ha avuto un alto valore simbolico. Tuttavia l’intesa scade nel 2024 ed è previsto un rinnovo automatico, a meno che l’Italia non decida di uscirne.

Il comportamento di Roma sarà sotto stretta osservazione da parte di Washington, ma anche di Bruxelles, che cerca di mantenere una posizione equilibrata tra Pechino, Taipei e Washington, come dimostra la recente visita della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Pechino al seguito del presidente francese Emmanuel Macron: i due, sulla questione di Taiwan, si sono limitati sostanzialmente a ribadire l’adesione alla politica dell’”Unica Cina”, auspicando un’evoluzione pacifica della situazione. E, tornato in Europa, Macron in un’intervista ha provocato polemiche per aver dichiarato che l’Europa non dovrebbe farsi trascinare nella disputa su Taiwan, comportandosi da “vassalla” degli Stati uniti. Meloni, se prima di assumere la guida del governo ha espresso sostegno per Taiwan contro una possibile azione di forza cinese per riassorbire l’isola che considera parte integrante del suo territorio, una volta entrata a Palazzo Chigi ha evitato esternazioni sul tema. Anche una prevista visita di una delegazione di parlamentari appartenenti al Gruppo interparlamentare Italia-Taiwan (nato a novembre 2022), annunciata dal senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan, è stata cancellata all’ultimo momento.

Nel contempo, però, in maniera non eclatante ci sono stati passi concreti, come il fatto che dal 27 marzo è di nuovo attivo un volo diretto tra Roma e Taipei. Naturalmente un rafforzamento delle relazioni informali con Taiwan rappresenta un problema nei rapporti con Pechino. Per esempio, 2021 la Cina ha declassato le relazioni diplomatiche con la Lituania per l’apertura di un ufficio di rappresentanza nella sua capitale, Vilnius.

Che tra Roma e Pechino il vento non sia dei migliori, d’altronde, è confermato anche dal fatto che, nonostante un invito di Xi Jinping, la premier Meloni non si sia recata ancora in Cina, come invece hanno fatto tra la fine del 2022 e il primo quadrimestre del 2023 il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e anche il capo del governo spagnolo Pedro Sanchez.